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Autore: Exodus    05/04/2011    2 recensioni
Uno sguardo dietro le quinte in dieci atti, uno per ciascun Espada, più una Overture ed un Intervallo a sorpresa; una raccolta di racconti su passato, presente e futuro dei nostri dieci piccoli Hollow preferiti. Popcorn esauriti, Yammy li ha fatti fuori tutti.
Capitolo "Overture" secondo classificato nel contest "La semplificazione - II edizione" indetto da Only Me.
Capitolo "Quinta" primo classificato e vincitore del premio Originalità nel contest "Le Fleurs du Mal" indetto da Pagliaccio di Dio.

Capitolo "Septima" secondo classificato nei contest "Riflettori sui cattivi" indetto da AkaneMikael e "Gratta e Vinci... forse" indetto da Yuri_giovane_contadina
Genere: Commedia, Drammatico, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Espada, Gin Ichimaru, Sosuke Aizen, Tousen Kaname, Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Tercera

Alla fine dell’estate chi è stato
l’ultimo ad uscire dal mare?
L’ultimo è tornato a casa
senza chiudere il coperchio del mare
E da allora per tutto questo tempo
il mare è rimasto scoperchiato

La terra è sommersa dall’acqua del mare
le maree aumentano e influenzano la luna
E visto che il mare è rimasto scoperchiato
la luna si è gonfiata in un plenilunio fasullo

Non guardare il viola all’esterno
dell’iride che circonda la luna: è un veleno!
La notte si estende senza mai sovrapporsi
Ormai è da giorni che siamo fermi a ieri

Alla fine dell’estate chi è stato
l’ultimo ad uscire dal mare?

                                                                            (Banana Yoshimoto, Il coperchio del mare)



Il cielo si dissolse, esplodendo in centinaia di schegge taglienti come pezzi di ghiaccio, come frammenti di uno specchio crepato; e lei sentì la sua voce, calda e avvolgente come le onde dell’oceano, parlare di acqua e di specchi, e di come anche lui avesse sempre amato i riflessi sulla superficie.
Il mare tornò ad essere blu e nero; il rosso del sangue e della collera svanì per sempre, lasciando solo la pallida luce della luna ad illuminare il suo meraviglioso corpo nudo.

Non fecero l’amore, quella notte, anche se sarebbe capitato qualche volta, nei lunghi mesi successivi; perché, sotto il suo sguardo divertito, lei si tuffò convulsamente nell’oceano, investita da un impeto di gioia e di sollievo, accogliendo dentro di sé il fresco salato come una benedizione azzurra, i suoi ricordi che riaffioravano a sprazzi, spezzando le catene della follia che per troppo tempo l’avevano dominata.

Era libera; ma nemmeno il suo amato mare sarebbe riuscito a cancellare l’orrore… nuotò a lungo, con foga e furore, sperando che le correnti lavassero via dal suo corpo il passato: ma non ritrovò ciò che aveva perso, né riuscì a ricongiungere le sue lacrime al luogo primigenio da cui era venuta al mondo.
Avrebbe ricordato, per sempre; avrebbe odiato per tutta l’esistenza che le rimaneva, con l’unica consolazione di saperne il motivo, finalmente.

Seduto sulla riva, in attesa del suo ritorno, l’uomo che le aveva ridato il mare scrutò il cielo, malinconico, e pensò che certe creature sono davvero sfortunate: non possiedono nulla che possa essere rubato, ma a dar retta alle fiabe, l’Universo invidioso trovava comunque il modo di strappar loro qualcosa… e lui, che nella sua esistenza secolare non aveva mai versato lacrime, si chiese oziosamente se ella avrebbe mai rimpianto il pianto ed il sorriso, come la sua illustre sorella aveva rimpianto la voce perduta per amore.


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Li amava, gli esseri umani. Era giovane, per una della sua razza, e curiosa, e anche se aveva girato gli oceani di mezzo mondo, si chiedeva perché, dovunque andasse, quella fosse l’unica specie che era presente dappertutto, dalle spiagge tropicali, alle lagune isolate, ai fiordi ghiacciati.
Si chiedeva perché, in ognuno di questi luoghi, tutti gli altri animali, grandi e piccoli, prede e predatori, la chiamassero con un unico nome, sussurrato in migliaia di versi differenti: morte.
Lei non sapeva ancora il significato di quel nome, ma percepiva il terrore in quei versi, e non comprendeva, lei che aveva una volta salvato uno dei loro cuccioli dall’annegare in una baia, ed aveva visto la dolcezza e il sollievo nelle lacrime della madre.
E più guardava, più la curiosità prendeva il sopravvento: e scoprì la loro musica, la melodia delle canne intagliate e delle corde tese, così diversa dal mormorio degli abissi: e scoprì, lasciando sempre più di frequente gli oceani aperti per i torrenti, e poi per gli stagni, che erano davvero creature speciali, diverse da tutte le altre: che il loro modo di amare era più intenso e duraturo, il loro essere felici più completo, la loro mente più potente di qualunque cosa avesse visto.

Ma non poteva lasciare le rive per unirsi a loro: né ebbe mai modo di accorgersi di come anche la loro sofferenza fosse maggiore, e di come soli, tra tutti gli esseri del creato, fossero consapevoli dell’inevitabilità della fine che attendeva tutti gli esseri viventi…

Passava la maggior parte dell’anno in quelle acque, poiché quelle erano le sue isole più care. Lì la donna che le doveva la vita di suo figlio le aveva insegnato un poco la lingua della loro gente: grazie a questo era stata più vicina agli esseri umani di quanto avesse mai osato sperare… finché quella famiglia aveva serbato il ricordo della bella ningyo portafortuna, finché i loro capelli, ed i capelli dei loro figli e nipoti non si erano fatti bianchi ed il loro passo incerto, mentre scivolavano lungo la scogliera per intrattenersi con lei nell’acqua bassa…

…finché i nipoti dei loro nipoti non avevano scelto di prestare ascolto ai saggi del villaggio piuttosto che al loro cuore, ed alle leggende che narravano di guerre e pestilenze portate da creature come lei.

Allora fu di nuovo sola, rattristata dalla loro paura e disperando di trovare altre persone con cui poter parlare: e riprese a solcare i mari in cerca di un altro posto dove stare, di uno specchio d’acqua speciale come quello; di un posto che potesse, come loro facevano, chiamare casa.
Fu allora, forse, che il loro destino divenne il suo destino: perché, sebbene il suo corpo fosse ancora quello di una creatura degli abissi, la sua anima cominciava a provare i loro stessi desideri; e la Catena che stringeva i loro cuori si avvolse anche attorno al suo.


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L’isola era molto piccola, isolata e distante dalla grande striscia di terra dove aveva passato gli ultimi decenni: abituata a riconoscere i segni della presenza umana nelle costruzioni di legno e pietra, si era avvicinata senza nulla sapere della disperazione che regnava in quel luogo. Osservandoli da lontano, aveva letto nei loro volti un’oscurità che andava oltre la tristezza: nel suono delle loro voci, aveva percepito che un terrore altrove raro e stemperato qui era sovrano assoluto.
Un posto strano, dove ogni giorno molti di loro venivano buttati in acqua dai loro simili e galleggiavano lentamente al largo: ma non ricavava gioia dalla loro compagnia, poiché venivano a lei avvolti in lenzuoli bianchi, e il loro volto al di sotto di essi era contorto, verdastro e gonfio; essi non rispondevano ai suoi richiami...
Impiegò molte settimane prima di raccogliere tutto il suo coraggio. Li amava e sperava, provando ad aiutarli, di potersi fare amare di nuovo: quando non poté più restare lontana, si avvicinò.

Proprio mentre il sole svaniva sotto l’orizzonte, un uomo era apparso sulla spiaggia, afflitto dallo stesso male degli altri: con i suoi sensi acutissimi la creatura marina, nascosta tra gli scogli, poteva scorgere il suo grasso volto dai piccoli occhi vacui, la sua andatura barcollante, e percepire il pungente, sgradevole odore del suo fiato.
Una ragazzina lo seguiva, poco più di un cucciolo dai lunghi capelli neri, a malapena coperta da una camicia lacera e rattoppata, le sue sottili gambe di adolescente che si reggevano in piedi a stento: e la sua paura era cento volte più intensa, ben oltre il punto che avrebbe spinto alla fuga qualunque altra creatura… sentendo quell’orribile sensazione insinuarsi sotto la pelle, la ningyo non riusciva a capire perché non scappasse, né di come l’uomo potesse non accorgersi di tutto quel dolore a pochi metri da lui.
Quando la vide incespicare e cadere a faccia in giù sulla sabbia, la sua compassione ebbe infine la meglio, e si immerse per andar loro incontro: mentre scivolava nell’acqua silenziosa, non le sfuggì il comportamento anomalo di lui, ed il gesto brutale con cui la ragazzina veniva afferrata e fatta voltare sulla schiena; vide l’uomo montarle addosso, e lacrime silenziose solcare il piccolo viso sporco, e la paura e l’oscurità farsi più intense attorno ai loro corpi…. sentì che qualcosa di terribilmente sbagliato stava per accadere, e prese a nuotare più velocemente nell’acqua bassa.

Pensò che se lui l’avesse udita, avrebbe smesso: ma la sua voce fu preceduta da altre urla, provenienti dall’estremità più lontana della spiaggia, quando due piccoli tornadi di stracci emersero dalla rada boscaglia, brandendo minacciosamente dei rami più grandi di loro ed urlando come ossesse; solo allora, al suono di quelle voci, anche la ragazzina schiacciata a terra cominciò a gridare e a divincolarsi, piangendo stretta tra le braccia enormi dell’uomo, che sorrise crudelmente, quasi senza alzare lo sguardo, e cominciò a bofonchiare qualcosa, accarezzandole il viso.
Il suo ghigno non durò a lungo: senza interrompere la sua corsa, la più esile delle piccole straccione aveva raccolto da terra una grossa pietra, che sibilò nell’aria centrandolo proprio sopra l’orecchio, strappandogli un gemito stridulo; il bastone dell’altra colpì di punta, costringendolo a mollare la presa sulla sua vittima e a rotolare all’indietro.
Ansimando e stringendo le ridicole armi con mani nervose, le due guerriere bambine si frapposero fra la loro compagna e il suo aguzzino, che si stava rialzando tremando di rabbia, una mano premuta sulla tempia insanguinata: la ningyo udì un debole scatto, e vide un oggetto scintillante nelle mani dell’uomo, avvolto da un’oscurità così fitta che i suoi lineamenti ne risultavano distorti, e seppe che ancora un attimo, e sarebbe stato troppo tardi...

Parlò. Quello che disse non è importante, perché, presa dal panico, non usò la lingua delle pause e dei sospiri che le avevano insegnato, ma quella ancestrale della sua razza, che avanza e refluisce come le onde; ed era una voce che gli abitanti dell’isola avevano già sentito, e che temevano persino più del male che li affliggeva; l’uomo dimenticò all’istante la sua furia, e la ragazzina a terra smise di singhiozzare per un attimo: gli occhi di tutti si voltarono, terrorizzati, verso la costruzione metallica indistinta che svettava al centro della foresta.
Si accorsero di lei solo quando ripeté il suo richiamo, più dolcemente, la sua coda che guizzava nell’acqua a pochi metri da loro: allora, come congelati da una brezza ghiacciata, tutti e quattro fissarono la sua figura magnifica, in un silenzio surreale che sembrò durare in eterno.
Poi lo sguardo dell’uomo cambiò, e la sua espressione stralunata divenne una che la ningyo non si aspettava: nel leggere nei suoi occhi una strana, quasi vorace luce di speranza, sentì nascere dentro di sé lo stesso sentimento… finché lui non cominciò a correre via, incespicando e voltandosi continuamente per tenerla d’occhio.

Confusa, rimase sola sulla spiaggia con le tre bambine, che poteva ora osservare bene da vicino: erano crollate tutte e tre sulla sabbia, senza riuscire a smettere di guardarla, trasognate: la più piccola, dai corti capelli a spazzola e gli occhi di due colori diversi; la seconda, dalla carnagione scura, i ricci castani e le sue forme che tradivano un fisico ormai sviluppato; e la terza, con grosse lacrime che le brillavano ancora sulle guance, che nuotava nel suo camiciotto consunto, le mani nascoste dalle maniche enormi.

Ancora una volta parlò loro, nella loro lingua, e sorrise. E fu l’ultima volta.


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-Avevate ragione come sempre, Eccellenza. L’intera questione è tuttora coperta dalla massima segretezza: solo il Comandante Generale, il capo della sezione Ricerca e Sviluppo ed il responsabile delle comunicazioni della Seireitei ne sono messi al corrente. Vi sto inviando le coordinate.-

-Ottimo lavoro, Kaname. Sicché, presso i locali quest’isola era chiamata…Yamajima?-

-Esatto. Topograficamente, non è nulla di speciale: appena 6 ri di diametro, clima arido, superficie irregolare... uno scoglio, in altre parole. La popolazione del tempo era stimata attorno alle centocinquanta unità, in rapida diminuzione.-

-Oh? Vuoi dire rapida come –mamma e papà, le disco migliori sono sul continente- o come -serial killer all’opera-?-

-Malattia, Gin. L’isola si trovava in quarantena da più di un anno: uno dopo l’altro gli abitanti stavano soccombendo ad un male incurabile, tanto che a dispetto della sua piccolezza il Gotei aveva fatto installare un Senkaimon provvisorio. L’invio di Shinigami per il Konso rimase frequente, fino al verificarsi del… fenomeno. Il che ci riporta a quella che è la proprietà più interessante di Yamajima…-

-… ovvero, l’essere completamente isolata da 56 anni, 3 mesi e 22 giorni. Un caso senza precedenti nella storia della Soul Society.-

-I collegamenti si sono interrotti, senza alcuna apparente spiegazione, dal giorno alla notte; il Senkaimon, svanito nell’aria; gli Shinigami di pattuglia, dispersi. Da allora, ogni tentativo di accedere alla zona od effettuare rilevamenti da parte del Gotei è andato incontro al fallimento: l’area è completamente schermata ed impenetrabile fino a 500 metri dalla riva. Più che di un mistero, si tratta ormai di una leggenda.-

-Leggenda che, stando alle informazioni che hai raccolto, ha lasciato la sua impronta nel folklore locale…già, perché nonostante il Gotei si sia rivelato impotente in questa faccenda, sembra che gli esseri umani non abbiano invece difficoltà ad avvicinarsi all’isola.-

-Proprio così, Eccellenza; e questo rende il tutto ancora più inquietante… perché, anche se monitorare direttamente la zona è impossibile, siamo venuti a conoscenza di innumerevoli episodi riconducibili ad intensa attività Hollow: allucinazioni, vari casi di persone scomparse, voci su una maledizione che affliggerebbe il luogo e su una misteriosa “sirena”… più almeno due cruenti episodi di isteria collettiva conclusisi tragicamente con la strage di ogni singolo abitante. L’ultimo risale a 7 anni fa: da allora nessuno ha più osato metterci piede… e le nostre informazioni finiscono qui.-

-Ma non le nostre possibilità. Las Noches ha fatto un uso migliore del Gotei della tecnologia lasciata da Kisuke Urahara… confido che un Garganta perfezionato possa riuscire dove il Senkaimon ha fallito.-

-Eeeh, non lo so … non mi piace mica l’idea di vederti infilare in quell’affare senza sapere di cosa si tratta.-

-E per quale motivo, Gin? Ci possono essere ancora dei dubbi sulla natura di questa anomalia?-

- …ma Cap, è grande come un distretto di Rukongai!-

-Ed è proprio questo a nutrire le mie speranze, amico mio. Finora le nostre ricerche sui Vasto Lorde non hanno dato i risultati sperati, ma… non trovi che una Negacìon larga venti chilometri sia, se non altro, un ottimo punto di partenza?-


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Sciamarono sulla spiaggia a decine, ansimando e grugnendo per lo sforzo, corrotti e resi disperati dal male, travolgendo e nascondendo alla sua vista le ragazzine che non avevano nemmeno osato sfiorarla: fu imprigionata con le reti da pesca prima ancora di rendersene conto, e trascinata fuori dal suo elemento, sulla sabbia ruvida e poi sul duro terreno coperto di radici, attraverso la foresta, le sue grida di sorpresa e di dolore che si facevano sempre più deboli; per la prima volta conobbe il dolore fisico, con i suoi serpenti di fiamme che si avvolgono attorno al cervello da tagli ed abrasioni, dalle corde che squarciavano le sue scaglie argentate: affondò velocemente nel pietoso mare dell’incoscienza.

Riprese i sensi per pochi attimi soltanto, attorniata da decine di volti pallidi e sfigurati dal morbo: troppo confusa e sbalordita per metterne a fuoco i lineamenti, in quel momento di paura assoluta il suo mondo fu ridotto al contrasto tra l’oscurità che si levava dalle loro sagome in dense spirali, e la luce sfavillante del fuoco di sterpi acceso accanto a lei, che le ustionava insopportabilmente il lato sinistro del viso.
Le sue braccia coperte di tagli erano legate ad una piatta roccia al centro del cerchio infernale, e spaventosi crampi la tormentavano lungo tutto il corpo; ma il peggio del peggio era la sete, che le gonfiava la lingua tanto da impedirle di respirare.

Avrebbe voluto parlare, e chiedere alle sagome indistinte che si avvicinavano perché le veniva fatto questo: ma il viso dell’orribile vecchio con i capelli bianchi che si chinò su di lei non le offrì alcuna risposta, mentre uno di quegli oggetti scintillanti calava per squarciarle il petto.

Rimase con gli occhi aperti per la maggior parte del sacrificio, mentre veniva divorata viva.


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Li odiava, gli esseri umani. Ma ne dimenticò ben presto il motivo: si era svegliata ad una nuova vita mentre l’eco del suo urlo morente si spegneva e le fabbriche del tempo e dello spazio si spezzavano. Il sangue che sgorgava dalle sue ferite divenne un rivolo, poi un ruscello che bagnò i piedi dei mostri dalla bocca insanguinata che si erano nutriti di lei: ed essi conobbero la paura, poiché anche la luna era divenuta rosso sangue, e bagliori sinistri ora illuminavano a tratti il cielo, inorridito di fronte alla fine di un innocente che non era stato fatto per la morte. Il tempo  sull'isola si fermò; nessuna alba sarebbe sorta a porre fine a quella notte.

Quando il ruscello scarlatto raggiunse le onde del mare, la sirena sorse dal suo cadavere con un nuovo aspetto, simbolo del lato oscuro del mare e della sua furia cieca, unica emozione che le era rimasta, mentre la catena fissata al suo cuore divorato arrugginiva e diveniva polvere in pochi secondi, tributo al vuoto che nessun massacro avrebbe ormai colmato: al suo secondo urlo rispose una cacofonia agghiacciante, mentre ai margini della radura si levavano immense ombre nere dal volto bianco, che si gettarono sui terrorizzati abitanti dell’isola, consegnandoli alla stessa morte della loro padrona, ed alla stessa orripilante esistenza che la attendeva: poiché essi avevano sacrificato uno degli esseri più puri del creato per vivere, ed ora non potevano più morire, parte di lei come ella era divenuta parte di loro; il terzo lamento sarebbe riecheggiato per l’eternità come una maledizione sull’isola, ripetuto all’infinito dalla torre di ferro che sormontava il villaggio, perché chi poteva ascoltare cadesse vittima del canto soprannaturale, e la raggiungesse nella dannazione.

Nessuno fu risparmiato: nessuno, a parte tre minuscoli spiriti che erano impazziti dal terrore quando Yamajima era stata strappata alle terre dei viventi; e non fu né amore né pietà a salvarle, quanto la percezione di come anche il loro cuore fosse stato divorato dalla crudeltà umana, in un modo non meno orribile... o, forse, fu lo spettro di ciò che aveva a lungo cercato, o il pallido ricordo della passata gentilezza; la loro morte fu veloce, e quello che venne dopo, segnato dall’incontro con una Dea sulle spiagge dove erano nate, non peggiore di ciò che una breve vita aveva loro riservato; rimasero assieme, tre piccoli fantasmi con una sola anima, crescendo in potere al fianco della signora senza nome che le aveva raccolte, come l’ombra del calore di una famiglia.

Nessuno le vide mai, e nessun racconto nacque su di loro: ma quello sulla Dama Rossa che vagava priva di memoria sull’isola durò a lungo, e così quello che narrava delle cose orribili accadute a coloro che uscivano di casa quando la sirena suonava...

... ma è da tempo che nessuno avvista la Dama.

Figlia delle onde, il suo mare divenne un gelido abisso: la famiglia che aveva tanto desiderato è bruciata, ma ella riposa in una tomba di ghiaccio.


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NdA: Confusi? Tutti i diritti, a meno che non abbiate visto il film horror jappo “Forbidden Siren”, tratto dall’omonimo gioco per PS2, di cui questo racconto è a tutti gli effetti un folle crossover. Dategli un’occhiata se potete, è davvero inquietante. Secondo una tradizione giapponese, la carne di una sirena può guarire da ogni malattia e donare la vita eterna a colui che la mangia... ma catturarne una è di cattivissimo auspicio. La “struttura metallica” cui si fa riferimento è una sirena d’allarme antiaereo.

NdA2: Dedicata a The Corpse Bride, perché ho vinto la nostra piccola gara ^^
Spero tu stia bene, e di vedere presto qualche pagina di Runaway Train!
  
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