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Autore: lady lina 77    22/03/2011    7 recensioni
I moschettieri sono impegnati nella battaglia contro gli Ugonotti a La Rochelle. D'artagnan parte, sperando in una grande e nuova esperienza, quella guerra di cui tanto ha sentito parlare e che mai ha vissuto sulla sua pelle. Ma ci metterà poco a capire che la guerra non è un'avventura da romanzo... Il suo mondo, i suoi affetti, la sua anima finiranno risucchiati in un incubo buio come la notte...
Genere: Avventura, Drammatico, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Et voità, nuovo capitolo dopo la mega ispirazione arrivata dopo aver letto le fantastiche e nuove storie di questa sezione!

Grazie a tutti quelli che leggono, recensiscono e mi incitano a scrivere!

A presto!!!





I tormenti di Aramis



"Allora, ancora nessuna notizia su d'Artagnan?" - chiese ai tre moschettieri il capitano De Treville con tono preoccupato. Il giovane moschettiere mancava ormai da tre settimane e si disperava di ritrovarlo vivo, a questo punto.

Ogni sera il capitano e i tre moschettieri si riunivano in una seduta privata nella tenda da campo di De Treville, dopo la consueta adunata con tutto il corpo d'armata per discutere sulle ultime novità della battaglia e sui progressi ottenuti sui campi di battaglia di La Rochelle. E rimasti poi soli, loro quattro, discutevano poi degli sviluppi della ricerca del giovane. Ma da quando d'Artagnan era scomparso, nulla di lui era stato trovato, ne notizie ne indizi che facessero comprendere loro quale fosse stato il suo destino...

Il capitano era un uomo d'esperienza, tante le battaglie che aveva combattuto, e sapeva che un uomo disperso da più di venti giorni durante una guerra, difficilmente sarebbe stato trovato ancora in vita. Certo, anche De Treville si aggrappava alla speranza che sembrava animare i moschettieri, al fatto che d'Artagnan era un giovane pieno di vita, iniziativa e con più vite di un gatto... Ma i giorni passavano e attimo dopo attimo, in ognuno di loro la speranza svaniva gradualmente.

Di giorno si combatteva e la furia della battaglia impediva ad Athos, Porthos e Aramis di pensare, ragionare, disperarsi... Ma quando giungeva la sera, quando si ritiravano al loro campo, nelle loro tende, quando gli echi della battaglia si facevano più lontani e ovattati, quando a tu per tu con De Treville erano messi davanti alla dura ed ineluttabile realtà, allora lo scoramento, la tristezza e la frustrazione avevano la meglio su di loro.

Athos era diventato silenzioso, imperscrutabile nei suoi sentimenti. Era raro che il moschettiere esternasse ciò che provava, soprattutto dolore, perchè era abituato a tenersi tutto dentro e quindi in quei giorni era più sfuggente e malinconico del solito.

Porthos... Il mastodontico Porthos aveva perso il suo enorme appetito e ora appariva depresso e poco incline a scherzare e sdrammatizzare come al suo solito. Di aspetto sembrava la roccia del gruppo ma d'animo era il più sensibile e spesso, quando sapeva di non essere visto, aveva lasciato che qualche lacrima gli rigasse il volto.

Aramis invece era annientata. Era con lei che d'Artagnan aveva passato i probabili ultimi istanti della sua vita e si sentiva responsabile per quanto successo. Se lei non avesse acconsentito a quel piano pericoloso, se lei non l'avesse lasciato andare, se lei gli fosse stata accanto, forse non sarebbe successo nulla. O forse sarebbero morti tutti e due... Beh, anche in quel caso sarebbe stato meglio. La morte sarebbe stato niente in confronto al dolore e al senso di colpa che provava e che la attanagliava. D'artagnan era giovane, pieno di vita, con una carriera e un'esistenza brillante davanti... Perchè non era andata lei su quella maledetta strada??? Lei in fondo aveva perso tutto, viveva una vita non sua e che non l'avrebbe portata da nessuna parte in quanto donna, era in un vicolo cieco... Non sarebbe stato infinitamente meglio, più giusto che fosse lei a morire???

De Treville scrutò il viso dei tre che stavano davanti a lui in silenzio, a testa bassa. "Capisco, ancora niente. Nemmeno oggi...".

Athos strinse i pugni con forza. "No capitano..." - rispose in tono piatto.

De Treville abbassò lo sguardo, prendendo a guardare distrattamente le carte che giacevano sulla sua scrivania. "Capisco... Beh, ci si vede domani sera, sperando ci siano novità positive. Ora vi ordino di andare a coricarvi nelle vostre tende, in brandina. Domani, come vi ho detto pocanzi all'adunata, combatteremo nella zona del porto, una delle più brulicanti di Ugonotti. E sarà una battaglia dura e violenta, voglio che ci arriviate riposati e pronti. Domani sera non voglio che manchi nemmeno un uomo all'appello dell'adunata! E' un ordine il mio!" - disse. Già, era un ordine. Dopo d'Artagnan non voleva perdere più nessun giovane. Era il loro capitano ma si sentiva anche un pò il padre di quei giovani spadaccini che si affacciavano alla vita. E non voleva soffrire più per la morte di nessuno di loro. Li aveva visti arrivare poco più che ragazzini alla sede dei moschettieri a Parigi, li aveva visti migliorare con la spada, giorno dopo giorno, tanti li aveva visti farfalloni ma poi mariti innamorati, li aveva visti crescere e diventare spadaccini eccezionali... E voleva continare a vederli crescere!

"E allora, col vostro permesso, ci congediamo capitano!" - rispose Athos, intimando ai due compagni di uscire.

E insieme, tutti e tre si accomiatarno, salutando il loro capitano.

Quando furono fuori dalla tenda di De Treville percorsero senza parlare la strada fino alla loro tende e nel silenzio sonnecchioso del campo, furono invasi da un freddo vento che spirava dal mare.

"Preannuncia tempesta..." - disse sotto voce Porthos quando furono arrivati davanti alla tenda-dormitorio.

Athos si morse il labbro. "Male, combattere con grandine e pioggia non mi è mai piaciuto troppo...".

A quelle parole, Aramis alzò il viso furiosa. Come potevano quei due pensare alle condizioni climatiche quando d'Artagnan non c'era, forse era morto, forse non esisteva nemmeno più??? La battaglia, la guerra, l'onore... Tutte cose importanti ma niente in confronto alla morte di un giovane amico, la cui assenza pesava nel loro gruppo come un macigno... "SMETTETELA!!! LA PIOGGIA... E' LA PIOGGIA CHE VI DA FASTIDIO??? SIETE PATETICI!!!" - urlò rabbiosa, vogliosa di schiaffeggiare entrambi.

Porthos abbassò lo sguardo, trattenendo a stento le lacrime. "Aramis... Non prendertela, non è insensibilità la nostra... E' che certe volte... parlare del futile... aiuta a non impazzire... pensando a cose serie che ci fanno soffrire... E' una difesa codarda anche questa al dolore, lo so... Ma noi... IO... ne ho bisogno. LUI manca terribilmente a tutti...".

"Aramis, mi dispiace..." - commentò Athos sotto voce, a conferma di quanto appena detto da Porthos.

Aramis si accasciò davanti alla tenda, singhiozzando. Accidenti a lei, non doveva piangere, era una cosa dannatamente femminile e rischiava di compromettersi davanti ai suoi amici e di farsi scoprire. Ma non riusciva a farne a meno... "E' tutta colpa mia!!! Dannatamente colpa mia!!!" - urlò in quello che ormai era diventato uno sfogo troppo a lungo trattenuto.

Athos le si inginocchiò a fianco. "Che dici? Non è così, questa è una guerra e lo sai anche tu che rischiamo continuamente la nostra vita! E' che non si è mai pronti a perdere un amico...".

Aramis scosse furiosamente la testa. "No, voi non capite! Io dovevo sapere che separarsi era pericoloso, dovevo rifiutarmi!!! Sono più grande di d'Artagnan, ho più esperienza, dovevo guidarlo. E invece...". Le lacrime continavano a scendere incessantemente, mentre Aramis nascondeva il viso fra le ginocchia piegate. Aveva bisogno di piangere ma si sentiva idiota. Athos e Porthos la conoscevano come indomito moschettiere, non come donnicciola frignona. E in fondo non potevano nemmeno capire i suoi sentimenti. Lei era una donna, benché vivesse da uomo aveva sentimenti diversi, più delicati e fini di quelli che animavano Athos e Porthos. Loro in d'Artagnan vedevano un amico fidato, un compagno inseparabile ma lei... Nel giovane d'Artagnan vedeva anche un fratellino da difendere, a cui insegnare a essere responsabile e attento... Forse anche sentimenti materni la animavano, in quei giorni di disperazione... Da quando era scomparso d'Artagnan, il peso di essere donna che viveva da uomo si era palesato pesantemente davanti ai suoi occhi come non mai. Non sarebbe mai stata come i suoi amici, per quanto si fosse impegnata il suo animo sarebbe sempre stato diverso, più sensibile, più attento agli affetti e ai particolari...

"Ascolta Aramis..." - disse Porthos in tono gentile ma serio – "Tu non potevi fare da bambinaio a d'Artagnan. Questa è una guerra e ognuno di noi è uguale davanti ad essa. Siamo tutti soldati, sia i più giovani che i più anziani e ognuno di noi è responsabile della sua vita. D'artagnan, lo sai, era indomito, uno scavezzacollo che amava lanciarsi nei guai. Difficilmente lo avresti fermato, se lui aveva già deciso il da farsi. E se non l'hai fermato è perchè ti fidavi di lui e rispettavi il suo essere moschettiere che decide in autonomia. Ti sei comportato da amico, da compagno d'arme, hai rispettato il suo volere e avete deciso insieme una comune strategia di battaglia. Tu hai portato a casa la pelle, lui putroppo no. Il piano è riuscito solo a metà ma se foste rimasti insieme, probabilmente sareste morti entrambi. Quindi la scelta di d'Artagnan è stata quella giusta, la migliore in termini di risultato. Non fartene una colpa, non ne hai... Sapeva a cosa andava incontro!".

Aramis chiuse gli occhi, assorta dalle parole dell'amico. Porthos aveva ragione, ma il dolore era comunque troppo. Aveva già perso una persona cara e ora si ritrovava a soffrire allo stesso modo... Era difficilissimo andare avanti per lei... "Era così giovane... Come lo diremo a Constance, a Monsieur Bonacieux? I suoi nonni che già hanno pianto un figlio, come sopporteranno anche la morte del nipote?".

Athos le appoggiò amichevolmente una mano sulla spalla. "E' la guerra Aramis. Tante famiglie piangeranno i loro morti. Diventare moschettiere non vuol dire solo banchettare nelle osterie di Parigi, frequentare il Louvre, duellare con le guardie del Cardinale. Essere un soldato vuol dire anche questo, vedere la morte in faccia e piangere un amico. Dobbiamo mettercelo tutti in testa e andare avanti nel migliore dei modi, per ciò che siamo e per onorare la memoria di d'Artagnan! Stare a disperarci ci rende più vulnerabili e meno concentrati in battaglia e il nostro amico non lo vorrebbe, non credi? Non sarebbe più giusto combattere al meglio per ricordarlo, perchè lui sia fiero di noi?".

Le ultime parole di Athos fecero sussultare Aramis. Già, onorare il sacrificio di d'Artagnan... Aveva ragione il suo amico, combattere al meglio e vincere avrebbe fatto felice il guascone, non sarebbe morto per nulla. Annuì. "Già, per amicizia di d'Artagnan..." - disse sforzandosi di sorridere.

Sarebbe stato difficile proseguire, ma sicuramente lei ci avrebbe provato...



  
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