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Autore: Akiko chan    13/03/2011    1 recensioni
Indugiò ancora un attimo, perso in quel mare glauco, assaporando quell’emozione sconosciuta che lei sola sapeva trasmettergli… Un attimo ancora prima di entrare in lei. E fu in quell’attimo che lo percepì per la prima volta.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kei Hiwatari
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO VI. L’INIZIO DELLA FINE
 
Tre ragazzi erano distesi all’ombra di un frondoso platano in un angolo del grande parco antistante al uno dei più prestigiosi e antichi college di New York. Apparentemente, erano dei semplici studenti che stavano approfittando della pausa pranzo per respirare un po’ d’aria fresca in quella splendida giornata di fine estate, rilassandosi in attesa della prossima ora di lezione. In realtà non si stavano affatto rilassando e la posizione isolata era stata scelta per evitare che orecchie indiscrete udissero le loro parole cospiratrici.
 
-Ma Peter sei sicuro di quello che stiamo per fare? Non è che ci mettiamo nei guai?-
-Non fare l’idiota Jason! Ascoltami bene: ho calcolato tutto nei minimi dettagli. Alle quattro va sempre a fare una passeggiata solitaria verso il lago. Agiremo con prudenza, nessuno saprà mai nulla. L’importante è non colpirlo in faccia…lui non avrà mai il coraggio di parlare e, in ogni caso, dopo il trattamento che gli faremo, non avrà neanche più fiato per respirare…- sogghignò il capitano della squadra di rugby mentre una smorfia cattiva gli imbruttiva i lineamenti marcati.
-Io ci sto, non vedo l’ora di sgranchirmi un po’ le mani…- borbottò Carl facendo schioccare minacciosamente le dita una ad una.
 
Peter voleva a tutti i costi vendicarsi dell’affronto che il Giapponese gli aveva fatto la sera precedente, osando presentarsi alla festa in suo onore, pur sapendo bene di non essere affatto desiderato e soprattutto perché aveva osato frapporsi tra lui e Pat…che il Giapponese avesse delle mire su Pat? Che illuso! Come se una ragazza come lei potesse sporcarsi con un bastardo del genere. Figuriamoci! E comunque ci avrebbe pensato lui a fargli passare qualsiasi fantasia!
 
Peter controllò l’ora sul suo costosissimo orologio da polso con inciso il blasone di famiglia, quindi si alzò, imitato dai suoi due scagnozzi, avviandosi, con aria di annoiata indifferenza, verso il portico in attesa che la loro vittima si decidesse ad uscire dalla struttura.
 
Non attesero molto. Alle quattro meno dieci, puntuale come ogni pomeriggio, Kei uscì dal palazzo avviandosi tranquillamente verso il lago.
 
I tre ragazzi, che avevano atteso pazientemente acquattati nell’ombra accanto a due grosse colonne, si scambiarono cenni d’assenso e si diressero con circospezione nella stessa direzione.
 
Kei, nonostante con la coda dell’occhio avesse intravisto delle ombre svoltare lungo il sentiero alle sue spalle, proseguì con andatura regolare senza voltarsi come se niente fosse. Quando però ebbe la certezza che lo stavano proprio seguendo, svoltò verso il lago invece di proseguire verso il boschetto di betulle, come era sua consuetudine.
 
Non aveva la minima idea di quanti fossero, né tanto meno comprendeva il motivo di quel pedinamento, ma non era certo intenzionato a tenersi a lungo la curiosità. Si diresse verso il piccolo molo del lago dove erano ormeggiate un paio di piccole imbarcazioni, e una volta nello spiazzo aperto, si bloccò voltandosi di scatto nella speranza di individuare quel nemico vigliacco nascosto tra gli alberi.
 
Non aveva paura, non ne aveva mai avuta, e di certo non si sarebbe fatto intimorire da qualche ragazzino viziato. Era solamente arrabbiato, molto arrabbiato -Vi fate vedere sì o no?- tuonò minaccioso.
-Allora non sei così tonto come sembri- disse un’ombra materializzatasi da dietro un grosso albero.
-Peter! Che diavolo vuoi?-
-Solo spiegarti qual’è il tuo posto, sporco Giapponese!-
 
Kei aveva già intuito le intenzioni del ragazzo e quella pesante offesa non fece altro che confermare i suoi sospetti, facendogli montare il sangue alla testa. Se Peter credeva di intimorirlo con la sua prestanza fisica, si sbagliava di grosso. Nonostante il fatto che il capitano di rugby fosse decisamente più alto e robusto di lui, Kei era convinto di potersi difendere con onore. Ma la sua convinzione vacillò quando vide altre due figure, altrettanto massicce,  prendere forma alle spalle di Peter.
 
-Che fate, tre contro uno? Non ti credevo così vigliacco Peter- sbottò Kei stringendo forte i pugni per controllare la rabbia.
-Infatti non lo sono. Sono solo prudente. Non mi fido di te, voi orientali conoscete una marea di trucchi schifosi…-
-Sei solo un idiota- sibilò Kei che, sebbene ormai certo che da quella situazione non ne sarebbe uscito illeso, era determinato a dare del filo da torcere a quel branco di insulsi razzisti.
 
-Sì è come vi dico, in questo momento gli stanno dando una bella lezione- cinguettò Marion gesticolando animatamente per darsi un’aria di importanza. La ragazza era eccitata dall’idea di essere lei per una volta al centro dell’attenzione e non “Miss Perfezione Delaney”, che in quel momento se ne stava seduta in disparte in un angolo del laboratorio di chimica, intenta a riporre le provette utilizzate per l’esperimento di chimica.
-E a te non importa? Insomma credevamo tutte che quel ragazzo ti piacesse…- obiettò Flo con un’espressione perplessa che le rendeva l’espressione, in genere non brillante, più tonta del solito.
-Beh lo credevo anch’io sino a ieri sera, ma poi ho scoperto che è così noioso!-
-Non è che forse che l’hai con lui perché ti ha piantata nel bel mezzo della festa senza neanche salutarti?- la punzecchiò una ragazza dai corti capelli ramati.
-Ma che dici stupida!Non me ne sono manco accorta che è andato via, ero impegnata a tenere a bada le avances del ragazzo di quinta….no credetemi quel Giapponese è proprio una palla, sono contenta che Peter e gli altri gli stiano dando una lezione!-
 
Un rumore di vetri infranti attrasse l’attenzione delle ragazze sino a qualche istante prima chiuse a capannello attorno a Marion.
 
-Pat stai male?- chiese Flo osservando la provetta frantumata ai piedi della bionda ragazza che le fissava immobile e pallida come un cencio.
 
-Marion puoi ripetere quello che hai detto per favore?- chiese Pat con un tono di voce appena udibile, sbiancando ulteriormente.
-Pat che hai? Sei così pallida…- replicò Marion avvicinandosi all’amica.
 
Pat fece un balzo in avanti afferrando l’amica per le spalle -Ripeti quello che hai detto!- urlò fuori di sé.
-Pat lasciami mi fai male….ho detto che Peter e gli altri stanno dando una lezione al Giapponese…ma che te ne importa?- protestò Marion spaventata da quella reazione esagerata.
-Quando? Quando hanno intenzione di farlo?-
-Ora. Li ho visti io stessa seguire Kei al lago una decina di minuti fa…ma cos…Pat dove vai!-
 
Marion si aggrappò allo schienale di una sedia per non finire a terra, Pat infatti l’aveva scostata con una violenta spinta per poi schizzare come una saetta impazzita fuori dall’aula.
 
-Ma che le è perso?- chiese Flo guardando confusa le altre ragazze, sul volto delle quali aleggiava la stessa espressione sbigottita.
-Presto seguiamola- disse Marion riprendendosi per prima ed intenzionata ad andare in fondo a quella faccenda. E così la perfetta Pat non era così immacolata come voleva far credere! Bene ecco l’occasione giusta per avere una piccola rivincita…
 
Pat attraversò di corsa il cortile del college in direzione del lago.
 
-Kei… Kei oh mio dio che ti stanno facendo? Amore mio non temere sto arrivando…-
 
Istintivamente, cercò il bey nella tasca degli ampi pantaloni di lino bianchi e una sensazione di confortante sicurezza la invase non appena percepì il freddo anello di acciaio di Fenix premere contro la tenera carne delle dita.
 
Giunse ansante in riva la lago, si arrestò guardandosi attorno preoccupata. Non c’era nessuno…era arrivata tropo tardi? Maledetti che cosa avevano osato fare al suo amore?
 
-Kei, Kei vita mia…-
 
Udì un gemito strozzato provenire da dietro alcuni alberi alle sue spalle, senza esitare oltre, scavalcò i cespugli di rovi con un balzo e percorse di corsa gli ultimi dieci metri per poi arrestarsi incredula. La scena che le si presentò davanti agli occhi le strappò un urlo di dolore e rabbia: Jason e Carl stavano trattenendo Kei per le braccia, immobilizzandolo, mentre Peter, in piedi davanti al povero ragazzo, era in procinto di sferrargli un calcio in pieno stomaco. Fortunatamente il suo urlo impedì al ragazzo di portare a termine quell’azione infame.
 
-Pat!? Che ci fai qui?- chiese Peter stupito- Vattene non è una faccenda che ti riguarda-
 
-Lasciatelo subito- ordinò con un tono glaciale che nessuno le aveva mai sentito usare prima e che lei stessa non sospettava nemmeno di possedere. Quella non era la solita dolce e tenera Pat ma una furia accecata dall’ira perché un mondo ingiusto aveva osato toccare ciò che di più caro aveva al mondo…
 
Una rabbia feroce le divorava l’anima e sentiva che avrebbe potuto fare a pezzi i tre ragazzi…sì li avrebbe fatti a pezzi se avessero torto anche solo un altro capello di Kei…
 
-Vattene- le ripeté Peter voltandole le spalle ansioso di terminare ciò che aveva iniziato, ignaro del sentimento che divampava in colei che credeva un’innocua ragazzina.
 
-Non mi avete sentito? Lasciatelo!- urlò furibonda frapponendosi tra Peter e Kei.
-Insomma basta! Mi stai facendo perdere solo tempo!  Jason toglila dai piedi!-
-Con vero piacere- sogghignò il ragazzo con una smorfia libidinosa che rendeva il suo viso equino ancor più grottesco.
-Non farle male e non ne approfittare o te la dovrai vedere con me!- puntualizzò Peter, interpretando correttamente l’espressione dell’amico, consapevole della sua smania di posare le sue sudice mani su parti ben precise del corpo della bella Pat.
 
Jason  lasciò andare il braccio sinistro di Kei e questo, troppo debole per sorreggersi da solo, si piegò a terra appoggiandosi ad un ginocchio.
 
Pat chiuse gli occhi per un attimo: quella scena le straziava il cuore! Li riaprì in fretta e…perse ogni controllo…
 
-Maestro Hicaru cosa vuol dire che la Fenice è speciale?-
-è il quinto bit power…l’animale sacro che rappresenta l’equilibrio cosmico-
-E questo che significa?-
-Te lo dirò. Vedi la Fenice ha un potere che nessun altro bit power ha, lei può…-
 
Pat scosse la testa confusa…che stava accadendo? Da dove provenivano quelle voci? Di che cosa stavano parlando?
 
Spaventata si rese conto che Jason era a solo un passo da lei, inorridita indietreggiò con un balzo.
- Non osare avvicinarti Jason!- In un attimo il dispositivo di lancio di Fenix era ben saldo nella sua mano destra -Come avete osato toccare Kei? Me la pagherete molto cara! Fenix attacca!-
 
Il bey sfrecciò nell’aria sfiorando, ad uno ad uno, i volti paonazzi dei tre ragazzi.
-Ma cosa…ma Pat che vuoi fare con quel giocattolo?- chiese Peter allibito dalle mossa fulminea di lei.
-Ora lo vedrai. FENICE BIANCA!- chiamò mentre un vento gelido usciva dal bey che roteava sempre più forte.
-No Pat non farlo!- le intimò Kei riprendendo fiato.
 
Ma ormai era troppo tardi: la Fenice si era librata nell’aria, le maestose ali immacolate sbattevano minacciose e nei suoi occhi scintillava la stessa furia che vi era in quelli di Pat.
 
-Amore sta tranquillo io e la mia Fenice daremo una bella lezione a questi idioti che hanno osato alzare le loro immonde mani su di te- sentenziò mentre guardava con occhi pieni d’amore il ragazzo che tentava faticosamente di rialzarsi da terra, ormai libero dalla presa dei suoi aguzzini che, all’apparire della Fenice, erano indietreggiati spaventati.
 
In realtà solo Kei e Pat potevano vedere la Fenice Bianca volteggiare nell’aria, ma questo era ancora più terribile per gli altri, che percepivano e subivano l’energia del bit senza comprendere da dove provenisse.
 
Il vortice di energia della Fenice avviluppò Peter, facendolo vacillare, il ragazzo sferrava calci e pugni a vuoto, tentando di difendersi da quel nemico invisibile.
 
-E allora Peter non fai più lo sbruffone? Cos’è il mio giocattolo ti spaventa?- lo canzonò sarcasticamente Pat, guadandolo con disprezzo.
-Ma cos’è questa roba? Pat che c’entri tu con il Giapponese?-
-Non lo hai ancora capito? Kei è il mio ragazzo! Ora ti è chiaro perché non voglio avere niente a che fare con te? Sei solo uno schifoso vigliacco! Mi fai schifo e non meriti altro che questo! ATTACCO DELLA FENICE BIANCA!-urlò mentre l’energia nell’aria aumentava a dismisura, sollevando un vento freddo che gettò a terra Peter ed i suoi scagnozzi.
 
Il ragazzo, in preda al panico, si lanciò su Fenix nel tentativo di arrestare quell’energia che lo sovrastava, vi sarebbe senz’altro riuscito se un oggetto tagliente non l’avesse colpito al braccio ferendolo: Dranzen!
-Un altro bey! Accidenti a te Giapponese! Carl, Jason prendete quelle trottole- urlò tentando di rialzarsi.
 
-Provaci idiota!- sibilò Kei un attimo prima di liberare la sua Aquila Rossa. Il doppio vortice creato dai due bit power creò un vuoto d’aria che fece letteralmente volare i tre assalitori dieci metri più in là. La potenza dei bit power continuava ad aumentare, sradicando e strappando tutto ciò che incontrava: rami d’albero, cespugli, zolle di terra, vorticavano impazzite nell’aria.
 
In preda al terrore i tre ragazzi se la diedero a gambe non appena i due blaider decisero che la lezione poteva bastare e rallentarono la potenza di rotazione dei due bey richiamando i bit power, seguiti dalle quattro ragazze che avevano osservato tutta la scena ben nascoste nel folto del bosco.
 
Una volta soli Pat e Kei si scambiarono un cenno d’intesa e all’unisono richiamarono i loro bey mentre tutt’attorno ritornava la calma.
 
-Ti sei messa in un grosso guaio Pat- proruppe Kei ficcando Dranzen in tasca.
-Lo so ma che altro potevo fare? Vederti in difficoltà mi ha fatto perdere la ragione…oh amore mio farei di tutto per te- disse asciugandogli dolcemente un rivolo di sangue che gli usciva da un angolo della bocca -Stai male? Andiamo in infermeria?- si informò vedendo che il ragazzo si massaggiava la pancia.
-No sto bene…la cura migliore l’ho già presa…- disse guardandola intensamente.
-Che vuoi dire?- chiese guardandolo speranzosa.
Il ragazzo spostò lo sguardo altrove -Niente-
-Kei…io…ti amo e niente mi fa paura se tu sei al mio fianco - sussurrò lei affondano il volto nel petto caldo e rassicurante del suo compagno. Sapeva che non avrebbe risposto alla sua dichiarazione. In effetti non era facile sopportare tanta fredda reticenza, né tanto meno era semplice comprendere ed accettare quel suo carattere chiuso e spigoloso, ma lo amava incondizionatamente ed il suo cuore sapeva sempre come avvicinarsi a lui. Erano in un grossissimo guaio ma Pat era felice, le era impossibile essere triste, o preoccupata, o impaurita, tra le braccia del suo impenetrabile amore; stretta nel suo abbraccio non aveva bisogno di nient’altro, il mondo, per quel che le importava, poteva anche cadere a pezzi e loro due avrebbero continuato a rimanere strettamente allacciati.
 
Ma quando è il mondo dentro di te che cade a pezzi e non quello che ti gira intorno, allora non lo puoi ignorare, ed un abbraccio può non essere sufficiente ad impedire al tuo cuore di volare via. 
  
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