Titolo: You're amazing - just the way you are -
Fandom: Maximum Ride
Rating: verde
Personaggi: Maximum Ride, Valencia Martinez, Ella Martinez,
comparse: Fang e i ragazzi dello stormo
Riassunto: Fang fa una proposta che viene
accolta in modo troppo entusiasta da "qualcuno" che decide di rimettere a nuovo Max.
Disclaimer: Max & Co. appartengono a James Patterson, io li maltratto solo un po'.
La canzone Just the way you
are è di Bruno Mars
Note: SPOILER! Spoiler dal secondo libro in poi! Sulla famiglia di Max e sul suo
legame con Fang!
- just the way you are -
di
Yuki Delleran
Appunto mentale per me stessa: se qualcuno mi proporrà nuovamente di indossare una minigonna,
rifiutare, rifiutare assolutamente, puntare i piedi, strillare, passare per matta ma rifiutare.
Vi state chiedendo se
sono impazzita? Allora provare voi a volare e a combattere indossando pochi centimetri di stoffa attorno ai fianchi.
Provate a tirare calci rotanti. Vi accorgerete che non è divertente. E se vi state chiedendo come sono finita in
questa situazione, beh… “È la mia vita.” credo sarebbe la risposta più
gettonata.
Sono Maximum Ride, ho le ali e sono stata creata per salvare il
mondo (e davvero non avete idea di quanto il mondo abbia bisogno di essere salvato!). Sono stata progettata per
combattere e per resistere ad ogni sorta di situazione estrema (ho le branchie, voglio dire…), insomma, sono
una dura. Non avrei mai immaginato di finire in una situazione in cui avrei implorato che qualcuno venisse a salvare
me!
La spiegazione in realtà è semplice e riassumibile nelle poche parole
pronunciate da Fang a pranzo.
«Per domani è prevista la fine del mondo? No? Allora che ne dici
di andare da qualche parte a divertirci? »
Lì per lì ho immaginato che si riferisse
all’intero stormo, ma il suo sguardo malizioso suggeriva ben altro. Solo quando mi sono resa conto che aveva
detto tutto questo di fronte a mia mamma e ad Ella, ho capito di essere davvero nei guai. Ho intuito al volo le loro
intenzioni ma, siccome sono patologicamente incapace di dire di no a mia mamma anche quando l’istinto mi
urla di darmela a gambe, non ho potuto che accettare con rassegnazione il mio destino. Così, quello stesso
pomeriggio è partita la missione “Rimettiamo a nuovo Max”, ed eccomi qui.
Passeggiando per le vie piene di gente, siamo già state in un paio di negozi che vendevano abiti che finora
ho visto solo sulle riviste. Il sogno di ogni dolce donzella ma, ahimè, non il mio. Appena messo piede in
queste trappole piene di specchi e cristalli, non posso fare a meno di guardarmi attorno alla ricerca di
un’immediata via di fuga. Anni di condizionamenti fanno miracoli e, anche se non è più la
Scuola a darci la caccia, non possiamo sapere quando spunterà fuori il prossimo supercattivo pazzoide.
Al terzo negozio, vedendomi costantemente sul chi vive e con l’aria di chi è pronto a spiccare il
volo da un momento all’altro, la mamma mi sfiora la spalla con espressione comprensiva.
«Max,
tesoro, nessuno ti darà la caccia nelle boutique del centro. Puoi rilassarti. Non c’è niente che ti
piace? »
Per la prima volta mi rendo conto di indossare un paio di jeans strappati e una logora felpa
abbastanza larga da nascondere le ali. Gli sguardi di commiserazione delle commesse sono tutti per me. Quale onore!
Scommetto che loro non sono mai state costrette a scappare lungo i tunnel della metropolitana o altre amenità
del genere.
Mentre tento di concentrarmi per trovare qualcosa di vagamente indossabile in quel mare di stoffe
leggerissime, lucide e trasparenti, la mia sorellastra si avvicina con un sorriso smagliante.
«Guarda, Max!
Non è assolutamente adorabile? » esclama.
Ha gli stessi occhi luminosi di Angel quando tenta di
condizionare telepaticamente qualcuno e, probabilmente, è altrettanto pericolosa. Tra le mani ha un top
completamente ricoperto di paillettes argentate, con un lucido nastro di raso nero che si lega sulla schiena. La mia
espressione deve essere tutta un programma, perché mia mamma per poco non scoppia a ridere.
«È un’uscita pomeridiana, Ella, non una serata di gala. »
Fa un cenno ad una
delle commesse e le chiede di mostrarci alcuni capi più sobri. Nel giro di pochi minuti, il tavolo di fronte a noi
è invaso di magliette, canotte, camicie, top e giacchette, e la ragazza sembra decisamente sovreccitata. Deve
aver bevuto troppi caffè. Senza preoccuparsi di chiedere la mia opinione, mi caccia in mano due o tre capi e
mi spinge dentro il camerino di un metro per un metro. Pessima idea. Ragazza alata claustrofobica rinchiusa in un
camerino = disastro assicurato.
«Max…» mi chiama mia mamma da fuori, come se potesse
vedere attraverso la parete le mie mani che iniziano a tremare. «Va tutto bene, Max. Io resto qui fuori, non mi
muovo, stai tranquilla. »
È incredibile come basti la sua voce per calmarmi, dev’essere
uno dei poteri speciali delle mamme.
Inizio a provare le magliette che la commessa mi ha dato, la maggior parte
delle volte chiedendomi da che parte si infilino. Ma la moda di un buco per la testa e due per le braccia è
definitivamente tramontata? Nudge impazzirebbe di gioia vedendole.
Dopo innumerevoli tentativi, sospiro e mi
affaccio alla porta con espressione rassegnata.
«Dev’esserci un difetto di… uh,
fabbricazione. » dico, forzando un sorrisetto e indicando alle mie spalle lo specchio che riflette un paio
d’ali strizzate in un aderentissimo top fucsia.
Se non le libero immediatamente potrei avere una crisi
isterica. Evidentemente la moda del ventunesimo secolo non è stata studiata per evolutissimi avio-umani e non
presenta funzionali spacchi sulla schiena. Del resto non posso fare a pezzi tutti gli abiti del negozio con un coltello per
vedere come mi stanno.
In quel momento arriva la commessa saltellante accompagnata da Ella.
«Non hai ancora trovato nulla di tuo gradimento? » trilla giuliva come se fosse la cosa più
divertente del mondo.
Mi rintano nel camerino, trattenendomi dal ringhiar, mentre la mamma spiega che non
abbiamo ancora trovato quello che cerchiamo.
«Perché non provi un abitino? » continua
imperterrita la ragazza. «Hai un così bel fisico, sei alta…»
Già, merito di
tutto l’allenamento nella corsa se sono così in forma.
«Ho trovato quello che fa per te!
» esclama improvvisamente Ella. «Oh, Max, è perfetto! Ti piacerà di sicuro! »
Pochi attimi dopo una stoffa informe azzurro cielo vola oltre la porta del camerino e, dopo i primi momenti di
perplessità, capisco che si tratta di una sorta di mini-abito con una profonda scollatura sulla schiena e una
corta gonna a balze. Sono entusiasta della scollatura ma… cielo! Balze! Per far contenta Ella mi sforzo di non
vomitare, dopotutto è stata gentile a cercare qualcosa di adatto, e lo indosso mostrandomi poi a loro
attraverso uno spiraglio della porta. Quelli che incontro sono due paia di occhi scuri luccicanti e due sguardi da
“ommioddio-sei-uno-schianto”, anche se io mi sento più che altro una via di mezzo tra una
bomboniera e una papera. La mamma si sposta in modo da occultare le mie ali riflesse nello specchio alla vista della
commessa e mi accarezza una guancia.
«Ti sta benissimo, Max. »
Sorride, con quel
sorriso per cui sarei disposta a lasciare andare in malora il mondo se me lo chiedesse. Ovviamente capitolo, ma ad
una condizione.
«Vorrei un… ehm… paio di pantaloncini da mettere sotto la gonna. Sai
com’è, per i calci rotanti…»
Ho una dignità da difendere, io.
Una
volta uscite dal negozio-trappola credevo che la tortura fosse finita, invece mi ritrovo, sempre con mamma ed Ella,
davanti al salone di un parrucchiere. Guardando il mio riflesso nella vetrina mi rendo conto che sì, in effetti
sembra che abbia un cespuglio in testa. I colpi di sole fatti a New York circa una vita fa sembrano evaporati e i miei
capelli sono tornati del solito vecchio e banale castano, oltre ad avere un taglio che segue l’ultima tendenza
“informe”.
«Posso tingermi di rosso? » chiedo ricevendo in cambio
un’occhiata stralunata. Gli adulti vedono solo quello che vogliono vedere.
Riflettendoci un attimo,
però, non ho nessun bisogno di farmi tingere. Fang non ha scelto la Meraviglia dai Capelli Rossi e nemmeno
la Dottoressa Stupenda. Ha scelto moi. E poi questo colore s’intona con le mie piume.
Paradossalmente la seduta dal parrucchiere si rivela meno traumatica della boutique, forse perché per
tagliare i capelli non tendono a rinchiudere la gente dentro angusti sgabuzzini. Passiamo alcuni minuti a sfogliare riviste
zeppe di modelle dalle pettinature improponibili, e alla fine scegliamo un taglio scalato che assecondi il mosso naturale
dei miei capelli. Il parrucchiere si mette all’opera e, anche se devo ammettere che non mi entusiasma
l’idea di una lama in movimento vicino al mio collo, alla fine il risultato è più che
soddisfacente. Non ho mai avuto capelli così morbidi e lucenti, illuminati da delicati colpi di sole ramati
(perché no, non ho saputo rinunciare ad un accenno di rosso, chiamatela vanità femminile).
Uscendo dal salone mi rendo improvvisamente conto che, sia qui che alla boutique, ha pagato tutto la mamma. Ero
talmente fuori di me per l’agitazione da non realizzare una cosa così semplice. Come da programma
ecco arrivare il senso di colpa strisciante. Non mi è mai piaciuto dipendere dagli altri, specialmente quando so
che non potrò mai ricambiare quello che fanno per me.
«Basta, andiamo a casa. »
mormoro con voce cupa mentre stiamo ancora camminando per le vie del centro.
Mamma ed Ella mi fissano
preoccupate.
«C’è qualcosa che non va? » chiede la mia sorellastra. «Sei
stanca? Ti annoi? »
Scuoto la testa.
«È che state facendo tutto questo e io non
potrò mai…»
È incredibile come la mia capacità di espressione cali
drasticamente quando si tratta di venire al punto. Solo mamma e Fang sono in grado di mandare in tilt il mio sistema
di comunicazione.
Proprio lei si ferma di fronte a me e mi appoggia le mani sulle spalle.
«So che
non ti piace ricevere senza dare nulla in cambio, ma per questa volta ti chiedo di accettare questi regali. Non ho
potuto prendermi cura di te per quattordici anni e tu… beh, guarda cosa stai facendo! Stai lavorando per salvare
il mondo. Mi hai salvato la vita più di una volta. Queste sono solo sciocchezze in confronto, piccole coccole
che una mamma vuole fare alla sua bambina. »
Certo che sa decisamente essere convincente. Annuisco
evitando di far notare che ho pensato di sostituire la parola “coccole” con “torture”. Il
fatto che mi abbia definito la sua bambina, il fatto che io sia la bambina di qualcuno, ha definitivamente messo K.O. il
mio cervello.
«Allora… ehm… grazie. »
Ci stiamo finalmente incamminando
verso casa quando sento Ella sospirare.
«È un peccato non essere riuscite a portare Max da
un’estetista. L’avrebbe resa ancora più carina…»
Sì,
dopodiché sarei stata pronta a buttarmi da un ponte. Ovviamente senza aprire le ali, se no a che serve? La mia
familiarità con cerette e maschere facciali è pari a quella che una ragazza normale può avere
con una gabbia per cani.
La mamma annuisce come se le dispiacesse davvero, ma un attimo dopo il suo
sguardo si illumina.
«Possiamo trovare qualcosa di alternativo! » esclama tutta allegra, indicando
la vetrina esageratamente luccicante sulla cui insegna spiccano le parole Beauty & Parfums.
Sto per svenire, me lo sento.
La commessa, un tipino assolutamente perfetto con lunghi capelli neri e labbra
dipinte di rosso, assume un’espressione quasi scandalizzata quando posa i suoi occhioni truccati su di me.
Cosa c’è, carina? Non rientro nei tuoi canoni di bellezza? Nonostante la seduta dal parrucchiere, non
sono certo un figurino.
Sento la mamma chiedere qualcosa e la vedo partire a razzo verso i mobili
(“espositori” li chiama lei) dove si trova ogni tipo di trucco che la mente umana abbia concepito.
Dopo circa due secondi è di ritorno e mi snocciola un elenco infinito di prodotti del cui uso, per la maggior
parte, non ho la più pallida idea: fondotinta, cipria, fard, ombretto, eye-liner, mascara, rossetto,
lucidalabbra…
«… E poi dovresti iniziare a curare un po’ la pelle, anche se sei
giovane. Niente di complicato, latte detergente, un po’ di tonico, una cremina idratante mattina e sera, un
bell’esfoliante ogni tanto e una maschera purificante. Poi, se vuoi, ci sarebbe anche…»
Sto
per tirarle un calcio volante, giuro. La mamma dev’essersene accorta dalla mia espressione, perché si
intromette con piglio deciso.
«Cercavamo solo l’occorrente per un trucco leggero. Colori tenui,
mia figlia non è ancora abituata a queste cose. »
Di nuovo mi zittisco a causa
dell’effetto-mia-figlia e seguo docilmente la commessa mentre mi mostra le tonalità di ombretto. Me
ne prova un paio (insieme a quella diavoleria denominata “mascara” che riesce a farmi piangere come
nessun morso di Eliminatore ha mai potuto) e infine optiamo per un dorato. La mamma sostiene che si intoni con il
colore dei miei occhi (e delle piume, vorrei aggiungere), mentre Ella pensa che i brillantini illuminino lo
sguardo. La commessa insiste per applicarmi anche un lucidalabbra rosa pallido.
«Oh, Max, sei
bellissima! » esclama Ella entusiasta. «Fang cadrà ai tuoi piedi! »
Certo, svenendo
per lo shock e il disgusto. Non ho nemmeno il coraggio di guardarmi allo specchio.
La mamma sorride e
annuisce e la commessa mette tutto in un sacchetto.
E così è giunto il mattino. “Sarai
al settimo cielo!” direte voi. Oh, sì, al settimo cielo come un condannato condotto al patibolo. Non ho
chiuso occhio per tutta la notte e ho la nausea alla sola idea della colazione. I ragazzi dello stormo mi fissano
incuriositi e ringrazio il cielo che Fang non sia con loro. Sembra che sia uscito presto e che stia facendo un volo di
ricognizione. Che ragazzo assennato.
Dopo una doccia veloce, mentre mi trascino di nuovo in camera dove mi
attendono la mamma ed Ella per la “vestizione”, Angel mi sfiora la mano con un sorriso a trentadue
denti.
«Sei fantastica, Max, e lo sappiamo tutti. » afferma.
Mi sono sempre chiesta
perché, pronunciate da una bambina di sei anni, queste parole suonino più convincenti che dette da
qualunque adulto. Riesco addirittura a sorriderle di rimando senza cadere nel riso isterico.
Oh, via, dopotutto
è solo uno stupido appuntamento! Cosa volete che sia rispetto alla sorte del mondo o alla costante minaccia
di essere fatti a pezzi? Dovrei riequilibrare un po’ le mie valutazioni.
Fortunatamente la tortura della
“vestizione” dura meno del previsto e riusciamo a superare brillantemente anche l’ultimo
ostacolo (rappresentato dalle scarpe col tacco che Ella vuole assolutamente farmi indossare nella speranza di
trasformarmi in un trampoliere. No, grazie.)
Eccomi quindi sulla porta vestita, truccata e pettinata per la gioia
dello stormo intero che mi fissa da dietro la finestra della cucina reprimendo risatine. Posso sentire Gazzy descrivere
a Iggy i miei capelli “a strisce” e Nudge che lancia urletti estatici alla vista dell’abitino a balze.
Già è imbarazzante ammettere di avere un appuntamento, ma dover sopportare i commenti di quattro
ragazzini è decisamente troppo. Sto per rientrare a passo di carica per afferrarli tutti per le orecchie e
recuperare i miei jeans (non necessariamente in quest’ordine) quando lo vedo atterrare di fronte a me. Fang
plana dolcemente aprendo le grandi ali scure per rallentare la discesa. Uno splendido angelo nero solo per me.
Sdolcinata? Ok, la smetto.
Quando il suo sguardo si posa su di me, vedo i suoi occhi spalancarsi leggermente.
Se si metterà a ridere non lo perdonerò. Fortunatamente, dopo un attimo, riacquista la sua consueta
espressione, sorride ma senza scherno. Buon per lui, è bene che non sfidi l’autorità.
«Vogliamo andare? » chiede con un leggero inchino.
È tremendamente imbarazzante e
posso quasi sentire gli sguardi dei ragazzi dello stormo che mi pungono la schiena come spilli. Per questo apro le ali
e, dopo una breve rincorsa, spicco il volo, imitata da Fang. È il modo più semplice per lasciarsi alle
spalle il disagio.
Librarsi nel vento, con le nuvole che ci accarezzano le piume, è la sensazione
più meravigliosa che possa esistere, qualcosa che chi ci ha creati può solo lontanamente immaginare e
che realmente ci differenzia dai comuni esseri umani. Noi lo sappiamo.
Planiamo dolcemente sul
lungomare e, ripiegate le ali, ci dirigiamo verso un chiosco di gelati. È tutto così meravigliosamente
pacifico e “normale” che i miei sensi sono tesi allo spasimo, poi Fang mi prende la mano e sento che
mi si piegano le ginocchia. Ecco, ora non sarei nemmeno in grado di decidere tra cono e coppetta, figuriamoci
scegliere i gusti…
Un sibilo accanto al mio orecchio sinistro mi solleva da questo atroce dilemma e,
quando la gente si accorge che quello conficcato nella parete del chiosco è un proiettile, scoppia il putiferio.
Qualcuno ci sta sparando addosso. Ovvio, avevate dei dubbi? In fondo si tratta pur sempre della mia vita,
passeggiate romantiche non sono previste.
Fang ed io ci mettiamo subito in posizione di difesa, schiena contro
schiena, e lo scontro comincia. Ora più che mai sono soddisfatta della scelta dei pantaloncini sotto tutti questi
strati di balze. Era come se me lo sentissi. Che stia sviluppando delle doti di preveggenza? Nah, credo che,
semplicemente, la mia vita si stia facendo monotona.
Fang, accanto a me, stende un tipo con un calcio e ne
disarma un altro con una complicata manovra dell’ala destra.
«Sai, penso che tu stia meglio
così. » dice. «Voglio dire, non hai bisogno di trucchi e pizzi da principessa, non sono da te.
»
I proiettili fischiano attorno a noi mentre ci alziamo in volo, ma nemmeno li sento.
«Sei
straordinaria così come sei, quando prendi a calci i cattivi. »
E io mi ritrovo a pensare che sia il
complimento più meraviglioso che mi sia mai stato fatto.
When i see
your face
there's not a thing that i would change
‘cause your'e amazing
just the way you
are
and when you smile
the wole world stops and stares for a
while
‘cause girl your'e amazing
just the way you are
[Just the way you are – Bruno Mars]