Anime & Manga > Pokemon
Segui la storia  |       
Autore: Kimberly Anne    22/04/2011    12 recensioni
«Per la trentaseiesima, sacrosantissima volta, Nardo: io quel Chiarolite non lo volevo neanche accettare! Avete finito di rompere le scatole, tutti quanti?»
Una terribile disgrazia sta per abbattersi sulla regione di Unima.
Ma gli Eroi non hanno alcuna intenzione di sventarla.
Direttamente da Pokémon Bianco e Nero: Unruly Heroes - Gli eroi che non avevano mai chiesto di diventare tali.
Genere: Avventura, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, N, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Unruly Heroes' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 4

Fuori Posto

 

«Allora, mi porti a conoscere la tua cara e dolce mammina?»

Dopo più di mezz’ora, Kim se ne stava ancora a rimuginare, cercando di dare un senso a quelle parole.

Erano arrivate così, da un momento all’altro, inaspettate, assolutamente fuori posto. E le avevano lasciato in fondo alla gola il sapore amaro della risposta che non aveva saputo dare.

Così, rimuginava, cercando di ignorare la nausea da movimento e il continuo chiacchiericcio di N, seduto di fronte a lei.

Quest’ultimo aveva attualmente concentrato tutte le sue attenzioni su Lee (che ormai non si disturbava più nemmeno a sorridere e annuire) e ora sembrava intento a leggergli la mano, operazione per la quale gli si era completamente avviluppato attorno al braccio, come una specie di tenaglia. O un Laccioerboso, per metterla in termini più comprensibili a un allenatore.

«...e dunque, misurando la distanza tra la base del palmo e la punta del dito medio, possiamo dire che sei un ragazzo molto fortunato!» ridacchiò N, con una punta di malizia.

Lee avvampò. «C-c-che cosa stai- -? Anzi, no, non voglio saperlo. Ti dispiacerebbe soltanto lasciarmi il braccio?»

«Ma devo ancora analizzare la linea dell’a-mo-re! Non sei curioso?»

«Per niente

Lee sprofondò nel sedile e rivolse a Kim un’occhiata supplichevole, ma lei non c’era. Fissava il paesaggio al di fuori del finestrino, cercando di ricomporre un puzzle di cui, evidentemente, non aveva tutti i pezzi.

«Che cosa ti ha fatto?» le aveva chiesto Lee, quando l’aveva vista uscire dalla sua stanza, rossa e affannata, in compagnia di N.

E lei aveva dovuto scuotere la testa, confusa. Perché non le aveva fatto niente. Kim si era aspettata che, maniaco patentato qual’era, N avrebbe approfittato della situazione per baciarla, o fare chissà quale porcheria delle sue, ma, proprio quando le era arrivato tanto vicino da farle temere il peggio, lui si era tirato indietro.

E le aveva chiesto di conoscere sua madre.

Che cosa cavolo avrebbe dovuto significare?

«Oooh, questa sì che è bella complicata... lineare fino a qui, vedi, ma poi diventa intrecciata ed irregolare.» N fece scorrere con attenzione la punta dell’indice sul palmo di Lee. «Problemi di cuore con una signorina, forse? Oppure...»

«Davvero: non lo voglio sapere. Perché non te la leggi da solo, la mano?»

Kim aggrottò le sopracciglia, pensierosa.

Doveva esserci sotto qualcosa. Per forza. N non si sarebbe mai fatto scappare un’occasione del genere, non senza motivo. Non senza la certezza di ottenere qualcosa di meglio.

...l’illuminazione arrivò improvvisa.

Forse era proprio così.

Ciò che era successo non aveva un senso, semplicemente perché non era necessario che lo avesse. Era stato un semplice pretesto per spaventarla e confonderla, farle credere di aver frainteso qualcosa. Era stata una mossa studiata e messa a punto, come al solito.

Perché per lui era tutto un gioco. Per lui era sempre stato tutto un gioco, fatto di mosse, tattiche, infrazioni alle regole e una malsana ossessione per la vittoria.

E questo la faceva imbestialire.

«Anche se è complicata, però, è davvero molto lunga... quindi può darsi che, nonostante numerose delusioni d’amore, tu sia legato da sempre a un’anima gemella di cui non ti sei mai accorto...»

«Credimi: ma anche no.» protestò Lee, il cui colorito era ormai arrivato a un’imbarazzante tonalità di rosso carminio.

«Oh, ma che sciocchino, non è mica di me che...» N s’interruppe, improvvisamente distratto da qualcosa di più importante della mano di Lee, e si fece pallido come un cencio. «K-kim... cos’è quell’aura minacciosa...?»

La ragazza sorrise tranquillamente, ma nessuno avrebbe potuto negare di avvertire delle oscure vibrazioni omicide provenire dalla sua direzione. «Io? Ma che sciocchezza. Sono tranquillissima.»

Sia N che Lee deglutirono.

«Ahia... non so come, ma l’hai proprio fatta arrabbiare.» disse Lee, con un filo di voce.

«Ma davvero? Non l’avevo notato.» sussurrò N in risposta, sarcastico quanto a disagio.

Kim appoggiò i gomiti sulle ginocchia e si sporse in avanti. «Quindi, N.» disse, guardandolo dritto negli occhi, mentre si soffermava sul suo nome più di quanto fosse necessario. Se gli sguardi avessero potuto uccidere, qualcuno sarebbe stato in grave pericolo, lì dentro. «Che ne dici di piantarla con le idiozie e iniziare a spiegarci che cosa ci facciamo in una carrozza?»

Sì, questa era un’altra delle cose che l’avevano sconcertata: quando era arrivato il momento di recarsi al fatidico appuntamento, una sfarzosa, elegante carrozza verde, che pareva assolutamente fuori posto all’esterno di una favola, era venuta a prenderli davanti a casa. Loro non avevano avuto altra scelta che salirci, ma tutto quel ballonzolare stava iniziando a dare allo stomaco (oltre che sui nervi) a Kim.

N si strinse ancora di più al braccio di Lee, intimorito. «Ho pensato che sarebbe stata... carina.» squittì, in tono di scuse.

«Carina? Non farmi ridere. È disgustosa.» sputò Kim, stizzita.

Lee sembrò iniziare davvero a preoccuparsi. «Seriamente, qualunque cosa tu le abbia fatto, scusati prima che sia troppo tardi.» suggerì a N, probabilmente in pensiero per la propria incolumità. «E, soprattutto, mollami il braccio. Ancora un po’ e me lo stacchi, non mi sento più le dita!»

«Ma mi fa paura!»

«Avete finito di confabulare, voi due?»

«Sì! Certo!» esclamarono entrambi, scattando sull’attenti.

«Bene. Seconda domanda: dove accidenti stiamo andando?»

N sorrise, sempre più pallido. «Beh, questo però non posso dirvelo... dovrebbe essere una sorpresa...»

Ignorando i frequenti sobbalzi della carrozza, Kim si alzò in piedi. «Dove. Stiamo. Andando.» ripeté, facendo schioccare una nocca del pugno chiuso a ogni parola.

N sembrò sul punto di scoppiare a piangere e vuotare il sacco, ma, proprio in quel momento, la carrozza frenò bruscamente e si fermò.

Colta alla sprovvista, Kim perse l’equilibrio e cadde in avanti, andando a cozzare dritta contro la parete della carrozza, per poi ricadere all’indietro per il contraccolpo.

Gli Zebstrika che tiravano il cocchio nitrirono e scalpitarono, e Kim si ritrovò con dei grossi lucciconi negli occhi.

«Ahia...» gemette, portandosi una mano alla fronte. Sbatté le palpebre un paio di volte, ma la sua vista si fece man mano più offuscata.

«Kim? Ehi, Kim, tutto bene?»

«Accidenti, non è mai andata molto d’accordo con le testate, lei... ha il cranio sottile...»

«Dobbiamo trovare del ghiaccio o qualcosa del genere. Kim! Mi senti?»

Non proprio, pensò Kim, confusa. Considerando che non capisco neanche più chi stia parlando.

«Figurati, ormai è partita per il mondo dei sogni. Da piccola le succedeva sempre, dobbiamo solo...»

Il buio e la sensazione di ovattamento che precedevano lo svenimento l’accolsero come un morbido cuscino. Si lasciò andare.

 

********

 

Quando riprese conoscenza, intorno a lei c’era un gran vociare e decisamente troppa, troppa luce. Richiuse immediatamente gli occhi, confusa e irritata.

«Poverina, sembra che uno Zebstrika le abbia dato una zoccolata in faccia...» stava dicendo una concitata voce femminile, poco lontano.

«A me hanno detto che è stata un’Energipalla delle più grosse mai viste, che l’ha sbalzata lontaaaaaana così!» obiettò un’altra, più infantile ed eccitata.

«Io sapevo di una carrozza che si è capottata a causa del passaggio di un branco di Deerling selvatici...» s’inserì qualcun altro, forse un ragazzo.

«Dovete lasciarle aria!»

«Secondo me basterebbe un piccolo Invertivolt a farla riprendere...»

Quelle voci le erano familiari... tutte incredibilmente familiari... ma fu qualcos’altro a farle realizzare chi aveva intorno.

«E tu cosa ne pensi?» chiese una voce roca e un po’ burbera. «Non sembra niente di particolarmente grave, ma forse del ghiaccio potrebbe essere utile... no?»

«...»

Un silenzio.

«Silvestro?» biascicò Kim, riaprendo finalmente gli occhi.

Undici paia di pupille si fissarono allora su di lei.

Esatto, proprio loro: i capipalestra di Unima.

Kim provò l’irresistibile impulso di prendere un’altra botta in testa e perdere di nuovo conoscenza.

Non ha senso, pensò, frustrata. Non c’è una sola cosa che abbia il minimo senso, stasera!

Mentre si sollevava una nuova ondata di chiacchiericcio («Oh, guardate, si è ripresa!», «Forse dovremmo chiamare i suoi amici...»), Kim provò a fatica a fare il punto della situazione.

Era svenuta. Quando era successo, era ancora in quell’orrenda carrozza verde. Insieme a N e Lee. Si stavano recando al luogo dell’appuntamento, o quello che era.

Quindi: cosa c’entravano i capipalestra in tutto questo?

Una manina scura le sventolò davanti alla faccia.

«Ehi, ehi, Kim! È davvero taaaaanto tempo che non ci vediamo!»

La ragazza si raddrizzò, combattendo con la confusione che le vorticava in testa, e si mise a sedere. «Sì, sì, Iris... un sacco di tempo. Però cerca di stare un po’ calmina, eh?»

La più giovane dei capipalestra le rivolse uno smagliante sorriso a trentadue denti. «Ma sono così contenta! Non passi quasi mai a trovarci...»

Chissà perché. commentò Kim, mentalmente.

Non aveva mai amato particolarmente i capipalestra della sua Regione: tra stupidi, incapaci, deboli e complessati, molti li aveva archiviati come meri incidenti di percorso, sulla sua strada per diventare Campionessa della Lega.

E poi, in fondo, anche loro non avevano mai dimostrato particolare benevolenza nei suoi confronti: l’avevano sempre accolta come una seccatura, la ragazzina a cui “oh, accidenti!” dovevano consegnare la loro medaglia. E anche adesso, una volta constatato che era viva e parlava, se ne erano tornati tutti tranquillamente a farsi gli affari loro.

«Allooooora, dov’è il tuo vestito? Dov’è?»

Beh, a parte quell’esagitata di Iris.

«Vestito?»

«Sì, il vestito! Guarda, anche a me il nonno ne ha comprato uno bellissimo!» esultò la bambina, facendo una giravolta.

Solo allora Kim ebbe il buon senso di guardarsi intorno.

Era seduta su un divano rosa antico, di stile ottocentesco.

Il soffitto era alto, altissimo, e l’illuminazione proveniva da degli enormi lampadari di cristallo.

Tutti intorno a lei erano vestiti a festa, con degli abiti degni di un ballo di gala.

Nell’aria si diffondeva la melodia lenta e dolce di un’orchestra.

«Iris...» disse Kim, esitante. «Senti... sai dirmi dove siamo?»

«Ma certamente!» esclamò lei. «Siamo nel...»

«Nel Castello del Team Plasma, rimesso a nuovo per l’occasione.» la interruppe qualcuno, facendosi strada in mezzo al gruppo di capipalestra.

Kim sbarrò gli occhi, esterrefatta.

Pian piano, tutti i nodi stavano venendo al pettine. Mancava ancora qualcosa, un pezzo fondamentale di quel puzzle insolubile, ma ogni frammento d’insensatezza stava volgendo verso una sola spiegazione: quello non era un appuntamento. Non lo era mai stato. Era qualcosa di molto, molto più grande e spaventoso. E lei c’era cascata come un idiota.

«Perché, per caso non ti piace?» chiese N, con quel sorriso particolare di chi è assai compiaciuto di se stesso. «È tutto in tuo onore, in fondo.»

Kim si sentì sprofondare, vittima della sua stessa stupidità. Solo tre parole dominavano la sua mente, ormai:

«Oh, porca vacca.»

 

********

 

«Siamo stati fregati.»

«Completamente.»

«Su tutta la linea.»

«Raggirati, senza alcuno scrupolo.»

«Crudelmente.»

«Atrocemente.»

«Assolutamente.»

«Sto iniziando ad esaurire la mia scorta di sinonimi.»

Kim rivolse lo sguardo a Lee. «Che cosa ci succederà?» chiese, con una nota di disperazione nella voce.

Lui le mise una mano sulla spalla e la guardò dritta negli occhi, serio. «Non ne ho la minima idea. Ma, se sono servite tutte queste macchinazioni a portarci qui, immagino che non possiamo aspettarci niente di bello.»

«E allora che facciamo?»

«Aspettiamo.»

«Sì, ma p- »

«Punch?»

I due sobbalzarono per la sorpresa, quando N s’intromise nella conversazione con due calici di liquido rosso chiaro.

«Non accetto offerte dagli sconosciuti.» gli rispose Kim, gelida.

N arricciò le labbra, deluso. «Come sei crudele. Ormai ci conosciamo da secoli... e tu, Lee?»

Il ragazzo sorrise ed accettò l’offerta, per la felicità di N, che tornò giocondo ad intrattenere gli altri ospiti.

Kim gli lanciò un’occhiata sottecchi. «Non dovresti bere. Specialmente stasera.»

«Io, a differenza di qualcuno che si atteggia tanto, reggo bene l’alcool. Non preoccuparti.»

«Non importa, mi preoccupo lo stesso. E poi, metti caso che N ci abbia mischiato qualcosa dentro... la cosa non ti tocca minimamente?»

«Nah, l’obiettivo di N di oggi sembra qualcosa di superiore. Non credo abbia intenzione di drogarci e violentarci nel sonno.»

Kim gonfiò una guancia e si appoggiò al muro, scocciata. «Scemo.» borbottò.

In effetti, fino a quel momento la festa (o ballo di gala o cerimonia o appuntamento che dir si voglia) si era svolta in modo piuttosto tranquillo. L’orchestra suonava, la gente ballava, chiacchierava, mangiava... si divertiva. Un sacco di volti le erano noti: oltre ai capipalestra, erano presenti anche moltissimi allenatori, esponenti del mondo della Ricerca sui Pokémon, membri dell’ex Team Plasma e addirittura gli stessi Superquattro, che Kim era stata attentissima ad evitare fin da quando li aveva adocchiati.

Ciò che più la preoccupava, tuttavia, era il piccolo palco allestito in fondo alla sala, che finora era rimasto vuoto e buio. Qualcosa le diceva che non avrebbe portato a nulla di buono.

«C’è davvero mezza Unima, qui dentro.» commentò Lee, sorseggiando il suo punch.

«Anche di più. Ma ho l’impressione che manchi qualcuno... qualcuno di importante, intendo.»

«Beh, Arceus non voglia che Ghecis spunti fuori a metà serata.»

«Per carità! No, piuttosto, non mi sembra di avere visto in giro... anzi, lascia perdere. Meglio non dirlo ad alta voce, per scaramanzia.»

«Ah, lei? Hai ragione, meglio non nominarla nemmeno.»

«Lei? In realtà, io mi riferivo a un “lui”...»

La conversazione fu interrotta dal fastidiosissimo fischio di un microfono, che zittì tutti i presenti e richiamò l’attenzione sul palco in fondo alla sala.

«Uno, due, prova...» N si schiarì la voce e batté un paio di volte sul microfono. «Bene. Buona sera a tutti, signore e signori! Vi ringrazio per essere intervenuti a questa serata speciale.»

Kim storse il naso. «Spero solo che non annunci il matrimonio con uno di noi due, perché questa volta lo pesto sul serio.»

Lee ridacchiò, ma probabilmente fu solo per scacciare il crescente nervosismo. «Ho come l’impressione che ci andrebbe anche bene, se si trattasse solo di questo.»

«Tanto per cominciare, lasciate che vi racconti una storia.» continuò N, sfoderando un piacevole tono da narratore. Le luci nella sala si abbassarono, lasciando solo un riflettore puntato su di lui. «C’erano una volta, al principio dei tempi, tre bambini e tre pokémon Drago, che vivevano nell’armonia della natura. Nonostante fossero tutti e sei molto amici, avevano modi di vedere il mondo diversi tra loro, così ogni bambino finì per stringere un legame speciale con uno dei pokémon. In particolare, una coppia perseguiva gli ideali; un’altra, la verità. Lo scontro fra le due, come tutti ricorderete, fu inevitabile. Nessuno voleva ammettere di essere in torto, così chiesero un’opinione al terzo bambino. O, per meglio dire, la terza bambina, dato che si trattava dell’unica femmina del gruppo.» N fece una pausa, sorrise al pubblico e poi riprese: «Lei non perseguiva né la verità né gli ideali: era una creatura mite e gentile, il cui unico interesse era vivere in pace con i suoi amici. Disse loro che la ragione non stava da nessuna delle due parti e che non aveva senso litigare a causa di una semplice divergenza di pensiero. Ma essi, accecati dall’orgoglio e dal desiderio di prevalere l’uno sull’altro, non ne vollero sapere di riappacificarsi. E quell’epico litigio finì come tutti sappiamo.

«La bambina e il suo pokémon rimasero amareggiate da ciò che era avvenuto e decisero che niente del genere sarebbe più dovuto succedere. Così, lanciarono una maledizione.»

La sala d’un tratto parve gelare. Alcuni iniziarono a bisbigliare, agitati.

«Non promette nulla di buono...» sussurrò Lee, con un velo di preoccupazione. «E non ti sembra parecchio diversa dalla leggenda classica di Zekrom e Reshiram?»

Kim annuì. «Qualcosa non va. Non mi piace.»

«La maledizione diceva che, se mai i due pokémon che avevano causato tanta distruzione fossero tornati alla loro forma originale, una terribile catastrofe si sarebbe abbattuta sull’intera regione di Unima. Una catastrofe a cui nemmeno i leggendari pokémon Drago sarebbero sopravvissuti.

«Dopodiché, come prezzo in cambio quella maledizione, le due si tramutarono in una pietra nera come la più profonda oscurità, a simboleggiare lo strazio e la delusione  che le avevano portate a compiere quel gesto tremendo.»

A quel punto, il pubblico parve davvero agitarsi. Il volume delle voci si alzò, molti iniziarono a correre da una parte all’altra della sala per conferire coi conoscenti, causando una confusione generale.

«Che cosa significa?»

«Ma Zekrom e Reshiram si sono risvegliati...»

«Non ho mai sentito una leggenda del genere!»

«Moriremo tutti?»

N batté un dito sul microfono, producendo di nuovo un irritante fischio che ebbe il potere di zittire tutti. «Calma, signori, calma.» disse, mantenendo un amabile sorriso. «Vi prego di lasciarmi concludere il racconto. Ovviamente, la maledizione lascia una via di scampo. La bambina e il suo pokémon Drago avevano caro il valore dell’amicizia, perciò decisero che se tre Eroi, come lo erano stati loro, avessero trovato la Pietra Nera, Unima sarebbe stata salva.»

Alcuni sospirarono di sollievo, ma molti altri sembravano ancora dubbiosi.

Kim rabbrividì e strinse le braccia al petto, nervosa. «I nodi vengono al pettine.» disse, più a se stessa che altro. «Tutti i nodi vengono al pettine... ecco perché N è arrivato a ricattarci, pur di trascinarci qui. Ecco perché oggi non sembrava interessato ad approfittarsi di noi, non più di tanto.»

«“Ecco perché Nardo sta salendo sul palco”?» aggiunse Lee, con una nota di panico nella voce.

Kim sbarrò gli occhi, sorpresa. Era vero. Dopo aver detto qualcosa sul non essere adatto a continuare il discorso, N stava ora cedendo il microfono al Campione della Lega Pokémon di Unima.

«Ecco, lo sapevo che non poteva non esserci anche lui.» sospirò Kim, abbattuta. «E ho come l’impressione di sapere già cosa sta per dire. Siamo morti.»

«Concordo e sottoscrivo.» confermò Lee.

«Signore e signori.» incominciò Nardo, che con i suoi capelli infuocati pareva minacciare di appiccare un incendio da cui nessuno sarebbe uscito vivo. «Vi prego di rimanere sereni. Perché, come ben saprete, Unima ha già da tempo scelto i suoi tre eroi. Tre figure che sono spiccate per talento, audacia, forza, tenacia...»

«...abilità a Ragnarok Online...» gli fece il verso Kim, alzando gli occhi al cielo.

«...ma soprattutto gentilezza, buon cuore e correttezza. Tre eroi che abbiamo l’onore di ospitare qui, stasera. Chiedo un caloroso applauso per accogliere...»

«Ed, Edd e Eddy?» suggerì Lee, quasi speranzoso.

«Leeroy McFaid, Kimberly Anne Stewart e N Harmonia!» 

 

 

   
 
Leggi le 12 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Pokemon / Vai alla pagina dell'autore: Kimberly Anne