Capitolo 4
–
Il matrimonio
Senti, tu
sei la risposta di Dio a Giobbe: sai, avresti messo fine a tutte le
discussioni
tra loro. Dio avrebbe indicato te e detto: “Faccio tante cose
tremende, ma ne
so fare anche come questa, sai”. E Giobbe avrebbe detto:
“Okay, hai vinto”.
(Woody Allen, Manhattan)
Dicembre 1978
Remus
era enormemente,
immensamente, straordinariamente felice del fatto che quel giorno fosse
finalmente arrivato.
Non
tanto perché fosse contento
per James e Lily, tuttavia, quanto per il fatto che non ne poteva
davvero più.
Era
stato un vero e proprio
calvario, in cui lui era stato messo in mezzo, consultato,
interpellato,
assillato e torturato da chiunque. Da Sirius perché era
stato scelto come
testimone di James, e quindi era sovreccitato, ma anche teso e in
ansia. Doveva
scegliere il vestito, ma l’idea di essere troppo elegante non
gli andava per
niente giù; gli sembrava di tornare all’epoca
degli abiti da cerimonia che i
suoi genitori lo costringevano ad indossare per quelle pompose cene di
famiglia. Quindi, Remus l’aveva pazientemente accompagnato a
cercare qualcosa
di adatto, sorbendosi tutta l’ipercriticità e la
pignoleria di Sirius in
materia di abbigliamento, cosa che lo rendeva quasi peggio di una donna.
Poi
Peter era venuto da lui a
sfogarsi un po’, perché ci era rimasto male.
Sperava che James scegliesse lui
come testimone, anche se sapeva benissimo che fosse scontata
l’elezione di
Sirius a tale ruolo; nonostante ciò si era, a suo dire,
stupidamente illuso, e
ora non sapeva come prenderla, perché avrebbe dovuto essere
felice per James,
ma nel contempo credeva di avergli sempre dimostrato la massima
devozione e il
più sentito attaccamento, e ora si sentiva non ricambiato in
quel sentimento
d’amicizia che forse, per James, non era poi così
forte.
Remus,
francamente, non sapeva
che dirgli. Tra loro quattro, era sempre stata in vigore quella tacita
regola:
si comportavano come se fossero tutti uniti e alla pari ma, nel momento
in cui
c’era da scegliere, James avrebbe sempre preferito Sirius, e
viceversa. Lui non
l’aveva mai presa sul personale; era inutile, essendo il loro
legame di
fratellanza e di unione così evidente che sarebbe risultato
ridicolo contestarlo
o anche solo provare a minarlo. Non vi era motivo di farne una colpa a
nessuno
dei due, seppure magari, ogni tanto, quel pizzico di egoistico
risentimento
verso quelle preferenze così evidenti si faceva vivo anche
in lui. Ma era una
cosa totalmente momentanea e passeggera, che Remus con
abilità sopprimeva e
ignorava, non giudicandola degna d’attenzione. In fondo, non
aveva di che
lamentarsi: quando era arrivato a Hogwarts era totalmente convinto che
neppure
si sarebbe fatto degli amici, essendo già un enorme
privilegio, per lui, la
possibilità di frequentare la scuola di magia che Silente
gli aveva concesso.
Poi quei tre bizzarri individui,
come
li aveva definiti all’inizio, si erano intromessi a forza e
senza permesso
nella sua vita, facendo ciò che quasi nessun essere umano
aveva mai fatto per
lui: si erano preoccupati. Perché ogni tanto spariva, e
finiva in infermeria.
Perché era sempre così chiuso e non si confidava
mai con nessuno. Perché
avevano paura che qualcuno lo picchiasse, data la quantità
di graffi, lividi e
segni di morsi che a malapena riusciva a coprire. Ricordava bene quel
Sirius
dodicenne dall’aria imbronciata, che aveva minacciato di
punire i suoi
ipotetici aggressori con profonda convinzione, subito spalleggiato da
un
risoluto James e da un infervorato Peter. A furia di impicciarsi
così tanto
degli affari suoi, quei tre piccoli scapestrati avevano finito per
instaurare
con lui un legame così forte da risultare quasi assurdo a
suoi occhi di undicenne
e solitario Lupo Mannaro. Insomma, a Hogwarts Remus era stato
doppiamente
baciato dalla fortuna; di conseguenza,
non si riteneva nella posizione di esigere più di quanto
già avesse
inaspettatamente ricevuto.
Poi
una sera, durante un turno di
guardia, si era ritrovato a chiacchierare con Lily. Mancava ormai una
settimana
al matrimonio e lei, fino a quel momento, era sempre stata raggiante e
sicura
di sé. Tuttavia, quando si trovò faccia a faccia
con lui, non ci volle molto
perché cominciassero ad emergere le preoccupazioni.
“Remus, posso chiederlo a te
perché sei una
persona prudente, con la testa sulle spalle. Pensi che io stia facendo
uno
sbaglio?”
“Lily, e da quando tu non
saresti una persona prudente e con la testa sulle spalle?”
“Da quando ho iniziato ad uscire con
James,
probabilmente”.
“Questo sarà meglio non
dirglielo”.
“Già, si offenderebbe a morte…!”
“Sarebbe capace di tenerti il broncio
anche
sull’altare”.
“Te lo immagini? No, questa
donna crudele ha offeso il mio
orgoglio, non la sposo più!”
“Non sarebbe mai capace di dirlo sul
serio”.
“Sì, ma lo conosci. James non
riflette, si
lancia istintivamente nelle direzioni più entusiasmanti.
Probabilmente è dotato
di una fortuna sfacciata, dato che nella maggior parte dei casi gli va
bene e
non ha di che pentirsene a posteriori. Ma stavolta potrebbe farlo, per
quanto
mi è dato sapere”.
“Lily. Non vorrei sembrare esagerato, ma
probabilmente James sta sognando questo giorno da quando ancora non era
stato
preso nella squadra di Quidditch di Grifondoro”.
“È che ancora non riesco a
concepirlo
pienamente, suppongo”.
“Sei troppo modesta, semplicemente. Per
migliorare potresti prendere lezioni da Sirius, lui è
indubbiamente un maestro
in quel campo”.
“Grazie, Remus”.
“E di cosa?”
“È che, sai… con
te non mi sono mai dovuta
preoccupare più di tanto di sembrare più forte di
quanto io sia in realtà”.
“Credo che nessuno di noi lo sia. Abbiamo
tutti le nostre debolezze. C’è solo chi si sforza
di più di nasconderle e chi
di meno”.
“E credi che sia un bene nascondere
queste
debolezze?”
“Ti impedisce di essere giudicato solo
per
quelle”.
“Remus, io sono convinta che nessuna
persona
assennata e di buon cuore ti giudicherebbe soltanto per la tua
licantropia”.
“Devo aver conosciuto davvero ben poche
persone assennate e di buon cuore, allora. Silente, ad esempio. E poi
Sirius,
Peter, James… e tu. Non me ne vengono in mente
altre”.
“E allora sono onorata di far parte di
questa
minoranza”.
Infine,
la sera prima del
matrimonio, Remus si era ritrovato a prendere parte ad una serata fra
Malandrini nel nuovo appartamento di Sirius, in compagnia di alcune
bottiglie
di Firewhiskey, per brindare all’evento. La casa era cambiata
molto dall’ultima
volta che Remus vi aveva messo piede: Sirius l’aveva riempita
con ogni
cianfrusaglia possibile ed immaginabile, perfino un vecchio orologio a
cucù non
più funzionante che aveva chiesto in regalo a un vecchio
Babbano della casa di
fronte, il quale stava trasportando fuori l’ormai inutile
suppellettile con
l’intenzione di buttarlo in una discarica. Inoltre, un nuovo
inquilino ora
bazzicava l’appartamento: si trattava di un vecchio gatto,
completamente nero
eccetto che per la zampa posteriore sinistra e la punta della coda. Era
un po’
malandato, gli mancava un pezzo d’orecchio e alle volte
sembrava non possedere
un grande equilibrio; Sirius l’aveva trovato un giorno in
giardino alla ricerca
di cibo, mentre tentava invano di agguantare qualche passero che si
posava sul
muretto di cinta. Padfoot si era lasciato impietosire e gli aveva
lasciato qualche
avanzo di carne. Il giorno dopo, il gatto si era presentato alla stessa
ora a
miagolare davanti alla porta-finestra che dava sul cortile. Una bella
faccia
tosta.
“Da quando l’ho fatto entrare
in casa non si
schioda dal divano, per Merlino. O, se lo fa, è per
piazzarsi a dormire nella
scatola delle scarpe. E appena rientro in casa fa le fusa, si struscia… un
vero ruffiano”.
“Un po’ come te quando pregavi
Moony di
toglierci le punizioni”.
“Io non pregavo proprio
nessuno!”
“Oh sì, invece, sembravi un
condannato a
morte che implora la grazia ad un passo
dall’esecuzione”.
“Tu sei tutto scemo, Prongs. Non riesco
ancora a capire come sia possibile che ti sposi”.
“Perché sono bello, Sirius,
quante volte te
lo devo ripetere?”
“Già, hai ragione,
l’avevo scordato…
Wormtail, vuoi fare una piccola scommessa con me? Secondo te quanto
tempo dovrà
passare prima che Lily lo uccida?”
“Dai, Padfoot, non succederà,
Lily è
innamorata di James!”
“Moony… tu sei
d’accordo con lui?”
“In che senso?”
“Pensi che Lily non riuscirà a
sopportarmi?”
“Sirius esagera e basta, come al solito.
Lo
sai. Non dirmi che ti fai suggestionare così!”
“No, no, certo, è solo… era soltanto una
riflessione estemporanea. Fai finta che non abbia detto
niente”.
“Sei preoccupato?”
“Ma no, è solo che… sì, va bene, sono
preoccupato. Sarà un fiasco totale. Vero?”
“Questa tua paranoia non ha alcun
fondamento
logico, lo sai”.
“Non direi, l’ho delusa e
schifata per sei
anni su sette…”
“Ora però non è
più così”.
“Già, magari ha preso solo una
botta in testa
troppo forte”.
“Domani sera a quest’ora verrai
da me e mi
guarderai in faccia, e se starai sorridendo felice perché
tutto è andato bene
mi riterrò autorizzato ad insultarti cordialmente,
Prongs”.
“Uff, e va bene, ho capito.
Starò zitto.
Siete tutti invidiosi perché mi sposo prima di voi, dite la
verità”.
“Basta che ci lasci un pezzo di torta e
smetteremo di invidiarti!”
Finalmente,
però, quell’accidenti
di matrimonio era stato celebrato. Ora Remus poteva sperare di avere un
po’ di
pace.
Si
pentì di scoprirsi così
intollerante, ma in quel caso non poteva farne a meno. Apprezzava il
fatto di
essere visto come una persona saggia e posata, a cui chiedere consigli
nei
momenti di incertezza; tuttavia, in quel mesetto trascorso da quando
Lily e
James avevano deciso di sposarsi, era stato decisamente sovraccaricato.
Il
guaio era che anche lui aveva
i suoi pensieri per la testa, che però, a differenza di
quelli degli altri, non
trovavano uno sbocco esterno. Di rado riusciva a confidarsi con
qualcuno in
maniera seria e profonda. Questo, inevitabilmente, lo faceva sentire
sbilanciato, sobbarcato del peso di altre quattro persone oltre al suo.
Ma
ora, grazie a Godric, il
giovane funzionario del Ministero dalla voce tremolante aveva terminato
di
officiare quel rito raccolto, quasi improvvisato, i cui invitati si
potevano
contare sulle dita delle mani.
Marlene
era riuscita ad esserci,
e così Gideon e Fabian. Dietro di loro stavano Frank, Alice,
Benjy, Sturgis e
Caradoc. Hagrid si era sistemato in fondo, per non coprire la visuale,
e a lui
si unì Dorcas, che arrivò leggermente in ritardo,
appena concluso il suo turno
di guardia all’Ordine. In prima fila si erano sistemati i
genitori di James e
Lily; il contrasto fra gli abiti da cerimonia babbani e quelli da mago
era bizzarro,
quasi divertente. Peter, invece, era seduto a fianco a lui e
nonostante tutto
era emozionato e commosso. Mary, l’amica di Lily, scattava le
fotografie. L’aveva
sentita sussurrare a Peter il suo odio profondo per le macchine
fotomagiche;
quelle babbane, a suo dire, erano molto più facili da usare,
ma quando aveva
proposto di adoperare una di quelle Sirius l’aveva guardata
storto, commentando
in maniera decisamente sarcastica l’inutilità di
possedere fotografie non
animate.
Ad
ogni modo, Remus non poteva
negare che l’intera cerimonia fosse stata oltremodo
divertente.
Il
pallore ansioso di James aveva
raggiunto un biancore quasi cadaverico. Aveva rischiato più
volte di inciampare
sul tappeto e Remus aveva colto senza difficoltà le rapide
occhiatacce che
Lily gli aveva rifilato. Nel bel mezzo di un momento di silenzio Hagrid
doveva
essere scoppiato in lacrime, perché più o meno
tutti avevano sentito Dorcas
sbottare: “Che diamine, Hagrid, non piangere così,
mi ci vorrebbe un ombrello
per ripararmi! Non ti sei portato un fazzoletto?”. Infine,
una volta concluso
il rito, il padre di Lily si era alzato in piedi ad applaudire
vigorosamente,
dopodiché aveva esclamato: “Siete meravigliosi,
bellissimi, non importa se non
sei andato dal parrucchiere, ragazzo!”. James era diventato
di un acceso rosso
vergogna e per una volta si era straordinariamente astenuto dal
replicare. Sirius,
invece, aveva preso a sbellicarsi fragorosamente dalle risate,
incurante delle
occhiatacce di Mary. Lily si era coperta il volto con le mani, come se
volesse
sotterrarsi. Anche Peter si era lasciato trascinare
dall’ilarità generale,
segno del fatto che quel momento di delusione che aveva condiviso con
lui era
passato, per fortuna. Indubbiamente James ci teneva ad avere intorno
persone felici,
in quel giorno così importante. Perciò anche
Remus aveva deciso di tenere i
suoi crucci per sé.
Sullo
spiazzo antistante
l’edificio del Ministero color giallo limone in cui Lily e
James si erano
appena sposati, Mary insisté per mettere tutti in posa per
alcune foto. Fin
dall’inizio incontrò serie difficoltà
nel far rientrare Hagrid
nell’inquadratura dell’obiettivo. Remus rimase
discretamente in disparte, ad
osservare in silenzio: non amava le fotografie. Trovava di non riuscire
a
sorridere mai abbastanza. Un sacco di volte Sirius lo aveva
rimproverato perché
esibiva sempre “quella faccia da
funerale, come se qualcuno stesse per picchiarti”.
Dopodiché, in genere,
gli lanciava una Fattura Solleticante finché Remus non
crollava a terra in
preda a risate lacrimanti.
Si
accorse che aveva smesso di
nevicare ed era uscito il sole. Qualche pallido raggio illuminava i
volti di
Lily e James, ma non ce ne sarebbe stato bisogno: splendevano
già da soli.
Remus sorrise fra sé. Aveva sempre saputo che sarebbe finita
così: James non
aveva mai desiderato altro in tutta la sua spensierata giovinezza e
Lily, da
quando aveva iniziato ad uscire con lui all’ultimo anno, non
aveva mai dato
segno di essersene pentita, nonostante i chiacchiericci della gente, le
incomprensioni e le faticose riconciliazioni che, per forza di cose,
nascevano
dallo scontrarsi di due caratteri forti come i loro. Si godette quel
riverbero
istantaneo di felicità come se fosse suo; nella sua misera
vita di licantropo
non sarebbe mai giunto un giorno simile. Solo le persone normali
potevano
imparare ad amarsi senza farsi del male, e già non era
facile neppure per loro.
“Ehi,
ma… Remus John Lupin,
vieni subito qui!” esclamò James a un certo punto,
notando improvvisamente la
sua assenza nel gruppetto che si accalcava davanti
all’obiettivo di Mary. James
fissò lo sguardo nel suo e gli fece un cenno con la testa,
indignato; lui
sorrise, si schermì e restò al suo posto. A quel
punto, capì che forse avrebbe
fatto meglio ad ubbidire subito all’amico. James, Sirius e
Peter si guardarono
nello stesso momento con aria complice, dopodiché si
staccarono dal gruppo e corsero
verso di lui. Remus, interdetto, non fece in tempo a scappare e venne
agguantato di colpo da tre paia di braccia che lo sollevarono
letteralmente di
peso e lo trascinarono verso gli altri. Fu depositato alla sinistra di
Lily,
che gli mise un braccio intorno alle spalle sorridendogli radiosa;
subito dopo
Sirius si piazzò alla sua destra, bloccandolo in una morsa
ferrea.
“Non
pensare nemmeno per un
momento di sfuggire al tuo destino”, gli sussurrò
all’orecchio, con un ghigno
sardonico. Remus rispose con un sorriso disincantato: il suo destino
non era
certo quello di prendere pienamente parte alla felicità
completa e totalizzante
che in quel momento pervadeva ciascuno dei suoi amici. Su di lui
incombeva
perennemente l’ombra del lupo.
“Lily,
non monopolizzare Moony,
ora lo voglio io!” esclamò James, dopo che la
prima foto fu scattata. Remus
venne bruscamente afferrato per un braccio e trascinato a fianco del
novello
sposo, mentre Peter sgusciava rapido di fianco a Lily.
Mentre
si mettevano in posa,
Sirius picchettò Remus sulla spalla per richiamare la sua
attenzione.
“Un
cervo come si deve dovrebbe
avere un bel paio di corna”, gli sussurrò, con
aria malignamente complice.
Remus scosse la testa con un sorriso, ma poi, di fronte
all’espressione
perentoria di Sirius, decise di piegarsi al suo volere. Entrambi
alzarono
quindi di nascosto le mani dietro la testa di James che, ignaro di
tutto,
esibiva un sorriso a trentadue denti guancia a guancia con Lily. Mary
non
riuscì a trattenersi e scoppiò a ridere; fu
così che nella fotografia venne
immortalata prima la comparsa di due mani con le dita sollevate a
cornificare
un James tutto preso a sistemarsi la cravatta, poi la scoperta del
perfido
scherzo e l’assalto vendicativo dello sposo nei confronti dei
due responsabili.
In breve tempo tutti e tre si ritrovarono a terra, mentre Lily non
sapeva se
ridere o mettersi le mani nei capelli e Peter saltellava intorno a loro
indeciso su quale parte difendere.
Insomma,
più che un matrimonio fu
uno spettacolo comico.
“Qualche
malalingua aveva osato
insinuare che il sottoscritto sarebbe giunto ad irretire a tal punto la
qui
presente fanciulla soltanto quando sarebbero piovute zucche dal
cielo”, esordì più
tardi James, sollevando il bicchiere già pronto per il
brindisi del piccolo
rinfresco, “ma come avete potuto constatare è
bastato attendere la neve”.
Remus
osservò Lily ridere e
allungare un buffetto sulla spalla di James. Era raggiante come non
l’aveva mai
vista; anche James, ora che la parte del cerimoniale era terminata,
aveva
recuperato appieno la sua spavalderia verbale.
“Insomma,
tutti quelli che
avevano scommesso contro di me ora sono rovinati. Ora che ci penso,
forse
dovrei correre a nascondermi”, continuò James,
divertito. Lily roteò gli occhi.
“Non
tirare troppo la corda,
Potter, o potrei decidere di pugnalarti”, replicò,
avvicinandogli alla gola il
coltello per la torta. Mary scattò verso di loro, entusiasta.
“Fermi
così, è stupenda!”
esclamò e prese ad armeggiare con la macchina fotografica.
Remus sorrise. Ne
sarebbe uscito un album del matrimonio decisamente unico nel suo
genere, con
pose di quel tipo.
“Prima
che il tutto possa
concludersi con voi due che andate a vivere insieme felici e contenti,
ci
terrei ad avvertire Lily di alcune cosette”, intervenne
Sirius, improvvisamente.
Remus sollevò un angolo della bocca in
un’espressione scettica, non sapendo
bene che cosa dovessero aspettarsi di sentire.
“Dunque,
innanzitutto James
russa. Più forte di me, sebbene si ostini a dire il
contrario. Il caro Peter
testimonierà in mio favore, dato che per ben sette anni a
Hogwarts ha avuto
l’onore di occupare il letto in mezzo ai nostri. E non
stupirti se parla nel
sonno, anche quello è perfettamente normale; una volta ho
provato a
rispondergli e il risultato è stato che abbiamo dialogato
per una buona
mezzora riguardo a un branco di unicorni impazziti che nel suo sogno
continuavano a calpestargli il tema di Trasfigurazione. Continuava a
dirmi ‘Sirius, portali a pascolare
da un’altra
parte!’”
Tutti
scoppiarono a ridere, ma
Remus sapeva che il peggio doveva ancora venire.
“Seconda
cosa: potrete comprare
l’armadio più grande e spazioso del mondo, James
non lo userà mai. Sostiene che
se lascia i vestiti in giro li ritrova più facilmente.
Quando si doveva
preparare per qualche appuntamento con te, in particolare, il mio letto
diventava il posto preferito di deposito per gli indumenti
scartati”, continuò
Sirius, rivolto a Lily. James cominciò a guardarlo male,
facendogli segno che
se esagerava l’avrebbe ucciso.
“E
da ultimo, mi raccomando, se
sei di fretta non cedergli mai il
bagno. Resta sotto la doccia per circa due ore, probabilmente
insaponandosi
anche sotto le unghie, e anche quando ha finito sembra scordarsi che il
resto
del mondo esista. Probabilmente si incanta a rimirarsi davanti allo
specchio,
anche se non ho mai osato sbirciare per verificare che fosse proprio
così”.
James
fece cenno a Sirius che
l’avrebbe sgozzato, passandosi l’indice teso sotto
la gola.
“Black,
sei morto”, gli disse,
con teatralità. Sirius, in tutta risposta, esibì
un sorrisetto beffardo.
“C’è
Remus a difendermi”,
obiettò, tirandolo per la manica di modo che finisse per
frapporsi in mezzo a
lui e Prongs. Il licantropo si sentì crescere dentro un
leggero moto di stizza.
“Sei
abbastanza grande da non
aver più bisogno della mamma”, ribatté,
rivolto a Sirius, in tono solo
lievemente meno controllato del solito. James scoppiò
sonoramente a ridere.
“Sappi
che questa me la legherò
al dito per i prossimi vent’anni, Moony”, gli
sibilò Sirius all’orecchio,
simulando un tono minaccioso. Senza scomporsi minimamente, Remus
alzò in aria
il suo bicchiere di Spumante Caramellato e tutti gli altri lo imitarono
per il
brindisi.
“A
Lily e James… ovvero, a chi
dei due riuscirà a sopravvivere alla loro futura vita
coniugale. Le scommesse
sono aperte”, sentenziò Sirius, teatralmente.
Remus osservò i suoi ridenti
occhi grigi chiudersi mentre buttava giù la bevanda tutto
d’un fiato. Mille
domande gli affiorarono alla mente, tutte ricollegate a lui, e fu solo
allora
che Remus si rese conto di quale fosse la fonte dei suoi crucci
nell’ultimo
periodo, il motivo per cui tanto gli era pesato sobbarcarsi delle
confidenze
degli altri senza poter confessare i propri pensieri.
Negli
ultimi mesi, Sirius si era
comportato in modo strano con lui.
Era
diventato insolitamente
appiccicoso. A cominciare da quando l’aveva praticamente
costretto ad
accompagnarlo in giro per Londra a scegliere un nuovo appartamento in
cui
trasferirsi. Più volte, in seguito, l’aveva
cercato con insistenza, giungendo
sempre ad un punto in cui sembrava volergli dire qualcosa; ma forse era
solo
una sua impressione, perché alla fine il tutto si risolveva
con qualche battuta
sarcastica o qualche frase fuori luogo delle sue. Forse sarebbe stato
più
semplice domandargli direttamente che cosa ci fosse che non andava, ma
credeva
di saperlo: James si stava allontanando verso una nuova vita con Lily e
Sirius,
di colpo, si stava sentendo mancare il terreno sotto i piedi. Non
poteva
arrabbiarsi o essere geloso di Lily perché James non gliene
dava modo, come non
lo aveva mai fatto. La scelta di andarsene da casa di Prongs per
trasferirsi
altrove era stata di Sirius: nessuno l’aveva costretto
mettendolo alla porta
con le valigie in mano. Inoltre, ora che James aveva deciso di
sposarsi, aveva
fatto di tutto per coinvolgere il suo migliore amico, eleggendolo
immediatamente a suo testimone. Era corso a dirglielo praticamente
pochi
secondi dopo aver detto di sì a Lily. Non c’erano
colpe imputabili al suo
comportamento e Sirius lo sapeva bene; senza contare che, sopra ogni
cosa,
desiderava vederlo felice. Perché se James era triste, tutto
il divertimento
svaniva.
Tuttavia,
Sirius era fatto così:
aveva bisogno dell’attaccamento ad altre persone. Non era un
solitario come
Remus. Sirius doveva parlare, ridere, fare del sarcasmo, agire in
maniera
testarda, sfogarsi con qualcuno o su qualcuno. Doveva dare spettacolo,
sentirsi
apprezzato. Come in quel momento, con tutti gli occhi puntati su di
lui, ad
ascoltare le sue battute divertenti. E ora James, inevitabilmente,
sarebbe
venuto meno a quel ruolo, almeno in parte. Ma era giusto
così, anche Remus lo
sapeva: per quanto sembrasse ieri che erano usciti da Hogwarts, era
giunta finalmente
l’ora di crescere, di pensare a costruire qualcosa; una
famiglia, magari. Forse
qualcuno li avrebbe potuti giudicare troppo giovani, ma con la guerra a
cui
avevano scelto di prendere parte non potevano neppure essere sicuri di
essere
ancora vivi tra un anno. Non rischiare di avere rimpianti per non aver
realizzato un desiderio importante diventava una sorta di
priorità. Ma Sirius
non aveva la testa per queste cose. Non era in grado di dare una
famiglia a
qualcun altro, in quel momento, perché una famiglia mancava
prima di tutto a
lui. Anche se James gliene aveva fornito un ottimo surrogato,
accogliendolo in
casa propria come un fratello quando era stato diseredato, Remus si
rendeva
conto che non era la stessa cosa e che forse quella perdita non
sarebbe mai
stata colmata.
Ma
il punto, al di là di queste
inutili elucubrazioni, era che Remus non voleva chiedere nessuna
spiegazione a
Sirius per il suo comportamento. Non voleva sentirsi dire che Sirius
aveva
paura di essere abbandonato da James e per questo cercava conforto
presso di
lui. Questo pensiero riapriva una vecchia ferita che aveva cercato di
seppellire con numerosi e spesso inutili sforzi, ovvero la sensazione
di
sentirsi usare da Sirius. Come era
accaduto qualche anno addietro, quando nei pensieri di Sirius, per
quella
notte, lui era stato soltanto la bestia feroce che avrebbe dovuto
spaventare –
e forse ferire, o peggio – Severus Piton. Soltanto per
divertimento. Remus
avrebbe voluto che ci fossero altre spiegazioni, più
logiche, più sensate, più
favorevoli per giustificare il comportamento di Sirius, ma
semplicemente non ce
n’erano.
Non
voleva provare di nuovo
quella sensazione. Per questo si era chiuso. Non del tutto, non avrebbe
potuto.
Era troppo nostalgico e non poteva non commuoversi al ricordo di quel
ragazzino
dodicenne dall’aria sprezzante che, con un luccichio vivace
negli occhi grigi,
gli aveva annunciato, insieme ad un James più basso e
magrolino e ad un Peter
dal viso più paffuto ed infantile, che sarebbero diventati
Animagi per fargli
compagnia durante le sue dolorose notti di luna piena. Così come non poteva scordare tutti gli altri
momenti di felicità
vissuti insieme. Remus aveva chiuso soltanto quella piccola porticina
che stava
molto, molto in fondo e che significava ‘fiducia
incondizionata’. Non era tutto
bianco o nero, per lui, come invece lo era per Sirius, che di sicuro
non
avrebbe potuto comprendere quella spiegazione e si sarebbe offeso a
morte
dicendo che questo voleva dire che non lo considerava più
suo amico. Non era
così, Sirius era ancora suo amico. L’aveva
perdonato per quell’episodio, ma non
riusciva a farlo del tutto per ciò che aveva significato nel
profondo.
Venne
infine il momento in cui i
due sposi scelsero di congedarsi. Non c’era tempo per la luna
di miele, ma
James aveva promesso a Lily che, non appena la guerra sarebbe finita,
sarebbero fuggiti insieme su un’isola semi-deserta del Mediterraneo a godersi
il semplice calore
dei raggi solari. Nel frattempo, l’avrebbe portata fino alla
loro nuova casa a
bordo del suo manico di scopa. Inutile dire che Lily ci aveva messo
parecchio
per farsi convincere ad acconsentire a una tale proposta. Era ben noto
a tutti
i frequentatori di Hogwarts dei loro anni in che razza di modo volasse
James
Potter e di sicuro non lo si poteva definire
‘affidabile’. Una volta il povero
Peter, che non amava particolarmente librarsi a metri e metri di distanza da terra, si era lasciato persuadere
a fare
un giro con James, solo per provare; quando Prongs l’aveva finalmente lasciato scendere, era
corso a nascondersi dietro a un albero per vomitare.
Nonostante
ciò, la sera prima
James aveva annunciato loro, con aria trionfalmente gongolante, che
aveva
convinto Lily a salire sulla scopa con lui per volare verso la loro
nuova casa
una volta conclusi i festeggiamenti. Era sicuro che sarebbe stato
terribilmente
romantico. Lily non sembrava essere dello stesso parere, ma si
avvicinò
comunque a salutarli con un sorriso.
“Ti
farò sapere se sono
sopravvissuta”, gli sussurrò, mentre lo
abbracciava. Il contrasto fra il bianco
del suo abito e il rosso cupo dei suoi capelli era incantevole.
“Ehi,
Lily! Sai che una volta
James è andato a farsi un volo clandestino nella Foresta
Proibita ed è andato a
sbattere contro un Centauro in corsa? Potrei giurare che aveva
già quel manico
di scopa…”
“Non
è assolutamente vero, non
ascoltare questo folle millantatore! Me la pagherai, Sirius!”
intervenne James,
già volteggiante per aria. Passò a fianco a Lily
e la trascinò sulla scopa
senza lasciarle il tempo di replicare.
“Arrivederci,
messeri! Ci vedremo
domani sera alla riunione dell’Ordine, se sarò
ancora integro”.
“James,
piantala di fare il
buffone!”
“Sì,
amore”.
“Lily,
lanciaci i fiori!”
Il
bouquet colpì in testa Fabian
e venne prontamente afferrato da Gideon prima che toccasse terra.
“Ehi,
fratellino, dammelo, l’ho
toccato prima io!”
“Conta
chi lo prende per primo,
spiacente, Fabian”.
“Questo
si chiama giocare
sporco!”
“Ma
andiamo, che te ne faresti di
questo? Non c’è nessuna donna sana di mente che
aspirerebbe a sposarti!”
“Sappi
che se volevi offendere la
mia bellezza hai insultato anche te stesso!”
Nel
mentre, Lily e James si erano
alzati in volo nel cielo in cui ormai splendeva il precoce tramonto
delle
giornate d’inverno. Remus non si accorse di essere rimasto
fermo a fissare
Sirius che si sbracciava, rideva e salutava per almeno cinque buoni
minuti. Pensò
che James ci aveva visto giusto a sceglierlo come testimone: Sirius si
lamentava tanto del suo odio recondito per formalità e
cerimoniali, ma in
realtà, inconsciamente, vi si trovava a suo agio. Forse,
paradossalmente, la
cosa era dovuta proprio alla sua educazione infantile, che lui tanto
detestava.
Eppure non ci si può liberare facilmente da certi marchi,
pensò Remus,
sfiorandosi distrattamente la spalla sinistra nel punto in cui era
stato morso
da piccolo. Sirius risaltava inevitabilmente fra tutti loro, con quel
suo
impeccabile abito blu scuro, quel taglio di capelli fresco e quella
risata
contagiosa, onnipresente, ma per nulla sciocca o eccessiva. Non aveva
tentennato un solo secondo, anzi, era stato lui ad allungare un
silenzioso
spintone a James perché tirasse su la schiena mentre
camminava verso Lily,
completamente irrigidito dalla tensione. Era stato l’anima
della festa, aveva
versato da bere e riserbato sguardi ammiccanti a chiunque. Ma Remus
sapeva già
che non gliel’avrebbe fatto notare; testardo
com’era, Padfoot non avrebbe mai
ammesso che qualcosa di positivo in lui potesse essere derivato da
quella famiglia
che tanto detestava. Non solo, probabilmente avrebbe anche finito per
prendersela con lui per aver fatto quella stupida insinuazione. E
avrebbero
bisticciato, tanto per cambiare. Era meglio starsene zitti.
Senza
che quasi se ne accorgesse,
si ritrovò a guardarlo negli occhi: Sirius si era voltato
impercettibilmente
verso di lui, distogliendo lo sguardo dalla scopa volante che si
allontanava.
Non si preoccupava minimamente di metterlo in imbarazzo, fissandolo in
modo
così diretto ed intenso; Remus si sentì come
inchiodato a terra da quello
sguardo, incapace di sostenerlo.
“Beh,
credo che andrò a casa,
ragazzi”, disse loro Peter, con aria mesta. Remus
capì che non era dell’umore
migliore e gli dispiacque. Le cose non erano semplici per nessuno di
loro, in
quel momento.
“Non
fare quel muso lungo, Pete”,
lo apostrofò Sirius, raccogliendo un po’ di neve
da terra e tirandogliela
addosso.
“Dai,
Padfoot, è l’unico vestito
bello che ho!” protestò lui, fregandosi
energicamente il punto in cui la palla
di neve l’aveva colpito.
“È
solo acqua, Wormtail… che ti
prende?”
“Nulla,
nulla… sono solo stanco,
scusatemi. Me ne vado a casa”.
“Come
vuoi, ci vediamo domani
sera”.
Remus
sospirò, accigliato. Si
domandò se Peter non avesse ragione ad essere
così depresso. In fondo, fin da
quando la loro storia di guai e scorribande a scuola aveva avuto
inizio, James
era sempre stato il collante del gruppo; senza di lui, probabilmente, i
Malandrini non sarebbero mai esistiti. Era lui che era riuscito ad
unire fra
loro persone così eterogenee, in virtù del suo
buon cuore, della sua totale
assenza di pregiudizi, del suo spirito di iniziativa e del suo senso di
giustizia. Era lui che li aveva trascinati ad entrare
nell’Ordine. Senza James,
lui e Sirius avrebbero probabilmente litigato
un’infinità di volte, passando
più giorni a non rivolgersi la parola piuttosto che a
conversare piacevolmente.
Senza James, il piccolo Peter non avrebbe probabilmente mai trovato la
forza di
imbarcarsi in un’operazione così difficile come il
diventare un Animagus, lui
che fin dall’inizio si era convinto fermamente di essere una
frana in
Trasfigurazione.
Ma
senza James, ora, sarebbe
bastato quello che si era costruito negli anni di scuola?
Ora
che non c’erano più motivi
per continuare a restare lì, tutti presero a salutarsi e a
prendere congedo per
tornare verso casa. Hagrid aveva ancora gli occhi lucidi. Remus si
strinse
nelle spalle per celare un brivido e accennò un saluto. Lo
attendeva un lungo e
freddoloso viaggio verso casa ed era meglio per lui non perdere altro
tempo.
Ma
mentre si stava incamminando,
si sentì strattonare per una manica. Si voltò e
si trovò davanti Sirius, che lo
fissava con un sorriso storto dipinto in viso, le palpebre pesanti e
l’odore di
alcol che gli aleggiava sulle labbra. Si domandò come fosse
possibile che la
sua figura risultasse superbamente dignitosa anche in quello stato; ne
dedusse
che doveva essere una questione di geni di famiglia.
“Fermati
da me stasera”, gli
disse in un soffio, con la più grande sfacciataggine del
mondo. Remus, in tutta
risposta, si limitò a fissarlo con aria perplessa.
“E
dai, farai tardissimo a
viaggiare con la scopa, guarda che ore sono. E potrebbe riprendere a
nevicare
da un momento all’altro. E non hai soldi per il Nottetempo.
Non essere ridicolo,
su”.
Il
licantropo sospirò,
rassegnato. Sapeva che non era per quel motivo che glielo stava
chiedendo. La
vera ragione era che James si era sposato, era andato a vivere con Lily
e
Sirius, in quel momento, non voleva sentire il vuoto che il suo
migliore amico
aveva inevitabilmente lasciato al suo fianco. Esigeva un rimpiazzo e
lui era
sicuramente il più gentile e il più disponibile.
Quello che faceva poche
domande, preferendo non impicciarsi. Quello che non voleva nulla in
cambio. Ma
aveva ragione, suo malgrado. Si era fatto buio, ma le nuvole
incombevano ancora
nel cielo di Londra. E non aveva in tasca che pochi Zellini, come al
solito.
“Non
protestare se mi alzo prima
di mezzogiorno”, rispose, e Sirius esibì un
sorriso trionfante. Poi gli
cedettero le ginocchia e solo in quel momento Remus si accorse di
quanto fosse
ubriaco. Non
poté sottrarsi quando gli
si appoggiò sulla spalla a peso morto, bofonchiando parole
senza senso.
Scosse
la testa e si
Smaterializzò, trascinandolo con sé, fino al
cancello di casa sua.
“Remus”.
“Hm?”
“Fa
freddo”, bofonchiò Sirius,
con la voce impastata, mentre Remus si sforzava di aprire la porta di
casa e
contemporaneamente sorreggere quella zucca vuota.
“È
inverno, Sirius”, gli rispose,
pacatamente, anche se sapeva che era inutile usare la logica con un
giovane
mago sbronzo.
“No,
non fuori… fa freddo qui”,
replicò Sirius, e puntò un indice diritto al
cuore di Remus. Il licantropo lo
fissò con aria interrogativa, non riuscendo a capire dove
volesse arrivare.
“Sei
freddo con me. È una cosa
che non sopporto. Potresti smetterla, per piacere?”
“Va
bene, la smetterò”, lo
assecondò Remus, convenendo fra sé e
sé che non era il caso di perdere tempo
con quei deliri. Il mattino dopo, probabilmente, Sirius si sarebbe
scordato di
tutto. Forse aveva ragione, ma da quando perdeva tempo con
qualcosa che
non riguardasse James?
“Non
ce la faccio a levarmi
questo dannato vestito”, lo udì lamentarsi poco
dopo, quando erano entrati e
l’aveva depositato in camera sua, per poi fermarsi un momento
in bagno a sciacquarsi
il viso. Sospirò, si asciugò le mani e
tornò nella stanza di Sirius. Lo trovò
seduto sul letto, completamente ingarbugliato: non si era tolto le
scarpe e
quindi il pantalone vi si era abilmente intrappolato,
dopodiché, probabilmente,
aveva tentato di rimuovere la parte superiore, ottenendo di rimanere
incastrato
con la testa.
Remus
non riuscì a trattenersi e
scoppiò sonoramente a ridere.
“Non
è divertente!” protestò
Sirius, piccato. Gli si avvicinò e gli liberò la
testa, poi si occupò del
resto. Si disse che James avrebbe riso di lui e l’avrebbe
chiamato mamma.
Improvvisamente,
Remus smise di
aiutare Sirius e si fermò a pensare. Era sempre stato
così, anche quando erano
ancora a scuola. Ad esempio quella volta che, a una partita di
Quidditch di
Grifondoro, si era levato un vento freddo e improvviso e Sirius aveva
scordato
il mantello in dormitorio, perciò, sentendolo tremare,
gliene aveva gettato
sulle spalle un lembo del suo. O quella volta che si era preso un pugno
sul
naso da un Serpeverde per impedire che colpissero lui. O ancora quando
gli
aveva suggerito la risposta durante Storia della Magia
quell’unica, assurda ed
indimenticabile volta in cui il professor Rüf aveva
deciso di interrompere il suo noioso monologo per fare una domanda.
Aveva
sempre provato l’impulso di prendersi cura di Sirius,
nonostante fosse ormai
adulto e perfettamente in grado di cavarsela da solo, e non capiva
assolutamente cosa fosse a spingerlo in tale direzione.
Forse,
stupidamente, in fondo ci
teneva ad essere lui a colmare quel vuoto lasciato da James.
So walk
with me
On this
new spring morning,
I'll walk
you 'till your fears are none.
I'm a new
baby weeping,
I'm the
flower you're keeping
That
without love will wilt and die.
I need
your life in my life.
(Noah And The Whale, I Have
Nothing)
Nota di fine capitolo: torno dopo tanto
tempo ad aggiornare questa
storia perché, nel caso in cui a qualcuno importasse, ho
voluto prima cercare
una soluzione adatta a risolvere un enorme grattacapo che la trama
della fanfiction
mi aveva sollevato nel corso della sua pianificazione. Non volevo
commettere
errori, perciò ho speso tutto questo tempo a documentarmi,
formulare ipotesi,
cancellare e ri-pianificare (un vero macello, insomma). Ora sono
arrivata ad
una conclusione, perciò mi sento libera di continuare senza
crucci.
Altre
piccole annotazioni:
-
- Non so se
sia canon l’uso del termine “macchina
fotomagica”; l’ho trovato in uso in una
fra le mie fanfiction preferite (si chiama Destinati
a diventare fantasmi) e ho deciso di prenderlo in prestito
perché suonava
decisamente bene, la trovo un “espressione da JKR”.
-
- Per l’idea
della fotografia del matrimonio con la sposa che punta il coltello alla
gola
dello sposo, si ringraziano i miei genitori, che possiedono una foto
identica
nel loro album del matrimonio e da cui ho preso spunto.
-
- Quella su
Peter resta una mia personalissima ed opinabile teoria, però
ho voluto provare
ad ideare una sorta di spiegazione per il suo tradimento ai danni di
quelli che, in ogni
caso, erano i suoi migliori amici –
in particolare James, che adorava e venerava. Escluderei che sia tutto
imputabile alla vigliaccheria; Peter non solo è stato
Smistato a Grifondoro,
ma, nel portare avanti il suo tradimento, possiamo intuire che non si
comporta
da persona spaventata e messa alle strette, dato che riesce ad
ingannare così
bene tutti, da Silente a Sirius a James. Ergo ho supposto che, nel
momento in
cui Voldemort gli offre la possibilità di risparmiarlo in
cambio del tradimento
dei Potter, ci sia qualcos’altro, oltre la paura di morire,
che spinge Peter a
dire di sì. Sappiamo che gli è sempre piaciuto
essere circondato e protetto da
‘amici potenti’, ma come mai tutt’a un
tratto James e gli altri non gli vanno
più bene? Così ho pensato che potesse esserci un
motivo che spinge Peter ad
allontanarsi dagli altri Malandrini, come ad esempio il vedersi
preferire
Sirius in tutto (scelto come testimone, come padrino di Harry eccetera)
da
parte della persona che gli stava più a cuore, ovvero James.
Comunque, il tutto
verrà approfondito in un futuro capitolo su Peter
(sì, grande sforzo da parte
mia visto l’odio per il personaggio, ma non dargli spazio non
sarebbe corretto
per la storia che ho in mente).