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Autore: crisalide    19/03/2011    3 recensioni
Ora, signori e signore, o modesti miserabili malcapitati, entrate o passate oltre, occhi spenti; Questa è una macabra folle dolce storia di medicina, e non vi sarà offerto altro.
"I vuoti verranno giudicati secondo ingiustizia, da angeli
rattoppati che cos'è pietà, più non ricordano: ai sani e salvi, invece, non riserveremo altro che la nostra miseria"
Genere: Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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“Hail horrors, hail infernal world!”
 

 

“Allora è vero, è vero che andremo tutti a morire?
Di incubi, ritorni e addii ne siamo tutti empi; al punto,
che il mio ventre ne sta per scoppiare.
I becchini allora, dalla loro crisalide di marmo bianco e freddo si libereranno,
e cantando ninna-nanne, in vasche di fuoco
ricaveranno corpi d’ebano, della giusta misura.”

 

Il respiro squassava le risa.
Nel ventre gonfio di riti sarcofagi e lotte intestine, gli organi nuovi, ricuciti e lucidati già combattevano per vedere la luce: ma uno sottile strato di pelle, ancora li fermava.
“ Siano divelti muscoli ed ossa dal corpo, che poco interessano il divino! E la carne, la carne lasciatela pure a marcire: tornerà da dove è venuta, dal ventre delle bestie!”
Giovani studenti di medicina, da tali dinamiche confusi, seguivano la processione un poco distratti – ma ciò era poco importante, poiché nitide sul terreno le orme dei professori seguivano, impronte, che avevano da tempo perso la loro ombra.
Le nuove reclute allora, ripercorrendo i vuoti passi di Angeliprofessorimagnanimi che la terra baciavano, lenti in marcia dei loro nuovi corpi e luridi camici facevano sfoggio, in silenzio, tentando di arrestare la caduta degli occhi che, ghiacciati, stridevano e si facevano pesanti.
 ( ma non erano gli occhi ma il cuore, il cuore che pesante, tutto il corpo sul suo capriccio smuoveva, in singulti di strazio – il cuore!)
Il cuore scendeva sulla terra.
 

“Il sapore dello Stige mi riempiva la bocca.”

 Il sapore dello Stige mi riempiva la bocca e mi bruciava la gola, e il lezzo di decomposizione la pelle a se chiamava, tanto acida era la sua esortazione: “ Cara compagna, sorella mia, mia madre e mia creatura, mia amata! E così qui, Presso l’altare di legno marcio che è un timone, davanti alle autorità che sono due occhi e una lunga barba, così lunga da confondersi con le alghe, qua le nostre vie si separano! Che la cerimonia crolli! Che il lezzo e i fumi vengano a me e ti ricoprano, per mascherarti ancora vergine, mia pelle! Corri, corri e scivola tra le acque del tuo nuovo amante, questo rigagnolo infernale! A te, a te sia lasciato il freddo della morte e il continuo scorrere come del tempo, a te sia lasciato, mia cara! Ma io, tua essenza più preziosa, io me ne vado tra le fiamme! Le fiamme dell’INFERNO, Dio, l’Inferno!”

 Il cuore impose silenzio.
E se mai questo silenzio cadde, cadde davvero in profondi ed oscuri luoghi, laddove occhi, luce ed intelletto di certo non potevano né raggiungerlo né salvarlo, questo povero silenzio.
Allora le costole diedero il via ad una ben strana orchestra, dove sassi parevano essere lanciati nel corpo per dargli ritmo e movimento; gli aspri schiocchi delle ossa rotte erano piatti improvvisati che davano importanza ed energia al pezzo, e la carne e i muscoli lacerati erano un accompagnamento davvero niente male. Ma il meglio, l’ottimo ed il vanto di questa improvvisata orchestra era di certo la parte melodica, il virtuosismo delle urla del dolore più atroce, la pulizia catartica dei lunghi lamenti vibrati e l’allegro pizzicato dei singhiozzi, irrefrenabili, implacabili, impotenti.
E fu con un ultimo, maestoso pezzo che l’orchestra finì, in levare e nell’apogeo della musica-

 

Ed avreste dovuto vedere il pubblico miei signori,
il pubblico, quale giubilio!
Saltarono tutti in piedi battendo le mani ed urlando,
e il sangue schizzò dappertutto!

 

 

 

   
 
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