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Autore: alister_    10/04/2011    13 recensioni
E' dura essere una giovane scrittrice in erba, se il tuo editore ti obbliga a scrivere qualcosa che venda. Specie se quel ''qualcosa che venda'' è una sdolcinata e banale storia d'amore che non hai alcuna intenzione di scrivere. E soprattutto se sei una single incallita e inacidita del tutto incapace di portare a termine un compito simile.
Come si può porre rimedio ad una totale inesperienza in campo amoroso? Tra esperimenti fallimentari, idoli delle teenager e film di qualità scadente, romanzetti rosa e tentativi di vita sociale si snoda la storia della scrittrice più cinica e nevrotica di tutti i tempi!
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Se c'è una situazione che mi mette sempre a disagio, è il non sapere se devo salutare una persona oppure no. E' così bello quando per strada vedo una faccia conosciuta, che a sua volta mi vede, mi saluta, io la saluto, e finisce lì. Adoro le cose semplici.

 

Invece, mi logora l'incertezza di trovarmi praticamente di fronte a qualcuno che conosco e che ho notato da una ventina di minuti buona, ma che non sembra aver visto me. E così non saluto, ovviamente. E il mio sguardo vaga vacuo, pronto a cogliere un segnale di riconoscimento, non so, un movimento delle sopracciglia, un lampo nello sguardo, in modo che la mia manina si possa alzare a mimare candidamente un gesto di saluto degno di una bambina dell'asilo che venga ricambiato da un dignitosissimo ciao – segnale che, prontamente, non arriva. Proprio come in questo momento.

 

Cerco di sembrare concentrata sulla scelta della pizza, mentre in realtà i miei occhi si alternano tra la pagina del menù e l'animata conversazione che sta avendo luogo oltre la spalla destra del mio beneamato collega. Lui, ovviamente, sta parlando a macchinetta di... Non ne ho idea. E non perchè sono troppo concentrata sull'avvocato, ma semplicemente perchè il mio cervello si è spento nel momento stesso in cui ha esordito con qualcosa del tipo: -Ah, il successo! Ha i suoi pro e i suoi contro...-, ed ha cominciato a sblaterare a ruota libera. Ignorare il brusio che produce sta diventando piuttosto facile.

 

Lo vedo chiudere finalmente la bocca. Seguo la direzione del suo sguardo ebete e vedo che nel frattempo è ricomparsa dal nulla la cameriera priva di neuroni.

 

-Pizze?-, chiede con un sorriso accattivante.

 

Ecco. Ovviamente del menù non ho letto neppure una riga, troppo presa dai miei due compiti della serata: capire se l'avvocato mi ha vista e isolarmi dai rumori prodotti dallo scrittorucolo. Mi toccherà andare sul classico. Peccato, di solito mi piace provare pizze esotiche.

 

-Una prosciutto e fughi-, dico, dopo che il mio amabile collega ha tirato fuori una Serenata alla luna che sembra più il titolo di uno dei suoi romanzetti di serie Z che il nome di una pizza. Siamo sicuri che non sia lui il proprietario di questa pizzeria?

 

-Mi spiace, non c'è-.

 

La guardo perplessa. Ho chiesto una prosciutto e funghi, la più banale delle pizze. Hanno una Serenata alla luna e non una semplicissima prosciutto e funghi?

 

-Ma può prendere una...- la cameriera senza cervello lancia uno sguardo all'aggeggio tecnologico che usa al posto di un caro vecchio block-notes, -Anima dei boschi-.

 

-Anima dei boschi?-, le faccio eco.

 

E dopo il successo di “Serenata alla luna” ecco il nuovo capitolo della trilogia fantasy più amata: “Anima dei boschi”, presto nelle migliori librerie.

 

-Cosa ci sarebbe?-, chiedo, a metà tra il rassegnato e il diffidente.

 

-Pomodoro, mozzarella, prosciutto e fughi-, recita a memoria Miss Senza Cervello, e io la fisso.

 

-Una prosciutto e funghi, quindi-, dico, e cerco di parlare piano per farle capire bene il concetto.

 

Lei scuote la testa, facendo ondeggiare la lunga coda di cavallo.

 

-No. C'è anche la mozzarella-.

 

Oddio. Non ha zero neuroni. E' almeno a quota meno dieci.

 

-E il pomodoro-.

 

Non sembra cogliere la mia ironia.

 

-Sì-, dice, un po' spaesata.

 

Sento il mio collega sogghignare, e sospiro. Non ho voglia di dare nell'occhio e farmi notare dall'avvocato come la rompicoglioni di turno, perciò lascio perdere e ordino una fantomatica anima dei boschi, rassegnata.

 

Bevendo un sorso di coca-cola per cercare di dimenticare lo sconforto che mi provoca sempre trattare con persone dal cervello più piccolo di un acino d'uva, mi assicuro che l'avvocato e i suoi commensali non abbiano notato il penoso siparietto di cui mi sono appena resa involontariamente protagonista. La voce dello scrittorucolo mi fa sobbalzare:

 

-Perchè non lo saluti?-

 

I miei occhi si allontanano subito dalla cravatta allentata dell'avvocato per fissarsi sull'abbronzatura fasulla del mio pseudo-collega. Gli rivolgo un'occhiata interrogativa, e lui scuote la testa, con un sorrisetto.

 

Per un istante ho il sentore che stia per fare qualcosa che non deve fare, ma non ho il tempo di tradurre il mio pensiero in un timore concreto: non sono neanche passati neppure cinque secondi, infatti, che lascia cadere con molta nonchalance il tovagliolo per terra.

 

Mentre ancora non capisco che diavolo stia facendo – del resto sono sempre stata cosciente del fatto che non brilla certo per intelligenza, perciò certi comportamenti non mi allarmano più di tanto – si china a raccoglierlo, e urta la seggiola della donna bionda seduta al tavolo dell'avvocato.

 

-Oh, mi scusi tanto!-, dice, in un scintillio di falsità melliflua. E, ovviamente, ci troviamo gli occhi

di tutti e tre gli occupanti del tavolo affianco addosso.

 

Eccola. Quella luce che cercavo goffamente nello sguardo dell'avvocato si è accesa. Mi lancia un'occhiata vivace, mentre ancora mastica uno degli ultimi bocconi della sua pizza.

 

-Ciao-, dico, con una voce così stupida che quasi potrebbe fare a gara con quella della cameriera.

 

-Chi si rivede-, risponde lui con un sorriso, dopo aver finito di masticare come un vero gentleman. -Tutto bene?-

 

-Oh, sì, grazie-. La mia bocca articola risposte insensate senza ricevere stimoli dal cervello. Con un tono di voce che diventa sempre più idiota. Suppongo che anche la mia faccia abbia un'espressione alcuna stupida.

 

Lui sorride ancora.

 

-Mi fa piacere-, dice. Poi mi strizza l'occhio e torna a immergersi in una fitta conversazione con la donna bionda e il tizio anziano.

 

Mi ricordo di dover respirare. Ho l'adrenalina alle stelle e sono più agitata che prima del mio esame di maturità. Cazzo.

 

-Ci voleva tanto?-

 

Satana sorride a trentadue denti (finti) e io lo guardo, sconvolta.

 

Un momento. Mi sta prendendo per il culo?

 

-Eh, non hai molta dimestichezza con gli uomini. Del resto di può facilmente immaginare-.

 

Sì, mi sta decisamente prendendo per il culo, il bastardo.

 

Prima che possa chiedergli da cosa trae queste conclusioni affrettate (anche se veritiere, ma questo non lo saprà mai), ricomincia a sproloquiare, con un:-Dove eravamo rimasti?- che mi fa ricadere in coma profondo.

 


 

Mi risveglio dal mio torpore intellettivo – dopo una breve pausa in cui ho articolato un grazie alquanto smorto alla cameriera che ci ha portato le pizze dai nomi fantasy – quando mi accorgo che Mister Logorroico ha smesso di parlare. Mi ha forse fatto una domanda?

 

-Uhm?-, gli chiedo, con la bocca piena. Devo ammettere che questa pizza, nonostante le premesse, non è affatto male.

 

Lui mi risponde a bassa voce, senza quasi muovere le labbra, che tiene congelate in un sorriso da manifesto elettorale.

 

-Ho detto: vai in bagno-.

 

Inarco le sopracciglia. Ora pretende di sapere anche quando devo andare alla toilette?

 

-Non mi scappa-, rispondo.

 

La sua paralisi facciale si accentua, mentre ripete: -Vai in bagno-. E accompagna la frase ad un lievissimo gesto in direzione del tavolo dietro di lui.

 

Proprio non riesco a trovare il nesso tra il cesso e l'avvocato, ma quando lui sgrana gli occhi e mi indica con lo sguardo la porta dei servizi, proprio accanto alla cassa, cedo e mi alzo, solo perchè non ho più voglia di vedere la sua faccia – già normalmente odiosa – contratta in una paralisi da botulino. Chissà, magari è tanto vanitoso da farsi persino fare delle iniezioni anti-età come quelle cinquantenni col complesso del tempo che fugge.

 

In bagno mi tocca aspettare che la mamma di turno finisca di insegnare a usare il water alla figlioletta alta un metro scarso.

 

Entro, faccio il poco che devo fare, tiro lo sciacquone, mi lavo le mani, perdo due minuti ad asciugarle con quella specie di phon gigante che non asciuga mai niente, ed esco. E allora capisco due cose sullo scrittorucolo: primo, deve avere un udito piuttosto ben sviluppato; e, secondo, forse non è così stupido come pensavo.

 

A due passi da me, intento ad armeggiare col portafoglio di pelle nera, l'avvocato paga il conto, mentre la donna bionda si infila una giacchetta scura e l'altro tizio insiste per partecipare al pagamento. Mi vede subito e – ommiodio – si avvicina di quel metro che basta a trovarsi di fronte a me. E la mia bocca comincia ad aprirsi da sola:

 

-Ci incontriamo sempre in pizzeria, eh?-, dico. Maledizione, che cazzo di voce!

 

-Già. E' la mia scappatoia per rendere le serate di lavoro piacevoli-, risponde. Ecco, lui sì che ha una bella voce. Calda, bassa, tranquilla: infonde serenità.

 

-Oh-. Ma oh cosa, deficiente?! -Quindi, ehm, cena di lavoro?-

 

Quindi, ehm, la donna bionda non è la tua fidanzata o roba simile, vero?

 

-Già-, si avvicina un poco e aggiunge, con tono confidenziale: -L'ennesimo divorzio che occupa le mie giornate a tempo pieno. Le richieste delle mogli si fanno sempre più insoddisfabili-.

 

Mi ci vuole un secondo per ricordarmi che è un avvocato, e, quindi, evidentemente deve assistere una cliente che vuole divorziare, non deve divorziare lui. Accidente, sto diventando quasi brillante come Laura la cameriera scema. Un momento, perchè mi ricordo il suo nome?

 

-E tu? Cena di piacere?-, mi chiede dopo un secondo, e mi sembra di scorgere una nota di esitazione nella sua domanda.

 

Oddio, non penserà che...?

 

-Oh no, no, no!-, mi affretto a smentire quell'ipotesi che neppure ho il coraggio di formulare. -Lavoro anch'io, per così dire-, dico.

 

E cala un silenzio imbarazzante. Ecco, in questi momenti vorrei sprofondare. Sotterrarmi. Teletrasportarmi nella lontana galassia Ketu . Qualsiasi cosa, insomma, pur di evitare questi secondi interminabili in cui non riesco a far altro che sforzarmi di pensare a qualcosa da dire, senza riuscire, ovviamente, a trovare qualcosa da dire. E non dico qualcosa di intelligente. Intendo qualcosa e basta. Anche una cazzata.

 

Tempo scaduto.

 

-Ora devo andare-, dice lui, e accenna alla donna bionda che già si sta accendendo una sigaretta fuori dalla porta della pizzeria.

 

-Certo-. Forza, trova qualcosa da dire. Qualcosa, qualcosa... -Salutami i miei vecchi compagni di classe!-

 

Eh?! Oddio, no! Cos'ho detto! Non voglio che nessuno abbia notizie di me! E se si scopre che ero a cena con l'autore de “L'amore di noi due”?! La mia vita è finita!

 

-Lo farò domani stesso!-, mi risponde con un sorriso. -A presto-, aggiunge, e mi torna quello stupido batticuore da dodicenne che mi congela i neuroni.

 

Lo saluto anch'io. Imponendomi di non restare a fissarlo mentre esce dal locale, mi giro e torno al mio tavolo. Mi sento un po' confusa, a dirla tutta.

 

Lo scrittore mi accoglie con un sorriso più smagliante del solito.

 

-Allora?-, dice, con fare ammiccante.

 

-Allora niente-, lo stronco io, sedendomi. -Cazzi miei-.

 

Lui sbuffa.

 

-Dovresti mostrarmi un po' di gratitudine. Ti faccio da Cupido stasera-.

 

-Ma fammi il piacere...-

 

Alza gli occhi al cielo, con un sorrisetto rassegnato, e torna a mangiare la sua pizza.

 

-Almeno stammi a sentire, quando parlo-.

 

Sì, non è poi così idiota, in fondo.

 


 

-Che vuol dire che sei venuta in autobus?!-, mi chiede ad occhi sgranati.

 

Sospiro.

 

-Che sono venuta in autobus-, ripeto per l'ennesima volta. -Sai, quella cosa per cui devi timbrare il biglietto, con le maniglie e i sedili sporchi, e tante vecchiette che si spingono agitando borse della spesa. Sì, lo so che è un mezzo di trasporto troppo plebeo per te e la tua Mercedes-.

 

Lato positivo della serata: passare quasi tre ore in compagnia di quest'individuo mi ha fatto passare oltre la fase in cui si deve essere gentili e cortesi con le persone che si sono appena conosciute. Ora posso manifestare tutto il mio disprezzo per lui usando il mio miglior sarcasmo. Che goduria.

 

-E intendi prendere un autobus a quest'ora?!-

 

Che c'è, Principessa, hai paura che incontri dei brutti ceffi? Credi davvero che qualche malintenzionato possa avvicinarsi ad una persona con un'espressione scazzata come la mia? E poi non sono neanche le undici, per l'amor del cielo.

 

-Certo, confidando che ce ne siano. Il servizio è piuttosto scadente dopo le dieci di sera-.

 

-Assolutamente no-, dice lui, risoluto, e indica la sua Mercedes, scintillante quasi quando i suoi denti. -Ti do un passaggio-.

 

-Ma fammi il piacere, non devo fare neanche tanta strada...-, provo a dissuaderlo, con il tono di una maestra che spiega all'alunno che no, non esiste Goku, né i Sayan in generale, né i bastoni allungabili. Oddio, quest'ultima è fraintendibile. Oddio, cosa vado a pensare.

 

-Appunto. Dai, forza, non vuoi salire su una vera macchina?-

 

Ma deve gasarsi per qualsiasi cosa dica? Il suo sorriso compiaciuto mi dà a dir poco sui nervi, ma il nostro esser fermi sul marciapiede a discutere sta cominciando a dare nell'occhio, e devo ammettere che un passaggio a casa non mi dispiace, quindi decido di dargliela vinta e mi avvio alla macchina senza dire niente, per non dargli troppa soddisfazione.

 

In fondo cinque minuti in più in sua compagnia non sono poi così terribili a fronte di due ore. Soprattutto considerando che nell'ultima metà della cena mi sono dovuta sforzare di starlo a sentire e di rispondergli con cenni del capo e ah-ha vari, dato che si è accorto che la mia testa parte per la tangente non appena apre bocca.

 

Devo ammettere che questa macchina è davvero splendida. Dentro è enorme, e i sedili sono comodissimi. Riesco a stendere tutta la gamba, tanto c'è spazio. Per non parlare di tutte le lucine e i pulsanti che fanno sembrare quest'auto più simile ad un'astronave. E – un momento – quello schermetto sarebbe la tv? Che ingiustizia. Quest'individuo ha troppi soldi. E pensare che fa il mio stesso mestiere, solo che lo fa peggio. Molto peggio.

 

-Allora, dove ci dirigiamo?-, mi chiede, mettendo in moto.

 

Mi mordo il labbro: chissà perchè rivelargli il mio indirizzo mi sembra un errore fatale. Ma non ho altra scelta, dato che ormai sono salita in macchina e mi sono pure allacciata la cintura.

 

Mentre a malincuore articolo il nome della mia via, mi viene in mente un interrogativo di capitale importanza al quale ancora non ho trovato risposta: perchè diavolo ha voluto invitarmi a cena?

 

Glielo chiedo. Mi aspetto l'avvio dell'ennesimo sproloquio senza capo né coda che mi accompagnerà di qui a casa, e invece mi stupisce. Sorride, e per la prima volta il suo sorriso ha un che di normale, e dice: -Oh, finalmente la fatidica domanda!-

 

Scatta il semaforo rosso, e la macchina si ferma dietro una Micra che spara musica house.

 

-Be'?-, lo incalzo, inarcando le sopracciglia. Lui approfitta del semaforo per girare a guardami: è la prima volta che ci guardiamo davvero, negli occhi, e noto solo ora che il suo viso, sotto lo strato di abbronzatura, è piuttosto giovane. Neppure so quanti anni ha, a pensarci bene.

 

Si accende il verde.

 

-Volevo smontare i tuoi pregiudizi-, risponde, inserendo la prima e tornando a guardare la strada.

 

I miei pregiudizi?

 

-Ma tu non mi hai riservato tanta attenzione, perciò ho deciso di rimandare alla prossima volta-.

 

-Prossima volta?-, articolano le mie labbra, sotto shock.

 

Il suo sorriso si allarga.

 

-Proprio così. Mi devi due ore di attenzione. Ora so anche dove abiti, quindi non puoi sfuggirmi-.

 

Ecco. Lo sapevo che dovevo prendere l'autobus. Mai, mai e poi mai dare l'indirizzo ad un stalker.

 

Perchè commetto sempre gli stessi errori? Prima il mio editore, e adesso lui. Ho firmato la mia condanna a morte.

 

Però questa cosa dei pregiudizi mi lascia perplessa. Io avrei dei pregiudizi? Non è affatto vero! Sono la persona con meno pregiudizi del mondo. Cosa diavolo dovrei pensare di uno che scrive un libro che si chiama “L'amore di noi due”? Traggo soltanto le mie naturali conclusioni, rafforzate dalla macchina da milionario, dall'abbronzatura farlocca, dal rolex di dimensioni spropositate... Insomma, penso quello che mi fa pensare lui. E' forse questo il suo gioco?

 

Persa nelle mie congetture, mi accorgo che nel frattempo siamo arrivati all'imboccatura della mia via. E la cosa più strana è che abbiamo percorso il tragitto pizzeria-casa nel più assoluto silenzio.

 

Ferma la macchina.

 

-Nel frattempo, vorrei cominciare a smontare i tuoi pregiudizi così-, dice, serio, e allunga una mano nella mia direzione. Oddio, che sta facendo?

 

Prima che possa slacciarmi la cintura e scappare a gambe levate, apre il cassetto del cruscotto, e ne tira fuori un plico di fogli pinzati alla bella e meglio. Me lo porge, e io lo guardo con aria critica: l'intestazione recita il suo nome e il titolo Antropomorfo.

 

-Il mio nuovo romanzo. Quello fantasy-, spiega, strizzandomi un occhio.

 

Sono stranita. Non so bene cosa rispondergli, né come comportarmi: mi aspettavo di tutto tranne questo.

 

-Ci terrei ad avere un tuo parere-, aggiunge, accrescendo il mio disagio.

 

-Sono una scrittrice, non un editor-, cerco di togliermi d'impaccio.

 

Ma lui non molla, e continua a porgermi il manoscritto.

 

-Appunto-.

 

Non riesco a sostenere il suo sguardo fisso sul mio viso – l'ho già detto che non mi piace che mi si scruti – e vederlo così serio e quasi umano mi fa accapponare la pelle, così, con un sospiro rassegnato, prendo il plico di fogli.

 

In cosa diavolo mi sto cacciando?

 

 

 

 

 

 

 

 

Comunicazioni di servizio molto importanti!

1. IL LOGO: come ho già detto nell'edit dello scorso capitolo, è opera della straordinaria Lucya, che si è offerta volontaria e, in brevissimo tempo, è riuscita a trasformare un mio "ma sì, fai una cosa semplice" in quello che vedete!

(A proposito, la stanghetta cuoriciosa non è troppo carina?? *-*)

2. FACEBOOK: mi sono creata un profilo pubblico, dove c'è persino scritto 'scrittore' XDD, interamente dedicata alle mie storie e fan fiction. La aggiorno di frequente con news, extra eccetera, quindi se vi fa piacere far salire i miei fan da quota 14 a quota 15, siete i benvenuti, e potreste ricavarci anche qualche extra (allettante, eh? XDD)

3. SPAM (a me medesima xD): ho appena pubblicato il primo capitolo della storia scritta per il contest "Vampires ain't gentle" indetto da LeftEye, e ci terrei davvero tanto tanto tanto tanto che andaste a dare un'occhiata. Il nome del contest e il fatto che mi conosciate vi fanno capire che non è la solita storia Twilight, e, davvero, tengo molto ai personaggi che ho presentato... 

<3

 



 

   
 
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