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Autore: Rory Gilmore    12/04/2011    7 recensioni
Rimasero così, stretti, a godersi tutte le sensazioni che le rivelazioni di quella sera avevano portato nel loro cuore.
Per la prima volta consapevoli di essere tra le braccia della persona giusta.
Ma nel momento sbagliato.
[Frerard]
Genere: Commedia, Poesia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Frank/Gerard
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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                                                          CHAPTER TWO


                                                                                             Teenagers


                   

                                                                     «Insegnami a scordarmi di pensare.» (W. Shakespeare) 



«Mikey com'è la risposta quattro?»
«E' la B»
«E la-»
«Iero! Way! Che state facendo?»
«Ehm...professoressa, noi...»
Mikey era rosso dalla vergogna, come tutte le volte che l'insegnante lo sgridava, e cioè tutte le volte che il suo migliore amico lo metteva nei casini.
«Lascia fare a me, Mikey. Professoressa, ci stavamo solo consultando sul risultato, poichè, vede, come diceva il grande filosofo Socrate, il vero sapiente è colui che sa di non sapere e di conseguenza, io ammetto di non sapere due delle risposte del compito in classe e quindi stavo chiedendo al mio amico, che invece, erroneamente, pensa di saperle, quelle domande a cui io non so rispondere, per metterlo alla prova e farlo rendere conto della sua illusione di sapere tutto.»
Frank, invece, come tutte le volte, riuscì a cavarsela, lasciando alla professoressa una sorta di dubbio su come potesse, quel ragazzino di appena tredici anni, avere la capacità di rigirarsela come voleva. Facendo quasi sentire lei stessa un'emerita idiota.
«Oh, okay. Ma non fatevi più beccare. Mi sono spiegata?»
I due ragazzi annuirono. 
Un minuto dopo suonò la campanella che segnava la ricreazione. 
«Io mi chiedo ancora come diavolo fai, Frankie» 
«A fare cosa?» 
Sapeva benissimo a cosa si riferiva l'amico, ma egocentrico com'era, gli piaceva sentirsi elogiare per la sua retorica impeccabile. 
«Dai che lo sai, e non ho intenzione di ripeterlo. E comunque se stavolta ci avessero mandati dal preside, glielo avresti raccontato tu a mia madre!»
«Tua madre mi adora, Mikey, avrebbe sicuramente trovato il modo per incolpare te, alla fine.» 
Accompagnò le sue parole con un occhiolino all'amico.
Mikey annuì, pensando che, in fondo, era proprio vero.

 
                                                                                             *****


Gerard fischiettava felice, camminando tra le stradine di Belleville.
Era riuscito a prendere la patente, finalmente.
Non aveva aspettato altro che i sedici anni per potersi iscrivere a scuola guida, ed ora che aveva tra le mani quel rettangolo di carta plastificata, si sentiva invincibile.
«Mamma, sono a casa!»
Non era andato a scuola solo per fare quell'esame. E ovviamente la madre si era arrabbiata con lui, per questo.
«Ah, eccoti»
«Quanto entusiasmo! E dai mamma, ho preso la patente!»
Lei lo guardò: il suo bambino-che bambino non era più- stava diventando grande, e doveva rassegnarsi all'evidenza.
«Oh Gee. Dai, abbracciami cucciolo. Sono contenta. Beh, immagino che allora oggi ti proporrai per andare a prendere Mikey a scuola»
«No, mamma. Io in quella scuola media piena di marmoc- Okay, sì, mi propongo per andarlo a prendere»
Donna sorrise raggiante.
«Oh, amore, non devi. Ma se proprio insisti, okay. Mikey esce a mezzogiorno.»
Gerard la fulminò con lo sguardo.
Lei gli diede un bacio sulla guancia.
«Oh, e dai un passaggio anche a Frank, ovviamente. Anzi, digli che è invitato a pranzo da noi»
«Mamma, ormai neanche c'è più bisogno di dirglielo. Viene tutti i santi giorni a mangiare da noi.»
«Certo, gliel'ho detto io di venire quando vuole.»
«Uhm. E devo dire che ti ha preso alla lettera. Comunque va bene, glielo dico. E' tutto? Lo schiavetto deve fare qualcos'altro?»
«Fammi pensare...uh, no. Puoi andare tesoro, grazie.»
Gerard uscì da casa e si avviò verso la macchina.
Ci aveva ripensato: prendere la patente non era stata assolutamente una buona idea.

 
                                                                                                 *****


«Allora, che dici se oggi ci abbuffiamo di Mcdonald fino a scoppiare e poi andiamo a casa mia a giocare alla playstation?»
«Magari domani Frank. Oggi Gerard ha preso la patente e mi viene a prendere all'uscita con la macchina. Però mia madre ha detto che se vuoi puoi venire a pranzo da me, ha preparato il tuo piatto preferito: purè di patate»
«Tuo fratello ha preso la patente?»
Frank non ce l'aveva fatta a non ridere: era così buffa l'immagine di Gerard al volante che non aveva ascoltato nemmeno il resto di quello che Mikey gli aveva detto.
«Dio mio, sono sicuro che adesso stia già litigando con qualcuno per strada»
Anche l'altro ragazzo rise e scosse la testa.
«Già, non mi fido molto ad andare in macchina con lui, in effetti. Quel ragazzo è un attaccabrighe come pochi. E' per questo che se vieni anche tu, magari, mi sento più sicuro. Sei l'unico che riesce a contraddirlo e farlo stare zitto.»
«Okay, ma solo se mi prometti che mi dai anche la tua porzione di purè.»


                                                                                                  *******


«Razza di imbecille, fai funzionare quell'unico neurone che possiedi nel cervello quando guidi! E togliti dalle palle!»
Ecco, stava succedendo esattamente ciò che Mikey e Frank avevano previsto: in dieci minuti che erano in macchina, Gerard aveva preso a parolacce una quindicina di persone. 
«Gee, stai calmo dai...»
«No Mikey, è una questione di principio. E poi- Ehi! Ma che diavolo sta facendo quel deficiente davanti a noi? E' verde dannazione!» 
Gerard fece per affacciarsi al finestrino dell'auto, ma Frank lo bloccò mettendogli una mano sulla spalla. 
«Gerard, potresti portarci a casa, magari senza litigare con qualsiasi disgraziato stia guidando nelle tue vicinanze?»
Il più grande lo guardò furioso.
«E tu potresti non dirmi ogni volta quello che devo fare?»
«Io lo dicevo per te, idiota! Visto che secondo me ancora non sei abbastanza maturo per portare una macchina.»
«Uh, ma sentitelo. Un bambino di tredici anni che mi accusa di non essere maturo.»
«Beh, avrò anche tredici anni, ma di sicuro, in quanto a cervello, tredici anni ce li hai tu!»
Mikey li fissava senza dire niente. 
Ci era abituato ormai. 
Questo era quello che succedeva praticamente un giorno sì, e l'altro pure , da almeno cinque anni.
Litigavano, si offendevano, si odiavano, e il giorno dopo li trovavi a parlare di musica e fumetti, come se non fosse successo nulla. 
Questi erano Frank e Gerard.
E nonostante tutto, Mikey era sicuro che si volessero un gran bene
«Okay, sai che ti dico? Questa è la mia macchina, caro Frankie, quindi, decido io. Se voglio prendere a parolacce qualcuno, lo faccio!»
«Non chiamarmi Frankie! Solo le persone che mi sono simpatiche possono farlo, e tu in questo momento mi stai sulle palle, Gerard.»
«Sentimento ricambiato», rispose il più grande, stizzito. 
«Bene»
«Bene'»
«Bene, dopo tutto ciò, possiamo andare a mangiare? Avrei fame»
Mikey si decise a parlare, temendo che da lì a poco lo avrebbero ucciso.
E infatti gli altri due gli riservarono uno sguardo omicida.
«Mikey, siamo quasi arrivati, aspetta cinque minuti e non ti ci mettere anche tu»
Per il tempo rimanente non fiatò nessuno dei tre. 
E Gerard non insultò più alcun automobilista. 
Mikey non poté fare a meno di pensare che Frank, ancora una volta, era riuscito a zittire suo fratello.


                                                                                              ******


Appena ebbe messo piede in casa, Gerard si gettò letteralmente sul divano, sperando che nessuno lo avesse visto entrare, così da poter stare cinque minuti tranquillo, cullato dal suo sacro silenzio.
Era stata una giornata devastante, sua madre lo aveva mandato in giro per tutta la città: Gerard, amore, puoi andare a comprare il pane?, Gerard, cucciolo, perchè non vai a prendere nonna Helena a casa?, Amore di mamma, non è che potresti andare a casa di zia Marie per riportarle la pentola che mi aveva prestato quattro mesi fa? 
Ecco cosa significava prendere la patente in casa Way.
E in più era ancora arrabbiato per quello che gli aveva detto Frank.
Non poteva crederci che si era fatto offendere, per l'ennesima volta, da un ragazzino dell'età di suo fratello. 
Il fatto era...
qual era il fatto?
Non c'era nessunissimo fatto che potesse giustificare l'accaduto.
Era vero, Frank poteva anche essere un ragazzino con una parlantina convincente e l'ultima parola sempre in bocca, ma, diamine, aveva comunque quasi quattro anni meno di lui! 
Non riusciva proprio a spiegarsi il perchè con lui fosse così fottutamente diverso discutere.
Di solito Gerard non ci pensava un minuto prima di mandare a fanculo qualcuno e zittirlo, anche quando si trattava di un suo parente. 
Ma Frank...Frank era diverso: già a tredici anni possedeva un animo ribelle e anticonformista.
Era uno che non si faceva plagiare dalla società, anche a costo di essere scansato, deriso, denigrato.
Credeva nei propri ideali. E questo gli faceva onore.
E lui, invece, ce li aveva degli ideali?
No. Al massimo si rinchiudeva nella sua stanza a disegnare, senza affrontare lo schifo di mondo in cui viveva.
Forse Frank non aveva tutti i torti.
Il tredicenne era lui.
«Posso?»
Gerard si riscosse dai suoi pensieri ingarbugliati e si girò spaventato nella direzione in cui era provenuta la voce.
«Scusa, non volevo spaventarti.»
Frank. Appunto.
«Oh. Ehm... no, no. Non mi hai spaventato, solo che non pensavo ci fosse qualcuno a casa, quindi mi stavo riposando, visto che oggi mia madre mi ha praticamente sfruttato come un servo della gleba.»
Il ragazzino più piccolo ridacchiò.
Non c'era alcuna presa in giro nella sua risata.
«Beh, Gee, vedila così: ora sei ufficialmente adulto. Fanculo il resto. Puoi fare come vuoi.»
«Ma non ero io quello che non era abbastanza maturo per portare la macchina?»
Frank abbassò lo sguardo, pentito.
«Scusa, non volevo dirti quelle cose, io-»
«Hey, fa niente, okay? Non devi chiedermi scusa, avevi ragione. Tra i due il più maturo sei tu. E...sinceramente, di tante persone che potevano dirmi questa cosa, sono contento che lo hai fatto tu.»
Condivisero un'istante lunghissimo di silenzio.
E Gerard pensò che era proprio quello di cui aveva più bisogno in quel momento: un silenzio che potesse equilibrare le urla ribelli dentro di lui. 
In quel momento, per la prima volta in cinque anni, si accorse che in Frank ardevano le stesse urla. 
Solo che il più piccolo le lasciava uscire, fregandosene del giudizio altrui.
Lui, invece, le teneva incatenate dentro di sé. 
Era questa la differenza che li divideva ma che allo stesso tempo li univa.
«Insegnami ad essere come te.»
«Cosa?»
Frank sgranò gli occhi.
«Voglio riuscire a liberare le urla in me. Ti prego, Frank. Aiutami a fregarmene di quello che gli altri pensano.» 
«Io- io non so come potrei insegnartelo Gee, io-»
«Sì, Frank, lo puoi fare. Me lo hai appena dimostrato.»

   
 
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