Turandot
Atto terzo
Tu, che di gel sei cinto,
da tanta fiamma vinto
l’amerai anche tu, l’amerai anche tu…
Prima di quest’aurora
io chiudo stanca gli occhi
perch’egli vinca ancora…
e per non vederlo più.
[ da
“Turandot” – Atto terzo]
La notte scese sulla capitale quasi senza far rumore: la
grande città sonnecchiava indolente nella frescura della sera, sotto l’ombra
imponente della reggia. E proprio qui, sebbene dall’esterno ben poco si
notasse, molte persone erano prese da un frenetico subbuglio, entravano e
uscivano, bisbigliavano negli angoli, nervose e concitate, cercavano qualcosa
senza trovarlo.
Il principe Seiten aveva emanato un ordine al quale era
pressochè impossibile sottrarsi: tutti coloro che vivevano a corte, nobili,
dignitari, servi e soldati, dovevano assolutamente scoprire il nome dello
straniero biondo, altrimenti alcuni, scelti a caso, sarebbero stati messi a
morte come esempio di inefficienza per gli altri. Un ordine di crudeltà
indiscutibile.
Ma non mancavano poi troppe ore all’alba e ancora nessuno
aveva trovato traccia di quel nome maledetto, e l’agitazione cresceva di minuto
in minuto, opprimendo il palazzo intero. E il proprietario di quel nome, nel
frattempo, passeggiava per i giardini immensi che si aprivano sui bastioni, respirando
la pulita aria notturna.
Non avrebbero saputo chi era, pensava Sanzo, ne era
sicuro. Ancora poco tempo, e la vittoria sarebbe stata sua… la vittoria, e
forse Son Goku stesso. Le lanterne brillavano fioche tra le foglie, e sopra si
apriva un cielo trapunto di piccole stelle, chiare e visibilissime dacchè la
luna era tramontata: il biondo principe alzò la testa per guardare quei lontani
punti luminescenti, pregando che il mattino giungesse al più presto. La notte
si sarebbe dileguata, le stelle sarebbero scomparse dalla volta celeste, e lui
all’alba avrebbe vinto.
Si augurava soltanto che suo padre e Yaone, che aveva
lasciato nella loro stanza, stessero bene.
- Apprezzi i miei giardini, straniero? – fece una voce di
donna alle sue spalle.
Sanzo si voltò, vedendo l’imperatrice avanzare verso di
lui con un sorriso compiaciuto, avvolta in una leggera veste da notte.
- Vostra altezza – la salutò chinando appena il capo. Non
si aspettava certo di ricevere una sua visita.
- Sei forse preoccupato per l’esito cui questa nottata
potrà portare? – domandò ancora Kanzeon Bosatsu, raggiungendolo – Non avresti
tutti i torti, in fondo. Da parte mia, sai che ti auguro ogni bene con mio
figlio -
Sorrise ancora e si scostò una ciocca di capelli dalla
fronte. Sanzo la squadrò con serietà:
- Il principe Seiten… è veramente vostro figlio? – chiese
a sua volta. Non sapeva da dove gli fosse venuto in mente.
L’imperatrice parve stupita: - Come mai te ne esci con un
dubbio simile, straniero? –
Il biondo scrollò le spalle: - Ho soltanto notato che non
vi assomiglia affatto. Tutto qui – rispose laconico.
- Mi congratulo per la perspicacia, allora. Non è
veramente mio figlio, no, anche se da lungo tempo ormai lo considero tale. E
credo – disse lei guardandolo negli occhi – che tu debba sapere la sua storia,
arrivato a questo punto. Mi ero ripromessa di narrarla soltanto a colui che
avrebbe superato la prova… e conquistato il suo cuore – aggiunse
maliziosa.
Sanzo mosse un passo indietro per precauzione: - Credo di
limitarmi alla prima caratteristica – protestò. Il tono gli era uscito con
molta più debolezza di quanta avesse cercato di evitare. La donna sorrise per
la terza volta e non commentò quell’affermazione; si sedette invece sul bordo
delle mura e si sistemò la stoffa della veste sulle spalle, come per ripararsi
dalla frescura.
- Ed ora ascoltami bene, principe ignoto – esordì, e
prese a raccontare.
Svariati anni prima, suo marito l’imperatore era morto
senza avere il tempo di farle concepire un erede – c’era chi parlava di omicidio
politico per mano di alcuni cospiratori – e lei aveva preso una decisione: con
la scusa del lutto, che peraltro era sincero, sarebbe partita con una piccola
scorta alla ricerca di qualcuno che potesse prendere il posto di quel figlio
mai avuto. Aveva viaggiato per il regno intero, e infine, in una remota regione
montuosa, aveva trovato colui che cercava: un bambino di appena un anno dagli
occhi dorati e un gran ciuffo di capelli castani, un bambino nato non da esseri
umani, bensì dal cielo e dalla terra.
- Come sarebbe a dire? – la interruppe Sanzo, corrugando
la fronte – Dunque Son Goku non è umano? -
- Né umano, né demone, né dio. E al tempo stesso, è tutte
e tre le cose assieme – rispose Kanzeon Bosatsu.
Il biondo restò in silenzio, e lei proseguì nel suo
racconto. Aveva quindi trovato il bambino giusto, e lo aveva preso con sé,
facendo ritorno alla reggia: qui aveva comunicato al popolo e alla corte, in
via ufficiale, che in quei lunghi mesi di viaggio si era ritirata in un luogo
lontano dal caos della capitale per partorire e allevare il figlio che suo
marito le aveva dato poco prima di morire. Nessuno aveva avuto dubbi, e il
principe Son Goku era stato accolto con grande gioia e cresciuto con affetto.
- Sai, straniero, non è stato sempre come tu lo hai
conosciuto – disse l’imperatrice, lo sguardo rivolto altrove – Fino a cinque
anni fa era quello di un tempo, un ragazzino perennemente affamato e vivace,
sensibile, giusto, con l’indole degna di un futuro sovrano. Fu in seguito a
ragioni a lui note che è diventato così… e per colpa del diadema -
Sanzo alzò testa: - Il diadema d’oro che porta sulla
fronte? Cosa c’entra? – chiese.
Kanzeon tornò a fissarlo, gli occhi che luccicavano alla
luce delle lanterne: - C’entra completamente. È il diadema che lo porta a
manifestare il suo io più crudele, poiché nel diadema stesso è racchiusa
l’essenza del Seiten. Lo aveva quando lo trovai, e glielo tolsi immediatamente.
Ho ragione di credere che lo abbia rindossato di sua volontà cinque anni fa –
- Se sapevate che è per colpa di quel diadema che vostro
figlio si comporta così, perché non glielo avete sottratto di nuovo, di grazia?
– sbottò il biondo principe, incapace di capacitarsi del comportamento ambiguo
della donna.
Questa sorrise ancora: - Perché volevo che fosse il
vincitore a farlo. Soltanto tu puoi, straniero –
Ci fu silenzio all’improvviso. L’affermazione
dell’imperatrice aleggiò nell’aria attorno a loro finchè il suo eco non si
spense, e lei non si rimise in piedi, spazzolandosi la lunga veste. Sanzo rimase
zitto, aspettando un segno da Kanzeon Bosatsu.
- Mi affido a te, principe ignoto. Ho la sensazione che
non fallirai tanto facilmente – disse a bassa voce, e veloce com’era giunta se
ne andò, scomparendo tra le fronde scure, lasciando il biondo solo in compagnia
dei suoi pensieri. Non che fossero granchè ordinati e coerenti, a dire il vero:
il saggio suo proposito iniziale, quello di ottenere la vittoria solo per far
assaggiare la sconfitta all’arrogante principe Seiten, si era tremendamente
assottigliato, aveva perso consistenza ed importanza. La rivelazione sul
diadema poneva in un’ottica del tutto diversa l’intera situazione, dal momento
che Son Goku non era spietato per sua totale e vera natura.
Ma non ebbe tempo di riflettere a lungo su come risolvere
la faccenda. Si udì un gran scalpicciare, rumore di porte spalancate e voci
indistinte che crescevano sempre di più, all’altro capo dei giardini, e in men
che non si dica Sanzo si vide circondare da una folla di gente, persone che
aveva intravisto in quei giorni a palazzo; tra loro, davanti a tutti gli altri,
vi erano i tre ministri. E nessuno di quei volti che lo scrutavano torvi negli
sporadici bagliori delle lanterne promettevano niente di buono.
- Eccoti dunque, straniero! – lo apostrofò Gojuin. Era,
se possibile, più pallido del solito – Non hai sentito il bando? Ad ogni soglia
della reggia batte la Morte e reclama a gran voce il tuo nome! O la tua o la
nostra vita, questo si chiede -
Il biondo s’irrigidì: - Che volete da me? – domandò, la
voce dura e fredda. C’era qualcosa che non gli piaceva, in quei visi.
Gojyo si fece avanti: - Di’ tu che vuoi, piuttosto. Siamo
disposti ad esaudire ogni tuo desiderio, purchè tu accetti di andartene… o di
rivelarci chi sei – rispose – Fallo, e noi avremo salva la pelle! –
- È l’amore che cerchi? Ti cederemo le fanciulle più
belle, i giovani migliori – disse Hakkai, concitato.
- O forse brami ricchezze? – aggiunse il rosso – Ogni
tesoro a te, se è questo che desideri -
Sanzo si limitò ad un spazientito cenno di diniego,
mentre la folla lo accerchiava sempre più d’appresso.
- Vuoi la gloria? Ti faremo fuggire, e tu sarai per
sempre ricordato come colui che sconfisse il nostro principe! -
A quella frase, pronunciata da Gojuin, il biondo non
riuscì subito a controbattere con un no secco e deciso: il Cancelliere gli
stava offrendo l’occasione che lui stesso era andato cercando quando aveva
deciso di presentarsi come pretendente. E se tutto, nella sua testa, fosse
rimasto come prima, non avrebbe esitato ad accettare una tale proposta. Ma
adesso…
- Inutili preghiere e tentativi! Crollasse il mondo,
voglio Son Goku! – gridò, senza potersi trattenere oltre.
Perché la verità, volente o nolente, era quella, e nel
gridarla se n’era reso conto.
La folla reagì con violenza, prese ad aggredirlo con
parole rabbiose, dicendogli che no, non l’avrebbe avuto, che meritava di morire
prima lui di loro perché aveva cercato i guai, non se li era ritrovati
d’improvviso tra capo e collo a causa di un editto crudele.
Dicci il nome, il nome ! gli
urlavano, e prima che Sanzo potesse controbattere in qualche modo ci furono
nuovi scoppi di voci, stavolta più trionfanti, e alcuni soldati comparvero tra
gli alberi, trascinando, si accorse il biondo con una punta d’orrore, suo padre
e Yaone: i due si divincolavano, pur sembrando senza più forze, ed era chiaro
che erano stati strappati inermi dai loro letti.
- Eccolo, il nome, è qua! – annunciò il capo delle
guardie.
- Lasciateli andare! Costoro non mi conoscono! – si
ribellò Sanzo. Avrebbe dovuto prevederlo, evitare questo…
Gojuin lo guardò con espressione tagliente: - Ah no? Non
sono forse tuo padre e la tua serva? Se non sanno loro il tuo nome, chi altri
qui potrebbe rivelarcelo? – disse. Komyo, intanto, si era accasciato a terra in
ginocchio.
- Lasciateli! – ripetè il biondo, con rabbia impotente.
La folla prese allora a chiamare il principe in persona,
e nel giro di pochi minuti Son Goku arrivò, uscendo da sotto le arcate del
basso padiglione che si affacciava sui giardini e che ospitava le sue stanze:
indossava una lunga tunica bianca e scarlatta, chiusa in vita da un semplice
nastro, ma ciò non sminuiva il suo aspetto fiero e freddo. Tutti s’inchinarono,
e Sanzo rimase a fissarlo.
- Principe divino – esordì Gojuin con una certa umiltà –
Il nome dell’ignoto sta chiuso nelle bocche silenti del vecchio e della
ragazza, e disponiamo di molti mezzi per strapparglielo, se così vorrete
comandare -
Il giovane Seiten si soffermò un istante ad osservare i
visi contratti e pallidi di Komyo e Yaone, poi si rivolse al biondo:
- Ti vedo agitato, straniero – lo schernì.
- La tua stessa agitazione, ora che l’alba si avvicina,
si riflette su di me – ribattè caparbiamente Sanzo.
Son Goku scrollò le spalle con alterigia: - Staremo a
vedere. Avanti, vecchio! – ordinò a Komyo – Parla! Il nome di tuo figlio! –
Ma l’anziano re rimase in silenzio, limitandosi a
guardare il principe negli occhi senza mostrare tracce di paura. Il ragazzo
ebbe un moto di stizza, sul punto di fare cenno agli sgherri che lo tenevano di
costringerlo a rispondere, quando qualcuno lo prevenne:
- Il nome che cercate io sola posso dirvi -
Yaone era riuscita a divincolarsi dalla stretta dei
soldati ed era corsa avanti, frapponendosi tra il principe Seiten e Komyo.
Ansimava, era terrea in volto e tremava, eppure la sua voce era ferma e aveva
lo sguardo deciso. Sanzo, che nel frattempo era stato a sua volta trattenuto
dalle braccia salde di due guardie, represse un grido furioso: la ragazza lo
avrebbe dunque tradito?
- Conosco il suo nome – aggiunse lei – E lo terrò
segreto, custodendolo io soltanto! -
La folla mormorò a denti stretti, imprecandole contro;
gli sgherri la riafferrarono, e il biondo comprese allora che Yaone si stava
esponendo affinchè non facessero del male a suo padre, non certo per tradire
lui. Non avrebbe dovuto permettere una cosa del genere, ma d’altronde che altro
poteva fare a quel punto? E la giovane donna appariva oltremodo convinta del
proprio gesto.
Il principe, frattanto, le si era avvicinato: - Il nome –
disse. Yaone scosse la testa, le labbra serrate.
- Il nome! – intimò Son Goku per la seconda volta, più
minaccioso.
La ragazza sollevò la testa per guardarlo: - La tua serva
chiede perdono ma obbedir non può – rispose.
E all’improvviso gridò di dolore. I suoi aguzzini le avevano
serrato le braccia con violenza, tirandogliele indietro.
- Smettetela! – urlò Sanzo. Perché, perché quella pazza
lo stava facendo? Perché rischiare la vita per lui?
Tutti trattennero il fiato, in attesa. Infine Yaone fece
nuovamente udire la propria voce, adesso ben più flebile: - No… non mi fa male,
nessuno mi sta toccando… Stringete pure… ma chiudetemi la bocca – sussurrò –
Non resisto più… -
Il giovane Seiten la osservava, serio, la fronte
aggrottata, e il biondo credette di notare ancora un lampo di qualcosa di ben
diverso dalla sua solita freddezza balenargli in viso: - Sia lasciata – ordinò
– Parla, donna –
Yaone inclinò mestamente il capo: - Piuttosto morirò,
vostra altezza – replicò con dolcezza.
- Da dove ti viene tanta forza? – le domandò il principe.
Sembrava più curioso che adirato.
Sanzo, suo padre, i tre ministri e il resto della folla
non dissero niente e concentrarono le proprie attenzioni sulla ragazza, sebbene
per motivi completamente diversi. Però la sottile ammirazione mista a pietà che
iniziavano a provare nei suoi confronti era la stessa.
- Mi viene da una promessa che mi feci – rispose lei – E
dall’amore per un uomo che non c’è più, principe. Un uomo che sacrificò la vita
per il mio signore, dopo che questi aveva salvato la sua e la mia, tanto tempo
fa – spiegò, e si girò verso il biondo.
Quest’ultimo capì a quale accadimento si stava riferendo:
non avrebbe mai potuto dimenticare uno dei suoi più cari amici – pochi, a dire
il vero – colui che nella disastrosa battaglia in cui Cho’an era stato
conquistato dagli invasori gli aveva fatto scudo con il proprio corpo. Kogaiji,
figlio del consigliere di Komyo suo padre, amante e poi promesso sposo di
Yaone. Sanzo aveva evitato loro la morte anni addietro, in un’imboscata, e da
allora i due gli erano stati fedeli e vicini. Lo ricordava eccome.
- Quando quell’uomo morì, ripagando così il debito che
aveva verso il mio signore, mi ripromisi che anche io avrei offerto la mia vita
per aiutare costui, se mai ce ne fosse stato bisogno – stava dicendo la ragazza
– Quel momento è giunto -
Il biondo si divincolò: - Yaone, no! Non è necessario!
Non fare idiozie! – le gridò.
Per tutta risposta, lei gli rivolse un sorriso triste.
Aveva già preso la sua decisione, e nemmeno lui poteva farci alcunchè. Ma gli
astanti iniziarono a reclamare la presenza del boia e dei suoi scagnozzi, tanto
era il loro terrore di morire, e Gojuin, dato che il principe Seiten non si
esprimeva, gli occhi ancora puntati su Yaone, si trovò costretto a mandare a
chiamare l’uomo.
- Sia messa dunque alla tortura! – vociarono in molti.
La giovane donna, a quelle parole, ebbe un fremito: - No,
vi scongiuro… ho paura di me… lasciatemi passare… - esalò.
- Parla, parla, se non cerchi la sofferenza! –
insistettero.
E Yaone socchiuse le palpebre, prendendo un profondo
respiro, e tornò a rivolgersi direttamente a Son Goku. Era rassegnata, ma non
meno decisa: - Sì, principe, ascoltami… Anche se ora emani solo gelo attorno a te, presto lo amerai tu pure, lo amerai più di quanto lo abbiamo amato
io, suo padre e tanti altri, lo amerai… E dal canto mio, prima di quest’alba
chiuderò stanca gli occhi e il mio signore vincerà ancora, e sarete felici –
fece una pausa; tutti ascoltavano, come rapiti, e Sanzo non cercava nemmeno più
di fermarla. Ci fu un attimo di silenzio, poi riprese:
- Me ne andrò, sì, poiché non ho più niente che mi leghi
a questo mondo, più niente da perdere da quando colui che amavo è morto.
Chiuderò stanca gli occhi per smettere di soffrire, per poterlo rivedere… -
sorrise di nuovo, ed estrasse un piccolo pugnale lucente dalle pieghe
dell’abito - … per non sognarlo invano… mai più! -
E prima che qualcuno potesse fermarla, Yaone affondò la
lama nel proprio petto, senza nemmeno un grido. Urlò la folla, invece, e
urlarono Sanzo e Komyo, mentre Son Goku fissava impietrito la scena, sgomento.
La ragazza cadde a terra con un tonfo sordo, in una delle pozze di luce create
dalle lanterne, i lunghi capelli corvini sparsi attorno al corpo che si andava
imbrattando di rosso. Il biondo riuscì a liberarsi dalla presa dei soldati e
corse verso di lei, inginocchiandolesi accanto: - Stupida… - mormorò.
Yaone stirò le labbra in un ultimo sorriso, poi chiuse
gli occhi con un sospiro, una lacrima che le brillava appena sullo zigomo.
Era morta, e calò il silenzio sui giardini e sugli
astanti. Nessuno si mosse o parlò, fin quando Komyo non raggiunse il figlio
vicino alla giovane , piangendo piano: - Chiedetele perdono – disse alla folla
lì riunita – Si è tolta la vita per causa vostra, per la vostra cordardia di
popolo volubile… perciò chiedetele perdono, voi tutti! –
Allora, uno ad uno, dignitari, servi e soldati si fecero
avanti, e Gojuin per primo s’inchinò al corpo di Yaone, e Gojyo e Hakkai
seguirono il suo esempio, imitati dal resto della folla. Quei volti, che fino a
pochi minuti prima esprimevano un crudele egoismo, erano adesso contratti dalla
tristezza e dal senso di colpa, dalla compassione per il destino della ragazza.
Alcune guardie ne sollevarono il corpo esile, issandolo sopra le teste di
tutti, e con un rinnovato cenno di cordoglio a Sanzo e suo padre si avviarono
verso la reggia in processione, improvvisato e solenne corteo funebre sotto le
stelle immobili. Komyo si rialzò per andar loro dietro e strinse una mano al
figlio: - Non scomparire anche tu, all’alba – bisbigliò.
Erano dunque rimasti solo loro due, nel giardino deserto
illuminato dai bagliori caldi delle lanterne: da una parte il biondo principe,
che ancora fissava la macchia di sangue che Yaone aveva lasciato sulla terra fresca;
dall’altra il giovane Seiten, che gli dava le spalle e guardava ostinatamente
verso il bordo dei bastioni, le mani serrate a pugno. Si sentiva quasi… triste.
Ma Sanzo non attese troppo per prendere la parola, da
tanta che era la rabbia che provava il quel momento, rabbia dovuta
principalmente al fatto che essa stessa era rivolta alla persona che aveva
scoperto di desiderare. Così, si accostò al ragazzo e lo afferrò per un polso,
costringendolo a voltarsi verso di lui:
- Tu per primo avresti dovuto chiederle perdono! –
esclamò – Quel sangue innocente è stato versato per te! -
Son Goku si divincolò, altrettanto furioso: - Come osi,
straniero? Lei si è sacrificata per te ! Non l’ho costretta io! –
ribattè.
- Non l’avrebbe fatto se tu non avessi ricattato la tua
corte! Detesto questa tua crudeltà gratuita, principe! -
Il giovane fece una smorfia: - Non sono stato più
spietato di quanto alcuni di loro lo furono con me – disse con amara ironia.
Il biondo, stupito, gli lasciò il braccio. Di che cosa
stava parlando? gli chiese.
- Perché vuoi saperlo? Perché dovrebbe interessarti? –
rispose Son Goku in un soffio.
- Perché mi interessi tu, principe -
Questi alzò lo sguardo, colpito, ma si trattenne dal
mostrare all’altro il proprio stupore. Cominciò invece a parlare senza
fermarsi:
- Non cercare di confondermi con simili parole,
straniero! Dimmi piuttosto se sai quanto si vocifera a proposito di occhi
dorati come i miei… oh sì, dovresti saperlo, lo avrai sentito. Chi ha le iridi
di questo colore è considerato un essere eretico, una specie di mostro,
qualcosa di non completamente umano. E io lo sono, sì, lo sono… - strinse la
stoffa della veste tra le dita – Ma nessuno se n’era mai curato, quando mi
portarono qui, non se ne curarono fin quando alcuni bastardi, nobili nemici di
mia madre che ponderavano di prendere il potere, non misero in piedi una
cospirazione volta a spodestarmi dal ruolo di erede. Convinsero il popolo che
chi aveva gli occhi dorati era indegno di vivere, che doveva essere ucciso
senza pietà… e quanti omicidi ci furono nel regno, in quel periodo… e ancora
nessuno aveva avuto l’ardire di ammazzare me. Ma io avevo un amico, il mio
amico più caro, che aveva i miei stessi occhi ed era però completamente umano…
Nataku, si chiamava -
S’interruppe, e Sanzo aspettò che continuasse.
- Quella notte di cinque anni fa… eravamo assieme. Lui
era figlio di un dignitario, perciò viveva a palazzo, ci vedevamo sempre. E
quella notte… i sicari dei cospiratori fecero irruzione nelle mie stanze, con
l’intento di uccidermi, giustificando poi il loro gesto in nome di quell’odiosa
dottrina che avevano inventato e diffuso… Ma non colpirono me. Uccisero Nataku,
al mio posto – fece un sorriso storto – Fuggirono quasi subito, quando si
accorsero dello sbaglio, e la cospirazione non fu mai più messa in atto. Era
diventata troppo evidente, e lo scandalo era stato enorme. E lui, che non
c’entrava niente, era morto… Fu allora che presi la mia decisione. Avrei fatto
provare a quanti più principi e principesse e figli di nobili possibili il
dolore, la sconfitta… a loro che mai nella loro vita li avevano conosciuti, che
magari erano stati d’accordo nel dare contro gli esseri eretici ! -
Il biondo lo squadrò con severità: - Non puoi attribuire
ai tuoi pretendenti la morte di Nataku – disse.
Son Goku incatenò il proprio sguardo ferito e rabbioso
con il suo: - Tu non puoi capire! O forse sì, ma non m’importa! Tutti quegli
stolti… meritavano di morire! Arrivavano qui, sicuri del loro successo,
credendosi invincibili, infallibili… così odiosi! –
- Tu non pensavi forse la medesima cosa? – incalzò Sanzo.
Ora vedeva l’umanità del principe Seiten, dietro i suoi occhi ardenti.
- E tu non sei forse come chi ti ha preceduto, straniero
gonfio d’arroganza? – replicò il giovane.
Ma il suo tono era ferito, tormentato, non più freddo e
tagliente, e il biondo gli si avvicinò, prendendolo per entrambe le braccia.
Sentiva il desiderio crescere di nuovo, via via che apprendeva la verità su Son
Goku.
- No che non sono come loro, principe – affermò con serietà
assoluta – Né ti considero un eretico, se temi questo -
Il ragazzo provò a sottrarsi dalla sua presa: - Io non
temo niente! Niente! Ma so di essere quello che sono, so quello che dicono… che
non dovrei esistere, che non sarei mai dovuto nascere! Mai! – gridò.
Sanzo gli circondò allora la vita con le proprie braccia
e lo tirò a sé, il viso vicinissimo a quello del Seiten, e lo guardò dritto
negli occhi: - Invece esisti, Goku, e ne sono grato al Cielo – disse.
E lo baciò. Catturò le sue labbra, si fece strada tra
esse, e intrecciò la lingua con quella morbida e calda del giovane, sentendolo
irrigidirsi e ansimare di sorpresa. Ma la passione che aveva messo in quel
contatto profondo era tale che di lì a poco il principe gli si abbandonò
completamente, stringendosi a lui quasi con disperazione e ricambiando il
bacio, i sensi infiammati. Per istanti lunghi quanto una vita mescolarono
respiri, si dissetarono l’uno dalla bocca dell’altro, perdendosi.
E quando infine si staccarono, senza che la tempesta che
si era in loro scatenata cessasse, Son Goku si accasciò quasi sul petto di
Sanzo, che lo sorresse, e mormorò: - Che fai di me…? Lasciami… -
Il biondo si limitò a cingergli le spalle e si avvide che
ad est l’orizzonte andava schiarendosi: - È l’alba –
- L’alba, sì… - sussurrò ancora il principe Seiten. Il
bacio pareva averlo trasfigurato, lavando via la sua freddezza. E non per il
bacio in sé, bensì perché era stato quell’uomo dai capelli di sole a
donarglielo.
- Quando sei giunto qui, quando ti ho visto per la prima
volta – proseguì il giovane – non ho potuto fare a meno di osservarti,
straniero. E mi sentivo diverso, poiché diverso eri anche tu, rispetto agli
altri. Quanti ho visto sbiancare e morire per me… e li ho scherniti, derisi… ma
ho temuto te, per la luce che ti brillava negli occhi e per ciò che mi facevi
provare. Ti ho amato, e per questo ti ho odiato, ed ero tormentato e diviso tra
due terrori uguali… vincerti, o essere vinto. E vinto sono adesso… e non
dall’esito dell’alta prova, ma da questa strana febbre… che mi viene da te -
Lo aveva ammesso. Il desiderio era reciproco, era lo
stesso, e se Sanzo avesse voluto esprimersi avrebbe detto esattamente quelle
parole. Si discostò un poco dal ragazzo e lentamente, dandogli la possibilità
di fermarlo, gli sfilò il diadema d’oro.
Ma Son Goku non si ribellò, e il gioiello cadde al suolo,
baluginando un istante nella luce tenue dell’aurora. Si udì un sospiro, e il
principe chiuse gli occhi, nascondendo il volto tra le pieghe dell’abito del
biondo, che attese. E quando riaprì le palpebre e rialzò il capo, Sanzo vide
che le meravigliose iridi dorate del principe avevano perso il loro aspetto
ferino, che erano tornate limpide, e che il suo bel viso di fanciullo era più
dolce e colorito: - Bentornato – gli disse.
Goku si tastò la fronte: - Mi hai baciato solo per
potermi togliere il diadema? – chiese a bassa voce.
- Ti avrei baciato comunque – fu la risposta.
Il giovane si allontanò di un passo, lo sguardo rivolto
al sole che sorgeva. Cos’avrebbe dovuto fare, ora? Si sentiva felice, ma
faticava a credere che il biondo fosse stato totalmente sincero. Era così
sicuro di sé, caparbio… il tipo d’uomo capace forse di illuderlo, di farlo
innamorare per poi abbandonarlo dicendo trionfante “hai perso, tu che ti
credevi invincibile!”. E c’era ancora la faccenda del nome e dell’ultima prova,
e lui era tornato ad essere quello di un tempo.
- Ti prego, straniero, non umiliarmi e mentirmi più di
così… Hai vinto, perciò sei libero di andartene – sentenziò infine, a fatica.
Non avrebbe voluto lasciarlo andare via, ma era la soluzione migliore – Parti
col tuo segreto -
- Il mio segreto? – ripetè Sanzo – Non ne ho più, non
m’importa ormai! Vittoria o meno, desidero che tu sappia il mio nome, principe,
e lo saprai. Io sono Genjo Sanzo Hoshi, erede al trono del perduto regno di
Cho’an -
Goku sobbalzò e impallidì: - Il tuo nome… so il tuo nome!
– esclamò con una certa angoscia.
Doveva decidere, adesso, capire se doveva fare ciò che
voleva con tutto sé stesso o se doveva piuttosto prestare fede al patto
stipulato: a morte l’onore o a morte Sanzo, queste erano le uniche possibilità
che vedeva.
Si girò verso il biondo, come per riceverne,
paradossalmente un aiuto, e questi gli sorrise appena:
- Ti ho affidato la mia vita, Goku. La facoltà di
scegliere è soltanto tua, ormai. E dopo una notte come questa potrà forse
sembrarmi più dolce anche la morte – disse. Il sole ora era uscito per intero,
nell’aria bianca e rosa dell’alba.
Le trombe squillarono in lontananza, nelle sale della
reggia, e il giovane principe si rese conto che erano arrivati al momento della
verità, quello in cui avrebbe decretato l’esito della prova e la sua decisione
di fronte al popolo e a sua madre.
Represse la voglia di piangere e urlare per il peso di
quella responsabilità e si gettò di slancio tra le braccia del biondo,
cercandogli le labbra. Si baciarono di nuovo, sui bastioni, e poi Goku corse
via, a prepararsi, non prima di aver mormorato il nome dell’altro a mo’ di
estremo saluto – anche se non era detto che fosse davvero l’ultimo.
Sanzo rimase lì un po’, pensoso, e alla fine rientrò a
sua volta nel palazzo, la mente bizzarramente sgombra.
La vasta sala del trono era, se possibile, ancor più
gremita di gente di quanto non lo fosse stata il giorno precedente, in occasione
della Cerimonia dei Tre Enigmi. L’imperatrice sedeva già sul trono, e ai due
lati di esso, oltre ai tre ministri, vi era anche Komyo, sorretto
rispettosamente da Hakkai: dopo il sacrificio di Yaone ciascuno di loro si era
pentito in maniera sincera del comportamento vigliacco che avevano dimostrato
tanto a lui quanto a suo figlio. E trepidavano per sapere come sarebbe finita.
Sanzo e il principe entrarono contemporaneamente nella
grande stanza luminosa, e tutti si zittirono. Il primo si fermò a pochi passi
dalla scalinata, il secondo a metà di questa, e a molti non sfuggì la sua
espressione, così diversa rispetto al solito.
Goku guardò il biondo e la folla di fronte a sé per
qualche attimo, poi si voltò verso Kanzeon Bosatsu:
- Madre augusta, e voi tutti – annunciò a gran voce –
Conosco il nome dello straniero -
Gli astanti gemettero e sospirarono con rassegnazione,
pronti ad assistere a quella che era probabilmente l’ovvia conclusione della
vicenda, ma dovettero ricredersi quando il principe si girò nuovamente e disse:
- Ma ciò che più è importante è che appartiene all’uomo
che ho scelto -
E sorrise come nessuno l’aveva più visto sorridere, e
tese una mano in direzione di Sanzo. E questi, incredulo, stupito, felice anche
se difficilmente l’avrebbe ammesso, si precipitò ad afferare quella mano calda
tra le proprie e strinse Goku a sé, incurante del fatto di essere ben visibile
agli occhi di una sala intera. Ma era solo un dettaglio minimo, in un momento
come quello.
E l’imperatrice si alzò in piedi, sorridendo a sua volta,
mentre i tre ministri, l’anziano re, i dignitari, le ancelle, i soldati e il
popolo tutto battevano le mani ed esultavano, gridavano di gioia, cantavano tra
le colonne e i raggi che entravano dalle alte finestre:
O sole,
vita, eternità!
Luce
del mondo è amore!
Ride e
canta nel fulgore
l’infinita
nostra felicità!
E in mezzo a tutti loro, in cima alla scalinata, stavano Son Goku e Genjo Sanzo Hoshi, abbracciati, come legati da un prezioso filo d’oro che mai più li avrebbe divisi, nel corso della loro lunga e luminosa esistenza.
••• Owari •••
Note dell’autrice:
aaaaaaaah, ho finito anche questa! Ancora non me ne capacito, devo riprendermi…
woah… Comunque sì, siamo giunti a conclusione, e la cosa, come sempre, mi rende
felice e un po’ triste allo stesso tempo… accidenti a me che mi affeziono alle
storie che scrivo!
Spero che anche quest’ultimo
atto vi sia piaciuto, dato che mi è venuto particolarmente “corposo” e vario…
fatemi sapere, mi raccomando. E a questo proposito, voglio ringraziare Hiso,
Pois, Kairi, Nadia, Moon (devo ancora recensire il tuo ultimo capitolo @_@)
e Kei, per i commenti allo scorso aggiornamento… ARIGATOU GOZAIMASU!
Sono davvero contenta che la storia abbia riscosso successo! E come al solito
ringrazio anche chi ha letto senza recensire e chi commenterà questo capitolo
finale. In ogni caso, vi faccio una comunicazione e una proposta… La
comunicazione è che sul mio sito trovate (e troverete) i disegni che sto
facendo su questa fic, perciò tenetelo d’occhio à http://blackmoody.altervista.org
La proposta invece è la
seguente: se per caso ci fossero cose che non vi tornano, nella storia, o
vicende delle quali vorreste sapere di più non esitate a dirmelo e vedrò di
scrivere qualche ‘extra’, d’accordo? Sì, sono strana, lo so… ^^”
Credo di aver detto tutto
quello che avevo da dire. Pertanto vi saluto, ci sentiamo con la mia prossima
storia (o meglio, con Last Song, dovrò pur rimettermi a scriverla –
anche perché sennò la mia collega, Yume, mi falcia °-°). Un bacione à tout le
monde!!
See you soon and go to the
West! yours Black Moody
Special thanks to:
sensei Kazuya Minekura
G. Puccini, compositore
dell’opera lirica originale
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