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Autore: Quintessence    27/03/2011    2 recensioni
Il suicidio. La vita. La sproporzione dell'amore. Questi sono i miei temi, quali sono i tuoi?
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Cosa è successo ad Alessandra, perché Matteo decise di non amarla, come questo la uccise e come il contorno cambiò all'improvviso.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Nove ~ La Vergogna


Quando penso a questo periodo, i ricordi si fanno sfocati. Mi sembra di vivere un sogno confuso. Non so bene se definire ancora imbarazzo quello che provo, oppure vergogna. Ma credo sempre che la seconda parola sia più adatta alla situazione, perché l'imbarazzo iniziale è diventato vergogna. Prima l'imbarazzo mi faceva arrossire, adesso la vergogna mi fa arrabbiare. Con me stesso, certo. A volte anche con Alessandra perché pare che lo faccia apposta.
Lei non è popolare, è vero, ma questo oramai l'ho capito e in qualche modo, molto in fondo, l'ho anche accettato, sebbene tema segretamente di legarmi a lei. Perché legarsi a una sfigata è dura. Il mio problema è sempre uno solo, non sono capace di scegliere: lei oppure loro? Faccio sempre finta di non capire la domanda, il punto cruciale. In realtà il problema è che solo che non voglio rispondere.
*
In ogni caso pare che sia un periodo propizio, per lei. Sembra felice di venire a scuola, e ha partecipato a una gara nazionale con la sua band. Ed è arrivata al primo posto. Primo posto! Ma ci pensate! La scuola è così fiera, e il preside gonfia il petto ogni volta che lo dice. Io mi dico che finalmente è questa, la svolta. Sapranno che sa fare molto, l'ameranno per aver portato la scuola alla vittoria, il prestigio, con la sua band... Ma tutti i componenti della band vengono dal liceo accanto, e lei sola dal nostro. Io lo sapevo, che avrebbe vinto. Comunque su questo si può sorvolare, oggi dovrebbe essere un giorno di festa.
Il problema è sopraggiunto quando il preside ha fatto arrivare un messaggio che dice che dovremmo -alla fine della lezione- fermarci tutti a scuola ad aspettarla, perché sta tornando con la targa e deve lasciarla a scuola. L'accompagna un prof, e due ragazze credo. Non lo so, non mi ricordo. Dovremmo aspettarla tutti qui, a scuola, nel corridoio o in classe. Noi della classe, almeno, dovremmo proprio, consiglia il preside; così potremo acclamarla. Acclamarla, sì.
Io di certo non manco.
Nemmeno Federica.
Ma posso immaginare Ale, nella macchina con il prof, seduta dietro con le due ragazze che l'accompagnano, che parlotta soddisfatta e canta anche un po', e si fa un sacco di problemi perché teme di rompere la targa e di rovinare il diploma che accerta la vittoria e si chiede come si saluta, come si fa a farsi portare in trionfo. La immagino mentre corre per il viale che la separa dalle porte della scuola, con il prof che ridacchia e le ragazze che esultano al suo fianco, e in vita mia posso dire, non mi sono mai sentito in imbarazzo come allora. Ed ecco che l'imbarazzo ha finito per mutarsi in vergogna. Scuoto la testa e immagino di nuovo la sua testa bionda. Sì, mi pare di vederla.
Deglutisco rumorosamente, mentre vedo la bidella lavorare nel corridoio. Tuffa il mocio nel secchio, e poi stende un sottile strato umido sul pavimento. Poi torna al secchio, strizza il mocio, e di nuovo lo sbatte per terra, un altro strato di umido profumato. Deve essere faticoso, perché ha tutte le mani rosse e la faccia affatticata. Si asciuga il sudore, e si tira su le maniche. E ricomincia. Strizza, poi bagna il mocio, lo ristrizza e lo lancia sul pavimento. Strato d'umido. Mi sento ipnotizzato.
Vedo Alessandra anche se non è ancora spuntata dalle porte, anche se non è ancora entrata in corridoio. Vedo la bidella strofinare il corridoio e imploro che non spinga le porte, che non entri. So che il corridoio principale è vuoto, e infatti siamo tutti qui, su quello del retro...
E sicuramente Ale non si scoraggerà non vedendo nessuno, lo dirà anche al prof e alle due ragazze, "Ci aspetteranno di là"; lui risponderà con voce roca "Sicuro". E infatti li aspettiamo nel corridoietto sul retro, è verissimo. Siamo quattro. Quattro in tutto. Due insegnanti. Io. Federica.
Appena vede Alessandra svoltare, Federica solleva un grosso cartellone. Più grande di un tabellone segnapunti. Reca la scritta "Complimenti, Ale! Sei la migliore!" -E ci sono molte note con brillantini disegnate, e si vede che ci ha messo un secolo a farlo tutto da sola perché è enorme. Lo tira su per i bordi e ci sparisce dietro, piccola com'è. Io non guardo proprio, ho paura di dire qualcosa di terribile, qualcosa di sbagliato.
Di Federica si vedono solo le dita, ma sono abbastanza vicino da vedere il cartello sussultare e vibrare. Capisco che, lì dietro, probabilmente sta piangendo. Non c'è niente, qui. C'è solo deserto. Niente petardi. Niente trionfo. Nessuno ad applaudire.
Nemmeno uno.
*

"Quella volta c'ero!" -Affermò Matteo con orgoglio, come un bambino. Ero l'unico, sembrò sottolineare.
"Meno male" -Disse Loretta- "Per una volta c'eri, su. Grandiosità d'animo!"
Matteo restò un po' imbarazzato. Poi si ricordò di guardare l'ampolla. Oramai pareva non mancase molto al riempimento completo, che era diventato multicolore come un arcobaleno. Altro rosso si aggiunse al contenuto, che andò a sfumarsi con gli altri colori. Matteo lo fissava, incantato. Tempo. Tanto tempo per tornare a due settimane prima e salvarle la vita. Sì, evviva, pensava fra se gongolando. Non importava se non potevano stare insieme, lei sarebbe vissuta!
"Hey, Romeo, hai ancora due ore da dedicarmi. Quindi per favore, non perderti in questi pensieri sdolcinati"
"Ok, ok, andiamo avanti" -Sbuffò Matteo.
"Se sia un sentimento positivo o negativo, non lo so. Ma vorrei che ricordassi la speranza"
   
 
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