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Autore: Jaded_Mars    10/03/2011    4 recensioni
Due ragazze inglesi nella Los Angeles del 1985,l'incrocio delle loro vite con quelle di cinque ragazzi e musicisti fuori dal comune, i Guns n' Roses,e una valigia da preparare per seguire il tour di una delle più oltraggiose band del momento, i Motley Crue.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Anche se è già il quinto capitolo vorrei dire due cose veloci:
A chi legge … GRAZIE.  
Hollywood Rose la dedico alle mie due vere inimitabili Socie (B&E), alla B attualmente a Sing Sing e alla Lau, siete preziose.
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“Maledizione avrei dovuto mettermi il vestito blu elettrico…”

“Ma dai Andy finiscila, stai benissimo!”

“Non so, ho un brutto presentimento, non mi sembra adatto questo…”

Seduta su sedile del taxi, Andrea continuava a sistemarsi il bel vestitino aderente a righe nere e bianche che aveva indossato, era corto e leggermente scollato, metteva in risalto il suo bel fisico slanciato. In grembo aveva il suo inseparabile chiodo nero in caso avesse fatto freddo al ritorno.

“Piuttosto, socia, avresti potuto considerare l’idea di scartare quelle ballerine lì per un paio di bei tacchi alti, così ti saresti fatta notare di più”

“Sì certo, così sarei passata per una giraffa ambulante, no grazie! E poi sai che odio i tacchi,mi sento talmente goffa…”

Bea guardò Andrea come se si trattasse di un caso perso. Era inutile sembrava che non volesse valorizzarsi, preferiva essere normale quando invece era così carina, in fondo poteva già ritenere una conquista l’esser riuscita a convincerla a mettersi quel vestito, “uff almeno potevi metterti gli stivali sarebbero stati sicuramente...”

“Piantala Bea!”

Andrea troncò la discussione,  appoggiò la testa al finestrino. Normalmente a Londra si sarebbe infilata un paio di pantaloni neri, una camicia e via, senza tante manfrine, ma quella volta voleva essere diversa, e forse aveva sbagliato. Si sentiva a disagio, non era abituata a bei vestiti.  “Oramai ce l’ho su, non posso tornare indietro a cambiarmi siamo già in ritardo e c’è un traffico allucinane, da dove sbuca tutta sta gente?A Londra non ho mai visto una coda del genere!”. Poi pensò anche che Londra aveva la metà degli abitanti di Los Angeles, che era famosa anche per i tempi biblici che servivano per percorrere le  distanze incredibili tra i vari punti della città. Almeno loro abitavano relativamente in centro,nella zona più frequentata a  Hollywood. Guardò l’ora 10 pm. Ebbe un colpo, “Cazzo siamo in ritardissimo!”. Si sporse verso il tassista anziano e sudaticcio e con voce incalzante gli fece “Senta non potrebbe andare un po’ più veloce? Svicolare tra le auto?Siamo in ritardo!” L’uomo tranquillo le rispose semplicemente indicandole la strada davanti a lei: una coda infinita di fari di auto piene di ragazzi della notte diretti verso le mete del loro divertimento. Andy tirò un sospiro scoraggiato, era ovvio, non si sarebbero mai mosse da lì.
 
“Quanto dista a piedi il locale?” chiese pregando che non fosse troppo lontano.

“Saranno dieci minuti a piedi, dovete andare sempre dritte per il Sunset Boulevard, lo vedrete facilmente,non vi potete sbagliare.”

Andy  guardò Bea che stava già aprendo la portiera pronta per andare, pagò l’uomo e scese anche lei dal taxi e si mise a camminare rapidamente al fianco dell’amica. Si appuntò mentalmente la Regola numero uno : non andare in macchina a Los Angeles, prendere una moto. Era incredibile quanta gente ci fosse, non aveva mai visto una scena del genere, così eterogenea. C’erano punk, glam, gli ultimi fedeli della new wave, colori sgargianti, spandex, pelle, tacchi e scollature vertiginose, pettinature audaci, file fuori dai locali, fumo di sigaretta, bottiglie in mano e per terra e musica, tanta tanta musica proveniente dalle radio delle macchine coi finestrini abbassati in coda, dai locali, dai musicisti di strada. Era un gran mix di varie culture underground urbane che si incontravano su quel lungo viale per esibirsi e divertirsi.  La parola d’ordine in quel periodo era divertimento, in qualsiasi modo, non importava quanto esagerato o estremo fosse, ma era imperativo . Se ti ricordi cosa è successo non stai vivendo veramente questi tempi, si diceva. Erano un periodo pieno di speranze, gli anni ‘80, tutti guardavano al futuro ma vivevano a pieno il presente, i giovani erano intraprendenti e pieni di idee creative, si svegliavano al mattino con un’idea e avevano la speranza di poterla vedere realizzata. La scena musicale era in costante subbuglio ed evoluzione, le band si formavano e si dividevano da un giorno all’altro, si alternavano a suonare nei locali e combattevano per guadagnarsi il giusto seguito per potere arrivare a dire “siamo qualcuno qui a Los Angeles” e sperare di essere notati anche da grandi majors e riuscire a spiccare il grande balzo.  Le insegne al neon dei locali dello Strip illuminavano quasi a giorno il lungo viale e il marciapiede era una coda unica di persone in attesa di entrare in quelle quattro mura che diventavano un mondo senza tempo fatto di musica.  Andrea e Bea cercavano invano di farsi strada tra la folla che non voleva spostarsi per non perdere il posto tanto difficilmente guadagnato.

 “Ma quanta gente c’è in questa città?!? Sembra che siano tutti qui questa sera…” sbottò Bea che difficilmente sopportava gli ammassi di persone per strada che le rallentavano il cammino.

“Dai B ci siamo quasi, la vedo da qui l’insegna del Whisky! Scendi dal marciapiede, vieni così andiamo più veloci…” Andy si mise  a camminare per strada, tra le macchine in coda, seguita dall’amica che la prese per mano per tenersi in equilibrio sui sui tacchi vertiginosi e riuscire a camminare meglio. Qualche ragazzo quando le vedeva passare di fianco alla propria macchina urlava un apprezzamento, ma loro li ignoravano, non avevano tempo da perdere per mettersi a litigare con degli idioti.

Più si avvicinavano più si delineava il contorno del Whisky a Go Go, un edificio rosso di due piani ad angolo con Clark Street a poca distanza dal Roxy. Sul cartellone centrale spiccava a grandi lettere nere il nome Guns N’ Roses come main act seguito da altri nomi di band minori. “Sono loro B, sono loro!” Andy strinse la mano dell’amica alla vista di quel nome. Si sorprese di essere così emozionata all’idea di vedere quei cinque ragazzi di cui non sapeva niente, eppure aveva un’ottima sensazione, il suo sesto senso musicale le suggeriva che sarebbero stati una rivelazione.   “Andy, non vorrei frenare il tuo entusiasmo ma…guarda un po’ lì!” e indicò una fila infinita di persone in attesa. Erano davvero tantissime e chissà a che ora erano arrivati per prendere posto. Moltissime di loro erano ragazze, tutte in tiro per la grande serata, alcune lì solo per divertirsi, altre, molte, per riuscire ad intrufolarsi nei camerini e conoscere i musicisti.  Le due amiche si fermarono imbambolate, indecise sul da farsi: mettersi in coda sapendo di non riuscire mai ad entrare in tempo o tornare a casa. Non erano tipe da lasciarsi abbattere di fronte a una semplice difficoltà. Se fossero state a Londra avrebbero saputo come muoversi, conoscevano molte persone, era una vita che frequentavano gli stessi posti, ma lì si sentivano un po’ sperdute.

“Forse ci conviene cambiare meta, questa sera dovrai rinunciare al tuo Izzy e alla sua canzone, non ce la faremo mai ad esser dentro per tempo” azzardò Bea.

“No socia! Mi rifiuto!Abbiamo fatto una corsa contro il tempo per arrivare qui e ora non possiamo rinunciare!” Andrea era decisa e un bel sorriso illuminò il suo viso “… e poi credo di avere trovato il modo per entrare!”.

Prese per mano Bea e la trascinò verso il bodyguard all’ingresso. Questo era un uomo alto e dall’aria truce, appena le vide arrivare le squadrò dall’alto al basso “l’età minima per le ragazze è 18 anni, la fila è in fondo” e fece un ghigno. “Lo sappiamo età minima 18 anni, è scritto alle tue spalle e abbiamo visto da dove inizia la fila grazie, ma noi siamo della stampa, non dobbiamo fare file” disse Andrea sventolando un badge coi suoi dati, la carica di giornalista e la rivista per cui lavorava. “Allora ci fai entrare o no? Siamo già in ritardo” chiese con urgenza la ragazza. Il bodyguard non avendo argomenti per controbattere, aprì con riluttanza la porta del locale. Delle di voci di protesta si alzarono quando le ragazze entrarono, ma loro quasi non se ne accorsero, furono immediatamente risucchiate in un vortice di musica suonata a volume assordante e da una densa nube di fumo. L’odore di sigaretta e birra versata pungeva il naso, ma era familiare da tante volte l’avevano sentito in passato. Era piuttosto buio, le luci di scena probabilmente non funzionavano perfettamente, ma la silhouette snella e nervosa del cantante si stagliò contro lo sfondo semi-illuminato del palco. Andrea e Bea si fecero strada lentamente, non era facile muoversi, man mano che si inoltravano nella ressa e raggiungevano il centro del locale, la musica si faceva sempre più chiara e potente. Si fermarono a un certo punto, di fianco a due ragazze che sembravano avere più o meno la loro età, proprio quando la canzone terminò. Calò il silenzio dei musicisti, riempito dallo scroscio di applausi ed urla degli spettatori, “ce l’abbiamo fatta!”  gridò Andy all’orecchio dell’amica che l’abbracciò.  Il palco era ancora semi-oscurato, la voce bassa e profonda di quello che sembrava il cantante  sovrastò il vociare del pubblico “Gente scusate per l’illuminazione merdosa, non sappiamo cosa cazzo stiano combinando qua ma non è qualcosa di buono!”.  Il rantolio  impastato di una figura di un riccio probabilmente semi ubriaco, aggiunse  “‘fanculo ai tecnici!” suscitando ulteriori grida di assenso ed applausi.  “Beh sapete che vi dico gente? Noi ce ne fottiamo,andiamo avanti, siamo qui per offrirvi un grande spettacolo!” Improvvisamente la voce si trasformò in un grido acuto profondo e quasi primordiale “Do you know where you are?!? You’re in the jungle baby,  you’re gonna die!” l’atmosfera si riscaldò ulteriormente all’attacco di chitarra. Andrea era impressionata, guardava come magnetizzata quel ragazzo dalla voce carica, penetrante, rabbiosa ed energica, tanto diversa da quella che aveva parlato pochi minuti prima. Quello che vedeva sul palco era un vero gruppo, le diverse personalità facilmente riconoscibili dei cinque componenti si amalgamavano  alla perfezione in un suono semplice e allo stesso tempo ricercato, qualcosa di nuovo che non si era ancora sentito sulla scena. Ascoltò tutto il resto del concerto come in uno stato di ipnosi. Le era successo poche volte prima di provare un’emozione del genere, di trovarsi in uno stato in cui il senso del tempo era annullato tanto quanto la gente che aveva intorno ed in cui esistevano solo lei e la musica.  

Talk to me softlythere's something in your eyes don't hang your head in sorrow and please don't cry”

solo al suono di quelle parole in musica, che ben conosceva nonostante le avesse ascoltate solo una volta, si svegliò dall’incantesimo, complice anche una sonora gomitata di Bea che le aveva urlato nell’orecchio qualcosa che non era riuscita a cogliere.

“EH?!?”  Andrea avvicinò il suo viso a quello dell’amica, senza mai staccare gli occhi dal palco, non voleva perdersi nemmeno un attimo della performance, non un’espressione di Izzy, l’unico in una posizione abbastanza illuminata da permettere di potergli scorgere il volto, o dei suoi compagni quando entravano nel fascio di luce in cui si trovava.

“Svegliona, non hai sentito una parola di quello che ha detto il tuo chitarrista vero?! ‘Per la più bella e dolce inglesina di tutta Los Angeles, per te baby, ti bacio, non piangere’ ma che gli hai fatto a questo?”

La domanda rimase senza risposta, Andrea era già tornata in audio con le canzoni. Si stava davvero divertendo ma oramai la fine era quasi arrivata, l’aveva annunciato il rosso cantante pochi secondi prima che il riccio chitarrista attaccasse delle note con la sua chitarra e venisse accolto da un boato di gioia dal pubblico.  “Portami alla città del paradiso dove le ragazze sono carine e l’erba è verde” diceva soave la canzone, prima di scoppiare in un ritmo incalzante seguito da un moto scatenato sia del pubblico che dei ragazzi che correvano avanti e indietro sul piccolo palco. Poi ultima rullata della batteria e “Grazie gente! Buonanotte!” era terminato. I fans continuavano ad applaudire e schiamazzare, nella speranza di avere un bis, in cui anche Andy un po’ sperava, ma senza successo.

“Beh bravi! No?” se ne saltò fuori Bea.

“Bravi? Bravi?!?”

“Che c’è ti hanno fatto schifo?”

Andy partì in un soliloquio concitato “Bea cacchio come fai a dire che sono stati bravi? Sono stati pazzeschi! Dai scusa erano fuori come balconi era evidente, ma sono stati brillanti! Come si muovevano sul palco e le canzoni! Le canzoni quanto erano dirette, vere e spontanee, sono tutto quello che non c’è ora a livello musicale e…”

“Ok Ok amica frena, non imbarcarti in una critica dettagliata da giornalista adesso, ricomponiti. Mi sembrava strano che non fossi entusiasta  considerato che hai passato tutto il concerto a bocca spalancata come se avessi visto un’apparizione mistica.”

“Ma scusa non condividi?”

“No, anzi anche a me sono piaciuti moltissimo, ma non tanto da avere tutta questa euforia addosso… comunque il tuo spasimante dove aveva detto che dovevate incontrarvi?”

“Ma la finisci con sta storia? Non è il mio spasimante!Non gliene fregherà niente di me”

“Si certo così tanto da invitarti qua, piazzarti un bacio in bocca e dedicarti una canzone… ma siamo state nello stesso posto nella scorsa ora e mezza? Non hai nemmeno sentito i commenti acidi delle tipe intorno che si lamentavano di quella dedica. Se avessero saputo che eri tu ti  avrebbero sbranato e …”

“Aaah che peso che sei Bea quando ti ci metti! COMUNQUE è là che mi ha detto di farci trovare.”. Andrea indicò il bancone del bar sormontato da una fila di bottiglie di superalcolici e circondato da persone arrivate per il post concerto e da chi aveva deciso di restare per godersi proseguimento della serata. Le due ragazze si diressero verso il bancone cercando il lato meno affollato e si misero in attesa per ordinare una birra per passare il tempo. Era incredibile, Andrea sentiva ancora l’adrenalina in circolo e la carica che le avevano messo addosso quelle canzoni. Era energica. Finalmente arrivò il suo  turno e riuscì a impugnare la sua bottiglia, “mi devo spostare, ti aspetto fuori da sto casotto”disse quasi urlando a Bea per sovrastare il rumore. Quelli intorno la stavano spintonando impazienti, e fece fatica a farsi strada tra quei corpi sudati. Finalmente, mentre stava per uscire dalla ressa, inciampò in qualcosa, probabilmente un piede o un bicchiere gettato per terra durante il concerto, e finì dritta addosso a un ragazzo che stava passando.

“Hey baby non pensavo fossi così felice di vedermi da buttarti tra le mie braccia!” disse in tono ironico una voce familiare.  Andrea si scostò dall’abbraccio in cui era involontariamente finita per vedere camicia bianca aperta, gilet nero e catenine al collo. La probabilità che finisse addosso proprio a Izzy in quel casino erano una su un milione eppure era appena successo. “Beeene altra figura di merda da mettere in conto!” pensò imbarazzata mentre prendeva la giusta distanza da lui, facendo del suo meglio per ricomporsi, un enfatico “ciao!” e gli sorrise. Era contenta sul serio di vederlo.

“Ué Stradlin non presenti la tua amica?” fece un ragazzo bassetto con una nuvola di capelli biondi. Aveva l’aria simpatica, con un sorriso da compagnone e l’aria di chi è sempre contento come il giorno del suo compleanno. Ed era anche notevolmente peloso. Andrea non aveva fatto apposta, ma lo sguardo si era fermato sulla massa di peli che sbucava dalla canottiera bianca a rete che indossava. Se ne stava lì impaziente ad aspettare che l’amico dicesse qualcosa. Ma siccome l’altro era troppo impegnato ad accendersi una sigaretta, fece da solo:

“Ciao bella amica sconosciuta di Izzy “stronzo” Stradlin, io sono Steven, Steve per gli amici e anche tu puoi chiamarmi così dolcezza. Felice di conoscerti! Sono il batterista io! Ah ma sai,sei proprio bella! Te l’ho già detto?” e le rifilò la mano sotto il naso con la stessa enfasi con cui si era presentato.

“Scusalo per i suoi modi da cafonazzo Andy, sai dopo i concerti è un po’ sovraeccitato e i neuroni non gli funzionano bene poveretto” Izzy fece cadere il braccio del suo amico.

“Hey cafonazzo a chi scusa?! Andy… E’ un belissimo nome  per una bella ragazza!”

“Oh Adler contieni l’entusiasmo, ti sembra il modo di comportarsi?” Izzy, sempre così calmo e paziente, sembrava leggermente infastidito dall’atteggiamento del suo amico, gli sembrava un filo esagerato. Però a  Andy piaceva, era divertita da un personaggio del genere.

“Steven…Steve” la ragazza si corresse allo sguardo di rimprovero del biondo, “io sono Andrea” e gli porse la mano. Lui si precipitò a stringerla con piacere.

“Ma hai un accento strano tu, da dove vieni? East Coast?”

“No no, sono inglese, di Londra”

“Ah…”

Steven rimase un attimo in fissa, come uno che sta facendo un ragionamento complesso, quando il braccio tatuato di un ragazzo gli cinse il collo. “Qualcuno ha detto inglese?Here I am!”. Attorno al polso aveva dei braccialetti di metallo e una matassa di capelli ricci neri gli cadevano sul viso fino a coprirgli gli occhi. Teneva la maglietta nell’altra mano, ed era ancora sudato, un po’ per il concerto e un po’ per il caldo che c’era nel locale. Andrea lo riconobbe, era il chitarrista della band.
Steven si liberò dalla presa dell’amico:

“Ma non si parlava di te, pirlone!..comunque..HO CAPITO!” puntò il dito verso la ragazza “Sei TU ‘la più bella e dolce inglesina di tutta Los Angeles’ della dedica! Avanti Izzy perché non l’hai detto subito, ti vergogni?”

Ad Andrea era andata di traverso la birra che stava bevendo. Prima, durante il concerto davvero non aveva ascoltato una parola, come aveva intuito Bea, era troppo presa dalla musica e dai suoi pensieri. Sentirle dire ora però l’aveva fatta arrossire esageratamente e ringraziò che ci fossero le luci così colorate che lo mascherassero. Si chiese quanto diavolo ci stesse mettendo la sua amica a prendere una birra, aveva bisogno di qualcuno che la tirasse fuori da quel pozzo di imbarazzo in cui era caduta.

“Ah è lei? Ciao inglesina! Ma lo sai che vengo anche io dalla vecchia Inghilterra? Vedi abbiamo qualcosa in comune oltre al fatto di essere entrambi belli come il sole! Slash!”

“ Slash? E che nome sarebbe?” Bea era finalmente arrivata. Andy ringraziò il cielo, almeno quei due avrebbero distolto tutta la loro attenzione da lei.

“E’ il mio baby” si impettì il chitarrista “ e tu sarai un’amica della nostra Andrea immagino. Beh ragazze benvenute a Los Angeles! Venite alla festa che c’è da noi adesso, ci sarà un sacco di gente, andiamo assieme, dai così ci divertiamo ancora un po’”

“Amico non mi sembra il caso di farle venire da noi adesso …” Izzy si imbarcò in una discussione al riguardo con Slash e Steven, lasciando le due ragazze a guardarli bisticciare. Bea si avvicinò all’orecchio dell’amica per parlare senza essere sentita dagli altri nonostante in quel momento fossero troppo presi da loro stessi per prestare attenzione a loro due.

“Senti socia, ma che cavolo di gente è? Uno che sembra un orso da tanto è peloso, l’altro che è sudato come un manovale a mezzogiorno del 26 agosto con dei capelli da far paura, per non parlare dei nomi fantasiosi che hanno..io a casa loro non ci metto piede.”.

“Oh avanti B, sono musicisti, è normale che siano così particolari su ! Non dirmi che ti sei dimenticata come sono fatti..” mentre parlava lo sguardo di Andrea fu catalizzato da un tipo pericolosamente  barcollante che si stava dirigendo verso di loro. Alto oltre la media, biondo chiaramente ossigenato tanto che la ricrescita scura dei suoi capelli era ben visibile, portava una catena con lucchetto al collo,era vestito di pelle nera e aveva un bicchiere colmo di birra bionda in mano. Il modo in cui camminava non prometteva nulla di buono e le due ragazze si istintivamente in guardia. Si avvicinò agli altri ragazzi e si intromise nel loro discorso parlando con una voce notevolmente ubriaca “Calmatevi! Ora il re della birra è arrivato, risolverò tutti i vostri problemi!”. Non si reggeva in piedi e cercò il sostegno di Slash, ma mancò clamorosamente l’appoggio finendo per cadere in avanti e rovesciare il suo bicchiere addosso ad Andrea che non ebbe i riflessi pronti abbastanza per spostarsi dall’inondazione di birra che la investì. Ci fu un’esplosione di cazzo, merda e insulti vari sia da parte di Andrea e Bea che dei tre rockers verso quell’impiastro di bassista che era rumorosamente tonfato a terra rovinando a tutti i possibili piani della serata. Ma oramai era inutile, il ragazzo aveva del tutto perso i sensi e non poteva più sentirli. Così avvenne il primo incontro di Andrea e Duff a Los Angeles nell’estate dell’85.

   
 
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