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Autore: Emy_n_Joz    19/04/2011    1 recensioni
Assassini. Templari. Sappiamo già cosa fecero in passato. Ma cosa direste se ci aiutassero a reinterpretare uno dei più grandi eventi della storia?
Francia, 1789. L’inverno è particolarmente rigido, soprattutto per chi adesso non ha più una casa. Il popolo ha fame; la carestia e il gelo hanno divorato ogni cosa. Le tasse non fanno che aumentare di giorno in giorno, rendendo la situazione insostenibile. E strani individui, coperti da un mantello bianco e con il viso nascosto da un cappuccio, si muovono per i vicoli, come ombre, tra questa desolazione. Al contrario, alla corte del re, il fasto e l’opulenza dominano con una totale indifferenza su tutto quello che succede al di fuori delle mura di Versailles, sugli intrighi, sulle feste e su nobili abbigliati riccamente, e sfoggianti anelli dorati, intarsiati di pietre preziose con la forma di una strana croce scarlatta. Dalla cima della Tour du Temple di Parigi, un mantello bianco è sospinto dal vento a tempo con la bandiera strappata recante il fleur de lis dei Borboni. Sotto il cappuccio, le labbra piene e rosse accennano un sorriso. Un attimo e, con un sussulto dell’aria e il grido stridente di un falco o di un’aquila, la figura è sparita, lasciando soltanto come segno del suo passaggio lo sbattere fremente e spaventato delle ali di alcuni colombi.
E ciò che verrà dopo sarà l’inferno, o la sua fine.
Genere: Avventura, Azione, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!
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- Questa storia fa parte della serie 'Assassin's Creed: Revolution'
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Francia, 1787

L’uomo era a terra, con un rivolo di sangue che gli usciva dalla bocca. Una lunga ferita sul torace buttava quel liquido rosso e dall’odore ferroso come una fontana, e si raccoglieva in una larga pozzanghera ai suoi piedi.

Arnielle aveva imparato a conoscere quell’odore. E adesso, non riusciva più a toglierselo dalle narici.

Incombeva minacciosa sull’uomo, il pugnale sporco di sangue ancora stretto nel pugno. Il suo sguardo era glaciale, e luccicava di quella strana scintilla ferina. Si inginocchiò accanto a lui, nel sangue.

“Adesso non hai più nulla da perdere. Dimmi il suo nome.”

L’uomo non sembrava colpito da quelle parole intimidatorie. “Speravi in una confessione, puttana?” biascicò, emettendo un rantolo molto simile a una risata.

Il potente calcio non tardò molto ad arrivare sul suo viso, e anche il naso, oltre alla bocca, prese a sanguinare copiosamente.

“Pezzo di merda!” gli si avvicinò al viso, tanto da inondarglielo col suo respiro “Hai ucciso la mia famiglia. Hai fatto a pezzi la mia vita, e dovrei farti soffrire le pene dell’Inferno per quello che hai fatto. Ma io non sono come te, sai? Puoi ancora salvarti. Dimmi ciò che voglio sapere, e mi tratterrò dal finirti. Sii furbo, non commettere lo stesso errore che hanno fatto i tuoi amichetti Templari.” gli sibilò a un palmo dalle labbra e, nel frattempo, teneva il pugnale puntato alla sua gola.

L’espressione dell’uomo non mutò, rimase al contrario sofferente per via delle ferite, ma beffarda.

“Ti ho detto che non parlerò. Non mi fai paura.” disse con aria sprezzante “Rimpiango soltanto che tu non fossi lì con i tuoi, quando li abbiamo sgozzati. I tuoi fratelli non facevano altro che gridare il tuo nome, e tua madre, bhé… lei gridava e basta.” aggiunse con lascivia.

Arnielle credeva che non avrebbe potuto trattenersi ancora per molto; di lì a pochi secondi sarebbe esplosa e gli avrebbe affondato la lama nella gola. Ma non poteva farlo, doveva scoprire quel maledetto nome.

“Ti stai divertendo, non è vero?” chiese con voce vibrante di ira repressa “Bene. Chissà se tua moglie si divertirà allo stesso modo quando andrò a chiedere a lei quello che tu non hai voluto dirmi…” si limitò a ringhiare.

Il Templare spalancò per un attimo gli occhi, atterrito, e solo con difficoltà riassunse la sua maschera sprezzante. “Non ne avresti il coraggio, ragazzina.”

Arnielle ghignò. “Oh… Tu credi?” disse, premendogli la lama del pugnale sul collo.

L’uomo trasalì, e strinse i pugni. “E cosa mi assicura che poi la lascerai in pace?” chiese.

“Nessuna garanzia.” rispose semplicemente Arnielle “Ma è l’unica possibilità che hai.” aggiunse.

L’uomo rimase in silenzio, sofferente, e col respiro accelerato per qualche secondo.

Poi disse: “François-Gaston de Lévis.” [1]

L’eccitazione la invase quando l’uomo pronunciò il nome. Ma Arnielle trattenne il respiro quando realizzò quale nome aveva detto.

“Il duca di Avernes- le- Comte?” chiese con un filo di voce.

L’uomo piegò appena il capo. “E’ il gran Gonfaloniere dell’Ordine. E’ lui il mandante.” mormorò guardandola negli occhi.

Arnielle gli premette ancora di più il taglio della lama sul collo. “Non mi prendi in giro, vero? Lo sai che appena scopro che non è lui torno qui e ammazzo te e tua moglie?”

“No!” esclamò l’uomo, scuotendo forte la testa “E’ la verità… Te lo giuro. Ma tu… lasciala stare!”

La ragazza si avvicinò di nuovo al suo volto, e gli sussurrò all’orecchio: “Sta’ tranquillo… A lei non succederà niente.”

E poi, fulminea, gli affondò il pugnale nella gola. L’uomo non ebbe neanche il tempo di stupirsi. Con un gorgoglio, la sua vita si spense. Sul suo volto era rimasta un’espressione tranquilla: aveva ancora gli occhi aperti.

Arnielle lo ignorò. Si alzò in piedi, le vesti macchiate di sangue, e si allontanò in silenzio da quella zona.

Era quasi vicina alla realizzazione del suo obiettivo: il suo cuore aveva sempre maggiore sete di vendetta e più che mai, lei sentiva il bisogno di uccidere.

 

Arras, Francia, 1787

20 Novembre

Arnielle infilò il pugnale nella schiena della guardia, che si accasciò al suolo con un lamento soffocato. L’altra si girò verso la sua direzione, ma lei con uno scatto repentino disegnò un arco nell’aria con la lama, tagliandogli la gola.

Si disse che non era stato poi molto difficile abbattere le difese di François-Gaston de Lévis; le guardie intorno alla sua stanza da letto erano un numero ridicolo. Forse il gran Gonfaloniere era esageratamente pieno di sé, o un illuso. O forse, era semplicemente stupido.

Spalancò con foga e soddisfazione le porte della camera, ed entrò. Aveva ancora il pugnale stretto nella mano, sicura di trovare il bastardo che aveva mandato a uccidere la sua famiglia immerso in sogni tranquilli sotto le coperte.

Infatti, nella penombra della camera, vide distintamente la sagoma del corpo del duca che dormiva. Si avvicinò al letto, col cuore che batteva all’impazzata, e impaziente sollevò il pugnale. Con l’altro braccio scostò con violenza le coperte per vedere il volto del suo nemico mentre lo uccideva.

Ma che cazzo…?

Là sotto non c’era il duca che dormiva; al suo posto c’era un grosso cuscino.

Il cuore di Arnielle perse un colpo.

Si voltò di scatto, con una brutta sensazione, stringendo ancora di più il pugnale.

Digrignò i denti.

Davanti a lei il Gonfaloniere la squadrava da capo a piedi, con un sorriso altezzoso e trionfante dipinto sul volto ormai rovinato dalla vecchiaia.

La superava in altezza di almeno sei pollici [2], e nonostante l’età era ancora in forma; il suo corpo aveva l’aspetto forte e sicuro del combattente che era stato, la mano stringeva saldamente il pomo della spada.

“Ci piace andare in giro di notte, non è vero?” le chiese in un tono paterno che la disgustò nel profondo.

La ragazza continuò a stringere i denti, fremendo, e resistendo all’impulso di indietreggiare. Suo malgrado, quell’uomo le faceva paura, ma lei doveva ucciderlo.

“Non ti hanno insegnato a rispondere quando ti viene posta una domanda? Specialmente se da qualcuno di rango più alto del tuo?” proseguì François-Gaston de Lévis, senza battere ciglio “Ah, già… Giusto. Tua madre non aveva molto tempo da dedicarti.”

Arnielle trattenne a stento il desiderio di saltargli addosso. “Mia madre faceva quella vita per colpa di quelli come voi. Per colpa di voi sudici nobili che non fate altro che prendere alle persone quel poco che hanno per arricchire i vostri palazzi. Forse se fosse nata nelle condizioni di mia madre, anche vostra figlia avrebbe fatto lo stesso.”

Il duca rise appena. “Io ho tre figli maschi, Arnielle.”

“Allora vostra moglie.” ribatté lei, accennando un ghigno.

Il Gonfaloniere inarcò un sopracciglio, e rise di nuovo. “Devo ammettere che hai proprio un bel caratterino. Staresti bene tra le nostre fila. Avremmo bisogno di uomini con la tua tempra.”

Lei ringhiò. “Piuttosto la morte!”

Il Gonfaloniere si mostrò deluso. “Siete tutti uguali voi Assassini… Pronti a morire invano, rifiutando la strada più semplice… Il vostro lavoro è inutile. Non potete competere con il potere di colui che ci guida. Egli è l’uomo più potente di tutta la Francia, e tiene tra le mani il destino di tutti noi.” disse in tono solenne e sicuro.

Arnielle per un attimo dimenticò l’odio, e si fece attenta. “Parlate chiaro. Chi diavolo è quest’uomo?”

Il Gonfaloniere sorrise ancora una volta. “Non l’hai capito, bambina? E’ colui che salverà tutti noi. Lo chiamano in molti modi; il Desiderato, il Capeto, il Delfino… Sua Maestà.” concluse senza staccarle lo sguardo di dosso.

Arnielle trattenne il fiato, e spalancò gli occhi, incredula. “Il… Il re? Luigi XVI?” chiese con un filo di voce.

Il Templare abbassò appena il capo, abbozzando un ghigno. “Vedo che sei una ragazza sveglia. Sì, Arnielle, esatto. Il Gran Maestro dei Templari non è altri che il tuo sovrano. E, presto, anche di tutte le popolazioni della Terra.”

La ragazza rimase impietrita per qualche attimo, atterrita e sconvolta da quella rivelazione. Poi, un rumore stridente ruppe il silenzio.

“Ma è inutile che pensi a cosa farai adesso. Perché tu morirai stanotte, lo sai.” disse, con voce di velluto il Gonfaloniere, estraendo del tutto la spada.

Arnielle si riscosse, e l’adrenalina tornò a pervaderla. “Ma non prima di avervi ucciso.” rispose in un sibilo, prima di lanciarsi contro di lui col pugnale ben stretto nella mano.

Il duca velocemente si scansò, facendola finire a terra. Arnielle si voltò, e si rimise in piedi.

Il Templare attaccò, e lei estrasse la spada appena in tempo per parare. Per poco non ricadde a terra per il contraccolpo. Era forte, nonostante la sua età; gli anni non avevano scalfito né il suo vigore né la sua abilità con la spada.

Il Gonfaloniere tentò un nuovo affondo, ma la ragazza scartò e gli arrivò alle spalle. Aveva già alzato la spada per colpirlo alla schiena, quando l’uomo con un potente sgambetto la buttò a terra, facendole sfuggire l’arma dalle mani. Poi lui le puntò la sua alla gola.

“Mi aspettavo di meglio da un’allieva del Discendente.” disse con un sorriso crudele.

Arnielle era già stanca. Sentiva che l'avrebbe uccisa, e la disperazione l'avvolse. Poi, lo sguardo le cadde sul proprio petto, rimasto scoperto dal mantello per via della caduta. Lì, vide la punta di freccia di Pepinot, che aveva trasformato in un ciondolo, legandola ad un pezzo di corda attorno al suo collo. Improvvisamente fu assalita dalla rabbia, e da nuova determinazione. Con uno sguardo carico di sfida, tornò a fissare il duca. “Non avete ancora visto niente.”

Sferrò un potente calcio al braccio dell’uomo, e non appena la lama si fu spostata dalla sua gola, rotolò a terra e raggiunse la sua spada.

L’afferrò e si rialzò nello stesso momento, proprio mentre il Gonfaloniere si rimetteva in posizione di guardia.

Si guardarono un istante, aspettando che uno dei due attaccasse. Poi Arnielle agì; corse verso di lui e alzò la spada per colpirlo alla testa, ma il duca parò prontamente. Così la ragazza si abbassò, descrivendo nel frattempo un ampio arco con l’arma sopra di sé, cercando di arrivare al suo fianco.

Si bloccò con un gemito; sentì un dolore bruciante alla spalla sinistra, e qualcosa di caldo prese a scorrerle copiosamente lungo il braccio.

Cadde in ginocchio, perdendo la presa sull’elsa, e vide il fioretto del suo avversario conficcato tra l’osso del braccio e quello della spalla.

Alzò lo sguardo sul Templare, respirando affannosamente. Lui le sorrise sadico; poi le puntò un piede sul petto, e cavò la lama dalla sua spalla.

Arnielle urlò. Stava soffrendo, e non poco, e il dolore era tremendo, ma era ancora in grado di comprendere le parole del Gonfaloniere.

Le passò delicatamente la lama ancora sporca del suo sangue sul viso, scostandole i capelli e sfiorando ogni suo lineamento. “E’ davvero un peccato sprecare questo bel visino.” disse con falso rincrescimento, poggiandole infine la punta della lama sotto il mento, costringendola a guardarlo.

Lei fu percorsa da un brivido violento che non aveva niente a che fare con la ferita alla spalla; il più velocemente possibile, sfruttando quell’ultima opportunità, assestò un forte calcio al suo stinco, e mentre il Templare barcollava appena, estrasse un coltello da lancio dalla cintura e lo lanciò alla cieca verso di lui.

Si alzò in piedi, con la testa che le girava, e abbassò lo sguardo sul duca, che giaceva a terra, il pugnale conficcato superficialmente nel torace.

Stava cercando di rialzarsi, ma lei fu più veloce; gli arrivò sopra estraendo un altro pugnale, e lo trafisse al cuore, piantandoglielo nel petto fino all’elsa. Per la prima volta il Gonfaloniere urlò.

Arnielle gli si inginocchiò vicino, e lo guardò negli occhi.

“Non vi hanno mai insegnato a non sottovalutare il vostro nemico?” sibilò al suo orecchio, con rabbia “Riposa in pace, stronzo.”

Strappò con violenza il pugnale dal suo petto, esattamente come aveva fatto lui con lei, e si rialzò.

In quel momento, con l’ultimo alito di vita che gli rimaneva, il Gonfaloniere gridò: “GUARDIE!!”

Sotto di lei il pavimento sembrò tremare per il peso di centinaia di piedi che si affrettavano nella loro direzione.

Arnielle imprecò e uscì di corsa dalla stanza. Altre guardie stavano arrivando da quella direzione, ma lei non le affrontò; si arrampicò velocemente sul davanzale di una bifora che si apriva lungo il corridoio, e si gettò di sotto.

L’accolse l’impatto morbido con un letto di stoffe. Il carro si muoveva velocemente, e il conducente quasi non si accorse della ragazza che era piovuta dal cielo direttamente nel suo carico di merci, imbrattandogliele tutte di sangue.

Arnielle rimase distesa tra i tessuti, stringendosi la spalla e sentendosi terribilmente vuota.

 

Falaise, Francia, 1787

1 Dicembre

Il rumore dello sfregare della pietra contro la lama della spada rompeva quel silenzio opprimente che pesava sulla Gilda da molti giorni ormai.

Risha fissava il vuoto, ripetendo a oltranza quel movimento automatico, senza in realtà rendersi conto di quello che faceva.

Non si accorse neanche della presenza di Jacques finché lui non gli posò una mano sulla spalla.

“La consumerai quella lama se continuerai ad affilarla, amico.” disse il ladro in tono preoccupato.

L’Assassino smise ciò che stava facendo, ma non si voltò verso di lui. “Hai ragione. Ero soprappensiero.” rispose atono.

Jacques sospirò. “Ma è da più di due mesi che stai così. Prima o poi impazzirai.” gli disse, in un labile tentativo di sdrammatizzare, sedendosi di fronte a lui.

Risha gli sorrise debolmente. “Così sarai in compagnia.” disse riponendo sia la pietra che la spada.

Il ladro inarcò le sopracciglia. “Guardati. Non hai neanche più il senso dell’umorismo. Sei messo proprio male.”

L’Assassino tentò di nuovo di sorridere, ma non rispose. Jacques fece un altro sospiro, e si sporse verso di lui. “Seriamente amico, non puoi continuare così. Se n’è andata.”

“Ma potrebbe tornare.” ribatté l’Assassino.

Jacques esitò. “Anche se così fosse… non puoi sapere quando succederà. Potrebbe essere tra un mese… o tra un anno. Ci sono tante persone che contano su di te. Devi tornare a fare il tuo lavoro, o almeno cercare di accettare l’idea che lei potrebbe essere…” ma venne interrotto.

“Non dirlo, ti prego.” gli disse Risha.

“Come vuoi, non lo dirò.” replicò Jacques “Ma almeno pensa che per un motivo o per un altro lei potrebbe non varcare più quella soglia… Mi spiace, ma è così. E se un giorno tornerà, le diremo dove sei, ma nel frattempo, devi tornare ad essere quello di prima.” concluse.

Risha gli lanciò uno sguardo spento. “Jacques, lei è…”

Ma proprio in quell’istante la porta sbatté. Risha continuò a fissare il vuoto; non c’era bisogno che si preoccupasse delle questioni della Gilda.

Quando non sentì alcuna voce e posò lo sguardo su Jacques, che aveva spalancato gli occhi, il cuore gli balzò in petto, e una strana sensazione lo pervase.

Si voltò lentamente, cercando di non illudersi, e quando vide la persona sull’uscio si illuminò. Lei era sulla porta, bagnata fradicia e con i lunghi capelli neri schiacciati sul viso pallido; i suoi abiti erano sudici, e il fatto che fossero bagnati evidenziavano che erano decisamente troppo grandi per lei. Risha incrociò i suoi occhi scuri e profondi.

“Arnielle…” disse, incredulo e incredibilmente sollevato.

Si alzò in piedi, e fu allora che vide le bende macchiate di sangue sulla sua spalla.

Le si avvicinò velocemente, preoccupato, ma la ragazza non si muoveva, quindi si fermò a una certa distanza da lei. Si accorse che le sue spalle erano scosse da spasmi irregolari, e che aveva abbassato lo sguardo.

“Arnielle! Che ti succede?” le chiese agitato.

Lei alzò lentamente gli occhi su di lui, due occhi lucidi e pieni di rimorso. Lo guardò come fanno i bambini che, dopo aver combinato un guaio, cercano l’assoluzione dei genitori.

“L’ho fatto. Li ho uccisi tutti.” confessò con voce rotta, ma ferma.

Risha non disse niente. Rimase in silenzio, in attesa, sicuro che volesse dire altro.

“Ma non mi sento meglio di prima.” mormorò la ragazza, per poi voltare il viso di lato, per nascondersi al suo sguardo, come se si vergognasse.

“…E come ti senti?” si limitò allora a chiederle l’Assassino.

“Peggio.” singhiozzò lei, continuando a tenere il viso basso “E’ inutile rincorrere solo per vendetta coloro che ci hanno fatto del male. Ezio aveva ragione: ucciderli… non mi ha ridato la mia famiglia.”

In quell’istante Risha venne sommerso da una miriade di emozioni: era felice perché si era resa conto dell’errore che aveva fatto, era triste perché quella sarebbe stata una ferita che lei si sarebbe portata dietro per tutta la vita, era commosso da quella ragazza che gli trasmetteva tanta tenerezza.

Si avvicinò a lei, e l’abbracciò forte. La strinse a sé più di quanto non avesse fatto la notte che le aveva cambiato la vita, e lei si abbandonò tra le sue braccia, singhiozzando come una bambina.

Jacques approfittò di quel momento per avvicinarsi a Risha e battergli una mano sulla spalla, guardandolo con un sorriso comprensivo. Poi uscì dalla stanza, richiudendo la porta dietro di sé.

Sembrò che il tempo si fermasse, e dopo minuti che parvero un’eternità, Risha e Arnielle si staccarono da quel caloroso abbraccio.

L’Assassino le scostò i capelli bagnati dal viso. “Vieni. Andiamo a dare un’occhiata a quella ferita.”

 

L’Infermeria della Gilda, in realtà, non era proprio un’Infermeria. Era un piccolo locale, con un letto contro il muro e una cassa piena di garze, bende, qualche medicinale, ago e filo.

Arnielle era seduta sul letto dove, solo fino a qualche giorno prima, era disteso Mathias, con addosso soltanto una coperta pesante che le lasciava scoperta la spalla ferita.

Risha valutò il danno; qualcosa, avrebbe detto un fioretto, l’aveva trapassata da parte a parte.

La crosta si era già formata, ma avrebbe dovuto romperla per pulire la ferita e ricucirla a dovere. Alla fine, avrebbe dovuto immobilizzarle il braccio perché il legamento si rimarginasse bene.

“Anche io mi sono fatto una ferita così, una volta.” disse, prendendo una piccola lama dall’assortimento di attrezzi.

“Ah sì?” chiese Arnielle, un po’ preoccupata “E come?”

“E’ una lunga storia.” si limitò a risponderle Risha.

Appoggiò lievemente il bisturi sulla ferita. “Adesso sentirai un po’ male.” l’avvisò.

Arnielle annuì, e prima che potesse davvero realizzare che stava per farlo, Risha incise.

La ragazza lanciò un urlo, che soffocò quasi subito mordendosi le labbra. Il sangue riprese a uscire copiosamente dalla ferita, ma Risha vi appoggiò immediatamente sopra il panno imbevuto di disinfettante. Di nuovo, Arnielle trattenne un gemito.

“Quante storie.” la schernì con dolcezza l’Assassino.

Quando il flusso di sangue si fece regolare, cominciò a ricucire.

Arnielle serrò la mascella, e stringendo forte i pugni attorno alla coperta lo lasciò fare, tremando appena. Per fortuna, l’estensione orizzontale della ferita non era grande.

“Di qua ho finito.” le fece presente, tamponando la spalla per ripulirla dal sangue “Puoi girarti, per favore?”

Arnielle obbedì, dandogli la schiena. E fu soltanto allora che Risha disse:

“Mi sei mancata. Non sai neanche quanto.”

Arnielle si voltò a guardarlo, e lui le sorrise.

“Ho temuto per la tua vita.”

La ragazza si morse il labbro, e si girò di nuovo. “Mi dispiace. Non avevi motivo di preoccuparti.”

Risha assunse un’espressione severa. “E questa, allora?” fece, indicando la ferita sulla sua spalla.

La ragazza sorrise beffarda. “Un piccolo incidente di percorso.”

In quel momento la porta si riaprì di scatto, e Risha balzò in piedi dalla sorpresa.

 

Una figura irriconoscibile fece irruzione nella stanza appoggiandosi a una stampella, con aria agitata.

“Mi hanno detto che è qui, che è tornata! Io…” esclamò Mathias, prima di posare lo sguardo su Arnielle e ammutolire.

Improvvisamente i suoi occhi si riempirono di lacrime, e cercò di parlare, ma non gli uscirono altro che parole sconnesse.

Allora, lentamente, Arnielle si alzò dal letto, tenendosi la coperta con il braccio sano attorno al petto, e si avvicinò al ragazzo. Gli appoggiò la mano sulla spalla, e con un respiro profondo gli disse: “Mi dispiace. Non avrei dovuto reagire in quel modo. Non è stata colpa tua. Sei stato costretto a farlo.”

Mathias la guardò per qualche attimo con aria confusa e stupita, poi scoppiò in lacrime.

Arnielle rimase colpita dallo sfogo del ladro, e nonostante non lo conoscesse per nulla, sentì il dovere di fare qualcosa: lo abbracciò con affetto, cercando di rincuorarlo.

“Dai, calmati.” provò a dire, ma vedendo che quelle poche parole non stavano avendo successo, riprese: “Non devi sentirti in colpa per quello che è successo. Mi avrebbero trovata comunque, in un modo o nell’altro.”

Ed era vero. Ormai aveva capito di che pasta fossero fatti i Templari, e quando avevano un obiettivo da raggiungere, probabilmente avrebbero fatto di tutto per riuscirci.

Dopo qualche secondo Mathias sembrò calmarsi, e lentamente si allontanò dalla spalla di Arnielle, sulla quale aveva pianto, e solo allora si accorse che era ferita.

“Oh! Mi dispiace! Ti ho fatto male?” chiese arrossendo, forse perché pensava di non riuscire mai a farne una giusta.

Lei gli sorrise amichevolmente. “No, non preoccuparti. Se non altro, mi hai lavato la ferita.” disse, nel tentativo di farlo ridere.

E infatti Mathias assunse un’espressione un po’ più serena, e sul suo volto si allargò un sorriso. “Bhé, adesso torno a letto…” disse, dirigendosi verso la porta. Indugiò un attimo, poi aggiunse: “Scusami ancora, Arnielle.” e sparì oltre la soglia.

Quando la porta si fu chiusa alle sue spalle, la ragazza si voltò verso il suo Maestro, che continuava ad osservare la sua spalla con aria interrogativa. Lei gli avrebbe spiegato volentieri come si era procurata quella ferita, ma voleva cancellarsi dalla mente il ricordo di quel duca, quindi in risposta alla sua espressione, si limitò soltanto a dire: “Bhé, quello che conta è che io sia ancora viva.”

Risha la guardò con aria severa. “Sì. Ma mi sentirei più tranquillo se ti facessi ricucire una volta per tutte quella ferita.” fece un cenno del capo verso il letto e aggiunse: “Vieni qui.”

Arnielle obbedì, e quando l’Assassino toccò appena la pelle intorno alla ferita, lei emise un gemito.

Non era stata proprio una grande idea alzare il braccio per stringere Mathias.

“Ma brava.” commentò Risha, sarcastico.

Arnielle dovette ammettere che non aveva poi tutti i torti. “D’accordo. Adesso sto buona.”

Si mise di nuovo sul letto, e si sistemò addosso la coperta.

Risha, con un sospiro, le si sedette alle spalle.

Quando Arnielle lo vide riprendere quell’aggeggio col quale le aveva inciso la ferita, non poté fare a meno di bestemmiare tra sé e sé.

E mentre lei cercava di contenere i gemiti, Risha ripeté l’operazione.

Il dolore non fu affatto più sopportabile perché l’aveva già provato.

Aveva quasi finito di ricucirla, quando si ricordò delle parole dei Templari che aveva ucciso negli ultimi tempi.

Più che altro, quelle che le erano rimaste maggiormente impresse nella mente erano quelle della sua ultima vittima. A quanto pareva, non c’era modo di togliersi quel maledetto duca dai pensieri; c’era qualcosa in quello che le aveva detto che le metteva inquietudine addosso.

Aveva il bisogno di confidarsi con qualcuno, e chi meglio di Risha?

Quindi si voltò di nuovo verso il suo Maestro, e aprì bocca senza pensarci troppo. “Risha…”

“Arnielle, cerca di stare ferma.” la rimproverò lui, ma la ragazza non gli badò.

“Tu sai chi è il Gran Maestro dei Templari?” gli chiese.

Evidentemente lui non si aspettava una domanda del genere, o almeno non in quel momento, perché smise improvvisamente di ricucirla.

Arnielle capì che sul suo viso doveva essersi disegnata un’espressione ad un tratto interessata.

Prima di risponderle, però, le dette velocemente gli ultimi punti sulla schiena, con suo grande dispiacere.

“Bhé… Ho dei sospetti vari…” disse, dopo aver tagliato il filo, imbevendo un altro panno di disinfettante “Ma devo compiere delle indagini per capire chi davvero possa essere colui che guida i nostri nemici.”

Tacque per un attimo, poi aggiunse: “Ma perché me lo chiedi?”

“I Templari che ho ucciso…” cominciò lei, trasalendo appena quando Risha appoggiò lievemente il panno sulla ferita appena ricucita “Prima di morire li ho costretti a rivelarmi il nome di colui che ha ordinato loro di uccidere la mia famiglia…” le tornarono in mente le strazianti immagini di quella maledetta notte di qualche mese prima, ma riuscì a scacciarle e a tornare in fretta al presente “…E le varie informazioni mi hanno portata a…”

“François-Gaston de Lévis. Il duca di Avesnes-le-Comte, nonché Gonfaloniere dell’Ordine dei Templari. Lo so.” la interruppe Risha.

Arnielle rimase un momento sorpresa, ma poi pensò che quello era Risha. Chi meglio di lui poteva essere a conoscenza di tali particolari?

“Il duca… mi ha detto delle cose… Risha, so chi è il capo dei Templari.” gli confessò.

L’Assassino ripose rapidamente gli attrezzi, lasciando fuori soltanto un rotolo di garza con cui le fasciò la spalla e il braccio, fermandoglielo a tracolla. Arnielle sentì immediatamente un grande sollievo.

Si sistemò la coperta sulle spalle, e poi Risha con voce ferma le disse: “Allora rendimi partecipe delle tue scoperte.”

Arnielle, allora, prese fiato e iniziò a parlare. “E’ potente Risha… Molto potente. Non guida soltanto l’Ordine dei Templari… La sua autorità si estende molto oltre… Ha il pieno controllo su tutta la nazione.”

Dopo queste parole Risha si alzò e prese a misurare la piccola stanza a grandi passi, camminando avanti e indietro nervosamente. Ma l’uomo non si mostrò stupito quanto lei quando aveva capito che il più acerrimo nemico degli Assassini, e forse anche di molte altre persone, non era altri che il loro re.

“Il nostro amatissimo sovrano… Luigi XVI.” disse sarcasticamente Risha “Allora i miei sospetti erano fondati.” aggiunse quasi come se parlasse con se stesso, senza riuscire a nascondere una nota di compiacimento nella voce.

Ma Arnielle sapeva bene che Risha era preoccupato tanto quanto lei: il loro nemico più pericoloso era il capo dei Templari, e come se non bastasse questi era proprio il re. Non era una persona qualsiasi.

A inquietare Arnielle però non era soltanto il fatto che un giorno probabilmente lei stessa si sarebbe trovata ad affrontare il re in persona, insieme ad altri Assassini; nascosto dietro alle parole del duca c’era infatti un significato ben preciso e pericoloso, lei se lo sentiva. Forse era soltanto una sua impressione, forse erano stati il tono e la convinzione con cui quell’uomo le aveva detto quelle cose a fargliela pensare così, ma in ogni caso doveva parlarne con Risha.

Lui sembrò accorgersi del suo stato d’animo, perché le chiese: “C’è altro Arnielle?”

“Sì.” rispose subito lei “Il duca mi ha fatto dei discorsi che sto ancora cercando di capire. Parlava come se lui e tutti i suoi compagni avessero già vinto, l’ho letto nei suoi occhi… Diceva che esiste una strada molto più semplice di quella che vorremmo seguire noi Assassini, che quella che perseguiamo noi è inutile perché il potere del re è immenso…”

Arnielle non poteva vedere i suoi occhi sotto il cappuccio, ma era certa che la stesse guardando con intensità. “Continua...” le intimò lui, riprendendo a camminare per la stanza.

“Ha detto che grazie al suo potere salverà tutti noi… Che ha tra le mani il destino di tutti noi… e che ben presto diventerà sovrano di tutte le popolazioni della Terra.”

Si ricordava perfettamente le parole piene di orgoglio del duca, che in qualche modo l’avevano colpita. E dovevano aver impressionato anche il suo Maestro, perché lui si fermò di colpo e si rimise seduto accanto a lei, afferrandole le braccia –e la cosa non le fece granché bene. “Ha detto questo? Ne sei davvero sicura, Arnielle?”

“Sicurissima.” rispose lei, senza riuscire a nascondere una smorfia di dolore.

Risha la lasciò e abbassò la testa. Rimase a fissare il pavimento per qualche secondo, prima che la ragazza parlasse di nuovo.

“Risha, va tutto bene?” gli chiese.

Lui sembrò riscuotersi dai suoi pensieri. “Non c'è niente che non vada bene.” ma il nervosismo presente nella sua voce tradiva le sue parole.

Arnielle si preoccupò un po’. “Maestro, cosa succede? Che significa tutto questo?”

Risha tornò a guardarla. “Niente, niente Arnielle… Scusami, è solo che quello che mi hai detto non è una bella notizia.”

“Me ne rendo conto.” rispose Arnielle, sinceramente “Ma dovevo parlartene.”

Risha si limitò a mostrare un sorriso un po’  tirato. Poi, nella stanza, calò un silenzio pesante.

Arnielle decise di romperlo; sentiva di dover dire ancora qualcosa.

Così si alzò e disse: “Adesso mi rendo conto della gravità della situazione. Sai, quando mi hai raccontato tutte quelle storie sui Templari e sugli Assassini credevo di aver capito tutto quanto... Credevo di essere pronta a comportarmi anch'io come Altaïr e Ezio, pensavo di essere in grado di affrontare certe situazioni, ma la verità è che non sapevo nemmeno io a cosa andavo incontro quando mi sono messa alla ricerca dei Templari che hanno ucciso la mia famiglia... E l'ho fatto soltanto perché la voglia di vendetta ha vinto su ogni altra cosa. Tu hai cercato di farmi ragionare, ma inutilmente, e mi dispiace. Avrei dovuto darti ascolto...”

Ancora una volta si sentiva come trapassata dal suo sguardo che, anche se non era mai riuscita a vedere, era sicurissima fosse intenso e profondo, ma continuò. “Adesso ho capito davvero... Loro sono tanti, molto potenti e determinati, è vero, e il fatto che siano guidati dal re complica non poco la faccenda. Non ho idea di cosa volesse dire il duca con quelle parole, di sicuro niente di buono, e sono certa che sarà difficile vincere questa specie di guerra, ma ti prometto che farò l'impossibile per il bene di tutte le persone e della Confraternita, o almeno di quello che ne rimane... Tenendo la vendetta al di fuori di tutto questo.”

Le parole le erano uscite di bocca una dopo l'altra come un fiume in piena, ma era sicura di quello che aveva appena detto ed era determinata a realizzare tutto quanto.

Risha rimase qualche istante a guardarla, poi si alzò e le rivolse un sorriso affettuoso.

“Brava Arnielle. Sei diventata umile. Adesso sei una vera Assassina.” le disse, scompigliandole i capelli ancora umidi.

Quelle parole suscitarono in Arnielle un'emozione unica perché, nonostante fossero poche, significavano davvero molto per lei, e lo stesso, pensava, sarebbe stato per chiunque altro apprendista Assassino.

Gli sorrise felice, e proprio in quel momento sentì un bruciore e una fitta terribili all'altezza della spalla; la ferita continuava a farle male. Chissà quanto ci sarebbe voluto perché guarisse del tutto.

“Grazie Maestro.” riuscì soltanto a dire.

  

29 Dicembre

Nella Gilda Arnielle si sentiva a proprio agio. Ormai quella era diventata la sua casa, e convivere con i ladri e con la loro simpatia la aiutava a colmare quel vuoto che l'assenza della sua famiglia aveva creato in lei, e a dimenticare un po' i brutti eventi che si erano intromessi nella sua vita negli ultimi mesi.

Anche se di notte alcuni brutti ricordi tornavano a farle visita nel sonno, oppure la tormentavano per un bel po' prima che riuscisse ad addormentarsi.

Era già passato quasi un mese dal suo improvviso ritorno, e durante tutto quel tempo era stata costretta a rimanere al chiuso per rimettersi e guarire bene dalle varie ferite che si era procurata.

Sia Risha che i ladri erano stati severissimi in questo, e l'Assassino aveva addirittura minacciato Jacques di fargli del male se qualcuno le avesse permesso di uscire dalla Gilda.

Lui, invece, in quel periodo era stato molto impegnato e non si faceva vedere per quasi tutto il giorno: usciva il mattino di buon'ora, quando tutti erano ancora a dormire, a parte qualche ladruncolo di turno, e tornava soltanto la sera, appena in tempo per la cena.

“Per tutto il tempo che sei mancata, Risha è rimasto chiuso qui nella Gilda a deprimersi... L'hai davvero fatto preoccupare, ragazza, e non solo lui! Adesso deve recuperare tutto il lavoro perso, per questo lo vediamo di rado, e sarà così per qualche altro giorno, credo.” le aveva detto Jacques in risposta alle sue domande su dove diavolo andasse il suo Maestro tutto il giorno.

Comunque ora la ferita alla spalla era completamente guarita e non le dava più nessun dolore, come del resto tutti i graffi e i tagli che aveva sul corpo, segni di quegli scontri violenti con i Templari. Già dal sedicesimo giorno di clausura forzata aveva iniziato ad assillare i ladri affiché le dessero il permesso di uscire, perché erano ancora titubanti su questa questione e avrebbero preferito che si riguardasse ancora per qualche altro giorno, ma alla fine era riuscita ad ottenere ciò che voleva.

“E dai Vincent! Cosa vuoi che mi accada?” si era lamentata all'ennesimo rifiuto della sua disperata richiesta.

“Potrebbe succedere qualsiasi cosa, Arnielle! Potrebbero venirti delle forti fitte e potresti sentirti male proprio mentre qualche guardia ti sta seguendo, per esempio, e so che se uscirai di qui andrai a cercarti solo guai!” le aveva risposto spazientito Vincent.

Arnielle si era messa a ridere. “Certo che lo farò, ma in ogni caso me la saprò cavare.”

Vincent era rimasto a guardarla con gli occhi spalancati. “Sei proprio incorreggibile, tu!”

Lei gli si era avvicinata. Sapeva che Vincent aveva un debole per lei, e avrebbe potuto sfruttare questa cosa a suo vantaggio, anche se non le piaceva giocare sporco con lui.

“Senti Vincent... Ti prometto che non ti farò più fare il bersaglio mobile durante i miei esercizi... Ma ti prego, coprimi con Jacques!” gli aveva quasi sussurrato con fare ammiccante.

Lui era leggermente diventato più colorato in viso. “Questa è una bella proposta... Ma non sono sicuro che Jacques voglia lasciarti andare, Arnielle! Poi ci rimetto io! E ti assicuro che quando non gli si ubbidisce non è più così simpatico come invece è di solito.” disse seriamente “E se ti dovesse accadere qualcosa? No, non potrei mai perdonarmelo...” ammise quasi con un po' di vergogna “Mi dispiace, ma non posso. E Risha poi? Che scusa gli invento? Chissà cosa potrebbe farmi lui, quelle due lame che gli spuntano all'improvviso dalle maniche non mi piacciono per niente.”

Lei allora gli aveva fatto gli occhi dolci e gli aveva messo il broncio. “Ti prego, Vincent! Se dovesse dire qualcosa, ci parlerò io con Risha! Odio stare troppo tempo ferma al chiuso, ho bisogno di muovermi, non ce la faccio più! Sei uno dei miei migliori amici, non puoi farmi questo!”

Quelle parole dovevano averlo colpito, perché Vincent aveva addolcito la sua espressione che fino a qualche secondo prima era preoccupata e dispiaciuta. “D'accordo... Ma lo faccio soltanto perché sei tu.”

“Grazie Vincent! Ti voglio bene!” aveva esclamato, gettandogli le braccia al collo e dandogli un bacio sulla guancia. Lui era diventato immediatamente rosso come un pomodoro, ed era rimasto a guardarla imbambolato mentre correva verso la porta, fino a che non era scomparsa dalla sua vista.

Non appena aveva messo piede fuori, Arnielle si era sentita invasa da una sensazione di freschezza; il vento, infatti, misto all'aria fredda di Dicembre, si riversava delicatamente sulla sua pelle, dandole un senso di sollievo e di benessere, dopo ventotto giorni trascorsi al chiuso godendo soltanto della poca aria che passava attraverso le finestre della Gilda.

Stava percorrendo le vie di Falaise dopo più di tre mesi, e la sua città le era mancata. Aveva scelto di uscire in una giornata stranamente bella per essere Dicembre, e c'erano diverse persone per le strade.

Decise di fare un giro verso il mercato, dove in genere c'era più gente, ma non aveva voglia di fare confusione, come quella volta di qualche mese prima mentre si esercitava con i ladri, quando ancora non era successo il dramma.

Ed ecco che i brutti ricordi tornavano insolenti tra i suoi pensieri. Scosse la testa, cercando di scacciarli. Doveva liberare la mente, non doveva pensare a niente.

Così, si avventurò tra le bancarelle, con il semplice scopo di osservare la merce esposta dai vari mercanti, forse per la prima volta nella sua vita.

Alla quarta bancarella alzò lo sguardo e si stupì per un istante. Poco più in là, infatti, tra la gente, c'era Risha che si dirigeva verso la sua direzione.

Notò con divertimento che alcune persone si voltavano verso di lui al suo passaggio, prendendolo per uno straniero forse, dal momento che era vestito in un modo che a loro appariva sicuramente bizzarro, come era stato per lei la prima volta che l’aveva visto.

Si chiese cosa diavolo ci facesse lì in mezzo a un mercato. Fu quasi tentata dall'idea di andargli incontro per chiederglielo, quando si ricordò che in teoria era lei che non avrebbe dovuto trovarsi lì.

Cavolo! Se mi vede è finita!

Si voltò, e fece per andare a nascondersi in un cunicolo praticamente vuoto alla sua destra, ma si fermò non appena sentì una presa ferrea cingergli il braccio sano e una voce fin troppo familiare chiamarla per nome, stupita.

Lei allora fu costretta a voltarsi.

“Risha!” esclamò lei, cercando di assumere un tono di voce che sembrasse il più sorpreso possibile.

Lui le lasciò il braccio e la guardò sarcasticamente. “Non fare la furba. So che stavi cercando di nasconderti da me. Come attrice sei scadente.”

Arnielle gli rivolse un'espressione rassegnata. “Oh, accidenti!” esclamò poi quasi a se stessa, abbassando la testa.

“Che ci fai qui? Non mi pareva di aver dato a qualcuno il permesso di lasciarti uscire.” le disse severamente lui.

“Non ce la facevo più a stare là dentro. Volevo solo sgranchirmi un po' le gambe, tutto qui.” si giustificò lei. Poi le venne in mente Vincent. “Non è colpa di nessuno della Gilda, sono stata io a insistere.” aggiunse.

“Le tue ferite?” le chiese Risha con voce monocorde.

“Si sono rimarginate. Adesso sto bene.” rispose la ragazza quasi con timore.

Aveva avuto modo di sperimentare personalmente che quando Risha era arrabbiato c'era poco da fare per calmarlo, e il tono con cui le aveva rivolto quella domanda non prometteva niente di buono.

Era convinta che la sfuriata stesse per arrivare, quando la sua bocca si allargò in un sorriso. “Mi fido. L'importante è che tu stia bene.”

Lei si rilassò, e sorrise a sua volta.

“Vieni con me. Facciamo due passi.” disse Risha. Arnielle non se lo fece ripetere e prese a camminargli di fianco.

“Comunque parte dello stupore di prima era vero... Non mi aspettavo di incontrarti proprio qui. Non pensavo fossi un tipo che ama fare le compere.” gli disse con un ghigno amichevole.

“Infatti non ero qui per fare acquisti, ma per lavoro.”

“Capisco...” disse soltanto Arnielle.

Si chiedeva chi fosse lo sfortunato che aveva dovuto subire la dolorosa trafittura della sua lama, ma intorno a loro tutto era tranquillo. Se fosse morto qualcuno, sicuramente le guardie sarebbero state all'erta.

Risha sembrò interpretare i suoi pensieri, perché disse: “Conosco una donna che vive qui nei dintorni... Sapeva delle cose interessanti riguardo a un tizio di cui devo occuparmi.”

Arnielle assunse un'espressione maliziosa. “Scommetto che anche questa donna è interessante.” Non aveva idea del tipo di donna che potesse piacere a Risha, anche perché, nonostante si conoscessero da tempo ormai, non avevano mai parlato della sua vita privata. A quanto pareva non c'era nulla da sapere, o forse non voleva semplicemente parlarne. Si chiese se avesse sbagliato a stuzzicarlo, ma in fondo non c'era niente di male, stava solo scherzando.

Lui si fermò un attimo, probabilmente non si aspettava un'uscita come quella da parte sua. “Oh, bhé...” disse riprendendo a camminare “Ne ho conosciute tante di donne interessanti nella mia vita... Ma soltanto una è riuscita a prendermi il cuore per davvero, e da quella volta non sono più stato in grado di amare allo stesso modo... e non lo sarò mai più.” aveva detto con voce flebile.

Arnielle rimase un po’ amareggiata da quell’affermazione, ma dimenticò la delusione quasi subito. Infatti, si pentì immediatamente di avergli fatto tornare in mente cose che probabilmente lo facevano stare male.

“Scusami.” si limitò a dire, ma le sembrò banale.

Lui si voltò verso di lei e le sorrise. “Non preoccuparti. Piuttosto, parliamo di cose serie.”

“Tipo?” chiese la ragazza.

“Il tuo giuramento, Arnielle.” rispose semplicemente Risha.

Stavolta fu lei a fermarsi, con il cuore che aveva accelerato il battito nel suo petto.

Il giuramento era un passaggio molto importante per qualsiasi apprendista Assassino, perché poneva un muro tra la fase iniziale, che comprendeva anche il duro addestramento e l'acquisizione degli insegnamenti, e la fase della maturazione e del perfezionamento. Risha glielo aveva spiegato bene e lei si era ritrovata spesso a fantasticare su quel giorno. Ma non si sarebbe mai aspettata che per lei quel momento sarebbe arrivato così presto. Avrebbe compiuto diciotto anni il mese successivo, e ancora non era passato nemmeno un anno da quando aveva incontrato Risha.

“Davvero pensi che io sia già pronta?” gli chiese stupita.

Il Maestro abbozzò un sorriso. “Ma certo. Io sono fiero di te. Ti ricordi cosa ti dissi la sera che sei tornata qui a Falaise?”

Arnielle se lo ricordava eccome. “Mi hai detto che sono diventata umile... Che adesso sono una vera Assassina.”

Lui annuì con vigore. “Esatto. Perché lo sei interiormente. Ma questo va dimostrato, e l'unico modo per farlo è il giuramento, lo sai.”

Arnielle rimase in silenzio, e dopo qualche secondo Risha aggiunse: “Tranquilla, non devi darmi una risposta adesso. Puoi anche farlo tra un anno, due, dieci se vuoi, ma deve essere una cosa che vuoi tu, che ti viene dal profondo del cuore. Devi essere sicura di quello che fai. E' pur sempre un giuramento.”

Lei rimase qualche istante pensosa. Aveva la testa piena di pensieri: era felice per quello che le aveva detto il suo Maestro, la stava ripagando per tutta la fatica e la dedizione che aveva impiegato in tutti quei mesi; era emozionata solo al pensiero di compiere il giuramento, che probabilmente l'avrebbe cambiata; aveva un po' paura delle conseguenze che quell'atto avrebbe potuto comportare; si chiese se non fosse troppo giovane per accettare quella proposta.

La domanda le uscì di bocca quasi automaticamente: “Risha... Quanti altri Assassini che hai avuto modo di addestrare hanno compiuto il giuramento giovani quanto me?”

Non poteva vedere tutto il suo viso, ma era sicura che sotto il cappuccio ci fosse uno sguardo pieno di comprensione.

“Domanda interessante... Ma la risposta è fin troppo semplice. Uno soltanto.” rispose Risha.

Arnielle non si stupì più di tanto. Da una parte se lo aspettava. Era una bella decisione da prendere, e probabilmente soltanto a pochi era permesso compiere il giuramento alla sua età.

“Voglio che tu ci pensi bene, Arnielle. Non sentirti obbligata a farlo solo per non darmi un dispiacere. Io te l'ho proposto perché ritengo che tu sia pronta. Ma in realtà questo devi capirlo tu.” Arnielle annuì con convinzione, poi sentì qualcosa che veniva dall'alto picchiarle sul naso. Alzò gli occhi; il cielo era completamente coperto da enormi nuvole nere, e lei immersa com'era nella conversazione non si era neanche accorta che tutto intorno era diventato buio.

“Ho come l'impressione che tra poco arriverà una bufera.” disse Risha “E poi si sta facendo tardi. Sarà meglio rientrare.”

Risha prese a camminare, ma Arnielle rimase ferma al suo posto. Lui, non sentendo la sua presenza al suo fianco, si voltò dopo pochi passi e la guardò con aria interrogativa.

Lo sguardo di Arnielle, invece, era più deciso e determinato che mai.

“Risha.” disse, con voce ferma.

A quel punto, lui si girò totalmente verso di lei. “Arnielle?”

“Sono pronta.”

 

Quella sera, in cima al luogo più alto di Falaise

Aveva appena smesso di piovere. L’aria era comunque fredda e umida, e qualche gocciolina continuava ad arrivare, portata dal vento, sul viso di Arnielle, e a scenderle gelata lungo il collo.

Nonostante fosse inverno, non era ancora buio. Il crepuscolo si stava prolungando all’infinito, come se non volesse lasciare il posto alla notte.

Come se stesse aspettando di assistere al momento in cui sarebbe cresciuta e diventata ciò che era nata per essere.

La ragazza si affacciò un attimo oltre il bordo della torre; da lassù poteva gustarsi tutto il panorama della sua città.

I tetti delle case sulle quali si era sempre avventurata fin da bambina apparivano come piccoli puntini. Dal tetto di quella torre sembrava sovrastare tutta quella che era stata la sua vecchia vita.

Le prime luci cominciavano a baluginare come lucciole nelle strade e attraverso le finestre delle case.

Tutto intorno era tranquillo; per la prima volta dopo tanto tempo Arnielle si sentiva finalmente in pace.

Si voltò; il braciere emanava un forte calore che contrastava con l’aria fredda, e spargeva sul suo viso una luce tremolante, e adesso danzava anche sull’abito bianco di Risha.

La ragazza non si sorprese della sua apparizione improvvisa, e accennò un sorriso. Dall’ombra uscì fuori anche un’altra figura, altrettanto familiare.

“Jacques!” esclamò Arnielle spalancando gli occhi “Tu che ci fai qui?”

Il ladro si limitò ad abbozzare un sorrisetto e ad avvicinarsi alla fiamma. Alzò la mano sinistra; intorno all’anulare c’era una sottile cicatrice scura, che a prima vista avrebbe potuto essere scambiata per un anello.

La ragazza trattenne il fiato. “Anche tu…?” chiese chiaramente stupita.

Sia Jacques che Risha sorrisero. “Non dobbiamo parlare di me. Questa è la tua notte.” le rispose semplicemente il ladro.

Arnielle annuì, e mosse un passo avanti verso il braciere. Sentiva il suo calore sulla faccia.

Quel passo aveva cambiato totalmente l’atmosfera. 

Risha la guardava fissa. Nonostante non potesse vedere i suoi occhi, li sentiva trafiggerla.

“C’è una cosa, prima.” disse.

Arnielle lo guardò senza capire. Risha si mosse appena. Il suo tono era semplice ma grave.

“Prima di giurare c’è una cosa che devi fare. Non fa parte delle nostre tradizioni, ma tu sei giovane. Lo ritengo necessario.”

“E’ una prova?” chiese Arnielle, confusa.

“No, devi soltanto rispondere a una domanda. Accetti?”

La ragazza capì che avrebbe per forza dovuto accettare di rispondere prima di ascoltare la domanda. Perciò annuì.

“Sì.”

“Qual è stata la prima volta che hai ucciso?” chiese Risha a bruciapelo.

Jacques si voltò stupito verso di lui. “Risha…”

“Sta a lei decidere se è disposta a parlarne.”

Arnielle sussultò leggermente, ma non lo dette a vedere. Continuò a fissare il Maestro, con orgoglio.

Se la ricordava, la prima volta che era capitato. Era capitato, semplicemente. Come a qualsiasi bambina può capitare di cadere e sbucciarsi un ginocchio.

A lei era capitato di uccidere, e non aveva voglia di parlane.

Ma lo sguardo di Risha pesava, e ormai era arrivata fin lì.

Arnielle guardò prima lui, poi Jacques, come per essere sicura di quello che aveva sentito.

Ma sia il ladro che il suo Maestro continuarono a fissarla immobili, ed impassibili.

Così, sostenendo i loro sguardi, Arnielle cominciò.

“Avevo quindici anni.”

 

Ha quindici anni, e cammina su un tetto, guardando in basso. Il sole sta calando, e fa abbastanza freddo. Il mantello logoro e ormai troppo piccolo le copre a malapena le mani e la faccia.

La sua preda cammina, anche lei, nella strada di sotto. Arnielle si sofferma ad osservare i suoi abiti: è vestito di nero e oro, porta le culottes e un tricorno sopra la parrucca, oltre che una grande quantità di gioielli.

E’ insolito che persone di quel rango si trovino a Falaise. Il paesino in cui è nata, fornito soltanto di un piccolo porto di pescatori e di un mercato di assai scarsa attrattiva, è fuori dall’interesse di tali ricchi aristocratici, esclusi, s’intende, quelli che vengono periodicamente a riscuotere le tasse, a visitare il bordello e a fare qualche angheria, tanto per ricordare chi comanda. Ed è insolito che, più che altro, uomini di quel rango se ne vadano in giro senza sorveglianza.

Perciò, quel tizio tonto, che mostra senza grandi problemi la bisaccia colma di monete che gli pende dalla cintura, potrebbe essere la sua occasione.

Arnielle non può fare a meno di pensare che, dall’inizio di quel lungo mese, quando è arrivato il suo ultimo fratello, Pépin, già ribattezzato Pépinot, i soldi scarseggiano più del solito. Nella piccola cittadina ormai la conoscono tutti; quando la vedono arrivare nascondono le merci di valore e le borse di denari.

Deve assolutamente riuscire a rubare quei soldi.

Il nobile cambia strada, e Arnielle si affretta a fare un salto sul tetto vicino. Per poco non scivola; era un po’ troppo lontano. Comunque riesce a rimettersi in piedi, e a ricominciare l’inseguimento.

Il tizio in nero s’infila in un vicolo buio.

Arnielle non riesce a credere alla propria fortuna. Ignorando le lontane minacce di un raro archibugiere di guardia sul tetto, si cala su una terrazza sotto di lei, cercando di non fare rumori che possano allertare la sua preda.

Questi si ferma, con le mani sui fianchi, a guardare l’insegna della bottega chiusa di un artigiano.

Arnielle sente il cuore accelerare. Si aggrappa al cornicione di una finestra, e si cala lentamente lungo la grondaia, attenta a non lasciarsi cadere nella pozza che c’è in fondo.

Atterra qualche pollice più in là, e silenziosamente.

A quel punto, tira fuori il pugnale che ha sotto il mantello, infilato nella cintura.

Muove i primi passi verso l’uomo, ma si ferma subito dopo.

Deve stare attenta; non è la prima volta che ruba, ma quell’uomo le incute uno strano timore.

Arnielle si guarda un attimo intorno, nervosa e, quando finalmente trova coraggio, inizia la sua corsa verso la bisaccia dell’uomo.

Un’onda di paura la pervade quando l’uomo urla al cielo l’aiuto delle guardie e quando la immobilizza e la disarma.

Due uomini sbucano di corsa da un angolo e, mentre li raggiungono, sfoderano un’arma da fuoco che ad Arnielle fa paura. Sa come si usa, e sa anche cosa succede a chi non fa in tempo a evitare il proiettile.

Uno dei due uomini la afferra per un braccio e la inchioda al muro, puntandole contro il moschetto; l’altro, invece, si rivolge all’uomo che Arnielle ha cercato di derubare.

“Che cosa è successo?”

“Questa bambina ha tentato di derubarmi, molto astutamente, devo dire.” risponde l’uomo, che tiene il suo pugnale in mano, con un ghigno.

La guardia che la tiene ferma contro il muro avvicina il volto al suo, e la guarda minacciosamente. Quando le rivolge la domanda, Arnielle non sa cosa dire, le parole le rimangono bloccate in gola.

“E’ vero, piccola? Che cosa diavolo credevi di fare?” le ringhia contro.

Alla sua mancata risposta, la guardia si arrabbia molto, e alza il tono della voce, attirando un gruppo di persone.

“Non lo sai che i ladruncoli non sono bene accetti da queste parti?”

Gli occhi le si riempiono di lacrime quando sente il tocco gelido della bocca dell’arma sulla sua fronte; il cuore le batte a una velocità innaturale. Piange. Non ha mai avuto direttamente a che fare con le guardie.

“Ti conviene rispondere.”

Arnielle sente il grilletto scricchiolare sotto la pressione del dito. Guardare la mano sinistra dell’uomo le viene quasi automatico; rivuole il suo pugnale, anche se sa che non lo userà, ma solo con quello si sente più sicura. L’uomo pare accorgersene, e inizia a dondolarglielo davanti agli occhi con un ghigno, quasi per dispetto.

“Rivuoi il tuo pugnale, piccola?”

“Sì.” Finalmente riesce a parlare, anche se debolmente.

“Lasciatela.”

“Ma seigneur, lei sa cosa succede a chi...”

“Vi ho detto di lasciarla. E andatevene.”

Seigneur, potrebbe ancora farvi del male!” protesta la guardia.

“E in che modo? E’ disarmata, e non credo che una bambina come questa possegga altre armi.”

Stavolta le due guardie non rispondono, e dopo un lezioso inchino se ne vanno.

Adesso Arnielle ha più paura di prima. Non sa che intenzioni abbia quell’uomo.

“Allora, come ti chiami?”

Arnielle attende qualche istante prima di rispondere; non vuole dire il suo vero nome, potrebbe essere rischioso.

“Josette.”

“Bene Josette… Suppongo che tu provenga da una famiglia povera, ammesso che tu ne abbia una. Tu hai bisogno di soldi, e io di alcuni documenti molto importanti. Potremmo formare una bella squadra, non trovi?”

Il tono dell’uomo la innervosisce alquanto, ma Arnielle inizia a sentirsi interessata alle sue parole.

“Se accetti la mia proposta, riavrai il tuo pugnale, altrimenti decideranno le guardie del tuo destino, e loro non sono mai troppo buone con i ladruncoli.” continua l’uomo.

Arnielle tace per qualche istante, riflette. In realtà non ha molta voglia di dipendere da qualcuno, o semplicemente di avvicinarsi così tanto ad un uomo.

“Non dovrebbe essere neanche tanto difficile per te, suppongo. Ti consiglio di pensarci bene. Ti sto offrendo la possibilità di salvarti.”

Arnielle pensa alla sua vita, alla sua famiglia, che ha bisogno di aiuto per tirare avanti; non ha certezze sull’avvenire, ma sa per certo che non vuole morire.

Per la prima volta riesce a formulare una frase completa. “E quanto denaro riceverei in cambio per il mio lavoro?”

L’uomo sorride. “Il doppio di quello che volevi rubarmi, piccola, e tu stessa sai che non era poco.”

A questo punto Arnielle non ha più incertezze, e accetta la proposta senza pensarci due volte.

 

Arnielle ce l’ha fatta. Dopo un po’ di fatica e un po’ di nervosismo, è riuscita ad infiltrarsi nella casa.

Sono passate soltanto ventiquattro ore da quando ha deciso di lavorare per l’uomo al quale ha tentato di rubare, ed è già all’azione. Ha paura che qualcuno la veda, qualche guardia…

Lei è brava a rubare, ma per strada, in mezzo al caos, al mercato del paese, non così seriamente. E’ la prima volta che entra nella casa di qualcuno per derubarlo, e sta seguendo il suo istinto.

Si è portata dietro il suo pugnale, non sa bene perché, ma tutte le volte che lo tiene in mano si sente più sicura.

Inizia ad avventurarsi per i lunghi e bui corridoi dell’enorme casa, pensando a quello che deve fare.

“Appena entrata, devi seguire il corridoio principale fino a che non trovi un bivio, poi svolti a destra. La stanza è la prima. Entri nella camera da letto di monsieur Rinald, cerchi la stanza nascosta e senza farti sentire rubi il documento. Non puoi sbagliare, è l’unico. Poi scappi. E non preoccuparti della sorveglianza, ho corrotto le guardie affinché ti lascino passare indisturbata.”

Ricorda chiaramente le parole dell’uomo. Ma Arnielle non si fida molto di lui, e ha paura che qualcuno la intralci.

Arnielle svolta a destra alla fine del corridoio, e sente qualcosa. Il rumore di qualcuno che russa nelle vicinanze. Si avvicina alla prima porta che vede e sbircia attraverso la serratura. Riesce solo a vedere la luce soffusa di una candela e delle lenzuola che si alzano e si abbassano aritmicamente.

Allora l’uomo le aveva detto il vero. Quella era la stanza che le interessava, e non c’era nessuna guardia che le impedisse il passaggio.

Arnielle ora si sente più sicura: spinge con cautela la porta ed entra. Inizia a cercare la stanza nascosta, perlustra ogni centimetro, inutilmente.

Ma è proprio l’enorme quadro che ricopre praticamente tutta la parete di fronte a lei ad incuriosirla. Sente che quella è la strada giusta.

E infatti, dopo aver esaminato attentamente il dipinto, si accorge che, tra i particolari più insignificanti, ce n’è uno che somiglia molto alla serratura di una porta vera e propria.

Stupita delle sue capacità, Arnielle fruga nella piccola borsa che si è portata dietro. Non può perdere tempo a cercare la chiave, chissà dov’è… Dovrà aprire la porta in un altro modo.

Inizia a trafficare con la serratura. Dopo qualche secondo, finalmente, sente uno scatto netto. Arnielle si accorge che una parte del quadro è come sprofondata di qualche centimetro rispetto al resto della superficie e, soddisfatta, spinge quella che si è appena rivelata essere una porta.

Prima di entrare nella stanza, getta un’occhiata al letto dell’uomo. Tutto tranquillo.

Adesso deve muoversi e, soprattutto, agire molto silenziosamente: non può rischiare che monsieur Rinald si svegli. Non vuole immaginare che cosa potrebbe accadere se succedesse il contrario.

Torna a concentrarsi sulla missione. Inizia a cercare ovunque e, dopo quasi mezz’ora, non ha ancora trovato niente. Sta per mettersi a piangere: lei ha bisogno di quei soldi, non può finire così.

E poi lo vede. Proprio lì, sotto a una candela spenta che però prima non ha notato.

Ecco il documento…

Arnielle lo prende, felice.

Ma è quando si volta per andarsene che il sorriso sul volto le sparisce tutto d’un colpo, e che la paura la invade.

“Brutta ladruncola che non sei altro!”

Monsieur Rinald è davanti a lei, con un moschetto in mano.

“Dammi immediatamente quel foglio che hai tra le mani e non ti succederà niente…”

Arnielle non cede: lo nasconde velocemente dietro la schiena.

“Che stupida… E’ così che la mettiamo? Allora addio, bambina…” L’uomo le punta l’arma contro.

Arnielle ha paura, è come pietrificata, ma deve fare qualcosa per salvarsi.

Ma cosa?

E’ quando il grilletto scricchiola che Arnielle agisce: gli si getta contro, sperando di spostarlo dalla porta e quindi lasciarle un piccolo spazio per fuggire; sobbalza quando il colpo viene sparato a vuoto, e le prende il panico quando si rende conto che la sua idea non è riuscita.

Arnielle viene immobilizzata a terra, sta per piangere. Quando crede che il peggio stia per accadere, lo fa.

Non sa come, ma estrae il suo pugnale e, rapida, colpisce ripetutamente monsieur Rinald sul petto, a occhi chiusi.

Si ferma soltanto quando il corpo smette di lottare. Riapre gli occhi, che le si riempiono definitivamente di lacrime quando vede il suo pugnale sporco di sangue.

Si sente ancora peggio quando si rende conto della scena di cui è protagonista: c’è sangue ovunque, sui suoi vestiti, sul pavimento, intorno all’uomo che giace a terra senza vita…

Si guarda le mani: sono macchiate anche quelle…

Arnielle non può più stare lì: raccoglie il foglio che l’ha quasi portata alla morte ed esce dalla stanza ancora con le lacrime agli occhi.

 

Quando il giorno seguente incontra il mandante del furto, Arnielle non si è ancora ripresa.

Sa che non riuscirà a nascondere il suo stato d’animo, e sa che il suo volto è un libro aperto: ha paura che l’uomo scopra la terribile cosa che ha fatto.

Tiene stretto nelle mani il documento, e aspetta il suo arrivo fissando lo sguardo sulle gocce d’acqua che cadono da un tetto nella pozza d’acqua poco lontana da lei, senza però vederle veramente.

Stacca gli occhi da lì solo quando sente la voce dell’uomo che la saluta, e che le chiede il documento.

In cambio, lui le porge un sacchetto molto più grande di come se l’era immaginato.

Arnielle lo prende e ne controlla il contenuto. Sgrana gli occhi; dentro ci sono il doppio di livres che le erano state promesse.

L’uomo coglie la sua espressione stupita e, prima di andarsene, si limita soltanto a dirle: “Complimenti. Hai superato ogni mia aspettativa.”

Arnielle continua a guardare il sacchetto che ha tra le mani, ed è così che una consapevolezza prende forma nella sua testa, e deve accettarla, per quanto essa sia terribile.

E’ così che capisce: non è sufficiente solo rubare; uccidendo, verrà ricompensata meglio, e potrà dare un vero aiuto alla sua famiglia.

 

Arnielle concluse, senza una lacrima. Ma aveva smesso di guardare Risha, e fissava il vuoto. Aveva parlato, ininterrottamente, richiamando le immagini impresse a fuoco nella sua testa.

E soffriva, come aveva sofferto quella volta. Faceva male come allora. Bruciava, e sapeva che il dolore non sarebbe passato mai, quella non era una ferita che si rimarginava. Se la sarebbe portata dietro per sempre, l’avrebbe dovuta sopportare.

Solo che ogni volta che uccideva qualcuno, qualcos’altro si rompeva, e non si riparava più. Ogni vittima, quelle della necessità, quelle della rabbia e quelle della vendetta, rimanevano nella sua testa come la prima. Il dolore del momento dell’omicidio si affievoliva. Era diventato più facile.

Ma il dolore che si portava dentro, quello non si affievoliva. Quello cresceva.

Adesso lo sapeva. E Arnielle capì perché Risha le avesse chiesto di ricordare il suo primo omicidio.

Lo guardò, e lui la guardava.

Lo sapevano entrambi; avrebbe potuto finire lì. Arnielle avrebbe potuto scendere da quella torre, cercare di dimenticare, rinchiudere quel dolore da qualche parte nella sua testa e tirare avanti. Ricordare la sua famiglia, dimenticare il modo in cui era stata uccisa. Trovare un lavoro, uno onesto, magari in fabbrica. Trovare un uomo. Sposarsi. Avere dei bambini. Vivere, semplicemente vivere.

Ma poi?

Non sarebbe mai stata felice. O forse lo sarebbe stata, ma quella sarebbe stata una gioia sottile, superficiale. Non esiste la felicità dopo che si è ucciso.

Il dolore che provava se lo sarebbe sempre portata dentro. Quello del suo primo omicidio, e quello di tutti gli altri.

Ormai era lì, nella sua pelle, non l’avrebbe mai scacciato. Non avrebbe avuto senso aver provato tutto quel dolore, per poi farne niente. Adesso che aveva ucciso, era inutile decidere di non farlo più. Se la sua felicità non aveva più modo di esistere, esisteva una causa per cui combattere.

Risha alzò il viso e, per un brevissimo istante, Arnielle vide un bagliore sotto il suo cappuccio, dove il fuoco si rifletteva nei suoi occhi.

“Sei ancora decisa ad unirti alla Confraternita degli Assassini?”

“Adesso sì.”

Un sorriso si disegnò sul volto del Maestro, e l’atmosfera tornò quella di prima. Forse c’era un che di amaro, nel suo sorriso, ma Arnielle si sentì di nuovo allieva, di nuovo giovane.

Anche lei riuscì a sorridere e, così, Risha le fece cenno di avvicinarsi.

“Coraggio.”

La ragazza fece un respiro, e obbedì.

Appena gli fu arrivata di fronte, il suo Maestro cominciò a recitare delle parole in una strana lingua che lei non conosceva. Doveva essere la lingua dei primi Assassini.

Anche se non ne capiva il significato, le sembrava di cogliere fino in fondo l’essenza di quelle parole. La sua emozione iniziò a farsi sempre più grande.

“Queste sono le parole dei nostri antenati, il cuore del nostro Credo.” le disse Risha.

A quel punto Jacques si fece avanti, con espressione seria. La guardò intensamente. “Quando gli altri seguono ciecamente la verità, ricorda...”

“...Nulla è reale.” completò Arnielle.

 “Quando gli altri si piegano alla morale o alla legge, ricorda...”

“...Tutto è lecito.” finì la ragazza, con il cuore che le batteva forte.

“Agiamo nell'ombra per servire la luce…” disse Risha. Si mise una mano sul petto, e così fece anche Jacques. “Siamo Assassini.”

“Nulla è reale, tutto è lecito.” ripeterono i tre all’unisono.

L’aria tutto intorno a loro sembrò vibrare di quelle parole.

“D’accordo Arnielle, è il momento.” riprese Risha “Sei ancora molto giovane, ma ricorda che questo giuramento è per la vita. Sei pronta a unirti a noi?”

La ragazza rimase qualche secondo in silenzio per trovare la forza di pronunciare quelle parole. Poi, qualcosa dentro di lei sembrò darle la spinta per farlo, e le parole le uscirono di bocca quasi automaticamente, ma piene di convinzione. “Lo sono.”

A quel punto Risha sollevò dal fuoco un paio di grosse tenaglie, la cui cima era una specie di anello incandescente. Arnielle sentì per un secondo un vuoto allo stomaco. Risha le si avvicinò.

“Non preoccuparti. E’ solo un attimo.” le sussurrò dolcemente.

Arnielle chiuse gli occhi e tese la mano sinistra leggermente tremante. Sentì il calore dell’anello incandescente avvicinarsi sempre di più alle sue dita. Poi il metallo venne a contatto con la carne del suo anulare, e strinse forte i denti per il dolore.

Ma Risha aveva ragione; fu solo un attimo.

Sentì il bruciore scemare lentamente, e riaprì gli occhi. Adesso, attorno al suo anulare, c’era il marchio degli Assassini.

“Benvenuta Arnielle. Ora sei una di noi.” le disse amichevolmente Jacques, facendole un grosso sorriso.

La ragazza lo ricambiò. Poi fu Risha a parlare. “Sei stata bravissima Arnielle. Non hai neanche urlato.” le disse orgoglioso, e le sorrise.

“Già…” intervenne Jacques, con aria tranquilla “Non come qualcuno di mia conoscenza.” e sollevò gli occhi al cielo con aria innocente.

Risha si voltò di scatto e lo colpì al petto con il dorso della mano. “Che cosa dici? Sta’ zitto, idiota!” disse stizzito.

Arnielle, Jacques, e alla fine anche Risha, si misero a ridere. Poi i due uomini tornarono seri, e altrettanto dovette fare Arnielle. Si preoccupò un attimo: pensava che fosse finita, non riusciva a capire cos’altro ci fosse da fare.

“Bhé, vai prima tu, Jacques?” chiese Risha al suo amico.

“Come preferisci.” rispose allegramente il ladro.

Arnielle guardò entrambi con aria interrogativa. “Dove va Jacques?” chiese preoccupata.

Jacques le sorrise sornione, e indietreggiò lentamente fino al parapetto della torre. Poi ci salì sopra e si buttò di sotto.

Mon Dieu! JACQUES!!” urlò lei, precipitandosi verso il punto da cui era sparito.

Risha la fermò prontamente per un braccio.

“Non mi avevi detto che la chiusura del rito prevedesse il suicidio di qualcuno!” esclamò spaventata.

Risha rise appena. “Tranquilla Arnielle. Jacques sarà giù ad aspettarci.”

“Sì!” ribatté lei “Morto!”

Risha rise di nuovo. “Ma no! Ti vuoi fidare di me?”

La ragazza respirò profondamente per calmarsi. A quel punto Risha la lasciò, e disse: “Vedrai che ti piacerà. Apri bene le braccia, e ricordati di raggomitolarti mentre cadi… Così.” concluse, e seguì Jacques di sotto dalla torre.

Arnielle prese un lungo respiro; immaginava che Risha non la volesse morta in fondo a quella torre. Ma aveva ancora paura. Poi una forza che non sapeva di avere, quasi una memoria ancestrale, la condusse decisa in cima al parapetto. E infine, l’Assassina si lanciò nel vuoto.

Non sapeva cosa avrebbe trovato alla fine di quella caduta, ma il suo corpo agì per lei; allargò le braccia, compì una capriola raggomitolata su se stessa, e prima che potesse rendersene conto, era atterrata in un soffice mucchio di fieno.

Quando venne fuori, si spolverò i vestiti per liberarsi delle spighe, e si ritrovò davanti a Risha e Jacques che la guardavano soddisfatti.

“Com’è stato?” le chiese il ladro.

“Fantastico!” esclamò Arnielle, a cui ancora mancava il fiato.

“Ne ero sicuro.” rispose Jacques ridendo.

Risha fece un passo avanti. “Era il Salto della Fede.”

“Il mio primo Salto della Fede.” ripeté Arnielle eccitata.

Risha lanciò uno sguardo a Jacques. “Mh… Sì… Più o meno.”

“E adesso cosa facciamo?” chiese la ragazza sempre più emozionata.

“Adesso Arnielle, torniamo a casa. Devo darti delle cose.” rispose Risha.

 

Non appena entrò in camera sua, fu la prima cosa che vide.

Appeso alla testata del letto, di un bianco abbacinante. Il cappuccio era un tutt’uno con una lunga casacca aperta sul petto, e allacciata con alcuni semplici bottoni di metallo.

Al di sotto si scorgeva una specie di pagliaccetto broccato di rosso, ma senza alcuna gonna.

Al suo posto, unite al corpetto con delle cinghie, c’erano delle pesanti calze nere. Alle stesse cinghie erano cuciti due foderi; uno conteneva cinque coltelli da lancio, l’altro ospitava un pugnale dalla lama corta.

Sulla schiena, tenute ferme da un’altra serie di cinture, c’erano invece la guaina dello stiletto, e quella di un leggero fioretto. Sulle spalle, infine, era appuntato un lungo mantello dalla forma triangolare, con l’interno di seta rossa e l’esterno di velluto nero. 

Ai piedi dell’abito erano appoggiati due grossi stivali di cuoio marrone, con broccato rosso nei risvolti e un altro fodero per i coltelli nel destro. Ad essi, erano allacciati due solidi schinieri di metallo.

Il resto dell’armatura era appoggiata sul letto. C’erano degli elaborati spallacci da collegare all’abito attraverso alcuni lacci di pelle, una leggera corazza da mettere sotto i vestiti e, infine, due magnifici antibracci.

Il suo abito da Assassina.

Arnielle si avvicinò, rapita, al letto, e prese tra le mani l’antibraccio sinistro. Sfiorò delicatamente con le dita il simbolo degli Assassini in rilievo sulla sua superficie, e poi provò con lentezza a infilarselo. Non sapeva bene come fare, e non ci riuscì subito.

Prima che potesse riprovare, però, le sue mani vennero coperte da quelle di Risha, che guidarono piano i suoi movimenti.

Arnielle alzò lo sguardo, e sorrise. Il bracciale scattò, cingendole l’avambraccio in una morsa nuova, eppure familiare.

L’Assassina, per la prima volta in vita sua, si sentì completa.

Risha le lasciò la mano. “Muovi il polso.” ordinò.

Arnielle obbedì, e in uno scatto, la lama nascosta apparve lungo il suo pugno. La ragazza l’osservò per qualche istante, immaginò il sangue di cui si sarebbe macchiata, ma non ebbe paura. Sapeva soltanto che era la cosa giusta da fare.

Con un movimento opposto, fece rientrare la lama nel suo alloggiamento, e poi guardò Risha.  “Grazie.”

Ed era ovvio che quel grazie non si riferiva soltanto al fatto di averla aiutata a indossare la lama celata.

Risha lo capì, e sorrise. “Grazie a te.”

Rimasero per qualche istante a guardarsi in silenzio, e come non mai Arnielle desiderò poter incrociare i suoi occhi.

Poi Risha sembrò riscuotersi, e abbozzò un altro sorriso. “Bhé, cosa aspetti? Indossala.”

Arnielle lo guardò emozionata. Raccolse gli abiti e l’armatura, e corse verso la porta che conduceva alla stanza attigua. Fece un grosso sorriso a Risha, e lo guardò per un altro istante, illuminato dalla luce della luna. Poi, si chiuse la porta alle spalle.

Quando fu completamente vestita, si sentì molto soddisfatta. La stoffa aderiva perfettamente al suo corpo, come se le fosse stata cucita addosso, e l'armatura era della misura giusta per lei. Nonostante avesse tutto quel metallo addosso, non si sentiva affatto pesante.

Continuò a guardarsi orgogliosa nella lastra di bronzo lucido. Sorrise al pensiero delle difficoltà che aveva avuto per indossarla; a un certo punto aveva tentato di mettersi uno spallaccio sul ginocchio, ma alla fine aveva capito che non era quello il suo posto giusto.

E adesso aveva indosso l'ultimo abito che avrebbe mai messo. Non lo sentiva come un'armatura, come qualcosa di esterno: era parte di lei, una seconda pelle, così come le armi non erano altro che il prolungamento del suo braccio, e la lama celata una delle sue dita.

E si vedeva bella. Bella davvero, per la prima volta. Bella e misteriosa, proprio come Risha.

Finalmente, si sentiva se stessa.

Voleva condividere con il suo Maestro quell'immensa felicità che l'aveva invasa improvvisamente, così si catapultò nella sua stanza.

“Ri...!” ma Risha non c'era più.

La stanza era vuota, e la luna disegnava i suoi riflessi argentei sul pavimento e sulle pareti.

Si chiese dove diavolo si fosse cacciato così senza preavviso; all'inizio pensò che fosse semplicemente in un'altra stanza, così si avviò verso la porta.

Ma mentre stava per mettere la mano sulla maniglia, con la coda dell'occhio notò qualcosa appoggiato sulla superficie del piccolo tavolo in un angolo della stanza.

Si avvicinò, aggrottando le sopracciglia preoccupata, sperando di sbagliarsi.

Non poteva averlo fatto. Non poteva averla abbandonata, non proprio adesso, e senza neanche dirle che se ne sarebbe andato, senza neanche salutarla.

Ma quando fu abbastanza vicina un triste sorriso le si disegnò sulle labbra: sul tavolo, c'era l'ultimo regalo di Risha.

 

[1] Fu un generale francese, maresciallo di Francia. Ce lo siamo immaginato molto come Gonfaloniere dell’Ordine dei Templari.

[2] Non sappiamo con precisione quali unità di misura venissero usate al tempo, ma navigando su internet abbiamo trovato i pollici. Abbiamo messo 6 pollici perché corrispondeva a una qualche misura in centimetri, ma abbiamo trovato la corrispondenza molto tempo fa, e adesso non ci ricordiamo a quanto equivaleva .-.

 


Ciao ragazzi! Ecco a voi il decimo capitolo della nostra fanfic, e anche l’ultimo di questi noiosi capitoli di transizione. E’ passato molto tempo da quando lo abbiamo scritto, ma ricordiamo ancora troppo bene la fatica che abbiamo impiegato per farlo.

E’ uno dei nostri capitoli preferiti, uno di quelli che alla fine sono venuti fuori meglio degli altri, e ne siamo soddisfatte u.ù (anche basta con questa modestia, direte voi, e avete ragione. xD!)

Dunque… Come avrete sicuramente notato, non è per niente corto (crediamo sia uno dei più lunghi mai scritti fino ad ora) e raccoglie in sé diversi eventi.

Arnielle ce l’ha fatta a mettersi nei guaixD, e alla fine ha anche capito il suo errore, per la felicità di Risha (e anche la nostra!), però è testarda e, soprattutto, non riesce sempre a fare quello che dice il suo Maestro e, ovviamente, l’unica volta che riesce ad avere il permesso di uscire di nascosto, lo incontra al mercato. -.-‘’

La parte del giuramento è stata la più impegnativa in assoluto, il ricordo del primo omicidio compreso. Questa parte non poteva assolutamente mancare nella nostra fanfic, ci aveva colpite molto in Assassin’s Creed II, e dovevamo riproporla in tutte le maniere u.ù

Anche l’ultimissima parte era d’obbligo. Ci piace molto il cambiamento di Arnielle, che finalmente diventa una vera Assassina, con la A maiuscola.

E ora? Che succederà? E Risha…?? Booooooooooo!xD Sta a voi scoprirlo!

Non c’è altro da dire per il momento. Speriamo che il capitolo vi piaccia!

A presto lettori!



  
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