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Autore: Blackmoody    04/02/2006    7 recensioni
Popolo del Togenkyo!
La legge è questa: il principe Seiten
sposo sarà a chi, di sangue regio,
spieghi i tre enigmi ch'egli proporrà.
Ma chi affronta il cimento e vinto resta
porga alla scure la superba testa!
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Cho Hakkai, Genjo Sanzo Hoshi, Kanzeon Bosatsu, Sha Gojio, Son Goku
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Turandot

 

 

 

Turandot

 

 

Atto terzo

 

 

 

Tu, che di gel sei cinto,

da tanta fiamma vinto

l’amerai anche tu, l’amerai anche tu…

Prima di quest’aurora

io chiudo stanca gli occhi

perch’egli vinca ancora…

e per non vederlo più.

[ da “Turandot” – Atto terzo]

 

 

 

 

La notte scese sulla capitale quasi senza far rumore: la grande città sonnecchiava indolente nella frescura della sera, sotto l’ombra imponente della reggia. E proprio qui, sebbene dall’esterno ben poco si notasse, molte persone erano prese da un frenetico subbuglio, entravano e uscivano, bisbigliavano negli angoli, nervose e concitate, cercavano qualcosa senza trovarlo.

Il principe Seiten aveva emanato un ordine al quale era pressochè impossibile sottrarsi: tutti coloro che vivevano a corte, nobili, dignitari, servi e soldati, dovevano assolutamente scoprire il nome dello straniero biondo, altrimenti alcuni, scelti a caso, sarebbero stati messi a morte come esempio di inefficienza per gli altri. Un ordine di crudeltà indiscutibile.

Ma non mancavano poi troppe ore all’alba e ancora nessuno aveva trovato traccia di quel nome maledetto, e l’agitazione cresceva di minuto in minuto, opprimendo il palazzo intero. E il proprietario di quel nome, nel frattempo, passeggiava per i giardini immensi che si aprivano sui bastioni, respirando la pulita aria notturna.

Non avrebbero saputo chi era, pensava Sanzo, ne era sicuro. Ancora poco tempo, e la vittoria sarebbe stata sua… la vittoria, e forse Son Goku stesso. Le lanterne brillavano fioche tra le foglie, e sopra si apriva un cielo trapunto di piccole stelle, chiare e visibilissime dacchè la luna era tramontata: il biondo principe alzò la testa per guardare quei lontani punti luminescenti, pregando che il mattino giungesse al più presto. La notte si sarebbe dileguata, le stelle sarebbero scomparse dalla volta celeste, e lui all’alba avrebbe vinto.

Si augurava soltanto che suo padre e Yaone, che aveva lasciato nella loro stanza, stessero bene.

- Apprezzi i miei giardini, straniero? – fece una voce di donna alle sue spalle.

Sanzo si voltò, vedendo l’imperatrice avanzare verso di lui con un sorriso compiaciuto, avvolta in una leggera veste da notte.

- Vostra altezza – la salutò chinando appena il capo. Non si aspettava certo di ricevere una sua visita.

- Sei forse preoccupato per l’esito cui questa nottata potrà portare? – domandò ancora Kanzeon Bosatsu, raggiungendolo – Non avresti tutti i torti, in fondo. Da parte mia, sai che ti auguro ogni bene con mio figlio -

Sorrise ancora e si scostò una ciocca di capelli dalla fronte. Sanzo la squadrò con serietà:

- Il principe Seiten… è veramente vostro figlio? – chiese a sua volta. Non sapeva da dove gli fosse venuto in mente.

L’imperatrice parve stupita: - Come mai te ne esci con un dubbio simile, straniero? –

Il biondo scrollò le spalle: - Ho soltanto notato che non vi assomiglia affatto. Tutto qui – rispose laconico.

- Mi congratulo per la perspicacia, allora. Non è veramente mio figlio, no, anche se da lungo tempo ormai lo considero tale. E credo – disse lei guardandolo negli occhi – che tu debba sapere la sua storia, arrivato a questo punto. Mi ero ripromessa di narrarla soltanto a colui che avrebbe superato la prova… e conquistato il suo cuore – aggiunse maliziosa.

Sanzo mosse un passo indietro per precauzione: - Credo di limitarmi alla prima caratteristica – protestò. Il tono gli era uscito con molta più debolezza di quanta avesse cercato di evitare. La donna sorrise per la terza volta e non commentò quell’affermazione; si sedette invece sul bordo delle mura e si sistemò la stoffa della veste sulle spalle, come per ripararsi dalla frescura.

- Ed ora ascoltami bene, principe ignoto – esordì, e prese a raccontare.

Svariati anni prima, suo marito l’imperatore era morto senza avere il tempo di farle concepire un erede – c’era chi parlava di omicidio politico per mano di alcuni cospiratori – e lei aveva preso una decisione: con la scusa del lutto, che peraltro era sincero, sarebbe partita con una piccola scorta alla ricerca di qualcuno che potesse prendere il posto di quel figlio mai avuto. Aveva viaggiato per il regno intero, e infine, in una remota regione montuosa, aveva trovato colui che cercava: un bambino di appena un anno dagli occhi dorati e un gran ciuffo di capelli castani, un bambino nato non da esseri umani, bensì dal cielo e dalla terra.

- Come sarebbe a dire? – la interruppe Sanzo, corrugando la fronte – Dunque Son Goku non è umano? -

- Né umano, né demone, né dio. E al tempo stesso, è tutte e tre le cose assieme – rispose Kanzeon Bosatsu.

Il biondo restò in silenzio, e lei proseguì nel suo racconto. Aveva quindi trovato il bambino giusto, e lo aveva preso con sé, facendo ritorno alla reggia: qui aveva comunicato al popolo e alla corte, in via ufficiale, che in quei lunghi mesi di viaggio si era ritirata in un luogo lontano dal caos della capitale per partorire e allevare il figlio che suo marito le aveva dato poco prima di morire. Nessuno aveva avuto dubbi, e il principe Son Goku era stato accolto con grande gioia e cresciuto con affetto.

- Sai, straniero, non è stato sempre come tu lo hai conosciuto – disse l’imperatrice, lo sguardo rivolto altrove – Fino a cinque anni fa era quello di un tempo, un ragazzino perennemente affamato e vivace, sensibile, giusto, con l’indole degna di un futuro sovrano. Fu in seguito a ragioni a lui note che è diventato così… e per colpa del diadema -

Sanzo alzò testa: - Il diadema d’oro che porta sulla fronte? Cosa c’entra? – chiese.

Kanzeon tornò a fissarlo, gli occhi che luccicavano alla luce delle lanterne: - C’entra completamente. È il diadema che lo porta a manifestare il suo io più crudele, poiché nel diadema stesso è racchiusa l’essenza del Seiten. Lo aveva quando lo trovai, e glielo tolsi immediatamente. Ho ragione di credere che lo abbia rindossato di sua volontà cinque anni fa –

- Se sapevate che è per colpa di quel diadema che vostro figlio si comporta così, perché non glielo avete sottratto di nuovo, di grazia? – sbottò il biondo principe, incapace di capacitarsi del comportamento ambiguo della donna.

Questa sorrise ancora: - Perché volevo che fosse il vincitore a farlo. Soltanto tu puoi, straniero –

Ci fu silenzio all’improvviso. L’affermazione dell’imperatrice aleggiò nell’aria attorno a loro finchè il suo eco non si spense, e lei non si rimise in piedi, spazzolandosi la lunga veste. Sanzo rimase zitto, aspettando un segno da Kanzeon Bosatsu.

- Mi affido a te, principe ignoto. Ho la sensazione che non fallirai tanto facilmente – disse a bassa voce, e veloce com’era giunta se ne andò, scomparendo tra le fronde scure, lasciando il biondo solo in compagnia dei suoi pensieri. Non che fossero granchè ordinati e coerenti, a dire il vero: il saggio suo proposito iniziale, quello di ottenere la vittoria solo per far assaggiare la sconfitta all’arrogante principe Seiten, si era tremendamente assottigliato, aveva perso consistenza ed importanza. La rivelazione sul diadema poneva in un’ottica del tutto diversa l’intera situazione, dal momento che Son Goku non era spietato per sua totale e vera natura.

Ma non ebbe tempo di riflettere a lungo su come risolvere la faccenda. Si udì un gran scalpicciare, rumore di porte spalancate e voci indistinte che crescevano sempre di più, all’altro capo dei giardini, e in men che non si dica Sanzo si vide circondare da una folla di gente, persone che aveva intravisto in quei giorni a palazzo; tra loro, davanti a tutti gli altri, vi erano i tre ministri. E nessuno di quei volti che lo scrutavano torvi negli sporadici bagliori delle lanterne promettevano niente di buono.

- Eccoti dunque, straniero! – lo apostrofò Gojuin. Era, se possibile, più pallido del solito – Non hai sentito il bando? Ad ogni soglia della reggia batte la Morte e reclama a gran voce il tuo nome! O la tua o la nostra vita, questo si chiede -

Il biondo s’irrigidì: - Che volete da me? – domandò, la voce dura e fredda. C’era qualcosa che non gli piaceva, in quei visi.

Gojyo si fece avanti: - Di’ tu che vuoi, piuttosto. Siamo disposti ad esaudire ogni tuo desiderio, purchè tu accetti di andartene… o di rivelarci chi sei – rispose – Fallo, e noi avremo salva la pelle! –

- È l’amore che cerchi? Ti cederemo le fanciulle più belle, i giovani migliori – disse Hakkai, concitato.

- O forse brami ricchezze? – aggiunse il rosso – Ogni tesoro a te, se è questo che desideri -

Sanzo si limitò ad un spazientito cenno di diniego, mentre la folla lo accerchiava sempre più d’appresso.

- Vuoi la gloria? Ti faremo fuggire, e tu sarai per sempre ricordato come colui che sconfisse il nostro principe! -

A quella frase, pronunciata da Gojuin, il biondo non riuscì subito a controbattere con un no secco e deciso: il Cancelliere gli stava offrendo l’occasione che lui stesso era andato cercando quando aveva deciso di presentarsi come pretendente. E se tutto, nella sua testa, fosse rimasto come prima, non avrebbe esitato ad accettare una tale proposta. Ma adesso…

- Inutili preghiere e tentativi! Crollasse il mondo, voglio Son Goku! – gridò, senza potersi trattenere oltre.

Perché la verità, volente o nolente, era quella, e nel gridarla se n’era reso conto.

La folla reagì con violenza, prese ad aggredirlo con parole rabbiose, dicendogli che no, non l’avrebbe avuto, che meritava di morire prima lui di loro perché aveva cercato i guai, non se li era ritrovati d’improvviso tra capo e collo a causa di un editto crudele.

Dicci il nome, il nome ! gli urlavano, e prima che Sanzo potesse controbattere in qualche modo ci furono nuovi scoppi di voci, stavolta più trionfanti, e alcuni soldati comparvero tra gli alberi, trascinando, si accorse il biondo con una punta d’orrore, suo padre e Yaone: i due si divincolavano, pur sembrando senza più forze, ed era chiaro che erano stati strappati inermi dai loro letti.

- Eccolo, il nome, è qua! – annunciò il capo delle guardie.

- Lasciateli andare! Costoro non mi conoscono! – si ribellò Sanzo. Avrebbe dovuto prevederlo, evitare questo…

Gojuin lo guardò con espressione tagliente: - Ah no? Non sono forse tuo padre e la tua serva? Se non sanno loro il tuo nome, chi altri qui potrebbe rivelarcelo? – disse. Komyo, intanto, si era accasciato a terra in ginocchio.

- Lasciateli! – ripetè il biondo, con rabbia impotente.

La folla prese allora a chiamare il principe in persona, e nel giro di pochi minuti Son Goku arrivò, uscendo da sotto le arcate del basso padiglione che si affacciava sui giardini e che ospitava le sue stanze: indossava una lunga tunica bianca e scarlatta, chiusa in vita da un semplice nastro, ma ciò non sminuiva il suo aspetto fiero e freddo. Tutti s’inchinarono, e Sanzo rimase a fissarlo.

- Principe divino – esordì Gojuin con una certa umiltà – Il nome dell’ignoto sta chiuso nelle bocche silenti del vecchio e della ragazza, e disponiamo di molti mezzi per strapparglielo, se così vorrete comandare -

Il giovane Seiten si soffermò un istante ad osservare i visi contratti e pallidi di Komyo e Yaone, poi si rivolse al biondo:

- Ti vedo agitato, straniero – lo schernì.

- La tua stessa agitazione, ora che l’alba si avvicina, si riflette su di me – ribattè caparbiamente Sanzo.

Son Goku scrollò le spalle con alterigia: - Staremo a vedere. Avanti, vecchio! – ordinò a Komyo – Parla! Il nome di tuo figlio! –

Ma l’anziano re rimase in silenzio, limitandosi a guardare il principe negli occhi senza mostrare tracce di paura. Il ragazzo ebbe un moto di stizza, sul punto di fare cenno agli sgherri che lo tenevano di costringerlo a rispondere, quando qualcuno lo prevenne:

- Il nome che cercate io sola posso dirvi -

Yaone era riuscita a divincolarsi dalla stretta dei soldati ed era corsa avanti, frapponendosi tra il principe Seiten e Komyo. Ansimava, era terrea in volto e tremava, eppure la sua voce era ferma e aveva lo sguardo deciso. Sanzo, che nel frattempo era stato a sua volta trattenuto dalle braccia salde di due guardie, represse un grido furioso: la ragazza lo avrebbe dunque tradito?

- Conosco il suo nome – aggiunse lei – E lo terrò segreto, custodendolo io soltanto! -

La folla mormorò a denti stretti, imprecandole contro; gli sgherri la riafferrarono, e il biondo comprese allora che Yaone si stava esponendo affinchè non facessero del male a suo padre, non certo per tradire lui. Non avrebbe dovuto permettere una cosa del genere, ma d’altronde che altro poteva fare a quel punto? E la giovane donna appariva oltremodo convinta del proprio gesto.

Il principe, frattanto, le si era avvicinato: - Il nome – disse. Yaone scosse la testa, le labbra serrate.

- Il nome! – intimò Son Goku per la seconda volta, più minaccioso.

La ragazza sollevò la testa per guardarlo: - La tua serva chiede perdono ma obbedir non può – rispose.

E all’improvviso gridò di dolore. I suoi aguzzini le avevano serrato le braccia con violenza, tirandogliele indietro.

- Smettetela! – urlò Sanzo. Perché, perché quella pazza lo stava facendo? Perché rischiare la vita per lui?

Tutti trattennero il fiato, in attesa. Infine Yaone fece nuovamente udire la propria voce, adesso ben più flebile: - No… non mi fa male, nessuno mi sta toccando… Stringete pure… ma chiudetemi la bocca – sussurrò – Non resisto più… -

Il giovane Seiten la osservava, serio, la fronte aggrottata, e il biondo credette di notare ancora un lampo di qualcosa di ben diverso dalla sua solita freddezza balenargli in viso: - Sia lasciata – ordinò – Parla, donna –

Yaone inclinò mestamente il capo: - Piuttosto morirò, vostra altezza – replicò con dolcezza.

- Da dove ti viene tanta forza? – le domandò il principe. Sembrava più curioso che adirato.

Sanzo, suo padre, i tre ministri e il resto della folla non dissero niente e concentrarono le proprie attenzioni sulla ragazza, sebbene per motivi completamente diversi. Però la sottile ammirazione mista a pietà che iniziavano a provare nei suoi confronti era la stessa.

- Mi viene da una promessa che mi feci – rispose lei – E dall’amore per un uomo che non c’è più, principe. Un uomo che sacrificò la vita per il mio signore, dopo che questi aveva salvato la sua e la mia, tanto tempo fa – spiegò, e si girò verso il biondo.

Quest’ultimo capì a quale accadimento si stava riferendo: non avrebbe mai potuto dimenticare uno dei suoi più cari amici – pochi, a dire il vero – colui che nella disastrosa battaglia in cui Cho’an era stato conquistato dagli invasori gli aveva fatto scudo con il proprio corpo. Kogaiji, figlio del consigliere di Komyo suo padre, amante e poi promesso sposo di Yaone. Sanzo aveva evitato loro la morte anni addietro, in un’imboscata, e da allora i due gli erano stati fedeli e vicini. Lo ricordava eccome.

- Quando quell’uomo morì, ripagando così il debito che aveva verso il mio signore, mi ripromisi che anche io avrei offerto la mia vita per aiutare costui, se mai ce ne fosse stato bisogno – stava dicendo la ragazza – Quel momento è giunto -

Il biondo si divincolò: - Yaone, no! Non è necessario! Non fare idiozie! – le gridò.

Per tutta risposta, lei gli rivolse un sorriso triste. Aveva già preso la sua decisione, e nemmeno lui poteva farci alcunchè. Ma gli astanti iniziarono a reclamare la presenza del boia e dei suoi scagnozzi, tanto era il loro terrore di morire, e Gojuin, dato che il principe Seiten non si esprimeva, gli occhi ancora puntati su Yaone, si trovò costretto a mandare a chiamare l’uomo.

- Sia messa dunque alla tortura! – vociarono in molti.

La giovane donna, a quelle parole, ebbe un fremito: - No, vi scongiuro… ho paura di me… lasciatemi passare… - esalò.

- Parla, parla, se non cerchi la sofferenza! – insistettero.

E Yaone socchiuse le palpebre, prendendo un profondo respiro, e tornò a rivolgersi direttamente a Son Goku. Era rassegnata, ma non meno decisa: - Sì, principe, ascoltami… Anche se ora emani solo gelo attorno a te, presto lo amerai tu pure, lo amerai più di quanto lo abbiamo amato io, suo padre e tanti altri, lo amerai… E dal canto mio, prima di quest’alba chiuderò stanca gli occhi e il mio signore vincerà ancora, e sarete felici – fece una pausa; tutti ascoltavano, come rapiti, e Sanzo non cercava nemmeno più di fermarla. Ci fu un attimo di silenzio, poi riprese:

- Me ne andrò, sì, poiché non ho più niente che mi leghi a questo mondo, più niente da perdere da quando colui che amavo è morto. Chiuderò stanca gli occhi per smettere di soffrire, per poterlo rivedere… - sorrise di nuovo, ed estrasse un piccolo pugnale lucente dalle pieghe dell’abito - … per non sognarlo invano… mai più! -

E prima che qualcuno potesse fermarla, Yaone affondò la lama nel proprio petto, senza nemmeno un grido. Urlò la folla, invece, e urlarono Sanzo e Komyo, mentre Son Goku fissava impietrito la scena, sgomento. La ragazza cadde a terra con un tonfo sordo, in una delle pozze di luce create dalle lanterne, i lunghi capelli corvini sparsi attorno al corpo che si andava imbrattando di rosso. Il biondo riuscì a liberarsi dalla presa dei soldati e corse verso di lei, inginocchiandolesi accanto: - Stupida… - mormorò.

Yaone stirò le labbra in un ultimo sorriso, poi chiuse gli occhi con un sospiro, una lacrima che le brillava appena sullo zigomo.

Era morta, e calò il silenzio sui giardini e sugli astanti. Nessuno si mosse o parlò, fin quando Komyo non raggiunse il figlio vicino alla giovane , piangendo piano: - Chiedetele perdono – disse alla folla lì riunita – Si è tolta la vita per causa vostra, per la vostra cordardia di popolo volubile… perciò chiedetele perdono, voi tutti! –

Allora, uno ad uno, dignitari, servi e soldati si fecero avanti, e Gojuin per primo s’inchinò al corpo di Yaone, e Gojyo e Hakkai seguirono il suo esempio, imitati dal resto della folla. Quei volti, che fino a pochi minuti prima esprimevano un crudele egoismo, erano adesso contratti dalla tristezza e dal senso di colpa, dalla compassione per il destino della ragazza. Alcune guardie ne sollevarono il corpo esile, issandolo sopra le teste di tutti, e con un rinnovato cenno di cordoglio a Sanzo e suo padre si avviarono verso la reggia in processione, improvvisato e solenne corteo funebre sotto le stelle immobili. Komyo si rialzò per andar loro dietro e strinse una mano al figlio: - Non scomparire anche tu, all’alba – bisbigliò.

 

 

Erano dunque rimasti solo loro due, nel giardino deserto illuminato dai bagliori caldi delle lanterne: da una parte il biondo principe, che ancora fissava la macchia di sangue che Yaone aveva lasciato sulla terra fresca; dall’altra il giovane Seiten, che gli dava le spalle e guardava ostinatamente verso il bordo dei bastioni, le mani serrate a pugno. Si sentiva quasi… triste.

Ma Sanzo non attese troppo per prendere la parola, da tanta che era la rabbia che provava il quel momento, rabbia dovuta principalmente al fatto che essa stessa era rivolta alla persona che aveva scoperto di desiderare. Così, si accostò al ragazzo e lo afferrò per un polso, costringendolo a voltarsi verso di lui:

- Tu per primo avresti dovuto chiederle perdono! – esclamò – Quel sangue innocente è stato versato per te! -

Son Goku si divincolò, altrettanto furioso: - Come osi, straniero? Lei si è sacrificata per te ! Non l’ho costretta io! – ribattè.

- Non l’avrebbe fatto se tu non avessi ricattato la tua corte! Detesto questa tua crudeltà gratuita, principe! -

Il giovane fece una smorfia: - Non sono stato più spietato di quanto alcuni di loro lo furono con me – disse con amara ironia.

Il biondo, stupito, gli lasciò il braccio. Di che cosa stava parlando? gli chiese.

- Perché vuoi saperlo? Perché dovrebbe interessarti? – rispose Son Goku in un soffio.

- Perché mi interessi tu, principe -

Questi alzò lo sguardo, colpito, ma si trattenne dal mostrare all’altro il proprio stupore. Cominciò invece a parlare senza fermarsi:

- Non cercare di confondermi con simili parole, straniero! Dimmi piuttosto se sai quanto si vocifera a proposito di occhi dorati come i miei… oh sì, dovresti saperlo, lo avrai sentito. Chi ha le iridi di questo colore è considerato un essere eretico, una specie di mostro, qualcosa di non completamente umano. E io lo sono, sì, lo sono… - strinse la stoffa della veste tra le dita – Ma nessuno se n’era mai curato, quando mi portarono qui, non se ne curarono fin quando alcuni bastardi, nobili nemici di mia madre che ponderavano di prendere il potere, non misero in piedi una cospirazione volta a spodestarmi dal ruolo di erede. Convinsero il popolo che chi aveva gli occhi dorati era indegno di vivere, che doveva essere ucciso senza pietà… e quanti omicidi ci furono nel regno, in quel periodo… e ancora nessuno aveva avuto l’ardire di ammazzare me. Ma io avevo un amico, il mio amico più caro, che aveva i miei stessi occhi ed era però completamente umano… Nataku, si chiamava -

S’interruppe, e Sanzo aspettò che continuasse.

- Quella notte di cinque anni fa… eravamo assieme. Lui era figlio di un dignitario, perciò viveva a palazzo, ci vedevamo sempre. E quella notte… i sicari dei cospiratori fecero irruzione nelle mie stanze, con l’intento di uccidermi, giustificando poi il loro gesto in nome di quell’odiosa dottrina che avevano inventato e diffuso… Ma non colpirono me. Uccisero Nataku, al mio posto – fece un sorriso storto – Fuggirono quasi subito, quando si accorsero dello sbaglio, e la cospirazione non fu mai più messa in atto. Era diventata troppo evidente, e lo scandalo era stato enorme. E lui, che non c’entrava niente, era morto… Fu allora che presi la mia decisione. Avrei fatto provare a quanti più principi e principesse e figli di nobili possibili il dolore, la sconfitta… a loro che mai nella loro vita li avevano conosciuti, che magari erano stati d’accordo nel dare contro gli esseri eretici ! -

Il biondo lo squadrò con severità: - Non puoi attribuire ai tuoi pretendenti la morte di Nataku – disse.

Son Goku incatenò il proprio sguardo ferito e rabbioso con il suo: - Tu non puoi capire! O forse sì, ma non m’importa! Tutti quegli stolti… meritavano di morire! Arrivavano qui, sicuri del loro successo, credendosi invincibili, infallibili… così odiosi! –

- Tu non pensavi forse la medesima cosa? – incalzò Sanzo. Ora vedeva l’umanità del principe Seiten, dietro i suoi occhi ardenti.

- E tu non sei forse come chi ti ha preceduto, straniero gonfio d’arroganza? – replicò il giovane.

Ma il suo tono era ferito, tormentato, non più freddo e tagliente, e il biondo gli si avvicinò, prendendolo per entrambe le braccia. Sentiva il desiderio crescere di nuovo, via via che apprendeva la verità su Son Goku.

- No che non sono come loro, principe – affermò con serietà assoluta – Né ti considero un eretico, se temi questo -

Il ragazzo provò a sottrarsi dalla sua presa: - Io non temo niente! Niente! Ma so di essere quello che sono, so quello che dicono… che non dovrei esistere, che non sarei mai dovuto nascere! Mai! – gridò.

Sanzo gli circondò allora la vita con le proprie braccia e lo tirò a sé, il viso vicinissimo a quello del Seiten, e lo guardò dritto negli occhi: - Invece esisti, Goku, e ne sono grato al Cielo – disse.

E lo baciò. Catturò le sue labbra, si fece strada tra esse, e intrecciò la lingua con quella morbida e calda del giovane, sentendolo irrigidirsi e ansimare di sorpresa. Ma la passione che aveva messo in quel contatto profondo era tale che di lì a poco il principe gli si abbandonò completamente, stringendosi a lui quasi con disperazione e ricambiando il bacio, i sensi infiammati. Per istanti lunghi quanto una vita mescolarono respiri, si dissetarono l’uno dalla bocca dell’altro, perdendosi.

E quando infine si staccarono, senza che la tempesta che si era in loro scatenata cessasse, Son Goku si accasciò quasi sul petto di Sanzo, che lo sorresse, e mormorò: - Che fai di me…? Lasciami… -

Il biondo si limitò a cingergli le spalle e si avvide che ad est l’orizzonte andava schiarendosi: - È l’alba –

- L’alba, sì… - sussurrò ancora il principe Seiten. Il bacio pareva averlo trasfigurato, lavando via la sua freddezza. E non per il bacio in sé, bensì perché era stato quell’uomo dai capelli di sole a donarglielo.

- Quando sei giunto qui, quando ti ho visto per la prima volta – proseguì il giovane – non ho potuto fare a meno di osservarti, straniero. E mi sentivo diverso, poiché diverso eri anche tu, rispetto agli altri. Quanti ho visto sbiancare e morire per me… e li ho scherniti, derisi… ma ho temuto te, per la luce che ti brillava negli occhi e per ciò che mi facevi provare. Ti ho amato, e per questo ti ho odiato, ed ero tormentato e diviso tra due terrori uguali… vincerti, o essere vinto. E vinto sono adesso… e non dall’esito dell’alta prova, ma da questa strana febbre… che mi viene da te -

Lo aveva ammesso. Il desiderio era reciproco, era lo stesso, e se Sanzo avesse voluto esprimersi avrebbe detto esattamente quelle parole. Si discostò un poco dal ragazzo e lentamente, dandogli la possibilità di fermarlo, gli sfilò il diadema d’oro.

Ma Son Goku non si ribellò, e il gioiello cadde al suolo, baluginando un istante nella luce tenue dell’aurora. Si udì un sospiro, e il principe chiuse gli occhi, nascondendo il volto tra le pieghe dell’abito del biondo, che attese. E quando riaprì le palpebre e rialzò il capo, Sanzo vide che le meravigliose iridi dorate del principe avevano perso il loro aspetto ferino, che erano tornate limpide, e che il suo bel viso di fanciullo era più dolce e colorito: - Bentornato – gli disse.

Goku si tastò la fronte: - Mi hai baciato solo per potermi togliere il diadema? – chiese a bassa voce.

- Ti avrei baciato comunque – fu la risposta.

Il giovane si allontanò di un passo, lo sguardo rivolto al sole che sorgeva. Cos’avrebbe dovuto fare, ora? Si sentiva felice, ma faticava a credere che il biondo fosse stato totalmente sincero. Era così sicuro di sé, caparbio… il tipo d’uomo capace forse di illuderlo, di farlo innamorare per poi abbandonarlo dicendo trionfante “hai perso, tu che ti credevi invincibile!”. E c’era ancora la faccenda del nome e dell’ultima prova, e lui era tornato ad essere quello di un tempo.

- Ti prego, straniero, non umiliarmi e mentirmi più di così… Hai vinto, perciò sei libero di andartene – sentenziò infine, a fatica. Non avrebbe voluto lasciarlo andare via, ma era la soluzione migliore – Parti col tuo segreto -

- Il mio segreto? – ripetè Sanzo – Non ne ho più, non m’importa ormai! Vittoria o meno, desidero che tu sappia il mio nome, principe, e lo saprai. Io sono Genjo Sanzo Hoshi, erede al trono del perduto regno di Cho’an -

Goku sobbalzò e impallidì: - Il tuo nome… so il tuo nome! – esclamò con una certa angoscia.

Doveva decidere, adesso, capire se doveva fare ciò che voleva con tutto sé stesso o se doveva piuttosto prestare fede al patto stipulato: a morte l’onore o a morte Sanzo, queste erano le uniche possibilità che vedeva.

Si girò verso il biondo, come per riceverne, paradossalmente un aiuto, e questi gli sorrise appena:

- Ti ho affidato la mia vita, Goku. La facoltà di scegliere è soltanto tua, ormai. E dopo una notte come questa potrà forse sembrarmi più dolce anche la morte – disse. Il sole ora era uscito per intero, nell’aria bianca e rosa dell’alba.

Le trombe squillarono in lontananza, nelle sale della reggia, e il giovane principe si rese conto che erano arrivati al momento della verità, quello in cui avrebbe decretato l’esito della prova e la sua decisione di fronte al popolo e a sua madre.

Represse la voglia di piangere e urlare per il peso di quella responsabilità e si gettò di slancio tra le braccia del biondo, cercandogli le labbra. Si baciarono di nuovo, sui bastioni, e poi Goku corse via, a prepararsi, non prima di aver mormorato il nome dell’altro a mo’ di estremo saluto – anche se non era detto che fosse davvero l’ultimo.

Sanzo rimase lì un po’, pensoso, e alla fine rientrò a sua volta nel palazzo, la mente bizzarramente sgombra.

 

 

La vasta sala del trono era, se possibile, ancor più gremita di gente di quanto non lo fosse stata il giorno precedente, in occasione della Cerimonia dei Tre Enigmi. L’imperatrice sedeva già sul trono, e ai due lati di esso, oltre ai tre ministri, vi era anche Komyo, sorretto rispettosamente da Hakkai: dopo il sacrificio di Yaone ciascuno di loro si era pentito in maniera sincera del comportamento vigliacco che avevano dimostrato tanto a lui quanto a suo figlio. E trepidavano per sapere come sarebbe finita.

Sanzo e il principe entrarono contemporaneamente nella grande stanza luminosa, e tutti si zittirono. Il primo si fermò a pochi passi dalla scalinata, il secondo a metà di questa, e a molti non sfuggì la sua espressione, così diversa rispetto al solito.

Goku guardò il biondo e la folla di fronte a sé per qualche attimo, poi si voltò verso Kanzeon Bosatsu:

- Madre augusta, e voi tutti – annunciò a gran voce – Conosco il nome dello straniero -

Gli astanti gemettero e sospirarono con rassegnazione, pronti ad assistere a quella che era probabilmente l’ovvia conclusione della vicenda, ma dovettero ricredersi quando il principe si girò nuovamente e disse:

- Ma ciò che più è importante è che appartiene all’uomo che ho scelto -

E sorrise come nessuno l’aveva più visto sorridere, e tese una mano in direzione di Sanzo. E questi, incredulo, stupito, felice anche se difficilmente l’avrebbe ammesso, si precipitò ad afferare quella mano calda tra le proprie e strinse Goku a sé, incurante del fatto di essere ben visibile agli occhi di una sala intera. Ma era solo un dettaglio minimo, in un momento come quello.

E l’imperatrice si alzò in piedi, sorridendo a sua volta, mentre i tre ministri, l’anziano re, i dignitari, le ancelle, i soldati e il popolo tutto battevano le mani ed esultavano, gridavano di gioia, cantavano tra le colonne e i raggi che entravano dalle alte finestre:

 

O sole, vita, eternità!

Luce del mondo è amore!

Ride e canta nel fulgore

l’infinita nostra felicità!

 

E in mezzo a tutti loro, in cima alla scalinata, stavano Son Goku e Genjo Sanzo Hoshi, abbracciati, come legati da un prezioso filo d’oro che mai più li avrebbe divisi, nel corso della loro lunga e luminosa esistenza.

 

 

 

••• Owari •••

 

 

 

 

 

 

 

 

Note dell’autrice: aaaaaaaah, ho finito anche questa! Ancora non me ne capacito, devo riprendermi… woah… Comunque sì, siamo giunti a conclusione, e la cosa, come sempre, mi rende felice e un po’ triste allo stesso tempo… accidenti a me che mi affeziono alle storie che scrivo!

Spero che anche quest’ultimo atto vi sia piaciuto, dato che mi è venuto particolarmente “corposo” e vario… fatemi sapere, mi raccomando. E a questo proposito, voglio ringraziare Hiso, Pois, Kairi, Nadia, Moon (devo ancora recensire il tuo ultimo capitolo @_@) e Kei, per i commenti allo scorso aggiornamento… ARIGATOU GOZAIMASU! Sono davvero contenta che la storia abbia riscosso successo! E come al solito ringrazio anche chi ha letto senza recensire e chi commenterà questo capitolo finale. In ogni caso, vi faccio una comunicazione e una proposta… La comunicazione è che sul mio sito trovate (e troverete) i disegni che sto facendo su questa fic, perciò tenetelo d’occhio à http://blackmoody.altervista.org

La proposta invece è la seguente: se per caso ci fossero cose che non vi tornano, nella storia, o vicende delle quali vorreste sapere di più non esitate a dirmelo e vedrò di scrivere qualche ‘extra’, d’accordo? Sì, sono strana, lo so… ^^”

Credo di aver detto tutto quello che avevo da dire. Pertanto vi saluto, ci sentiamo con la mia prossima storia (o meglio, con Last Song, dovrò pur rimettermi a scriverla – anche perché sennò la mia collega, Yume, mi falcia °-°). Un bacione à tout le monde!!

See you soon and go to the West! yours Black Moody

 

 

 

 

 

 

Special thanks to:

sensei Kazuya Minekura

G. Puccini, compositore dell’opera lirica originale

Copyright: Black Moody © All rights reserved

 

 

 

  
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