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Autore: Sophie Hatter    07/04/2011    3 recensioni
1978-1981: i Malandrini e Lily Evans si uniscono all'Ordine della Fenice. Le conseguenze sono tante: alcuni si sposano, altri si ritrovano invischiati in tresche segrete; alcuni si scontrano con Voldemort in persona, altri passano dalla sua parte; alcuni diventano spie di Silente, altri muoiono troppo presto. Come andrà a finire, già lo si sa.
1993: Remus Lupin, quando si era ormai rassegnato alla realtà dei fatti, si ritrova a fronteggiare strane perdite di memoria. Il metodo migliore per indagare su queste anomalie sembra essere quello di tornare a Hogwarts, accettando l'incarico offertogli da Albus Silente...
*
0) Prologo
1) Iniziazione
2) Questioni irrisolte
3) La prima battaglia
4) Il matrimonio
5) E' così facile capirlo
6) La spada di Grifondoro
7) Amicizia
8) Andare fino in fondo
9) La tomba di Regulus
Genere: Drammatico, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Albus Silente, I Malandrini, Severus Piton | Coppie: James/Lily, Remus/Sirius
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Nights Are Cold - Wolfstar'
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Capitolo 4 – Il matrimonio

 

Senti, tu sei la risposta di Dio a Giobbe: sai, avresti messo fine a tutte le discussioni tra loro. Dio avrebbe indicato te e detto: “Faccio tante cose tremende, ma ne so fare anche come questa, sai”. E Giobbe avrebbe detto: “Okay, hai vinto”.

(Woody Allen, Manhattan)

 

 

Dicembre 1978

 

Remus era enormemente, immensamente, straordinariamente felice del fatto che quel giorno fosse finalmente arrivato.

Non tanto perché fosse contento per James e Lily, tuttavia, quanto per il fatto che non ne poteva davvero più.

Era stato un vero e proprio calvario, in cui lui era stato messo in mezzo, consultato, interpellato, assillato e torturato da chiunque. Da Sirius perché era stato scelto come testimone di James, e quindi era sovreccitato, ma anche teso e in ansia. Doveva scegliere il vestito, ma l’idea di essere troppo elegante non gli andava per niente giù; gli sembrava di tornare all’epoca degli abiti da cerimonia che i suoi genitori lo costringevano ad indossare per quelle pompose cene di famiglia. Quindi, Remus l’aveva pazientemente accompagnato a cercare qualcosa di adatto, sorbendosi tutta l’ipercriticità e la pignoleria di Sirius in materia di abbigliamento, cosa che lo rendeva quasi peggio di una donna.

Poi Peter era venuto da lui a sfogarsi un po’, perché ci era rimasto male. Sperava che James scegliesse lui come testimone, anche se sapeva benissimo che fosse scontata l’elezione di Sirius a tale ruolo; nonostante ciò si era, a suo dire, stupidamente illuso, e ora non sapeva come prenderla, perché avrebbe dovuto essere felice per James, ma nel contempo credeva di avergli sempre dimostrato la massima devozione e il più sentito attaccamento, e ora si sentiva non ricambiato in quel sentimento d’amicizia che forse, per James, non era poi così forte.

Remus, francamente, non sapeva che dirgli. Tra loro quattro, era sempre stata in vigore quella tacita regola: si comportavano come se fossero tutti uniti e alla pari ma, nel momento in cui c’era da scegliere, James avrebbe sempre preferito Sirius, e viceversa. Lui non l’aveva mai presa sul personale; era inutile, essendo il loro legame di fratellanza e di unione così evidente che sarebbe risultato ridicolo contestarlo o anche solo provare a minarlo. Non vi era motivo di farne una colpa a nessuno dei due, seppure magari, ogni tanto, quel pizzico di egoistico risentimento verso quelle preferenze così evidenti si faceva vivo anche in lui. Ma era una cosa totalmente momentanea e passeggera, che Remus con abilità sopprimeva e ignorava, non giudicandola degna d’attenzione. In fondo, non aveva di che lamentarsi: quando era arrivato a Hogwarts era totalmente convinto che neppure si sarebbe fatto degli amici, essendo già un enorme privilegio, per lui, la possibilità di frequentare la scuola di magia che Silente gli aveva concesso. Poi quei tre bizzarri individui, come li aveva definiti all’inizio, si erano intromessi a forza e senza permesso nella sua vita, facendo ciò che quasi nessun essere umano aveva mai fatto per lui: si erano preoccupati. Perché ogni tanto spariva, e finiva in infermeria. Perché era sempre così chiuso e non si confidava mai con nessuno. Perché avevano paura che qualcuno lo picchiasse, data la quantità di graffi, lividi e segni di morsi che a malapena riusciva a coprire. Ricordava bene quel Sirius dodicenne dall’aria imbronciata, che aveva minacciato di punire i suoi ipotetici aggressori con profonda convinzione, subito spalleggiato da un risoluto James e da un infervorato Peter. A furia di impicciarsi così tanto degli affari suoi, quei tre piccoli scapestrati avevano finito per instaurare con lui un legame così forte da risultare quasi assurdo a suoi occhi di undicenne e solitario Lupo Mannaro. Insomma, a Hogwarts Remus era stato doppiamente baciato dalla fortuna; di  conseguenza, non si riteneva nella posizione di esigere più di quanto già avesse inaspettatamente ricevuto.

Poi una sera, durante un turno di guardia, si era ritrovato a chiacchierare con Lily. Mancava ormai una settimana al matrimonio e lei, fino a quel momento, era sempre stata raggiante e sicura di sé. Tuttavia, quando si trovò faccia a faccia con lui, non ci volle molto perché cominciassero ad emergere le preoccupazioni.

“Remus, posso chiederlo a te perché sei una persona prudente, con la testa sulle spalle. Pensi che io stia facendo uno sbaglio?”

“Lily, e da quando tu non saresti una persona prudente e con la testa sulle spalle?”

“Da quando ho iniziato ad uscire con James, probabilmente”.

“Questo sarà meglio non dirglielo”.

“Già, si offenderebbe a morte…!”

“Sarebbe capace di tenerti il broncio anche sull’altare”.

“Te lo immagini? No, questa donna crudele ha offeso il mio orgoglio, non la sposo più!

“Non sarebbe mai capace di dirlo sul serio”.

“Sì, ma lo conosci. James non riflette, si lancia istintivamente nelle direzioni più entusiasmanti. Probabilmente è dotato di una fortuna sfacciata, dato che nella maggior parte dei casi gli va bene e non ha di che pentirsene a posteriori. Ma stavolta potrebbe farlo, per quanto mi è dato sapere”.

“Lily. Non vorrei sembrare esagerato, ma probabilmente James sta sognando questo giorno da quando ancora non era stato preso nella squadra di Quidditch di Grifondoro”.

“È che ancora non riesco a concepirlo pienamente, suppongo”.

“Sei troppo modesta, semplicemente. Per migliorare potresti prendere lezioni da Sirius, lui è indubbiamente un maestro in quel campo”.

“Grazie, Remus”.

“E di cosa?”

“È che, sai… con te non mi sono mai dovuta preoccupare più di tanto di sembrare più forte di quanto io sia in realtà”.

“Credo che nessuno di noi lo sia. Abbiamo tutti le nostre debolezze. C’è solo chi si sforza di più di nasconderle e chi di meno”.

“E credi che sia un bene nascondere queste debolezze?”

“Ti impedisce di essere giudicato solo per quelle”.

“Remus, io sono convinta che nessuna persona assennata e di buon cuore ti giudicherebbe soltanto per la tua licantropia”.

“Devo aver conosciuto davvero ben poche persone assennate e di buon cuore, allora. Silente, ad esempio. E poi Sirius, Peter, James… e tu. Non me ne vengono in mente altre”.

“E allora sono onorata di far parte di questa minoranza”.

Infine, la sera prima del matrimonio, Remus si era ritrovato a prendere parte ad una serata fra Malandrini nel nuovo appartamento di Sirius, in compagnia di alcune bottiglie di Firewhiskey, per brindare all’evento. La casa era cambiata molto dall’ultima volta che Remus vi aveva messo piede: Sirius l’aveva riempita con ogni cianfrusaglia possibile ed immaginabile, perfino un vecchio orologio a cucù non più funzionante che aveva chiesto in regalo a un vecchio Babbano della casa di fronte, il quale stava trasportando fuori l’ormai inutile suppellettile con l’intenzione di buttarlo in una discarica. Inoltre, un nuovo inquilino ora bazzicava l’appartamento: si trattava di un vecchio gatto, completamente nero eccetto che per la zampa posteriore sinistra e la punta della coda. Era un po’ malandato, gli mancava un pezzo d’orecchio e alle volte sembrava non possedere un grande equilibrio; Sirius l’aveva trovato un giorno in giardino alla ricerca di cibo, mentre tentava invano di agguantare qualche passero che si posava sul muretto di cinta. Padfoot si era lasciato impietosire e gli aveva lasciato qualche avanzo di carne. Il giorno dopo, il gatto si era presentato alla stessa ora a miagolare davanti alla porta-finestra che dava sul cortile. Una bella faccia tosta.

“Da quando l’ho fatto entrare in casa non si schioda dal divano, per Merlino. O, se lo fa, è per piazzarsi a dormire nella scatola delle scarpe. E appena rientro in casa fa le fusa, si struscia… un vero ruffiano”.

“Un po’ come te quando pregavi Moony di toglierci le punizioni”.

“Io non pregavo proprio nessuno!”

“Oh sì, invece, sembravi un condannato a morte che implora la grazia ad un passo dall’esecuzione”.

“Tu sei tutto scemo, Prongs. Non riesco ancora a capire come sia possibile che ti sposi”.

“Perché sono bello, Sirius, quante volte te lo devo ripetere?”

“Già, hai ragione, l’avevo scordato… Wormtail, vuoi fare una piccola scommessa con me? Secondo te quanto tempo dovrà passare prima che Lily lo uccida?”

“Dai, Padfoot, non succederà, Lily è innamorata di James!”

“Moony… tu sei d’accordo con lui?”

“In che senso?”

“Pensi che Lily non riuscirà a sopportarmi?”

“Sirius esagera e basta, come al solito. Lo sai. Non dirmi che ti fai suggestionare così!”

“No, no, certo, è solo… era soltanto una riflessione estemporanea. Fai finta che non abbia detto niente”.

“Sei preoccupato?”

“Ma no, è solo che… sì, va bene, sono preoccupato. Sarà un fiasco totale. Vero?”

“Questa tua paranoia non ha alcun fondamento logico, lo sai”.

“Non direi, l’ho delusa e schifata per sei anni su sette…”

“Ora però non è più così”.

“Già, magari ha preso solo una botta in testa troppo forte”.

“Domani sera a quest’ora verrai da me e mi guarderai in faccia, e se starai sorridendo felice perché tutto è andato bene mi riterrò autorizzato ad insultarti cordialmente, Prongs”.

“Uff, e va bene, ho capito. Starò zitto. Siete tutti invidiosi perché mi sposo prima di voi, dite la verità”.

“Basta che ci lasci un pezzo di torta e smetteremo di invidiarti!”

Finalmente, però, quell’accidenti di matrimonio era stato celebrato. Ora Remus poteva sperare di avere un po’ di pace.

Si pentì di scoprirsi così intollerante, ma in quel caso non poteva farne a meno. Apprezzava il fatto di essere visto come una persona saggia e posata, a cui chiedere consigli nei momenti di incertezza; tuttavia, in quel mesetto trascorso da quando Lily e James avevano deciso di sposarsi, era stato decisamente sovraccaricato.

Il guaio era che anche lui aveva i suoi pensieri per la testa, che però, a differenza di quelli degli altri, non trovavano uno sbocco esterno. Di rado riusciva a confidarsi con qualcuno in maniera seria e profonda. Questo, inevitabilmente, lo faceva sentire sbilanciato, sobbarcato del peso di altre quattro persone oltre al suo.

Ma ora, grazie a Godric, il giovane funzionario del Ministero dalla voce tremolante aveva terminato di officiare quel rito raccolto, quasi improvvisato, i cui invitati si potevano contare sulle dita delle mani.

Marlene era riuscita ad esserci, e così Gideon e Fabian. Dietro di loro stavano Frank, Alice, Benjy, Sturgis e Caradoc. Hagrid si era sistemato in fondo, per non coprire la visuale, e a lui si unì Dorcas, che arrivò leggermente in ritardo, appena concluso il suo turno di guardia all’Ordine. In prima fila si erano sistemati i genitori di James e Lily; il contrasto fra gli abiti da cerimonia babbani e quelli da mago era bizzarro, quasi divertente. Peter, invece, era seduto a fianco a lui e nonostante tutto era emozionato e commosso. Mary, l’amica di Lily, scattava le fotografie. L’aveva sentita sussurrare a Peter il suo odio profondo per le macchine fotomagiche; quelle babbane, a suo dire, erano molto più facili da usare, ma quando aveva proposto di adoperare una di quelle Sirius l’aveva guardata storto, commentando in maniera decisamente sarcastica l’inutilità di possedere fotografie non animate.

Ad ogni modo, Remus non poteva negare che l’intera cerimonia fosse stata oltremodo divertente.

Il pallore ansioso di James aveva raggiunto un biancore quasi cadaverico. Aveva rischiato più volte di inciampare sul tappeto e Remus aveva colto senza difficoltà le rapide occhiatacce che Lily gli aveva rifilato. Nel bel mezzo di un momento di silenzio Hagrid doveva essere scoppiato in lacrime, perché più o meno tutti avevano sentito Dorcas sbottare: “Che diamine, Hagrid, non piangere così, mi ci vorrebbe un ombrello per ripararmi! Non ti sei portato un fazzoletto?”. Infine, una volta concluso il rito, il padre di Lily si era alzato in piedi ad applaudire vigorosamente, dopodiché aveva esclamato: “Siete meravigliosi, bellissimi, non importa se non sei andato dal parrucchiere, ragazzo!”. James era diventato di un acceso rosso vergogna e per una volta si era straordinariamente astenuto dal replicare. Sirius, invece, aveva preso a sbellicarsi fragorosamente dalle risate, incurante delle occhiatacce di Mary. Lily si era coperta il volto con le mani, come se volesse sotterrarsi. Anche Peter si era lasciato trascinare dall’ilarità generale, segno del fatto che quel momento di delusione che aveva condiviso con lui era passato, per fortuna. Indubbiamente James ci teneva ad avere intorno persone felici, in quel giorno così importante. Perciò anche Remus aveva deciso di tenere i suoi crucci per sé.

Sullo spiazzo antistante l’edificio del Ministero color giallo limone in cui Lily e James si erano appena sposati, Mary insisté per mettere tutti in posa per alcune foto. Fin dall’inizio incontrò serie difficoltà nel far rientrare Hagrid nell’inquadratura dell’obiettivo. Remus rimase discretamente in disparte, ad osservare in silenzio: non amava le fotografie. Trovava di non riuscire a sorridere mai abbastanza. Un sacco di volte Sirius lo aveva rimproverato perché esibiva sempre “quella faccia da funerale, come se qualcuno stesse per picchiarti”. Dopodiché, in genere, gli lanciava una Fattura Solleticante finché Remus non crollava a terra in preda a risate lacrimanti.

Si accorse che aveva smesso di nevicare ed era uscito il sole. Qualche pallido raggio illuminava i volti di Lily e James, ma non ce ne sarebbe stato bisogno: splendevano già da soli. Remus sorrise fra sé. Aveva sempre saputo che sarebbe finita così: James non aveva mai desiderato altro in tutta la sua spensierata giovinezza e Lily, da quando aveva iniziato ad uscire con lui all’ultimo anno, non aveva mai dato segno di essersene pentita, nonostante i chiacchiericci della gente, le incomprensioni e le faticose riconciliazioni che, per forza di cose, nascevano dallo scontrarsi di due caratteri forti come i loro. Si godette quel riverbero istantaneo di felicità come se fosse suo; nella sua misera vita di licantropo non sarebbe mai giunto un giorno simile. Solo le persone normali potevano imparare ad amarsi senza farsi del male, e già non era facile neppure per loro.

“Ehi, ma… Remus John Lupin, vieni subito qui!” esclamò James a un certo punto, notando improvvisamente la sua assenza nel gruppetto che si accalcava davanti all’obiettivo di Mary. James fissò lo sguardo nel suo e gli fece un cenno con la testa, indignato; lui sorrise, si schermì e restò al suo posto. A quel punto, capì che forse avrebbe fatto meglio ad ubbidire subito all’amico. James, Sirius e Peter si guardarono nello stesso momento con aria complice, dopodiché si staccarono dal gruppo e corsero verso di lui. Remus, interdetto, non fece in tempo a scappare e venne agguantato di colpo da tre paia di braccia che lo sollevarono letteralmente di peso e lo trascinarono verso gli altri. Fu depositato alla sinistra di Lily, che gli mise un braccio intorno alle spalle sorridendogli radiosa; subito dopo Sirius si piazzò alla sua destra, bloccandolo in una morsa ferrea.

“Non pensare nemmeno per un momento di sfuggire al tuo destino”, gli sussurrò all’orecchio, con un ghigno sardonico. Remus rispose con un sorriso disincantato: il suo destino non era certo quello di prendere pienamente parte alla felicità completa e totalizzante che in quel momento pervadeva ciascuno dei suoi amici. Su di lui incombeva perennemente l’ombra del lupo.

“Lily, non monopolizzare Moony, ora lo voglio io!” esclamò James, dopo che la prima foto fu scattata. Remus venne bruscamente afferrato per un braccio e trascinato a fianco del novello sposo, mentre Peter sgusciava rapido di fianco a Lily.

Mentre si mettevano in posa, Sirius picchettò Remus sulla spalla per richiamare la sua attenzione.

“Un cervo come si deve dovrebbe avere un bel paio di corna”, gli sussurrò, con aria malignamente complice. Remus scosse la testa con un sorriso, ma poi, di fronte all’espressione perentoria di Sirius, decise di piegarsi al suo volere. Entrambi alzarono quindi di nascosto le mani dietro la testa di James che, ignaro di tutto, esibiva un sorriso a trentadue denti guancia a guancia con Lily. Mary non riuscì a trattenersi e scoppiò a ridere; fu così che nella fotografia venne immortalata prima la comparsa di due mani con le dita sollevate a cornificare un James tutto preso a sistemarsi la cravatta, poi la scoperta del perfido scherzo e l’assalto vendicativo dello sposo nei confronti dei due responsabili. In breve tempo tutti e tre si ritrovarono a terra, mentre Lily non sapeva se ridere o mettersi le mani nei capelli e Peter saltellava intorno a loro indeciso su quale parte difendere.

Insomma, più che un matrimonio fu uno spettacolo comico.

“Qualche malalingua aveva osato insinuare che il sottoscritto sarebbe giunto ad irretire a tal punto la qui presente fanciulla soltanto quando sarebbero piovute zucche dal cielo”, esordì più tardi James, sollevando il bicchiere già pronto per il brindisi del piccolo rinfresco, “ma come avete potuto constatare è bastato attendere la neve”.

Remus osservò Lily ridere e allungare un buffetto sulla spalla di James. Era raggiante come non l’aveva mai vista; anche James, ora che la parte del cerimoniale era terminata, aveva recuperato appieno la sua spavalderia verbale.

“Insomma, tutti quelli che avevano scommesso contro di me ora sono rovinati. Ora che ci penso, forse dovrei correre a nascondermi”, continuò James, divertito. Lily roteò gli occhi.

“Non tirare troppo la corda, Potter, o potrei decidere di pugnalarti”, replicò, avvicinandogli alla gola il coltello per la torta. Mary scattò verso di loro, entusiasta.

“Fermi così, è stupenda!” esclamò e prese ad armeggiare con la macchina fotografica. Remus sorrise. Ne sarebbe uscito un album del matrimonio decisamente unico nel suo genere, con pose di quel tipo.

“Prima che il tutto possa concludersi con voi due che andate a vivere insieme felici e contenti, ci terrei ad avvertire Lily di alcune cosette”, intervenne Sirius, improvvisamente. Remus sollevò un angolo della bocca in un’espressione scettica, non sapendo bene che cosa dovessero aspettarsi di sentire.

“Dunque, innanzitutto James russa. Più forte di me, sebbene si ostini a dire il contrario. Il caro Peter testimonierà in mio favore, dato che per ben sette anni a Hogwarts ha avuto l’onore di occupare il letto in mezzo ai nostri. E non stupirti se parla nel sonno, anche quello è perfettamente normale; una volta ho provato a rispondergli e il risultato è stato che abbiamo dialogato per una buona mezzora riguardo a un branco di unicorni impazziti che nel suo sogno continuavano a calpestargli il tema di Trasfigurazione. Continuava a dirmi ‘Sirius, portali a pascolare da un’altra parte!’

Tutti scoppiarono a ridere, ma Remus sapeva che il peggio doveva ancora venire.

“Seconda cosa: potrete comprare l’armadio più grande e spazioso del mondo, James non lo userà mai. Sostiene che se lascia i vestiti in giro li ritrova più facilmente. Quando si doveva preparare per qualche appuntamento con te, in particolare, il mio letto diventava il posto preferito di deposito per gli indumenti scartati”, continuò Sirius, rivolto a Lily. James cominciò a guardarlo male, facendogli segno che se esagerava l’avrebbe ucciso.

“E da ultimo, mi raccomando, se sei di fretta non cedergli mai il bagno. Resta sotto la doccia per circa due ore, probabilmente insaponandosi anche sotto le unghie, e anche quando ha finito sembra scordarsi che il resto del mondo esista. Probabilmente si incanta a rimirarsi davanti allo specchio, anche se non ho mai osato sbirciare per verificare che fosse proprio così”.

James fece cenno a Sirius che l’avrebbe sgozzato, passandosi l’indice teso sotto la gola.

“Black, sei morto”, gli disse, con teatralità. Sirius, in tutta risposta, esibì un sorrisetto beffardo.

“C’è Remus a difendermi”, obiettò, tirandolo per la manica di modo che finisse per frapporsi in mezzo a lui e Prongs. Il licantropo si sentì crescere dentro un leggero moto di stizza.

“Sei abbastanza grande da non aver più bisogno della mamma”, ribatté, rivolto a Sirius, in tono solo lievemente meno controllato del solito. James scoppiò sonoramente a ridere.

“Sappi che questa me la legherò al dito per i prossimi vent’anni, Moony”, gli sibilò Sirius all’orecchio, simulando un tono minaccioso. Senza scomporsi minimamente, Remus alzò in aria il suo bicchiere di Spumante Caramellato e tutti gli altri lo imitarono per il brindisi.

“A Lily e James… ovvero, a chi dei due riuscirà a sopravvivere alla loro futura vita coniugale. Le scommesse sono aperte”, sentenziò Sirius, teatralmente. Remus osservò i suoi ridenti occhi grigi chiudersi mentre buttava giù la bevanda tutto d’un fiato. Mille domande gli affiorarono alla mente, tutte ricollegate a lui, e fu solo allora che Remus si rese conto di quale fosse la fonte dei suoi crucci nell’ultimo periodo, il motivo per cui tanto gli era pesato sobbarcarsi delle confidenze degli altri senza poter confessare i propri pensieri.

Negli ultimi mesi, Sirius si era comportato in modo strano con lui.

Era diventato insolitamente appiccicoso. A cominciare da quando l’aveva praticamente costretto ad accompagnarlo in giro per Londra a scegliere un nuovo appartamento in cui trasferirsi. Più volte, in seguito, l’aveva cercato con insistenza, giungendo sempre ad un punto in cui sembrava volergli dire qualcosa; ma forse era solo una sua impressione, perché alla fine il tutto si risolveva con qualche battuta sarcastica o qualche frase fuori luogo delle sue. Forse sarebbe stato più semplice domandargli direttamente che cosa ci fosse che non andava, ma credeva di saperlo: James si stava allontanando verso una nuova vita con Lily e Sirius, di colpo, si stava sentendo mancare il terreno sotto i piedi. Non poteva arrabbiarsi o essere geloso di Lily perché James non gliene dava modo, come non lo aveva mai fatto. La scelta di andarsene da casa di Prongs per trasferirsi altrove era stata di Sirius: nessuno l’aveva costretto mettendolo alla porta con le valigie in mano. Inoltre, ora che James aveva deciso di sposarsi, aveva fatto di tutto per coinvolgere il suo migliore amico, eleggendolo immediatamente a suo testimone. Era corso a dirglielo praticamente pochi secondi dopo aver detto di sì a Lily. Non c’erano colpe imputabili al suo comportamento e Sirius lo sapeva bene; senza contare che, sopra ogni cosa, desiderava vederlo felice. Perché se James era triste, tutto il divertimento svaniva.

Tuttavia, Sirius era fatto così: aveva bisogno dell’attaccamento ad altre persone. Non era un solitario come Remus. Sirius doveva parlare, ridere, fare del sarcasmo, agire in maniera testarda, sfogarsi con qualcuno o su qualcuno. Doveva dare spettacolo, sentirsi apprezzato. Come in quel momento, con tutti gli occhi puntati su di lui, ad ascoltare le sue battute divertenti. E ora James, inevitabilmente, sarebbe venuto meno a quel ruolo, almeno in parte. Ma era giusto così, anche Remus lo sapeva: per quanto sembrasse ieri che erano usciti da Hogwarts, era giunta finalmente l’ora di crescere, di pensare a costruire qualcosa; una famiglia, magari. Forse qualcuno li avrebbe potuti giudicare troppo giovani, ma con la guerra a cui avevano scelto di prendere parte non potevano neppure essere sicuri di essere ancora vivi tra un anno. Non rischiare di avere rimpianti per non aver realizzato un desiderio importante diventava una sorta di priorità. Ma Sirius non aveva la testa per queste cose. Non era in grado di dare una famiglia a qualcun altro, in quel momento, perché una famiglia mancava prima di tutto a lui. Anche se James gliene aveva fornito un ottimo surrogato, accogliendolo in casa propria come un fratello quando era stato diseredato, Remus si rendeva conto che non era la stessa cosa e che forse quella perdita non sarebbe mai stata colmata.

Ma il punto, al di là di queste inutili elucubrazioni, era che Remus non voleva chiedere nessuna spiegazione a Sirius per il suo comportamento. Non voleva sentirsi dire che Sirius aveva paura di essere abbandonato da James e per questo cercava conforto presso di lui. Questo pensiero riapriva una vecchia ferita che aveva cercato di seppellire con numerosi e spesso inutili sforzi, ovvero la sensazione di sentirsi usare da Sirius. Come era accaduto qualche anno addietro, quando nei pensieri di Sirius, per quella notte, lui era stato soltanto la bestia feroce che avrebbe dovuto spaventare – e forse ferire, o peggio – Severus Piton. Soltanto per divertimento. Remus avrebbe voluto che ci fossero altre spiegazioni, più logiche, più sensate, più favorevoli per giustificare il comportamento di Sirius, ma semplicemente non ce n’erano.

Non voleva provare di nuovo quella sensazione. Per questo si era chiuso. Non del tutto, non avrebbe potuto. Era troppo nostalgico e non poteva non commuoversi al ricordo di quel ragazzino dodicenne dall’aria sprezzante che, con un luccichio vivace negli occhi grigi, gli aveva annunciato, insieme ad un James più basso e magrolino e ad un Peter dal viso più paffuto ed infantile, che sarebbero diventati Animagi per fargli compagnia durante le sue dolorose notti di luna piena. Così come non poteva scordare tutti gli altri momenti di felicità vissuti insieme. Remus aveva chiuso soltanto quella piccola porticina che stava molto, molto in fondo e che significava ‘fiducia incondizionata’. Non era tutto bianco o nero, per lui, come invece lo era per Sirius, che di sicuro non avrebbe potuto comprendere quella spiegazione e si sarebbe offeso a morte dicendo che questo voleva dire che non lo considerava più suo amico. Non era così, Sirius era ancora suo amico. L’aveva perdonato per quell’episodio, ma non riusciva a farlo del tutto per ciò che aveva significato nel profondo.

Venne infine il momento in cui i due sposi scelsero di congedarsi. Non c’era tempo per la luna di miele, ma James aveva promesso a Lily che, non appena la guerra sarebbe finita, sarebbero fuggiti insieme su un’isola semi-deserta del Mediterraneo a godersi il semplice calore dei raggi solari. Nel frattempo, l’avrebbe portata fino alla loro nuova casa a bordo del suo manico di scopa. Inutile dire che Lily ci aveva messo parecchio per farsi convincere ad acconsentire a una tale proposta. Era ben noto a tutti i frequentatori di Hogwarts dei loro anni in che razza di modo volasse James Potter e di sicuro non lo si poteva definire ‘affidabile’. Una volta il povero Peter, che non amava particolarmente librarsi a metri e metri di distanza da terra, si era lasciato persuadere a fare un giro con James, solo per provare; quando Prongs l’aveva finalmente lasciato scendere, era corso a nascondersi dietro a un albero per vomitare.

Nonostante ciò, la sera prima James aveva annunciato loro, con aria trionfalmente gongolante, che aveva convinto Lily a salire sulla scopa con lui per volare verso la loro nuova casa una volta conclusi i festeggiamenti. Era sicuro che sarebbe stato terribilmente romantico. Lily non sembrava essere dello stesso parere, ma si avvicinò comunque a salutarli con un sorriso.

“Ti farò sapere se sono sopravvissuta”, gli sussurrò, mentre lo abbracciava. Il contrasto fra il bianco del suo abito e il rosso cupo dei suoi capelli era incantevole.

“Ehi, Lily! Sai che una volta James è andato a farsi un volo clandestino nella Foresta Proibita ed è andato a sbattere contro un Centauro in corsa? Potrei giurare che aveva già quel manico di scopa…”

“Non è assolutamente vero, non ascoltare questo folle millantatore! Me la pagherai, Sirius!” intervenne James, già volteggiante per aria. Passò a fianco a Lily e la trascinò sulla scopa senza lasciarle il tempo di replicare.

“Arrivederci, messeri! Ci vedremo domani sera alla riunione dell’Ordine, se sarò ancora integro”.

“James, piantala di fare il buffone!”

“Sì, amore”.

“Lily, lanciaci i fiori!”

Il bouquet colpì in testa Fabian e venne prontamente afferrato da Gideon prima che toccasse terra.

“Ehi, fratellino, dammelo, l’ho toccato prima io!”

“Conta chi lo prende per primo, spiacente, Fabian”.

“Questo si chiama giocare sporco!”

“Ma andiamo, che te ne faresti di questo? Non c’è nessuna donna sana di mente che aspirerebbe a sposarti!”

“Sappi che se volevi offendere la mia bellezza hai insultato anche te stesso!”

Nel mentre, Lily e James si erano alzati in volo nel cielo in cui ormai splendeva il precoce tramonto delle giornate d’inverno. Remus non si accorse di essere rimasto fermo a fissare Sirius che si sbracciava, rideva e salutava per almeno cinque buoni minuti. Pensò che James ci aveva visto giusto a sceglierlo come testimone: Sirius si lamentava tanto del suo odio recondito per formalità e cerimoniali, ma in realtà, inconsciamente, vi si trovava a suo agio. Forse, paradossalmente, la cosa era dovuta proprio alla sua educazione infantile, che lui tanto detestava. Eppure non ci si può liberare facilmente da certi marchi, pensò Remus, sfiorandosi distrattamente la spalla sinistra nel punto in cui era stato morso da piccolo. Sirius risaltava inevitabilmente fra tutti loro, con quel suo impeccabile abito blu scuro, quel taglio di capelli fresco e quella risata contagiosa, onnipresente, ma per nulla sciocca o eccessiva. Non aveva tentennato un solo secondo, anzi, era stato lui ad allungare un silenzioso spintone a James perché tirasse su la schiena mentre camminava verso Lily, completamente irrigidito dalla tensione. Era stato l’anima della festa, aveva versato da bere e riserbato sguardi ammiccanti a chiunque. Ma Remus sapeva già che non gliel’avrebbe fatto notare; testardo com’era, Padfoot non avrebbe mai ammesso che qualcosa di positivo in lui potesse essere derivato da quella famiglia che tanto detestava. Non solo, probabilmente avrebbe anche finito per prendersela con lui per aver fatto quella stupida insinuazione. E avrebbero bisticciato, tanto per cambiare. Era meglio starsene zitti.

Senza che quasi se ne accorgesse, si ritrovò a guardarlo negli occhi: Sirius si era voltato impercettibilmente verso di lui, distogliendo lo sguardo dalla scopa volante che si allontanava. Non si preoccupava minimamente di metterlo in imbarazzo, fissandolo in modo così diretto ed intenso; Remus si sentì come inchiodato a terra da quello sguardo, incapace di sostenerlo.

“Beh, credo che andrò a casa, ragazzi”, disse loro Peter, con aria mesta. Remus capì che non era dell’umore migliore e gli dispiacque. Le cose non erano semplici per nessuno di loro, in quel momento.

“Non fare quel muso lungo, Pete”, lo apostrofò Sirius, raccogliendo un po’ di neve da terra e tirandogliela addosso.

“Dai, Padfoot, è l’unico vestito bello che ho!” protestò lui, fregandosi energicamente il punto in cui la palla di neve l’aveva colpito.

“È solo acqua, Wormtail… che ti prende?”

“Nulla, nulla… sono solo stanco, scusatemi. Me ne vado a casa”.

“Come vuoi, ci vediamo domani sera”.

Remus sospirò, accigliato. Si domandò se Peter non avesse ragione ad essere così depresso. In fondo, fin da quando la loro storia di guai e scorribande a scuola aveva avuto inizio, James era sempre stato il collante del gruppo; senza di lui, probabilmente, i Malandrini non sarebbero mai esistiti. Era lui che era riuscito ad unire fra loro persone così eterogenee, in virtù del suo buon cuore, della sua totale assenza di pregiudizi, del suo spirito di iniziativa e del suo senso di giustizia. Era lui che li aveva trascinati ad entrare nell’Ordine. Senza James, lui e Sirius avrebbero probabilmente litigato un’infinità di volte, passando più giorni a non rivolgersi la parola piuttosto che a conversare piacevolmente. Senza James, il piccolo Peter non avrebbe probabilmente mai trovato la forza di imbarcarsi in un’operazione così difficile come il diventare un Animagus, lui che fin dall’inizio si era convinto fermamente di essere una frana in Trasfigurazione.

Ma senza James, ora, sarebbe bastato quello che si era costruito negli anni di scuola?

Ora che non c’erano più motivi per continuare a restare lì, tutti presero a salutarsi e a prendere congedo per tornare verso casa. Hagrid aveva ancora gli occhi lucidi. Remus si strinse nelle spalle per celare un brivido e accennò un saluto. Lo attendeva un lungo e freddoloso viaggio verso casa ed era meglio per lui non perdere altro tempo.

Ma mentre si stava incamminando, si sentì strattonare per una manica. Si voltò e si trovò davanti Sirius, che lo fissava con un sorriso storto dipinto in viso, le palpebre pesanti e l’odore di alcol che gli aleggiava sulle labbra. Si domandò come fosse possibile che la sua figura risultasse superbamente dignitosa anche in quello stato; ne dedusse che doveva essere una questione di geni di famiglia.

“Fermati da me stasera”, gli disse in un soffio, con la più grande sfacciataggine del mondo. Remus, in tutta risposta, si limitò a fissarlo con aria perplessa.

“E dai, farai tardissimo a viaggiare con la scopa, guarda che ore sono. E potrebbe riprendere a nevicare da un momento all’altro. E non hai soldi per il Nottetempo. Non essere ridicolo, su”.

Il licantropo sospirò, rassegnato. Sapeva che non era per quel motivo che glielo stava chiedendo. La vera ragione era che James si era sposato, era andato a vivere con Lily e Sirius, in quel momento, non voleva sentire il vuoto che il suo migliore amico aveva inevitabilmente lasciato al suo fianco. Esigeva un rimpiazzo e lui era sicuramente il più gentile e il più disponibile. Quello che faceva poche domande, preferendo non impicciarsi. Quello che non voleva nulla in cambio. Ma aveva ragione, suo malgrado. Si era fatto buio, ma le nuvole incombevano ancora nel cielo di Londra. E non aveva in tasca che pochi Zellini, come al solito.

“Non protestare se mi alzo prima di mezzogiorno”, rispose, e Sirius esibì un sorriso trionfante. Poi gli cedettero le ginocchia e solo in quel momento Remus si accorse di quanto fosse ubriaco.  Non poté sottrarsi quando gli si appoggiò sulla spalla a peso morto, bofonchiando parole senza senso.

Scosse la testa e si Smaterializzò, trascinandolo con sé, fino al cancello di casa sua.

“Remus”.
“Hm?”

“Fa freddo”, bofonchiò Sirius, con la voce impastata, mentre Remus si sforzava di aprire la porta di casa e contemporaneamente sorreggere quella zucca vuota.

“È inverno, Sirius”, gli rispose, pacatamente, anche se sapeva che era inutile usare la logica con un giovane mago sbronzo.

“No, non fuori… fa freddo qui”, replicò Sirius, e puntò un indice diritto al cuore di Remus. Il licantropo lo fissò con aria interrogativa, non riuscendo a capire dove volesse arrivare.

“Sei freddo con me. È una cosa che non sopporto. Potresti smetterla, per piacere?”

“Va bene, la smetterò”, lo assecondò Remus, convenendo fra sé e sé che non era il caso di perdere tempo con quei deliri. Il mattino dopo, probabilmente, Sirius si sarebbe scordato di tutto. Forse aveva ragione, ma da quando perdeva tempo con qualcosa che non riguardasse James?

“Non ce la faccio a levarmi questo dannato vestito”, lo udì lamentarsi poco dopo, quando erano entrati e l’aveva depositato in camera sua, per poi fermarsi un momento in bagno a sciacquarsi il viso. Sospirò, si asciugò le mani e tornò nella stanza di Sirius. Lo trovò seduto sul letto, completamente ingarbugliato: non si era tolto le scarpe e quindi il pantalone vi si era abilmente intrappolato, dopodiché, probabilmente, aveva tentato di rimuovere la parte superiore, ottenendo di rimanere incastrato con la testa.

Remus non riuscì a trattenersi e scoppiò sonoramente a ridere.

“Non è divertente!” protestò Sirius, piccato. Gli si avvicinò e gli liberò la testa, poi si occupò del resto. Si disse che James avrebbe riso di lui e l’avrebbe chiamato mamma.

Improvvisamente, Remus smise di aiutare Sirius e si fermò a pensare. Era sempre stato così, anche quando erano ancora a scuola. Ad esempio quella volta che, a una partita di Quidditch di Grifondoro, si era levato un vento freddo e improvviso e Sirius aveva scordato il mantello in dormitorio, perciò, sentendolo tremare, gliene aveva gettato sulle spalle un lembo del suo. O quella volta che si era preso un pugno sul naso da un Serpeverde per impedire che colpissero lui. O ancora quando gli aveva suggerito la risposta durante Storia della Magia quell’unica, assurda ed indimenticabile volta in cui il professor Rüf aveva deciso di interrompere il suo noioso monologo per fare una domanda. Aveva sempre provato l’impulso di prendersi cura di Sirius, nonostante fosse ormai adulto e perfettamente in grado di cavarsela da solo, e non capiva assolutamente cosa fosse a spingerlo in tale direzione.

Forse, stupidamente, in fondo ci teneva ad essere lui a colmare quel vuoto lasciato da James.

 

 

So walk with me

On this new spring morning,

I'll walk you 'till your fears are none.

I'm a new baby weeping,

I'm the flower you're keeping

That without love will wilt and die.

I need your life in my life.

 

(Noah And The Whale, I Have Nothing)

 

 

 

Nota di fine capitolo: torno dopo tanto tempo ad aggiornare questa storia perché, nel caso in cui a qualcuno importasse, ho voluto prima cercare una soluzione adatta a risolvere un enorme grattacapo che la trama della fanfiction mi aveva sollevato nel corso della sua pianificazione. Non volevo commettere errori, perciò ho speso tutto questo tempo a documentarmi, formulare ipotesi, cancellare e ri-pianificare (un vero macello, insomma). Ora sono arrivata ad una conclusione, perciò mi sento libera di continuare senza crucci.

Altre piccole annotazioni:

-          - Non so se sia canon l’uso del termine “macchina fotomagica”; l’ho trovato in uso in una fra le mie fanfiction preferite (si chiama Destinati a diventare fantasmi) e ho deciso di prenderlo in prestito perché suonava decisamente bene, la trovo un “espressione da JKR”.

-          - Per l’idea della fotografia del matrimonio con la sposa che punta il coltello alla gola dello sposo, si ringraziano i miei genitori, che possiedono una foto identica nel loro album del matrimonio e da cui ho preso spunto.

-          - Quella su Peter resta una mia personalissima ed opinabile teoria, però ho voluto provare ad ideare una sorta di spiegazione per il suo tradimento ai danni di quelli che,  in ogni caso, erano i suoi migliori amici – in particolare James, che adorava e venerava. Escluderei che sia tutto imputabile alla vigliaccheria; Peter non solo è stato Smistato a Grifondoro, ma, nel portare avanti il suo tradimento, possiamo intuire che non si comporta da persona spaventata e messa alle strette, dato che riesce ad ingannare così bene tutti, da Silente a Sirius a James. Ergo ho supposto che, nel momento in cui Voldemort gli offre la possibilità di risparmiarlo in cambio del tradimento dei Potter, ci sia qualcos’altro, oltre la paura di morire, che spinge Peter a dire di sì. Sappiamo che gli è sempre piaciuto essere circondato e protetto da ‘amici potenti’, ma come mai tutt’a un tratto James e gli altri non gli vanno più bene? Così ho pensato che potesse esserci un motivo che spinge Peter ad allontanarsi dagli altri Malandrini, come ad esempio il vedersi preferire Sirius in tutto (scelto come testimone, come padrino di Harry eccetera) da parte della persona che gli stava più a cuore, ovvero James. Comunque, il tutto verrà approfondito in un futuro capitolo su Peter (sì, grande sforzo da parte mia visto l’odio per il personaggio, ma non dargli spazio non sarebbe corretto per la storia che ho in mente).


 

   
 
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