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Autore: Quintessence    06/03/2011    3 recensioni
Il suicidio. La vita. La sproporzione dell'amore. Questi sono i miei temi, quali sono i tuoi?
~
Cosa è successo ad Alessandra, perché Matteo decise di non amarla, come questo la uccise e come il contorno cambiò all'improvviso.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Quattro ~ La Gioia


"Che fai qui, sola?"
"Forse aspettavo qualcuno"
La schiena poggiata alla bici, una ragazza in piedi che sorride. E' un'immagine sfocata, ma nitida in alcuni particolari. Come nel colore della bici, un verde sconvolgentemente speranzoso. O come nella voce, per esempio, che è cristallina.
"Ma non avevi da fare un assolo al concerto, oggi?"
"Aspettavo qualcuno per andarci insieme. Ho messo la sciarpa per non prendere freddo" -Dice soffocando la voce soffiandola nei guanti. E' gennaio, il cielo promette grigio e le nuvole promettono tanta, ma proprio tanta pioggia. Solleva la bici con fare indifferente, mentre la guardo di sottecchi.
"Rischiava di piovere" -L'apostrofo sapientemente, indicando il cielo incazzato- "Che cavolo sei rimasta qui a fare, scema?"
"D'accordo, smetto di aspettarti e vado via" -Cado dal pero.
"Aspettavi... Me?" -Ride, ed è la cosa più dolce che mi sia capitato di sentire.
"Eh, già. Anche se ci conosciamo da pochi mesi, non volevo andare sola. E sapevo che saresti uscito presto dall'aiuto compiti" -Sgrano gli occhi.
"Presto?! Stai aspettando da almeno mezz'ora!" -Mi squadra, e sembra ancora più divertita di prima. Mi sento un pesce in una boccia. Non sono in grado di proferire un altro suono.
"Quindi vogliamo perdere ancora molto tempo a lamentarci, oppure ce ne andiamo?"
Inforca la bici, e non posso che imitarla. Non posso che seguirla.
*
Guardo curioso sul palco la ragazza che mi piace. Almeno quando è lì faccio finta che non sia una strampalata. Faccio finta che non sia una sfigata con maglioni arancio e blu. Posso amarla come e quanto mi pare. La guardo sorridere, ballare anche un pochino mentre le dita leggere sfiorano le corde della chitarra. E anche quelle del mio cuore. Sento un'eccitazione che non riesco a estinguere. Calamitato dal suo sguardo, mi sporgo verso il palco per stare più vicino. E' veramente brava, dio.
Non è certo famosa, ma c'è un bel capannello di gente che guarda, stasera. Le prove le ha saltate per metà per aspettarmi, ma mi ha discolpato subito con un generico "Scusate, l'ho aspettato... no, no, non era in ritardo. Mia la colpa" -E un segno di pace. L'hanno perdonata subito. E come avrebbero potuto fare altrimenti?
Già, il suo gruppetto è abbastanza seguito, mi dico osservando divertito le persone saltellare al ritmo. Io non sarò mai capace. Ovviamente, gli unici che la considerano una punk fuori di testa sono i miei compagni. Ma Alessandra non suona punk, suona canzoni d'amore dedicate una dopo l'altra a un tipo, anche se lo dice solo alla fine, che sono dedicate alla persona che ama. Non fa nemmeno il nome, sa che lui se ne vergognerebbe anche se lei è sfacciata. Penso che abbia assolutamente ragione.
Mi fa l'occhiolino mentre scivola via il suo assolo dell'ultimo ponte. Suona come non ha mai fatto, e per un'ora o poco più mi lascio prendere da quella musica, fingendo davvero che suoni per me. Credendo sul serio che mi ami anche se non me l'ha ancora confessato. Ma lo farà presto, poco dopo, sul retro del palco. Lo farà con un abito blu, lo stesso blu della notte, lo stesso blu del mare e lo stesso blu dei suoi occhi. Lo stesso blu del concerto.
"Sei stata brava" -Dico sorridendo, e tendo la mano. Lei non la prende e non la stringe. La guarda un po' alienata.
"Grazie per avermi ascoltata" -Dice alla fine, e abbasso la mano. Mi fissa, con il blu del mare, e io annego. Annego, annego, aiuto, non respiro, e poi prendo aria e me lo ricordo. Non va bene, è una sfigata, è impopolare. Non mi ci posso legare. Mi prenderebbero in giro per il resto della vita e- che razza di problemi. Sto annaspando.
"Ah, senti, volevo dirti una cosa" -Dice Alessandra, e mi guarda di nuovo. Affogo. Non riesco a stare a galla. Distolgo lo sguardo e respiro ancora. Questa volta prendo tanta aria, così dopo ne ho di riserva. Almeno posso stare sotto per un minuto, o due. Lei è l'unica che mi guarda negli occhi quando parlo. Gli altri sono interessati ai miei piedi, alle mie camicie. Qualcuno all'orizzonte dietro di me.
"Eh, sì, dimmi..." -Sussurro cercando di non perdere troppa aria. Fra poco tornerà a fissarmi- "Che poi andiamo a casa che è tardi e fa freddo"
"Più che altro questo" -Si avvicina al mio orecchio, e io mi irrigidisco e sono paralizzato. Come potrò aggrapparmi a qualcosa, qualsiasi cosa, se sono paralizzato? Come farò a muovermi, mi domano, ma intanto il profumo di cannella e fragola mi toglie il respiro -di nuovo- e che mi importa se non posso muovermi? Meglio così. Voglio annegare. Le scosse che mi corrono sulla schiena mi fanno quasi tremare, voglio dirle di smetterla di stare così vicina, ma chi è mai stato capace di parlar sott'acqua? 
"Forse mi sono innamorata di te" -Deglutisco, e prendo fiato. Ho ancora gli occhi chiusi. Sono sott'acqua ma questa volta è bello. Fluttuo. Mi muovo veloce e fluidamente. Lei mi ama! Il primo impulso che ho è di scriverlo su un muro. Poi ricordo.
Mi stacco un secondo, sorrido e tentando di nuovo di non precipitare nei suoi occhi per non affogare ancora, cerco una risposta adatta per non ferirla. Cerco, cerco, e annaspo, e alla fine cedo, m'attacco a qualsiasi cosa, a una roccia di serenità, non lo so. Non lo so.
"Forse...?"
*

Loretta lo guardò dimenarsi leggermente e sorridere mentre l'ampolla si riempiva di un delicato vapore rosastro uscito da chissà dove. Gli sventolò una mano davanti alla faccia, ma quello non accennava a riaprire gli occhi. Ridacchiò.
"...Oddio, questo è il tuo ricordo più gioioso?" -Matteo aprì gli occhi di scatto, rabbrividendo d'imbarazzo.
"Eh?" -Ma dov'eri, Teo, nel mondo dei sogni? Accidenti, si disse- "Eh, sì, cioè, è stato il momento in cui siamo stati più insieme, più vicini. Da allora... Non ho più avuto il coraggio di starle vicino... Sapevo che me ne sarei innamorato... Forse... Lo ero già e... Ne avremmo sofferto entrambi" -Non era proprio vero. Circa. Forse- "Perché lei era troppo diversa da me, da noi" -Fino a quel momento si era sempre sforzato di non dire noi. Di non dire cose come se fosse cambiata l'avrei voluta, perché non erano vere. Non voleva dire che l'aveva gettata via perché era diversa dalla massa. Ma lo era, e non poteva farci nulla. Sospirò.
Loretta dovette intuire il suo tormento, perché non fece domande, ma sospirò a sua volta tappando l'ampolla.
"Allora possiamo passare ad un pensiero triste...?"
   
 
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