Fumetti/Cartoni americani > Avatar
Ricorda la storia  |      
Autore: Shizue Asahi    09/03/2011    8 recensioni
{Fan fiction partecipante all'Avatar's Characters Challenge}
Prende in braccio il bambino e se lo poggia sul seno, facendo ben attenzione a sostenergli la testa, come le era stato ripetuto assillantemente dalla madre, dalla suocera e persino dal marito, che non vede di buon occhio queste sue scappatelle notturne.
{Ursa centric - accenno UrsaxOzai}
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Zuko
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Spalanca gli occhi e si tira a sedere di scatto, portando con sé la coperta e ricevendo in cambio un mugugno infastidito da parte del marito che, dopo averle lanciato un’occhiata di rimprovero,  le dà le spalle e torna a dormire.

Assottiglia gli occhi e ricambia l’occhiataccia, corrugando le sottili sopracciglia. I lunghi capelli neri le ricadono sulle spalle e le sfiorano il viso.

Sbuffa e afferra il pettine posto sul comodino. Con una serie di complicati movimenti si lega i capelli e, dopo aver afferrato la vestaglia, scende dal letto.

Nella penombra della stanza riesce a distinguere le ombre dei mobili e, con calma, raggiunge la porta, non curandosi di fare rumore, tanto sa che la sta ascoltando.

Fa pressione sulla maniglia e l’alta porta si spalanca. Lascia la stanza lanciando un’ultima occhiata al letto matrimoniale e  poi richiude la porta alle sue spalle.

Si ritrova nel lungo corridoio del palazzo, illuminato qua e là da qualche sporadica torcia.

Si porta una mano sul ventre e stringe tra le dita affusolate la stoffa sottile dalla vestaglia per poi avviarsi.

Cammina svelta, ripercorrendo mentalmente il percorso che deve fare e che, da un anno a quella parte, fa quasi ogni notte. Fa vagare lo sguardo sulle mura, cogliendo con la coda dell’occhio i ritratti dalle varie famiglie reali che si sono succedute nel corso degli anni. Sorride soddisfatta, consapevole del fatto che presto ci sarà anche la sua lì a far compagnia alle altre.

Dopo una manciata di minuti arriva a destinazione e si acciglia notando che non c’è nessuno a guardia della porta. Sospira, proprio non riesce ad approvare queste prese di posizione del marito.

Con delicatezza abbassa la maniglia della porta e la attira verso di sé, facendola aprire. Si infila nella fessura venutasi a creare e poi riaccosta la porta al battente, premurandosi di non far rumore.

La stanza è più piccola della sua, e affaccia su un altro lato del giardino, ma, riflette, è più accogliete.

Soppesa i passi, rendendoli i più lievi possibile e si ferma al centra della camera. Poggia una mano sulle sbarre della culla e vi si piega. I capelli le ricadono in avanti, andando a solleticare il viso paffuto del bambino che sonnecchia placido sotto la coperta che riporta il marchio della Nazione del Fuoco.

Zuko socchiude gli occhi e poi li spalanca, riconoscendo la figura familiare della madre. Tende la braccia e inizia ad aprire e chiudere spasmodicamente le manine paffute, in una muta richiesta.

Ursa sorride, quasi commossa. Prende in braccio il bambino e se lo poggia sul seno, facendo ben attenzione a sostenergli la testa, come le era stato ripetuto assillantemente dalla madre, dalla suocera e persino dal marito, che non vede di buon occhio queste sue scappatelle notturne.

Il bambino produce un vagito e fa schioccare la lingua, contraendo i muscoli del viso in una buffa espressione. Ursa ride, sedendosi sulla poltroncina posta di fianco alla culla – gentile concessione di Ozai.

Zuko si accoccola meglio sul seno della madre e la donna lo culla, carezzando prima lui e poi il suo ventre, gonfio. E sorride, ancora, pensando al futuro figlio, o figlia.

Il principino strofina il visino sulla pelle della madre, respirandone il profumo e le solletica il mento, con la zazzera nera.

Ursa fa ondeggiare le braccia e continua a cullare il bambino anche quando il suo respiro si regolarizza e cade in un placido sonno.

 

I primi raggi di sole filtrano attraverso le ampie finestre e Ozai sbuffa osservando la moglie.

Con passo marziale le si avvicina e allunga una mano verso di lei, pronto a scuoterla e a intimarle di ritornare nella loro stanza, ma poi si ferma e la guarda meglio. È bella, questo glielo deve concedere e quella mattina lo è particolarmente o semplicemente l’essere  rimasto sveglia ad aspettarla e aver così perso preziose ore di sonno lo rende poco lucido.

Fa passare lo sguardo sulla figura della donna, osservando prima il primogenito, che tiene stretto al petto, e poi il ventre rigonfio.

Si passa una mano tra i capelli e alza gli occhi al cielo.

La avvolge nella coperta che prende nella culla. Premurandosi di non esser visto da possibili domestici, le sposta una ciocca di capelli dal viso e sfiora la testa del figlio. Poi si ricompone, si rimette dritto e spinge indietro le spalle; si volta ed esce dalla stanza di suo figlio, alla ricerca di qualcuno con cui prendersela per il fatto che non vi ha trovato guardie a sorvegliarla.

 

Angolo Autore:

O mio Dio, sì, o mio Dio! Ho scritto una sottospecie di fluff! Non c’è sangue, non ci sono morti… è così strana ç__ç Però ci voleva un po’ di vita, no?

Anche se io la trovo più inquietante degli occhi mangiati dai corvi, insomma Ozai è così “premuroso” ò.ò

Sì, volevo scrivere qualcosa su Ursa, all’inizio avevo deciso di descrivere quello che le era successo e di come era stata fatta fuori –sarà per la prossima volta- ma poi ho “ucciso” il povero Lu Ten e mi sono detto che avevo fatto abbastanza stragi.

La fan fiction partecipa all’Avatar’s Characters Challenge indetta dalla sottoscritta sul forum di EFP e a cui vi invito a iscrivervi ùù

Allora, me lo lasciate un commentino, vero? *__*

   
 
Leggi le 8 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni americani > Avatar / Vai alla pagina dell'autore: Shizue Asahi