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Autore: EffieSamadhi    01/03/2011    1 recensioni
“Ehi, questo è nuovo” commentò, sfiorando con la mano un tatuaggio all’altezza del cuore. “E’… sono…”
“Il nome di mia madre” completò lui, spostando la propria mano su quella di lei. “E quello di mio fratello. E il tuo.”
“Mancano Angel e Jerry” gli fece notare.
“Oh, loro sono qui” ribatté lui, indicando un altro tatuaggio. “Ma questo è un posto speciale. Mia madre, Jackie, tu… avete il mio cuore.”
Adia osservò il tatuaggio, poi alzò gli occhi nei suoi, guardandolo con amore. “Farò di tutto per meritarmelo, Bobby” bisbigliò, suggellando la promessa con un bacio.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Four Brothers - Call Me When You'Re Sober.

22.Salvami

 

 

            Bobby fece il giorno dell’isolato per tre volte, prima di decidersi a parcheggiare. Era stato facile accettare la proposta di Jerry e Angel di riscuotere in anticipo metà di quanto gli sarebbe comunque spettato. Era stato facile anche infilarsi in tasca l’assegno. Era stato facile guidare fino al quartiere di Adia. Ma convincerla a prendere quei soldi avrebbe potuto non essere così semplice. Adia avrebbe lottato con le unghie e con i denti, pur di non farsi aiutare. Nonostante la mancanza di obiezioni, lui sapeva che lo avrebbe contestato. Era fatta così, la donna che amava. Non riusciva ad accettare che a qualcuno importasse di lei. Avrebbe respinto con tutte le sue forze l’aiuto di Bobby, ma lui se ne sarebbe fregato. Perché anche lui era testardo, e l’avrebbe costretta ad accettare quei soldi, a costo di portarla di peso in sala operatoria.

            “Ehi” la salutò, entrando nel negozio.

            “Ehi, ciao” rispose lei. “Un attimo e sono da te” aggiunse, indicando una cliente, una signora già piuttosto in là con gli anni.

            “Non preoccuparti, non ho fretta.”

Iniziò a curiosare in giro, ma nonostante l’apparente distrazione e la distanza dal bancone riuscì a cogliere piuttosto distintamente ciò che la donna bisbigliò a Adia: “Fa’ attenzione, tesoro. Quello secondo me ti vuole derubare.”

Sorrise, cercando di reprimere una risata, e nello stesso istante udì la risposta della presunta vittima, sempre sussurrata: “Non si preoccupi, signora Collins. Lo ha già fatto, e le assicuro che è stata l’esperienza più bella della mia vita.” Il sorriso gli si congelò sul viso: di che diavolo stava parlando? “Mi ha rubato il cuore, e non ho alcuna intenzione di riprendermelo” aggiunse lei, probabilmente per sciogliere i dubbi della cliente. Bobby sorrise ancora.

“Cos’è questa storia della rapina?” le domandò quando la signora Collins li lasciò finalmente soli.

“Ho pensato di romanzare un po’ la cosa” rispose Adia, iniziando ad oscurare la vetrina per mezzo delle veneziane. “In realtà non me lo hai rubato, il cuore. Diciamo che te lo sto noleggiando.”

“Noleggiando, eh? E sentiamo, come ti pago?”

“Comportandoti bene.”

Bobby scoppiò a ridere. “Questa è bella, davvero. Una relazione noleggiata…”

“Sì, modestamente so essere molto divertente” ribatté Adia, facendo scattare la serratura e chiudendo definitivamente il negozio. “Ho fatto il pasticcio di patate, ieri sera. Però ho sbagliato le dosi. È troppo, per una persona sola.”

“Mi stai chiedendo se voglio fermarmi a cena?”

“Forse. Vuoi fermarti a cena?”

“Potrei volerlo. Tu vuoi che io mi fermi?”

“Se tu vuoi, lo voglio anch’io.”

“Lo sai che sembriamo due adolescenti al primo appuntamento?” le fece notare.

“Hai ragione” ammise lei. “Allora, vuoi fermarti a cena?”

“Non posso lasciarti mangiare tutto quel pasticcio da sola. Farai indigestione.”

 

Bobby si stiracchiò sulla sedia, allungando le gambe e appoggiando la schiena al legno. “Di questo passo mi farai ingrassare, lo sai?”

“Non ti facevo il tipo di uomo che si preoccupa del proprio peso” lo prese in giro Adia, alzandosi per mettere via i piatti sporchi.

La prese per il polso e la attirò delicatamente a sé. “Dai, vieni qui.”

“Devo lavare i piatti” protestò debolmente Adia, lasciandosi tirare indietro.

Loro possono aspettare” ribatté l’uomo, facendola sedere sulle proprie ginocchia e baciandola immediatamente, per impedirle di rispondere. Sfilò la matita con la quale si era raccolta i capelli, lasciando che le ricadessero lungo la schiena, e lanciò via il fermaglio improvvisato, che atterrò con un colpo secco in un punto imprecisato della stanza. Con la stessa mano, prese l’assegno dalla tasca dei jeans. Si staccò lentamente da Adia e si passò la punta della lingua sulle labbra, cercando le parole giuste da dire. Non riuscendoci, si limitò a porgerle il foglietto piegato a metà.

“Bobby, stai bene? Che… che cos’è?” domandò, prendendo con circospezione il pezzo di carta. Lo aprì e distolse immediatamente lo sguardo. “No, Bobby. Non… come… non so nemmeno come… no, Bobby, non posso accettare.”

“Sapevo che avresti detto così” sussurrò l’uomo, sorridendo debolmente. “Accettali, Adia. Per favore. Se non vuoi farlo per me, fallo almeno per te.”

“Perché… perché vuoi…”

“…aiutarti? Te l’ho detto. Te l’ho detto più di una volta.” Fece una pausa. “Vedilo come un favore personale.”

“Un favore” ripeté Adia in tono piatto. “E che cosa vorresti che facessi per te?”

“Niente. Niente di più di quello che già fai.”

“Che cosa ho fatto per te finora, a parte offrirti un paio di cene?”

Bobby le sfiorò uno zigomo, tornando finalmente a guardarla negli occhi. “Tu mi stai salvando, Adia. Ogni giorno che passa, tu… tu mi cambi, mi rendi migliore. E lo so che detta così sembra una stronzata, ma è la verità. Tu… tu continua a salvarmi, per favore.”

Adia lo abbracciò con tutta la forza di cui era capace, senza parlare. Nessuno dei due disse altro.

   
 
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