I
belong to you
(quando
i desideri non sono irrealizzabili)
[1] Quando sogno la luna
Mi rimase in mente solo una cosa: dire la verità.
Sono sempre stato lì, in quel luogo fantastico per ben
sette anni: i sette anni più belli della mia vita.
Tutto però iniziò lontano: a Diagon Alley.
Ero giovane allora, ma nonostante ciò ho ancora le
immagini nitide che mi appaiono davanti ogni volta che ci penso.
Mi vedo in compagnia di altri che come me aspettano.
Aspettano di andarsene via da quello stretto ed asfissiante posto.
Vedo un uomo grande, grosso e robusto: fuori dal normale
che mi guarda, mi sorride ed accarezzandomi esordisce
“Tu sarai perfetto. Lo farai felice”
Allora non capii.
Non compresi che sarei stato partecipe della vita di una
delle persone più importanti del mondo magico e della mia vita.
Ricordo che l’uomo sorridendo, mi prese e,per non
spaventarmi dalla folla, mi coprì con un
telo scuro. Aveva intuito che mi sarei spaesato facilmente da tutte le novità che
mi sarebbero di lì a poco capitate.
Poi di nuovo la luce.
E lui che attraverso gli occhiali mi guarda e mi sorride
contento.
“Questo è il tuo regalo, Harry”
“E’ bellissimo, Hagrid... Grazie...” rispose quel bambino
con lo sguardo felice ed un po’ commosso.
Io ero il suo regalo.
Edwige.
Quello fu il mio primo incontro con Harry Potter.
Da allora rimasi sempre al suo fianco,cercando di
proteggerlo come meglio potevo nel limite delle mie capacità.
In fondo, sono solo una civetta, non un essere umano.
Ero così felice di stare al fianco del mio padrone,
sempre pronto a fare tutto ciò che le sue ferme parole ordinavano.
Era bello volare per lui.
Ma giunto al settimo anno qualcosa cambiò. Non sapevo
perchè ma ogni volta che lo vedevo tornare nella sua camera, era sempre più
pensieroso e timoroso.
Aveva paura della morte.
Aveva paura del ritorno di quella persona che da quando
era piccolo lo tormentava di continuo, svegliandolo anche nel cuore della
notte.
“Era...era solo un incubo...” sussurrava sempre” era solo
un incubo, Edwige. Non preoccuparti. Non possiamo farci niente: lui continuerà
a perseguitarmi finchè non morirò”.
Questo era il punto.
Non potevo proprio fare niente. Non sapevo come fare ad
aiutarlo e la mia piccola anima da civetta non sarebbe mai stata sufficiente a
salvarlo da un’imminente pericolo.
Non mi importava niente di tutto il resto: volevo solo
che lui fosse libero e felice, volevo rivedere il sorriso sulle sue labbra, lo
stesso sorriso che mi rivolse anni prima, nel nostro primo incontro.
Questo fu il primo giuramento che feci alla luna, e con
esso desiderai per una volta essere veramente d’aiuto.
Desiderai essere umano.
Non più bianche piume ed occhi ambrati.
Non più civetta.
Solo un essere umano, fino a quando non sarei riuscito a
compiere la mia promessa.
E una notte, quando tutto il castello dormiva, la luna
ascoltò le mie preghiere e come commossa dai miei umili desideri pianse stelle
che avvolsero il mio corpicino candido e piumato.
Almeno questo è ciò che sognai.
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