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Autore: EffieSamadhi    05/03/2011    1 recensioni
“Ehi, questo è nuovo” commentò, sfiorando con la mano un tatuaggio all’altezza del cuore. “E’… sono…”
“Il nome di mia madre” completò lui, spostando la propria mano su quella di lei. “E quello di mio fratello. E il tuo.”
“Mancano Angel e Jerry” gli fece notare.
“Oh, loro sono qui” ribatté lui, indicando un altro tatuaggio. “Ma questo è un posto speciale. Mia madre, Jackie, tu… avete il mio cuore.”
Adia osservò il tatuaggio, poi alzò gli occhi nei suoi, guardandolo con amore. “Farò di tutto per meritarmelo, Bobby” bisbigliò, suggellando la promessa con un bacio.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Four Brothers - Call Me When You'Re Sober.

23.Si Todos Fuesen Iguales A Ti

 

 

            Finito di fare l’amore, Bobby si appoggiò con la schiena alla testiera del letto, lasciando che Adia si accoccolasse contro di lui. Era incredibile come anche il suo modo di fare sesso fosse cambiato, nell’ultimo mese: prima di Adia, Bobby aveva sempre pensato prima al proprio piacere, e solo dopo a quello della donna; e prima di Adia, aveva sempre detestato il fatto di essere toccato, una volta finito. Ma adesso, con lei – forse perché ne era innamorato – era tutto diverso: pensava prima a lei e poi a se stesso, non fuggiva come un ladro una volta avuto quel che voleva e addirittura le aveva passato un braccio dietro la testa e la stava accarezzando.

            “Non sarà facile. Questo lo sai, vero?”

            “A cosa ti riferisci?”

            “All’operazione. Non è come farsi togliere le tonsille. Dovranno ricostruirmi i legamenti del ginocchio, ci vorranno almeno sei settimane  prima che io…”

            “Bel tentativo, complimenti” la interruppe.

            “Tentativo?”

            “Se stai cercando di convincermi a lasciarti, sappi che non funziona. Ho aspettato quasi dieci anni, prima di poterti mettere le mani addosso, e di certo non rinuncio adesso.” Con l’altra mano salì ad accarezzarle la guancia. “Io non me vado più, Adia” le sussurrò, a pochi centimetri dal viso.

            “Sei proprio un duro, eh?”

            “Oh, non sai quanto” sorrise, prima di baciarla ancora una volta.

            “Meno male che non tutti sono come te” lo prese in giro.

            “Scherzi? Io sono un pezzo unico. È per questo che tutti mi vogliono.”

            “E allora com’è che nessuna ti ha mai tenuto per sé?” ribatté, sfiorandogli con l’indice uno dei tatuaggi.

            “Perché io non volevo rimanerci, tutto qui.”

            Adia si strinse un po’ di più a lui. “Ci metterò secoli per restituirti i soldi, lo sai?”

            “Lo fai apposta, vero?”

            “Cosa?”

            “Farmi arrabbiare. Quei soldi sono un regalo, non desidero che tu me li restituisca.”

            “Bobby, non mi hai prestato un dollaro per il biglietto dell’autobus. Sono cinquantamila dollari. Cinquantamila biglietti dell’autobus.”

            “Sì, e sono un regalo. Sul serio, se ti azzardi a restituirmi anche un solo dollaro, giuro che li brucerò.”

            “Testardo” sbuffò la ragazza.

            “Sono tuo degno compare, cara mia.” Fece una pausa. “Come farai con il negozio? Insomma, con tutta la riabilitazione che dovrai fare, non credo che sarai in grado di lavorare…”

            “Beh, io… io chiuderò il negozio. Per sempre, intendo.”

            “Cosa?”

            “Sì, io… io volevo dirtelo già l’altro ieri, poi non c’è stata occasione… mi hanno… mi hanno assunta giù alla biblioteca.”

            “Credevo ti piacesse avere una tua attività…”

            “Beh, non così tanto. Ci ho pensato parecchio, prima di decidermi a fare un colloquio. È un lavoro più tranquillo, pagano bene, è un guadagno sicuro, ed è decisamente meno faticoso: non devo tenere i conti, non devo preoccuparmi di… ho fatto male, vero?”

            “No, no, assolutamente. Sono solo… sorpreso, non credevo avessi problemi di questo genere. Quindi, il negozio che fine farà?”

            “Beh, potrei continuare ad affittare il negozio e l’appartamento, oppure potrei cercare un’altra sistemazione. Escludo l’ipotesi di tornare a casa di Aaron.”

            Seguirono dieci secondi di silenzio. “Vieni a stare da me.”

            “Cosa?” domandò Adia, stupefatta, mettendosi a sedere e voltandosi di scatto a guardarlo.

            “Che c’è?” le domandò lui, allargando le braccia.

            “Tu mi hai chiesto di vivere con te?”

            “Beh, la casa è quasi completamente ristrutturata, e c’è tanto spazio per tutti. Insomma, per Sofi e Angel, e per me e per te. E poi, passo più tempo qui che a casa di Jerry. È un po’ come se vivessimo già insieme.”

            La logica di Bobby non faceva una piega, ma Adia ancora non riusciva a credere alle proprie orecchie. Vivere insieme? Condividere tutto, nella casa che era stata della madre di lui, nella casa che lo aveva visto crescere? Formare una famiglia, insieme, in quella casa dove lui aveva trovato la cosa più simile alla pace e alla felicità? “Tu non… non stai scherzando, vero? Me lo stai chiedendo sul serio?”

            “Certo che te lo sto chiedendo sul serio. Non scherzo mai, se c’è di mezzo mia madre.”

            “I-immagino di…”

            “Devi solo dire di sì, Adia. Vieni a vivere con me.” Si avvicinò e con dolcezza le prese il viso tra le mani. “Sei la prima donna a cui io l’abbia mai chiesto.”

   
 
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