Per ridere ancora.

Urla. Luci. Verde, rosso.

Tutto si confonde, ogni cosa turbina e diventa inafferrabile. Indefinita, irraggiungibile.

Il pianto silenzioso di mio figlio si rovescia nelle orecchie, lontanissimo.

Non posso andarmene. Non voglio farlo.

Ma in un battito, in un secondo confuso, rivedo i vostri sguardi; brillanti, sorprendenti.

 E rivivo quelle notti infinite trafitte dal plenilunio, risento le stelle arroccate sul cielo urlarne il dolore. Eppure nemmeno quell’immensità tanto spietata, in fondo, fa paura: siete con me.

-Remus… NO!

Una lacrima cade, infrangendosi sul pavimento freddo. Fra la polvere, le urla, le luci. Fra il rosso e il verde.

Non importa, adesso. Perché tutto sfuma davanti ai vostri occhi che vivono, splendono nei miei.

 Nocciola. Grigio.

Sommergono con violenza i confini della realtà, macchiando perfino quello sfondo bianco troppo luminoso, accecante. Tremendamente immenso.

Qualcuno urla il mio nome, qualcosa mi strappa via l’anima.

Ho paura, si. Ma siete con me, come se stessimo ancora guardando la luna brillare, incastonata nell’onice puntellato della notte.

Nocciola. Grigio.

E lascio che la morte mi abbracci, con la promessa dei nostri sorrisi splendenti. Per poter ridere ancora, sbeffeggiando la luna.

 

Angolo autrice.

Probabilmente -sicuramente- la morte di Remus è un argomento molto trattato.

Ma mi è venuta l’ispirazione così, di getto, e non ho potuto fare a meno di scrivere.

Perciò chiedo umilmente perdono e mi prostro ai vostri piedi *sperando che non puzziono*. Spero comunque che questa flash non faccia schifo.

Ora vi lascio, perché dovrei studiare… ma finirò sicuramente per fare qualcos’altro, ne sono certa .___.

Alla prossima!

Cate

P.S.: quel “Remus… NO!” ho immaginato l’avesse urlato Tonks. E la lacrima che s’infrange sul pavimento è, appunto, della suddetta u.u.