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Autore: charblack    22/04/2011    2 recensioni
Il mio sogno è sempre stato il Giappone. Grazie ad un sorridente amico di mail e alla fortuna più sfacciata, il mio sogno è possibile. Studentessa al primo anno allo Shohoku, migliore amica di uno studente del Ryonan. Tra tensai del basket e volpini surgelati, tra amici perennemente incazzati e una grande famiglia di scimmie, la mia vita a Kanagawa. Il mio sogno ad occhi chiusi.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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E siamo al secondo capitolo!

È un capitolo più di passaggio, ma serve per introdurre qualche personaggio e delineare meglio il carattere della protagonista.

Il prossimo sarà più divertente, prometto!

Volevo ringraziare kiara823 per la sua recensione, mi ha fatto molto piacere, spero che continuerai a seguire!

 

 

 

 

 

-ritardi, attentati e rossi irascibili, ovvero: che materia inutile il giapponese antico!-

 

 

 

Sbadiglio, girandomi nel letto e aprendo un occhio per controllare la sveglia.

7:30

Inebetita, rimango a fissare le lancette finché, con un urlo disumano, non mi lancio giù dal letto, fiondandomi in bagno.

-è tardiiii!! Porca miseria, il primo giorno no!-borbotto mentre mi sciacquo la faccia e mi do una veloce pettinata ai capelli.

Poi un dubbio mi assale. Perché nessuno mi ha svegliato?

Uscendo dal bagno mi fiondo in camera di Akira senza neanche bussare. Nella mia mente non c'è neanche la possibilità di trovarlo in boxer o in qualunque altra situazione imbarazzante.

Imbarazzante per me ovviamente. Akira non è proprio il tipo.

Fortunatamente, per una volta la sfiga ha deciso che ne avevo avute abbastanza. Possibile che sia rimasta in Italia?

Comunque, Akira è disteso a pancia in giù, la testa di lato appoggiata al cuscino e un dolcissimo sorriso sul volto.

Un vero peccato che debba svegliarlo, ma è tardi!

-Aki?- lo scuoto leggermente, ma lui non fa una piega. Sospiro, decidendo di passare alle maniere forti. Me l'aveva detto che ha il sonno pesante.

-Akira muovi il culo!-

Ok, forse sono stata troppo brusca, ma è servito.

Apre piano gli occhi, mettendomi a fuoco. Si gratta la testa, in viso un'espressione serena.

-siamo in ritardo?- chiede con voce tranquilla.

Oddio, questo è scemo! Cioè, sapevo già che non era tanto normale, dopotutto ho passato mesi a messaggiare con lui, ma qui si sfiora il ridicolo.

-sì, e gradirei arginare il disastro, quindi se ti dai una mossa...- lascio la frase in sospeso, uscendo dalla camera di Aki ed entrando nella mia. Spero solo che non si riaddormenti.

Mi vesto velocemente, cercando di non far caso all'obrobrio che sto indossando. È certamente migliorato grazie all'intervento di Nanako, ma fa parecchio schifo comunque.

Sotto la gonna, che ora mi arriva poco più su delle ginocchia, indosso dei corti pantaloncini neri elasticizzati. Mi infilo un paio di scaldamuscoli che andranno a coprire perfettamente gli orribili mocassini e mi allaccio velocemente la camicia.

Guardo con disgusto il fiocco rosso abbandonato sul letto, prendo la tracolla coi libri e scendo le scale, diretta in cucina.

Trovo Akira vestito di tutto punto che sta tranquillamente bevendo una tazza di latte. Appena mi vede mi lancia una lunga occhiata, osservando il mio abbigliamento.

Sorride e mi fa l'occhiolino.

-stai bene-

-anche tu- rispondo occhieggiandolo. E in effetti, se non fosse il mio quasi fratello un pensierino ce lo farei. Non faccio fatica a credere che al Ryonan tutte siano innamorate di lui.

Mi riscuoto dai miei pensieri controllando un'altra volta l'orologio, che segna le 7:50.

-Aki presto! Non abbiamo tempo per fare colazione! E poi mi devi ancora spiegare come arrivare allo Shohoku e...-

So che probabilmente sto andando nel panico, ma è il mio primo giorno di scuola in un sistema scolastico totalmente diverso dal mio. E poi odio essere in ritardo, è una questione caratteriale. Ironico che io sia capitata in casa del ragazzo più ritardatario di Kanagawa.

Akira assume un'espressione preoccupata, passandomi un braccio intorno alle spalle.

-tranquilla Charly, ti accompagno io. È il tuo primo giorno, i prof non ne faranno una tragedia-

Mi calmo leggermente e ricambio l'abbraccio. Poi rifletto su quello che ha detto, accigliandomi.

-come mi accompagni tu? Non devi essere a scuola per le 8?-

Akira ridacchia, prendendo la cartella e spingendomi verso la porta.

-entrerò alla seconda ora, tanto ormai sono abituati-

Ridacchio anch'io prendendolo a braccetto e camminando veloce per tenere il suo passo. Certo che la differenza di altezza si vede.

-senti un po', ma i tuoi che fine hanno fatto?- Me lo chiedo da quando mi sono svegliata.

-si alzano presto per andare al lavoro. È probabile che li vedrai solo alla sera-

Gli lancio una frecciatina, anche perché me l'ha servita su un piatto d'argento.

-scommetto che tu la mattina non li vedi mai-

Akira scoppia a ridere, grattandosi una guancia. Camminiamo tranquilli per una decina di minuti, finché ad un certo punto Akira frena di botto, costringendomi a fare altrettanto.

-beh? Perché ti fermi?-

Akira mi guarda col suo immancabile sorriso, ma riesco a scorgere nei suoi occhi un lampo di preoccupazione.

-è meglio se non mi avvicino troppo allo Shohoku per ora, tra le nostre scuole non tira buona aria. Se ti vedessero con me potrebbero trattarti in modo diverso-

Abbasso gli occhi, capendo quello che sta cercando di dirmi. Mi aveva accennato qualcosa sulle rivalità scolastiche, ma non pensavo arrivassero fino a sto punto.

-quindi non posso parlare a nessuno di te?- Capisco la situazione, ma non vuol dire che l'accetti.

Akira continua a sorridere posandomi una mano sulla testa e scompigliandomi i capelli. Mi fa sentire un cagnolino quando fa così. Scommetto che se spettinassi i suoi di capelli, griderebbe alla tragedia universale. E allora mi chiedo...ma quanto gel ci vorrà per farli stare su?

-tranquilla, solo per qualche giorno, il tempo di farti degli amici-

-allora ci vorranno mesi- borbotto sempre più sconsolata. Conoscendo la mia timidezza...

Ci salutiamo e mentre lo vedo correre via, non posso fare a meno di sentire un nodo allo stomaco. Ora sono veramente sola.

Scuoto la testa, scacciando quei tristi pensieri e svolto l'angolo, trovandomi ad una decina di metri dal cancello della scuola. Appena sorpasso la targa con il nome della scuola, un urlo mi blocca sul posto. Vedo una ragazza sbracciarsi nella mia direzione, indicando qualcosa dietro di me.

Perplessa mi volto, scoprendo che una bicicletta rosa sta per investirmi. Con un piccolo grido mi scanso appena in tempo, osservando come il ragazzo sulla bici non abbia fatto una piega, continuando a pedalare come se niente fosse.

Lo seguo con lo sguardo, incuriosita, finché il tipo non investe un ragazzo enorme dai capelli rossi. Ovviamente il rosso si incazza di brutto e i due cominciano a litigare. O meglio, il rosso sbraita insulti, mentre il ciclista pazzo, un ragazzo moro, lo guarda indifferente.

Scuoto la testa allibita. Possibile che nessuno cerchi di fermarli?

-stai bene?-

Mi volto, notando nel frattempo che la ragazza che mi ha avvertito si è avvicinata. È carina e sembra la tipica giapponese. Capelli mori medio lunghi con frangetta, occhi scuri amichevoli e un sorriso appena accennato. È più bassa di me di una decina di centimetri e la sua divisa scolastica è impeccabile, al contrario della mia.

-sì, grazie dell'avvertimento- rispondo con un sorriso. E le sono davvero grata. Sarei finita all'ospedale, mica come quel rosso che si è ripreso subito.

-senti, ma non li dovremmo fermare?- chiedo indicando i due che hanno cominciato a picchiarsi.

La ragazza scuote la testa guardandoli.

-non ti preoccupare, è normale-

Mah...se lo dice lei.

-comunque io sono Mei Watari, la tua capoclasse. Tu sei quella nuova, giusto?-

-sì, sono Carlotta, ma chiamami pure Charly- le porgo una mano che viene stretta con un po' d'indecisione. Guardo Mei perplessa e lei sembra capire la mia muta domanda.

-si vede che sei straniera-

Non capisco dove voglia arrivare finché non ricordo tutte le raccomandazioni della mia prof di giapponese. Per prima cosa mi sono presentata solo col nome, poi le ho detto subito che poteva chiamarmi col mio nomignolo e per finire le ho stretto la mano. Insomma, ho praticamente fatto il contrario di quello che avrei dovuto.

Abbasso lo sguardo imbarazzata. Almeno so cosa chiedere per il mio compleanno. Una pala per sotterrarmi!

-scusa Mei...cioè volevo dire Watari- balbetto dandomi mentalmente dell'idiota. Brava Charly, chiamala pure per nome senza il suo permesso! Sai come sono i giapponesi su queste cose, no?

Mei ridacchia, battendomi una mano sulla spalla. La fisso stupita, mentre lei mi guarda rassicurante.

-non ti preoccupare, è normale che tu faccia fatica. E chiamami pure Mei-

Sorrido raggiante e mi trattengo dall'abbracciarla. Contegno Charly, contegno!

Insieme entriamo nell'edificio, dirigendoci verso la nostra classe. Nel frattempo Mei mi spiega che era fuori ad aspettarmi, perché sapeva che non avevo la più pallida idea di dove andare e voleva evitare di farmi andare nel panico.

È tutto l'opposto di come me la immaginavo. Sembrava tanto timida invece si è dimostrata una gran chiacchierona. In più la differenza di cultura non si nota neanche un po'.

Arriviamo di fronte all'aula. Mei bussa ed entra, seguita da me che nel frattempo sto andando nel panico. Di nuovo.

Ad accoglierci è il professore di giapponese antico, un signore dai capelli bianchi e un'aria arcigna sul volto. Giapponese antico? E che razza di materia è? È come dire italiano antico. Mah! Che razza di materia inutile, so già che la detesterò.

Mei mi fa un cenno di incoraggiamento prima di andarsi a sedere ed io resto il balia del prof, che sta squadrando apertamente il mio abbigliamento.

-ragazzi, questa è la nuova studentessa, Carlotta C. viene dall'Italia e resterà con noi per tutto l'anno- mi lancia un'ultima occhiata e mi indica un banco.

Sotto le occhiate curiose di tutti, mi fiondo al mio posto e cerco di farmi piccola. Chissà, forse così la smetteranno di fissarmi.

Il prof riprende la sua spiegazione e pian piano tutti tornano a seguire. Quando sono sicura che nessuno mi stia più fissando, alzo lo sguardo dandomi un'occhiata intorno. Intercetto il sorriso di Mei, che mi fa il segno dell'ok e torna a seguire la lezione.

Sorrido rincuorata e, proprio mentre sono dell'idea di cominciare a seguire il prof, lancio un'occhiata ai miei vicini di banco.

...o santo cielo!

Sono quei due pazzi di stamattina!


 

  
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