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Autore: Violet 95    12/03/2011    1 recensioni
Un ragazzo gravemente ferito si trascina, combattendo contro la morte, fino al castello dove risiede l'Organizzazione XIII per chiedere un favore: ciò che tiene stretto fra le braccia, può rivelarsi un'arma mortale, un'esperimento risultato come un fallimento agli occhi degli altri ma l'ultima speranza per molte persone. Una ragazza che nasconde molti segreti e con un passato avvolto nell'ombra, rinasce come una fenice dalle sue stesse ceneri e deve decidere da che parte stare. Dodici Nessuno che cercano un cuore e che forse lo troveranno, un'ospedale dove vengono effettuati atroci esperimenti, un potere incontrollabile che risiede in un corpo imperfetto e una libertà mai concessa. Talvolta perfino la morte è solo un'illusione...
Spero che la trama vi abbia attirato... Mi raccomando: recensite!
Genere: Azione, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Organizzazione XIII, Saix
Note: OOC, Otherverse | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Broken silence

Broken silence

 

 

 

La sconcertante scoperta di quanto sia silenzioso, il destino,

quando, d’un tratto,

esplode.

Alessandro Baricco

 

 

Silenzio. Nient’altro che profondo e calmo silenzio.

Per lei era quasi un miraggio, dopo ciò che era accaduto… Ma aveva forse sognato? Era di nuovo preda di altre immagini illusorie? Non poteva saperlo. Subito dopo era svenuta.

Si ricordava solo di aver visto un volto familiare e poi si era sentita molto stanca, incapace di reggersi in piedi o di fare qualunque altra azione. Questa stanchezza improvvisa non sapeva spiegarsela, ma adesso non aveva molta importanza: perché c’era il silenzio intorno a lei, e questo le bastava. Non voleva aprire ancora gli occhi, preferiva restare sospesa nell’oblio del sonno, senza alcun sogno che la tormentava. Stava così bene… Temeva che se li avesse riaperti, la luce l’avrebbe accecata e ogni cosa intorno a lei potrebbe svanire, per lasciarla nell’oscurità che in parte la terrorizzava e in parte la bramava.

Sentiva delle voci sommesse provenienti da qualche parte; lentamente si accorse di essere distesa su una superficie morbida e le sensazioni tattili ricominciarono a funzionare, insieme all’olfatto e all’udito. Numerose essenza la investirono con violenza e cercò di ignorare le nuove fitte alla testa e allo stomaco; fra questi odori, ce n’era uno nuovo, molto potente… Non riusciva a riconoscerlo.

Le voci si facevano sempre più chiare e distinte: stavano urlando, cariche di rabbia; voci maschili, appartenenti a quelle dell’Organizzazione. Se si concentrava, riusciva a distinguerle: adesso stava parlando Xemnas, alterato più di quando l’aveva rimproverata; ora sentiva anche quella fredda di Vexen; poi Xigbar e Saix… Stavano discutendo di lei, perché li sentì nominare più volte il suo nome.

 

“Non ci hai ancora spiegato il motivo del tuo arrivo!” urlò il Superiore.

 

“Non sono costretto a fornirvi tutte le mie informazioni: vi basti sapere che lei ci serve per ultimare il nostro progetto. Inoltre vi ringrazio per esservene presi cura… Ve ne sono molto grato, veramente…” disse una voce calma e impassibile. L’aveva già sentita molte volte, ma se si sforzava di ricordare, nuove fitte di dolore la assalivano.

 

“Non ce ne facciamo di nulla dei tuoi ringraziamenti! Vogliamo solo sapere perché ce la portate via!”

 

Cadde il silenzio. Lux si decise ad aprire gli occhi e si accorse di essere nella sua stanza: come si aspettava, il bianco immacolato delle pareti la accecò per pochi secondi, abituata al buio del suo sonno. Cercò di alzarsi in piedi, affaticandosi ad ogni movimento del corpo. Si sentiva sempre più stanca, anche se girava di poco la testa o se sbatteva le palpebre; ogni fibra e ogni muscolo le doleva e la testa pulsava come non mai. Scese dal letto e si avviò barcollando alla porta, da dove provenivano le voci; per sostenersi non poteva fare altro che aggrapparsi alle pareti, mentre il mondo davanti ai suoi occhi girava e si deformava anche se lei stava ferma. Non si era mai sentita così male.

Accostò l’orecchio alla porta e iniziò a origliare. Adesso le voci erano molto più chiare rispetto a prima.

 

“Se ne potessimo parlare, forse giungeremo ad un accordo…” cercò di dire la voce sconosciuta.

 

“Non dovremo chiedere anche il suo parere?” stavolta a parlare era stato Saix.

 

“Sta dormendo e, come tutti sappiamo, ci metterà delle ore prima di svegliarsi” ora era Vexen, freddo e cinico come al solito.

 

“Lei cade molto spesso in questi stati di incoscienza?” domandò con un velo di preoccupazione la voce.

 

“Che ti importa, moccioso?” sibilò Xigbar.

 

“Pura e semplice curiosità” adesso la preoccupazione era svanita: c’era solo autorevolezza in quella voce.

 

“Non è certo la prima volta, comunque si risveglia sempre senza problemi… Anche se…” tentennò il capo.

 

Anche se cosa?”

 

Adesso le voci si ridussero a un bisbiglio quasi impercettibile. Lux cercò di captare altre parole, ma sentiva solo sussurri confusi e privi di significato. Poi cadde di nuovo il silenzio e sentì qualcuno che faceva forza sulla porta: stava tentando di aprirla. Lux si spostò in tempo per vedere entrare i membri dell’Organizzazione, seguiti da uno sconosciuto. Il ragazzo dai capelli argentati. I loro sguardi si incrociarono e lei si sentì di nuovo svenire. Vexen l’aveva previsto e la tenne ferma per un braccio, mentre lei cercava di tenere aperti gli occhi e di reggersi sulle gambe ormai deboli.

Il ragazzo la osservava con occhio critico, quasi distante. Poi sciolse la tensione e la guardò con affetto, rivolgendole un sorriso comprensivo. Il numero XIII si perse per un attimo nel pozzo di quegli occhi neri, desiderando ardentemente di non uscirne più. Solo la voce del Superiore la ridestò.

 

“Questo ragazzo è venuto fin qui per te. Lo riconosci?”

 

Avrebbe dovuto rispondere di no, ma non poteva mentirgli: lui se ne sarebbe accorto immediatamente, perché sapeva quando lei mentiva. Lui sapeva tutto, ogni cosa! Lei, invece, aveva solo meri ricordi e immagini che forse non le appartenevano neanche… Ma quegli occhi…

Annuì con la testa, decisa. Il volto del ragazzo si illuminò e le rivolse un nuovo sorriso pieno di gioia.

 

“Siamo sulla buona strada! Non tutti i dati sono andati perduti, grazie al cielo… Ma adesso manca l’ultimo passaggio, e poi sarai quasi del tutto completa”

 

Iniziò nuovamente a girarle la testa. Un turbinio di immagini le scorreva dinanzi agli occhi, tutti ricordi dove era presente quel ragazzo sconosciuto. Ricordi che si mescolavano con quelli relativi alla sua vita nell’Organizzazione, volti che si sovrapponevano con quelli dei membri. Sangue. Dolore, tanto dolore… N° XIII… Furia del Crepuscolo… Tramonto… Angeli… Occhi ambrati…

Si mise le mani fra i capelli, disperata, senza riuscire a sopportare ulteriormente quel dolore lancinante alla testa. Realtà e finzione si mescolavano e lei rivedeva la ragazza senza volto del suo sogno che tentava di ucciderla.

Delle voci le rimbombavano come un macabro canto dentro la testa sul punto di esplodere.

 

Basta, basta, basta! Andate via! Smettetela! Lasciatemi stare!

 

Il suo braccio iniziò a trasformarsi in qualcosa di indefinibile. Gli altri membri si allontanarono spaventati, mentre Saix si gettava su di lei per fermarla. Vexen la lasciò andare ed evocò il suo scudo per proteggersi. Il ragazzo fece uno scatto in avanti e sorresse Lux, cercando di tenerle fermo il braccio ridotto ad un ammasso di carne informe. Strinse la presa fino a farle provare dolore. Lux scuoteva la testa e si contorceva dal dolore, batteva i piedi a terra, come una bambina capricciosa. Gli occhi scarlatti si ingrandivano a dismisura.

Il ragazzo mise una mano in una delle tasche del suo mantello e ne estrasse un piccolo oggetto nero: un chip. Lo tenne sospeso con mano ferma, mentre l’altra tentava di bloccare gli spasmi della ragazza. Lo avvicinò lentamente alle bende e successe quello che sperava: il sigillo che avevano messo si dissolse e quel dannato marchio scomparve, bruciando le bende intorno alla bocca. Lasciarono scoperta la pelle candida del volto, priva di bruciature e priva di una cavità per parlare. Mancava la bocca. Se lo aspettava.

Spinse il chip nella pelle di Lux, mentre quest’ultima si contorceva e cercava di liberarsi. Gli altri membri lo tiravano per il mantello, cercando di allontanarlo e lanciando gridi di dissenso verso il ragazzo. La pelle si aprì in uno spacco orizzontale e risucchiò il chip al suo interno. A quel punto il ragazzo si allontanò da quel corpo in preda ad atroci dolori e attese paziente.

Il chip aveva avuto effetto. Ce l’aveva fatta…

Lux smise di agitarsi e si bloccò di colpo. Gli altri trattennero il respiro, ansiosi di vedere cosa sarebbe successo ora. Gli occhi del numero XIII si ridussero a due fessure e il corpo iniziò a levitare, mentre i capelli corvini si muovevano animati, come dotati di vita propria. Una luce investì coloro che si trovavano nella stanza e avvolse tutto ciò che stava intorno: era calda e accecante, quasi nostalgica per i Nessuno. Si coprirono gli occhi e aspettarono che svanisse. Dopo pochi minuti, la luce bianca scomparve e Lux cadde pesantemente al suolo, ricoperta dai suoi capelli. Il ragazzo si avvicinò nuovamente, con molta cautela, al corpo inerme, in attesa che reagisse. Anche i membri la circondarono e aspettarono pazientemente che si svegliasse; in caso contrario, avevano perso un membro molto utile per l’Organizzazione. Una mano si mosse, quasi impercettibilmente, poi tutto il corpo fu scosso da un tremito. Lentamente iniziò ad alzarsi sul braccio tornato alla normalità, spostando tutto il suo peso su quell’arto che dava l’impressione di rompersi come un ramoscello; tremando come una foglia e ansimando esausta, riuscì a rimettersi in piedi mantenendo un equilibrio precario. I capelli le ricadevano in avanti, ricoprendole completamente il volto. Il ragazzo le si avvicinò nuovamente, con passo deciso e senza temere  di essere respinto. Le scostò la cascata di capelli corvini e sospirò di gioia nel vedere che il chip aveva avuto effetto; le prese dolcemente il mento e la mostrò al resto dei presenti, sollevato per la riuscita dell’esperimento: le bende erano scomparse e al loro posto c’era finalmente una bocca normale, con delle labbra sottili e rosse, simili a due petali di rosa appena sbocciati. Respirava con affanno, prendendo tutta l’aria in quella stanza come se avesse trattenuto a lungo il respiro sott’acqua; si sentiva strana, come se qualcosa dentro di lei – o nella sua mente – fosse cambiato. Si portò le dita tremanti alla bocca e sorrise di piacere nel sentire il contatto delle sue labbra e il sapore amaro dei polpastrelli. Qualcosa nella sua mente viaggiava, si spostava, mentre piccoli frammenti di un grande puzzle si riunivano e trovavano finalmente il loro incastro in quel complicato gioco della sua memoria; vedeva le cose con un'altra ottica e la capacità di pensare ritornava lucida e ragionevole: il martellio nella sua testa era finalmente cessato.

Ogni cosa era al suo posto, almeno in parte…

Stava lentamente riorganizzando ogni ricordo, mentre altri non riuscivano a trovare una sistemazione.

Doveva solo aspettare.

 

“Lux, ti ricordi qualcosa? Per esempio il tuo vero nome? Oppure il mio? Parla, Lux, parla!” le sussurrava il ragazzo, incitandola pieno di speranze.

 

Il suo vero nome… Il mio nome è…

 

Click, fece qualcosa nella sua testa.

 

“Lu… ci… a… Lu… cia. Lucia…” sussurrò con voce rauca. Si accorse per la prima volta che la gola le faceva male da morire, come se qualcuno le avesse graffiato le sue corde vocali: dalla sua bocca usciva un rantolo soffocato e gracchiante. Questo le dava molto fastidio.

 

“Sì, esatto! Il tuo nome è Lucia. E il mio? Come mi chiamo?”

 

Una parte del puzzle era quasi completa: vedeva il volto del ragazzo che aveva di fronte ripetuto all’infinito in mille specchi. Si ricordava bene il suo camice bianco, uguale a tutti gli altri, ma diverso ai suoi occhi.

 

“Dai… mon. Daimon”

 

Che nostalgia…

 

Si voltò verso di lui per incontrare il suo sguardo. Adesso ricordava tutto: i suoi tratti, leggermente diversi dall’ultima volta che l’aveva visto, ma sempre perfetti nonostante le cicatrici; il suo sorriso che trasmetteva calore e una luce che la guidava nel buio della sua esistenza; quei capelli di un colore così innaturale ma maledettamente bello… Lui era Daimon. Il suo unico amico. Il suo salvatore. Era tornato a prenderla…

Si gettò fra le sue braccia e iniziò a ridere e piangere insieme, singhiozzando senza alcun ritegno: era così felice. Non si ricordava ancora perché si erano dovuti lasciare, sfortunatamente la pellicola di ricordi si fermava all’improvviso e dinanzi a lei c’era solo il vuoto, come se dopo tutto questo tempo avesse vagato nel vuoto di un sonno durato troppo a lungo.

Daimon la cullava in quell’abbraccio con affetto, dimenticandosi completamente di quegli strani individui che, alla fin fine, avevano aiutato questo esperimento. Dopo poco si staccò delicatamente dall’abbraccio e osservò uno a uno quegli uomini vestiti di nero: adesso doveva controllare un’ultima cosa, poi non avrebbe avuto più alcun motivo per restare lì.

 

“Lucia, ti ricordi chi sono queste persone?”

 

I membri trattennero il respiro, avendo capito dove voleva andare a parare. Tutto dipendeva dalla risposta di Lux, o di Lucia, la sua nuova identità.

Lucia li osservava con curiosità, trovandoli piuttosto singolari, e non ricordava affatto di aver mai visto qualcuno con un camice nero intorno a lei… Dov’era il Dottore? Ma soprattutto, dove si trovava? Quella non era la sua stanza…

Cominciò a girarle la testa e si sentì estranea in quell’ambiente sconosciuto, provando un’irrazionale paura per tutto ciò che la circondava. Si nascose dietro Daimon, in cerca di protezione, tirandolo leggermente per il mantello bianco. Il ragazzo sorrise, ormai conscio di aver vinto contro di loro: adesso poteva portare avanti il suo piano senza altri intoppi.

 

“Bene, a quanto pare non si ricorda di voi e quindi non c’è più nessun motivo che la lega alla vostra Organizzazione… Quindi, con tutto il dovuto rispetto, togliamo il disturbo. Vieni, Lucia”

 

La prese per le spalle e la trascinò fuori dalla stanza, passando accanto a quegli sconosciuti. I Nessuno erano rimasti piuttosto confusi dalla velocità dei seguenti eventi e non avevano avuto modo di reagire per fermare il ragazzo che si portava via l’unica arma in grado di aiutarli. Semplicemente, li osservavano mentre si avviavano lentamente verso l’uscita.

Lucia li guardò nuovamente uno a uno, negli occhi, per capire a cosa pensassero, ma leggeva solo sguardi vuoti e vacui, privi di significato, ad eccezione di uno: uno occhi ambrati la osservavano insistentemente, freddi e impassibili all’esterno, ma con un velo di disperazione e tristezza nascosto dalla severità del suo sguardo. Un uomo dai capelli turchini con un’enorme cicatrice sul volto desiderava fermarla. Lucia si fermò all’improvviso di fronte a lui e lo osservò più attentamente: quegli occhi… Li aveva già visti.

La sua mente ritornò nuovamente a vorticare. Nuovi frammenti di ricordi che riempivano lo spazio vuoto del suo sonno fino a quel momento cominciavano a riformarsi, creando finalmente l’ultima catena di memorie che univa i due passati in un unico presente.

Click.

 

“Sa… ix. Saix!” lo chiamò timidamente.

 

Il Nessuno la guardò sorpreso e sollevato, non sapendo come reagire: semplicemente annuì piuttosto rigidamente. Lucia si aggrappò nuovamente al suo mantello nero e cominciò a tirarlo per gioco, come una bambina che ha appena ritrovato il suo giocattolo perduto da tempo. Rideva innocentemente.

Poi iniziò a chiamare per nome tutti gli altri membri, anche quelli che non erano presenti nella stanza, mentre sul volto di Daimon si dipingeva una smorfia di disgusto e terrore: ricordava anche questo?

 

Non è possibile… Il chip avrebbe dovuto cancellare ogni ricordo della vita dopo il laboratorio… Allora, perché ricorda ogni singola cosa?!

 

Si morse il labbro ma si arrese all’evidenza: non poteva farci assolutamente nulla. Ma dopotutto se la portava ugualmente via e loro non potevano fare niente.

Dopo aver elencato tutti i nomi, si rivolse a lui e lo guardò seriamente per la prima volta. Faceva quasi spavento, vedere come era cresciuta e maturata senza di lui: questa cosa gli diede molto fastidio.

 

“Daimon, loro mi hanno accolta e aiutata ma adesso voglio essere io ad aiutare loro! Glielo devo…” disse semplicemente. La voce era tornata a una tonalità normale, dolce e profonda, di una donna adulta rinchiusa in un corpo da bambina.

 

“Va bene… E come vuoi aiutarli?” sospirò rassegnato.

 

Meglio fare come dice lei, per ora…

 

Lucia sorrise e annunciò, fiduciosa:

 

“Loro vogliono dei cuori e noi li aiuteremo! Il Dottore ne avrà sicuramente a centinaia, dopotutto l’ha dato a me e sono sicura che sarà felice di poterli dare anche a loro… Vero?”

 

Daimon la osservò stupito, come fecero anche gli altri membri.

 

Non si ricorda proprio tutto… Almeno non quello che è successo prima della nostra fuga

 

“Senti, ma adesso come dobbiamo chiamarti?” chiese con scherno Xigbar, rimasto poco impressionato dalla notizia appena ricevuta.

 

Il numero XIII mantenne il suo sorriso, piuttosto malandrino, e ricambiò lo sguardo ironico del numero II. Adesso sapeva finalmente chi era…

 

“Lux. Chiamatemi Lux… Sono rinata sotto questa nuova identità, dopotutto”

 

 

 

 

 

 

 

 

Fatto!

Adesso si balla, finalmente! Capitolo discreto, devo ammetterlo, ma sono contenta di questo nuovo cambiamento nella vita di Lux e co… Lo avete gradito anche voi? Spero di sì ^^

Voglio subito premettere che Lux NON è imparentata con Sephirot e non cominciate a fare casino a chiamarla Lucia o Lux… E’ già abbastanza difficile così -.-

Al prossimo capitolo!

See you again!

 

  
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