2.
Come away with me.
And i want to
wake up with the rain
falling on a tin roof
while i'm safe there in your arms
So all i ask is for you
to come away with me in the night
come away with me
[Norah Jones – Come away with me]
Mei, vorrei che tu
e Lixue veniste a Parigi con me.
Non poteva crederci. Cos'era quella fretta?
Doveva essere rimasta ferma per un'eternità a guardarlo
con occhi sbarrati e bocca aperta per la sorpresa.
Sette anni prima, innamorata com'era stata, l'avrebbe
seguito ovunque.
Beh, non l'aveva
già fatto?
Sette anni prima, avrebbe dato qualsiasi cosa, persa
com'era per lui, per sentirsi dire quelle parole.
"Sei serio?" gli chiese, quando s'accorse di
poter muovere di nuovo la mascella.
"Bien sur."
ribatté Camus, alzando lo sguardo dal quaderno di Lixue.
"Non scherzo mai
su certe cose. Vi vorrei a Parigi, vorrei avervi vicino e creare una
famiglia. C'est tout."
Mei posò la tazza nel lavello con più forza del
solito.
No, non era tutto.
Non poteva presentarsi lì di colpo e avanzare pretese
assurde che coinvolgevano
lei e sua figlia.
Camus sbirciò il quaderno e un ideogramma particolarmente
articolato.
"Uhm… questo è piuttosto difficile, vero?"
Lixue annuì, sorridendogli.
"Sì."
Si schiarì la voce, per ottenere la sua attenzione.
"Vuoi averci
vicino o vuoi averla vicina?" gli
chiese, incapace di trattenersi.
Camus sollevò lo sguardo, interrogativo.
"Come, scusa?" le domandò. "Cosa vorresti
dire?"
Tirò un sospiro.
Non dovevano certo parlarne davanti alla bambina; dallo
sguardo di Camus capì che aveva appena toccato un brutto
tasto.
"Lixue, tesoro, vorresti per favore… lasciarci soli?
Io e papà dobbiamo parlare." disse Mei.
La bambina guardò prima lei poi il padre, quindi richiuse
il quaderno.
"Lo ritireremo dopo." la esortò Mei. "Coraggio,
vai."
Lixue, obbediente, lasciò soli i due adulti in
un'atmosfera carica di tensione, senza fare domande.
"Spero che tu stia scherzando." sibilò Camus.
"Su mia figlia non scherzo mai."
"Che cosa intendi dire, eh, Mei? Coraggio, sii più
chiara, non parlare per mezze frasi e non obbligare me a cavarti le
parole di
bocca."
D'accordo, allora avrebbe giocato a carte scoperte.
"E sia, parliamoci chiaro, Camus. Sette anni fa non ti
interessava né di me, né di Lixue."
protestò Mei. "E adesso…? Io non
capisco."
"Forse perché di Lixue non ne sapevo niente,
finché
non l'ho saputo per caso, da Shiryu e Mu." obiettò Camus,
acido. "Per caso, Mei. Avevo almeno
il diritto
di saperlo. Da te, e non da tuo fratello."
Mei non cedette pur ricordando la sfuriata che le aveva
fatto quando era andato al Goro-Ho a conoscere sua figlia.
"Touchè."
disse. "Ma ciò non cambia il fatto che di me non ti
interessa niente, sono
solo la madre di tua figlia. Ricordi? Mi dicesti che non potevamo stare
insieme, sono un cavaliere d'oro, Atena
prima di tutto."
Parole che gli erano costate care, che non avrebbe mai
voluto dire. Quando Saga aveva annunciato dell'imminente scalata al
Santuario era
stato costretto a decidere
rapidamente per entrambi; soprattutto per lei, visto che era presa tra
lui e
Shiryu.
"Mei… trattarti in quel modo non è stato facile
per
me. Potrei giustificarmi in mille modi, potrei anche darti la colpa di
tutto
…" s'interruppe, non appena Mei l'ebbe fulminato con lo
sguardo. "… cosa
che non farò…"
"E vorrei ben vedere!"
"Ero giovane, avevo vent'anni, e … avevo paura."
confessò Camus.
Mei alzò gli occhi al cielo.
"Paura? Hai vissuto in luoghi così freddi dove
dovresti aver paura di addormentarti e non svegliarti più,
hai affrontato
divinità malvagie e sei … morto
due
volte …" cosa questa che le costava troppo dire ad alta voce
"… e hai
avuto paura di me?"
Paura di lei?
No, non di lei. Dei suoi sentimenti, di sé stesso. Paura
di qualcosa che non aveva mai provato e che aveva perso da bambino,
quando era
stato strappato dalle sue radici e trapiantato in un luogo ostile e
privo di
vita.
"Non è mai stata colpa tua. Solo mia." aggiunse
Camus.
Frase tipica di chi, nonostante le parole, voleva
scrollarsi di dosso ogni responsabilità, oppure di chi
celava qualcosa.
Cominciò improvvisamente a sgranare gli occhi, il cuore
che batteva forte.
Aveva sbagliato tutto quel tempo, forse? Aveva ragione
DeathMask? Per anni aveva perso tempo a pensare a un uomo che in
verità… stava
con un altro uomo? Con Milo, magari?
"Oh, aspetta. Ho capito tutto."
Camus inarcò un sopracciglio, interrogativo.
"Capito tutto cosa?"
domandò, confuso.
Le erano chiari molti comportamenti, iniziava a capire
perché Camus si era comportato in quel modo.
"… Milo."
Che cosa c'entrava ora, il suo migliore amico?
"Milo… cosa?"
Mei lo guardò, stranita.
"… tu e Milo… " disse, intrecciando i due
indici delle mani come per dire state
insieme. "Voi due…"
Camus le riservò uno sguardo gelido, uno di quegli
sguardi penetranti, che le mise i brividi addosso.
"Io e Milo che
cosa?"
Mei si pentì di aver tirato in ballo l'argomento. Ci
erano voluti mesi per digerire la
notizia,
e lui adesso mandava all'aria tutto quanto?
"Le notizie corrono veloci. Mi era giunta voce che
tu e Milo… insomma… stavate insieme."
Camus la guardò un attimo.
Non ne voleva parlare, ed era anche piuttosto
comprensibile. Insomma, non doveva certo darle spiegazioni di alcun
genere.
Poi, di colpo, mentre era persa a pensare, Camus scoppiò
a ridere: una risata di cuore, di quelle che partono dal profondo e
che, in
qualche modo, scuotono tutto il corpo.
"Oh bè, le mie preoccupazioni ti fanno ridere, sono
contenta." ribatté Mei, stizzita.
Prese ad apparecchiare la tavola per cena, continuando a
sentire la risata di Camus dietro di sé; non rideva mai, e
quando lo faceva la
prendeva anche in giro.
"Continua a ridere tranquillamente, così, come se io
non ci fossi."
"… Mei … a Milo piacciono le donne."
disse, quando la risata scemò.
"Buon per lui." disse Mei. Stimava Milo come
amico ma sinceramente le importava poco delle sue abitudini sessuali.
"A me
piacciono le donne." proseguì Camus.
"Sono contenta per te." buttò lì, come se non
le importasse.
"E sai anche a chi mi riferisco. Sai,
non ti facevo tipo da credere a delle
voci stupide. Tornavamo da Atene una sera, ubriachi fradici, e
rifiutammo la
compagnia di un paio di… ehm …"
"…donnine allegre?" l'aiutò Mei.
Un paio di passeggiatrici che lavoravano in periferia,
tra le quali due vecchie conoscenze di Mu.
"Già. Qualcuno mise in giro queste voci." concluse.
Facile pensare chi
avesse messo in giro quelle voci.
"Immagino anche chi. Quel becchino
di DeathMask." disse Mei.
"Non lo so, ma la cosa non mi interessa." disse
Camus. "Io sono sicuro di quel che sono e quel che faccio, e le
critiche
mi scivolano addosso."
DeathMask, sempre lui.
"Razza di… scavafosse
che non è altro. Ho giurato di fargliela pagare, quando per
poco non uccise
Shunrei e Shiryu. Devo ancora pensare a come farlo fuori."
Camus la guardò, divertito.
"Tu? Far fuori DeathMask? E come pensi di
fare?"
"Non preoccuparti, in un modo o nell'altro lo
farò."
"Tu vorresti
sconfiggere un cavaliere d'oro?"
Mei lo guardò, indulgente.
"Non c'è veleno peggiore del veleno di un serpente,
non c'è ira peggiore dell'ira di una donna."
ribatté Mei.
Lui s'appoggiò allo schienale del divano.
"Mei. Non arrampicarti sugli specchi." disse. "Non
sei brava a cambiar discorso."
Fu lei a ridacchiare.
"Ci ho provato." ammise.
"Oh sì. E t'è andata male."
Lei si schiarì la voce.
"Dunque... parlavamo di te e Milo."
"No. Parlavamo di noi." la corresse
Camus.
Noi.
Gli diede le spalle, iniziando a trafficare con piatti e
ciotole varie, dalla credenza.
"Ah, perché, c'è mai stato un noi? E quando? Non
me
ne sono accorta." disse Mei.
D'un tratto, le sue mani sui fianchi.
O meglio … i fianchi tra le sue mani -Camus si
stupì di
quanto fosse rimasta snella e nervosa nonostante la gravidanza-, e il
respiro,
il suo respiro, sul collo.
"C'è sempre stato un noi."
le sussurrò contro l'orecchio. "Sei lontana, ti
vedo solo quando vengo a trovare Lixue, ma tu ci sei sempre stata."
Sensazioni che pensava di aver dimenticato, o addirittura
mai provato, l'assalirono prepotenti.
Camus era molto più alto di lei, la superava di quasi
tutta la testa. Abbracciarlo significava trovare l'incastro perfetto;
aveva
sempre adorato stare tra le sue braccia, le era piaciuto sentire il suo
mento
appoggiarsi alla sua testa. Nel suo abbraccio, riusciva sempre a
dimenticare
ogni cosa.
Sei lontana, ma tu
ci sei sempre stata.
Deglutì, sospirando pesantemente e schiarendosi la voce,
pur sentendosi bene, tra le sue
braccia.
"…Cam…sono immune al tuo fascino." disse, per
stemperare la tensione creatasi.
"Bugiarda."
mormorò lui. "Adesso chi ha paura di chi?"
"Non ho paura di te, solo di quello che provo
per te."
Ci stava ricascando e non andava affatto bene.
Camus le sfiorò gli orecchini che portava, degli chandelier con perline di lapislazzuli
che
le aveva portato dall'Egitto, e sorrise. Quegli orecchini li portava
spesso, li
aveva visti più e più volte.
"Allora mi pensi." continuò, sempre a bassa
voce. "Posso ancora sperare."
Si staccò da lei quando sentì passi infantili in
corridoio, seguiti da passi più adulti.
"Mei … on va
en parler." le disse poi, cercando di calmarsi un
po’.
"Ecco dov'eri, peste!! Torna qui, dove pensi di
andare?"
Shiryu, che stava giocando con Lixue; sentire le risa di
sua figlia lo fece sorridere.
Per lo meno Shiryu non odiava la nipotina anche se era
sua figlia, pensò Camus.
"Donna! È
pronta la cena?" scherzò Shiryu, entrando in cucina e
perdendo subito il
sorriso.
"Ciao." disse Camus, per educazione più che per
reale voglia di salutarlo.
"Ciao." ribatté Shiryu, freddo. Il suo sguardo
andò da Mei a lui, e viceversa.
"Wèntí?"
Problemi?
"No."
" Tā
wèihé zài zhè'er?" Perché
lui è
qui?
Lixue saltò ancora in braccio al padre, fornendo una
risposta a Shiryu prima che potesse fornirgliela Mei.
"Parce
qu'il
ést mon papa." Perché
lui è il mio papà.
"Ah ecco. Dobbiamo a Lixue il grande onore di averlo
qui?" commentò Shiryu, tornando al greco.
Assottigliò lo sguardo, nel
cogliere nello sguardo di Camus un certo orgoglio dopo le parole di
Lixue.
Continuò a fissarlo con un atteggiamento di sfida, ma alla
fine non fu Camus a
cedere.
"Smettila." sibilò Mei.
"Allora papà, dimmi… tu e mamma vi volete
bene?"
Camus sorrise, scostando un ciuffo di capelli dalla
fronte di Lixue.
"Era questa la domanda che mi volevi fare, quando mi
hai chiamato?"
Ma allora era davvero stata Lixue a chiamarlo.
"Certo che ci vogliamo bene." le rispose Camus.
"Che domande. Perché me lo chiedi?"
"È per questo che sono nata?"
Shiryu, dalla parte opposta dell'isola di cottura in
mezzo alla cucina, guardò Mei.
"Silenzio. " l'ammonì Mei. "Non darmi un
altro motivo per detestarti."
"No. Lungi da me scatenare la tua ira." disse Shiryu.
Mei sentiva le occhiate di Camus dritte nella schiena, stava
sicuramente aspettando che lei si voltasse.
"… anche per questo, sì." rispose Camus.
"Almeno non ha detto frasi stucchevoli come: sei
nata per amore, tesoro." lo
prese in giro Shiryu, parlando in cinese alla sorella. "Visto che lui
nemmeno sa cos'è l'amore."
"Perché tu sai che cos'è? Non parlare di cose che
non conosci, quello che c'è stato fra me e Camus e i
dettagli riguardanti la
nascita di nostra figlia non li conosci e non ti riguardano. Resta al
tuo
posto, Shiryu." rispose Mei, piuttosto scocciata dalla situazione.
"Pensa
agli affari tuoi."
Finì di sgocciolare la frittura mentre Camus continuava a
parlare con Lixue.
"A tavola. È pronto." annunciò.
"Bene, avevo fame! Papà, rimani a mangiare?" chiese
Lixue. "Mamma fa delle cose buonissime!"
Shiryu la falciò con uno sguardo di fuoco.
"No. Papà ha da fare. Hai da fare, giusto?"
domandò.
Mei sbuffò, mentre Camus riduceva gli occhi a due
fessure.
"Veramente, no." rispose. "Non ho niente
da fare, sono libero come l'aria."
Ah davvero? Strinse i pugni intorno alle posate,
sbuffando come un drago furioso.
"…bè. Comunque a papà non piace la
cucina
cinese." continuò.
Camus si sedette a tavola, prese le bacchette e scoccò a
Mei un sorriso da mozzare il fiato e a Shiryu un ghigno ironico.
"Io adoro
la cucina cinese."
***
Lady Aquaria's corner.
Sembra ostrogoto, ma è
cinese.^^
Non faccio uso del traduttore di Google, sbaglia o dà
risultati … anche imbarazzanti, due volte su tre, ergo, lo
ritengo
inaffidabile. A parte il francese, che conosco in parte grazie agli
studi
svolti al liceo (quindi francese scolastico e non perfetto, ma me la
cavo), per
il cinese mi avvalgo di un dizionario e un frasario. Spero solo che sia
giusto
e ciò che ho scritto significhi quello che avevo in mente,
altrimenti, che
figuraccia…
Se qualche frase di Camus vi suonasse familiare …
sì,
avete ragione. Ho scritto il capitolo in piena fase "Ligabuesca",
in particolar modo mentre ascoltavo "Ci sei
sempre stata."
E l'ho riascoltata anche mentre lo riscrivevo.
Ringrazio chi ha messo la storia tra le seguite, e a
Dew_Drop, miloxcamus e MaikoxMilo per le recensioni e l'incoraggiamento!
Devo aggiungere ai ringraziamenti anche i nuovi
lettori/recensori, grazie :)
Alla prossima!
Lady Aquaria