Daimon
Puoi
svegliarti anche molto presto all’alba,
ma il tuo
destino si è svegliato mezz’ora prima di te.
Proverbio
africano
Si aspettava l’impatto violento a terra e chiazze di sangue che si allargavano in mezzo alla piazza, mentre i loro corpi scomparivano lentamente nell’oscurità, senza lasciare alcuna traccia di sé. Era questa l’immagine stampata nella sua mente, mentre gli occhi chiusi attendevano il buio eterno. Stavolta per sempre. Era un peccato, sperava almeno di riuscire a riavere il proprio cuore… Non avrebbe mai pensato che sarebbe finita in questo modo.
Il tonfo non ci fu.
Niente, solo silenzio.
Allora? È questa la morte?
Facendo un sforzo incredibile, riaprì gli occhi e rimase accecato dalla luce del tramonto di quella città, scenario della loro fine. Di solito non mostrava molto interesse ai vari paesaggi dei mondi, ma stavolta rimase affascinato dalla sua bellezza, dai colori sgargianti e da quella luce calda che le creature dell’oscurità cercavano disperatamente: un calore che forse loro non avrebbero mai provato sulla loro pelle. Per un attimo si lasciò andare a quella piacevole sensazione: dopotutto, non c’era nessuno a vederlo, ad esclusione di Lux… Poteva, anche se per poco, dimenticare ciò che era e illudersi di aver ritrovato il suo agognato cuore. Poteva illudersi di essere tornato “normale”…
Però, c’era qualcosa che non
quadrava. Perché vedeva il tramonto da quell’altezza?
Abbassò la testa per accertarsi
della sua situazione: a separarli dal suolo c’erano diversi metri che avrebbero
potuto rubargli la vita in pochi secondi. Si trovavano sospesi nel vuoto, non
molto distanti dal cornicione della torre. Il debole vento gli sferzava il
volto sorpreso.
Non è possibile… Siamo ancora
vivi e per giunta sospesi in aria! Come abbiamo fatto?
Poi si ricordò di Lux e si voltò per accertarsi che stesse bene. Ciò che vide non poteva stare né in cielo né in terra. Solo sul confine fra Inferno e Paradiso.
Piume nere cadevano lentamente a
terra o venivano trasportate dal vento. Due enormi ali dello stesso colore
erano aperte, pronte a sostenere il loro peso. Possenti e magnifiche: non
potevano esserci altri aggettivi per descriverle. Erano talmente immense da
coprire l’intero cielo rosato, come due enormi macchie scure intrise
dell’oscurità più profonda; le piume cadevano a terra come neve nera, simili
alle lacrime di qualche angelo caduto. Catturavano ogni luce, ogni purezza.
Mostravano la rara bellezza dell’oscurità.
Lux stringeva per i polsi il
numero VII con violenza, temendo da un momento all’altro di vederselo scivolare
in basso e cadere nel vuoto sotto di loro. Non capiva come ci era riuscita,
sapeva solo che l’aveva fatto per poter salvare entrambi: o meglio, per poter
salvare lui. Non si aspettava che sarebbe venuto a cercarla, almeno sperava
che l’avesse ritrovata solo nel momento in cui tutte le sue pene fossero
finite; bastava un semplice passo nel nulla e poi inghiottita per sempre
nell’oscurità eterna. Invece, era riuscita a salvarsi. A quanto pare, doveva
fare ancora qualcos’altro, prima di scomparire: non poteva sfuggire
all’inevitabilità del fato.
Abbandonò questi pensieri e
ritornò alla realtà, ricordandosi di essere ancora sospesa nel vuoto. Incrociò
lo sguardo ambrato di Saix e si guardarono in silenzio, senza sapere cosa
dirsi. Gli occhi di Lux erano del colore del tramonto: due gemme che rilucevano
di luce propria. Trasmetteva preoccupazione e ansia, con una lieve traccia di
rimorso.
Non aveva senso restare in
silenzio a quell’altezza.
“Lux, per favore, riportami a
terra…”
Lei annuì con la testa, mutando
immediatamente espressione: adesso era sollevata. Forse pensava che non
l’avrebbe sgridata…
Un semplice battito d’ali,
silenzioso e pieno di grazia, li riportò lentamente a terra. Non appena ebbero
toccato terra, si richiusero con un rapido movimento e si ritirarono dietro la
schiena, scomparendo sotto la candida pelle e lasciando come unica traccia una
piccola cicatrice a forma di X rosata. Le piume nere continuavano a cadere
insistentemente, ammucchiandosi ai loro piedi come un tappeto di rara
morbidezza. Entrambi osservavano lo spettacolo in silenzio, forse incantati per
la bellezza del tramonto o semplicemente stupiti per l’evento inatteso. Lux non
voleva parlare, anzi: desiderava ardentemente andare via di lì, nascondersi e sparire
dalla vista di tutti. Poteva immaginare e percepire i pensieri del numero VII e
questo la metteva a disagio; sicuramente la vedeva come un mostro, un abominio
di questi mondi caotici, soprattutto dopo aver visto questo. Se doveva
essere sincera, nemmeno lei era a conoscenza di possedere delle ali, simili a
quelle delle cornacchie viste poco prima di buttarsi e, in particolare, a degli
esseri che aveva visto in un libro, molto tempo fa… Quelle creature alate
avevano un nome che risuonava nella sua testa come mille campanelli argentati:
si chiamavano “angeli”. Forse aveva letto su di loro in uno dei libri presenti
nella grande biblioteca del Castello, quando faceva compagnia a Zexion… Si
ricordava di un tipo speciale di angeli dalle ali nere, come le sue, che invece
erano denominati “angeli caduti”: essi erano stati cacciati dal Paradiso e si
erano rifugiati all’Inferno, oppure sulla Terra in mezzo agli uomini. Lei era
uno di loro. Dannata per l’eternità, scacciata dal suo luogo di nascita e
marchiata dal resto del mondo. Questa idea la terrorizzava: non voleva
diventare come loro! Invece… Questo nuovo potere… Che l’aveva salvata da morte
certa, ma soprattutto che aveva salvata anche lui. L’unica cosa buona.
Si voltò per andarsene, in
silenzio, sperando che fosse distratto ad ammirare il tramonto. Alcune piume la
seguivano a ogni passo che faceva. La sua idea era quella di aprire un altro
portale oscuro e scomparire in un altro luogo, magari dove avrebbe potuto
continuare ciò che aveva interrotto con calma. Saix se ne accorse e si ridestò
dal suo ebetismo, allungando una mano per bloccare il braccio di Lux. Il numero
XIII lo respinse con una leggere scossa di avvertimento, intimandolo a
lasciarla stare.
“L’Organizzazione ti sta
cercando. Faresti meglio a tornare indietro con me”
Sì, mi sta cercando per punirmi…
“Nessuno vuole farti del male…
Però sarebbe preferibile se tu ci spiegassi, per quanto rientri nelle tue
possibilità, e ci aiutassi a capire perché hai fatto del male al numero VIII…”
Io… Non lo so. Mi sono lasciata andare e…
“Quello che sto cercando di dirti, è che non ti cacceremo dal Castello, quindi non hai motivo di fuggire di nuovo o tentare azioni azzardate come quella di prima. Naturalmente ti toccherà una punizione, ma…”
Saix si bloccò all’improvviso,
notando un particolare sul volto di Lux che prima non c’era. Forse era troppo
impegnato a tessere il proprio discorso, o forse quella “cosa” era troppo
piccola per vederla… Scendeva dagli occhi, chiara e salata, come una piccola
gemma di cristallo illuminata dai deboli bagliori del tramonto: Lux stava
piangendo. Gli occhi umidi non smettevano di produrre quello strano liquido che
Saix non vedeva da tanto tempo.
Le lacrime bagnavano le bende,
mentre alcune cadevano a terra, sulle piume nere; Lux si portò le mani agli
occhi, cercando di coprirsi il volto e di asciugarsele, provando una vergogna
immensa verso se stessa. Non voleva offrire questo patetico spettacolo di
debolezza ai freddi membri dell’Organizzazione, anche se era una cosa nuova per
lei che doveva essere un Nessuno. Avrebbe desiderato sedersi a terra,
rannicchiandosi come faceva di solito, e singhiozzare, liberare tutto il suo
malessere, sentirsi indifesa e schifosamente debole; inoltre avrebbe voluto
qualcuno che la consolasse, dicendole che andava tutto bene e che non doveva
preoccuparsi di niente, che era stato solo un brutto sogno. Uno dei suoi
incubi.
Invece no. Restò ferma e
immobile, in piedi di fronte al numero VII, lasciando scendere irrefrenabili le
lacrime. Singhiozzi sommessi le salivano in gola ma lei cercava di sopprimerli.
Saix era piuttosto sorpreso e
affascinato da quel gesto di sofferenza interiore; doveva ammettere che provava
anche un po’ di invidia per la libertà di esprimere quelle emozioni in modo
così diretto. Non capiva il motivo del pianto, ma non riusciva ugualmente a
trovare le giuste parole per domandarglielo. L’unica cosa che gli venne in
mente fu quella più banale e inadatta, però volle tentare ugualmente. Tanto,
cosa aveva da perdere? Lui non possedeva un cuore.
“Perché piangi?”
Sono uno stupido, pensò.
Lux si tolse le mani dagli occhi
e lo guardò piena di dolore, indifesa e sofferente. Avrebbe voluto urlare,
sfogarsi con lui ma le bende le impedivano di fare ciò. Solo silenziosi
singhiozzi le permettevano di esprimersi.
Piango perché sto male!
Il numero VII sbarrò gli occhi e fece un passo indietro: l’aveva sentita, la sua voce – quella di Lux, anche se piuttosto ovattata – che rimbombava dentro la testa come un eco. Era chiara e distinta, triste, come qualcuno che ha bisogno di un disperato aiuto. Lei voleva liberarsi, ma finora non aveva mai avuto la possibilità di farlo.
“Io… Riesco a sentirti dentro la
mia testa! Questa è telepatia… Da quanto tempo riesci a fare una cosa del
genere?” chiese misurando le parole. Si sentiva stranamente eccitato.
Da un po’…
“Perché non ne hai mai parlato a
nessuno? Sarebbe stato tutto molto più facile”
Lux attese un po’ prima di
formulare il pensiero da inviargli, soppesando le parole. Le lacrime
cominciavano a venire meno.
Perché nessuno di voi si era
mostrato aperto ad ascoltarmi.
Saix non capiva. Allora, perché solo adesso? E con lui?
Lux comprese ciò che stava per
dire e lo precedette.
Tu sei stato l’unico, in questo momento, ad aver aperto la tua mente alla mia. Forse devi esserti sentito vicino alla mia sofferenza e l’hai fatta tua: credo sia questo il motivo per cui puoi sentirmi.
“Aprire la mente? Vuoi dire che ci deve essere una certa affinità fra i due soggetti per creare questo contatto?” chiese incuriosito.
Il numero XIII annuì, asciugando
le ultime lacrime. Strano, adesso si sentiva stranamente meglio… Forse aveva
davvero bisogno di qualcuno con cui parlare. Con lui era diverso.
Saix la osservava come se fosse
un fenomeno da baraccone: era piuttosto strana questa situazione, ma ancora più
strano era il fatto che lei sapesse piangere. Non era un Nessuno come loro?
“Tu piangi. Per un Nessuno questo
è anormale, lo sai?”
Lux lo guardò stupita.
Mi è venuto spontaneo: avevo paura di quello che sarebbe potuto accadermi al Castello, se avessi fatto ritorno. Tutti mi odieranno, di questo sono certa… Ho fatto una cosa orribile! Ma non volevo! Erano i miei impulsi ad agire e per me era come se mi trovasse in uno stato di trance…
Solo adesso Saix se ne accorse: lei aveva paura ed aveva un cuore. Non lo sorprendeva tanto il fatto che lei possedesse l’oggetto bramato dall’Organizzazione, ma la sua reazione di fronte a questa rivelazione: vedeva che tremava, sentiva i suoi singhiozzi sommessi e vedeva nuove lacrime salire sugli occhi. Quindi, era questo che si provava quando si aveva un cuore: erano queste le sensazioni di un essere comune… Sensazioni che lui non avrebbe mai provato.
Lux aveva paura di lui,
dell’Organizzazione XIII e del futuro. Tutto questo gli faceva uno strano
effetto: provava “compassione” e “tenerezza” per quello strano essere di fronte
a lui.
Proprio lui, il Mago che danza
sulla Luna.
La sua freddezza cadeva a terra
come un castello di carte.
Sentiva ancora la voce di Lux
nella sua testa, che tentava di spiegare l’accaduto, ma decise di ignorarla e,
incurante di quello che sarebbe potuto accadergli, si avvicinò alla ragazza e
posò una mano sui capelli corvini, scompigliandoli scherzosamente. Sorrise
divertito e le fece alzare la testa in modo che lo guardasse dritto negli
occhi: adesso erano ambrati, come i suoi.
Bellissimi, gli venne da pensare ma si trattenne, memore del fatto che lei poteva leggergli nel pensiero.
Lux trattenne il respiro e lo guardò incuriosita, aspettandosi da un momento all’altro una punizione. Invece, sentì solo una voce tranquilla e rassicurante che non dimenticherà mai. L’immagine del ragazzo si sovrappose per un attimo sul numero VII.
“Torniamo a casa, Lux. Tutti ti
stanno aspettando…”
E così fu.
“Ciò che hai fatto è riprovevole,
questo lo saprai anche tu… Vorrei che ci spiegassi ancora una volta il motivo
di tale gesto contro un membro dell’Organizzazione, che in quel momento voleva
solo offrirti assistenza. Io detesto avere certe dispute all’interno di questo
gruppo, soprattutto fra una novellina come te e un Neofita…”
Xemnas aveva iniziato a parlare
quindici minuti fa, senza dare il tempo né a Saix né a Lux di finire la
spiegazione: ormai non lo fermava più nessuno. Era visibilmente alterato e
guardava il numero XIII con estrema severità, schiacciandola con lo sguardo.
Lux, invece, osservava il pavimento bianco, con la mente rivolta ad altri
pensieri, ogni tanto a rispondere a qualche: “Guardami negli occhi, quando
parlo!” o “Pregherei la tua attenzione”.
Gli altri membri erano stanchi e
annoiati. Dentro di loro avevano già perdonato Lux, ma desideravano
ardentemente uscire dalla Sala dei Troni a svolgere le loro mansioni o a
riposarsi. Lux sentiva i loro pensieri rivolti a lei, soprattutto quelli
spensierati di Axel, che la perdonava per l’attentato. Lei chinava la testa
ubbidiente, in stato di colpa e pronta a ricevere la punizione meritata.
Fortunatamente, Saix non aveva
accennato al volo dalla Torre dell’Orologio e nemmeno al fatto di averla vista
piangere: queste faccende erano private fra loro due e preferiva che il Capo
non alzasse un polverone inutile per tali congetture sul cuore. Ogni tanto la
osservava di sottecchi, per vedere se resisteva o se tradiva le sue emozioni.
Niente, era normale come al solito: sicuramente in stato di trance. Sorrise fra
sé.
“… E per questo sarai punita!”
annunciò il Superiore. Lanciò uno sguardo in cerca di approvazione verso gli
altri membri, ma notò che nessuno di loro lo aveva ascoltato. Sospirò paziente.
“Voi potete andare. Lux,
continueremo il discorso nella mia stanza e ti assegnerò la giusta punizione.
Naturalmente, sono molto sollevato dal fatto che adesso puoi comunicare con
tutti noi: questo faciliterà di molto le cose. Sparite!”
Tutti i membri sospirarono
sollevati e stavano per andarsene quando una luce al centro della stanza li
colpì in pieno. Da quel fascio luminoso cominciò lentamente a delinearsi una
figura umana, ancora piuttosto indistinta. La luce svanì del tutto, lasciando
al suo posto un ragazzo piuttosto familiare agli occhi di tutti: capelli ricci
e argentati, occhi neri come la notte eterna, segni quasi invisibili di
cicatrici sul volto troppo adulto ma che tradiva ancora uno sguardo giovanile.
Un lungo mantello bianco, legato al collo, ricopriva il suo corpo robusto che
tempo fa era esile e accasciato senza vita sul suo stesso sangue. Alcuni
membri, nonostante l’aspetto leggermente migliorato, lo riconobbero, mentre
altri faticavano ancora a capire chi fosse. Lux si sentì mancare il fiato e la
testa cominciò a girare in un vortice di pensieri e immagini confuse. Il buio
scese sui suoi occhi e non riuscì a vedere altro. Cadde in avanti, sotto lo
sguardo sorpreso dei dodici Nessuno. Il ragazzo appena apparso si lanciò in
avanti con un scatto veloce, quasi invisibile all’occhio umano, e la prese in
braccio con delicatezza, impedendo così la pericolosa caduta. Il ragazzo
rivolse a quel piccolo corpo uno sguardo intenerito, scostandole i capelli
corvini dal volto pallido. Poi, stringendo a sé Lux, alzò lo sguardo verso quei
personaggi vestiti di nero. Erano loro: non poteva sbagliarsi.
“Chi sei? Come hai fatto a
trovarci e da dove vieni?” tuonò Xemnas.
Alcuni membri evocarono le armi,
pronti a combattere. Il ragazzo scosse la testa, intenzionato a non combattere.
Infine si decise a parlare: una voce autorevole e decisa, calma e carezzevole,
uscì da quel corpo troppo cresciuto.
“Il mio nome è Daimon. Sono
venuto fin qui per riprendermi Lucia”
Ecco entrato in
scena un nuovo personaggio di vitale importanza per Lux, una persona piuttosto
familiare e già apparsa in precedenza un paio di volte. Forse per il nome non
mi sarò sforzata molto, dato che è usato parecchio nei manga o negli anime, ma
ho visto il suo significato letterale e ho capito che era azzeccatissimo per il
mio personaggio: infatti daimon significa “destino”, appunto quello che
sta per compiersi sulla strada della nostra protagonista.
Spero che vi abbia
incuriosito, anche se in parte avrete capito il suo carattere, ma nuove
sfaccettature verranno alla luce nel suo animo, quindi vi conviene stare molto
attenti…
L’idea della
telepatia era da un po’ che ce l’avevo, dopotutto in qualche modo dovevo farla
parlare… Dato che controlla qualsiasi oggetto con la mente, mi sembrava adatto
a una come lei. Per quanto riguarda le ali… Eheheh ^^ [in parte c’è anche la
mia fissazione verso certe creature, mentre di contro erano adatte a Lux per la
sua natura].
La punizione di
Xemnas… Mi sa tanto che non potrà dargliela, poverino [uno dei miei personaggi
preferiti], anche se all’inizio aveva pensato a uno scontro fra i due… Ma mi
sembrava troppo. Mi dispiace se ho deluso le vostre aspettative. ^^”
Al prossimo
capitolo!
See you again!