perché è un’amica speciale e perché, senza di lei, molto di quello che sono ora non esisterebbe.
A Sara, perché mi manca un sacco e perché provo per lei un affetto smisurato.
A Gaetano, che è da troppo tempo che non vedo i suoi occhi brillare nel cielo.
E a te, se adori Oliver Baston e Katie Bell.
Enjoy! [Or cry]
*piccolo ringraziamento a Marzia e Somo, che l’hanno letta in anteprima*
PERCHE’
NON SONO NATA FARFALLA?
And
then that word grew louder and
louder,
'Til it was a battle cry.
I'll come back,
when you call me.
No need to say goodbye.
«Oliver,
perché non sono nata farfalla?» mi avevi chiesto
in tono tranquillo e sognante,
quel giorno.
Ricordo
che quando mi avevi fatto quella domanda, ero impegnato in una partita
a
Sparaschiocco con Lee: non ti ho dato molta corda, perché
ero a conoscenza
delle tue solite constatazioni assurdamente demenziali e che arrivavano
puntualmente
nei momenti meno opportuni. Ti piaceva, era una delle cose che ti
faceva stare
bene. E la tua spiegazione a questa mia osservazione era stata: “perché, Oliver, cosa
c’è di bello
nell’essere normali? E’ tutto così
triste e piatto!”.
E io
avevo riso, tirandoti una ciocca di capelli biondi per farti un
dispetto... ma
non potevo far altro che concordare con te.
La
tua fissazione dell’essere farfalla era stata snobbata da me
per parecchio
tempo, perché sapevo che tanto era una cosa passeggera e
tendenzialmente
comica; ho lasciato perdere, continuando a divagare ogni volta che
tiravi fuori
l’argomento.
Poi
l’ho fatto, ho scoperto che in realtà
c’era davvero qualcosa che ti turbava e,
quando te l’ho chiesto, tu mi hai sorriso tristemente.
«Sospettavo
che tu pensassi fosse qualche mia solita battuta» avevi
detto, rigirandoti una
piuma tra le dita, «però vedi, questa volta
è diverso».
«Perché
vorresti essere nata farfalla? Non ti piacciono le tue trecce
bionde?» avevo
scherzato, dandoti un gufetto sulla
guancia.
«Sono
belle e... libere».
«Sì,
ma muoiono dopo poco tempo; non vivono abbastanza a lungo da
permettergli di
fare quello che vogliono» avevo ribattuto.
«Appunto,
Oliver, appunto!» avevi esclamato, tutta entusiasta.
«Sanno di avere vita breve
e se la godono appieno, librandosi con le loro grandi ali e svolazzando
lontano
da tutto e tutti. Le ammiro moltissimo, ammiro il loro
coraggio».
Mentre
mi dicevi quelle parole, imitavi il volare di quegli insetti che tanto
amavi,
fingendo di essere come loro; con le mani in alto facevi dei gesti
gentili e
delicati, proprio come se avessi delle vere ali. Era strano vederti
così fuori
dal mondo, sebbene tu sia sempre stata una ragazza completamente
diversa dalle
altre. Mi faceva sentire... impotente, ecco.
Non
avrei potuto fare nulla per soddisfare questo tuo desiderio e mi faceva
male.
«Però
a me non piacerebbe essere una farfalla» avevo ironizzato,
«come faresti senza
di me, eh?».
«Ma
per me lo faresti, vero? Nasceresti farfalla solo per me!».
E
avevi appoggiato la testa sulla mia spalla, sorridente.
***
Era
un’uggiosa giornata di maggio quando tu mi portasti nella
serra numero quattro,
entusiasta come non mai: ricordo che stavo studiando in biblioteca e
tu, senza
tanti complimenti, eri apparsa improvvisamente e mi avevi trascinato
per la
manica fino in cortile.
«Devo
farti vedere una cosa!» avevi esclamato.
Quando
arrivammo nella serra non c’era nessuno: solamente io e te. E
i Bubotuberi, ma
quelli non erano importanti.
«Vieni,
guarda!».
Sulla
bolla pulsante di una di quelle piante tremende – i
Bubotuberi, appunto – era
posata una farfalla. Aveva delle ali immense e che sprigionavano colori
sgargianti; sembrava finta, un giocattolo.
Tu la
guardavi con occhi sognanti, con occhi invidiosi.
Un’invidia di quelle buone.
«E’
bellissima» commentasti, «guarda che ali immense.
Pensa che, se noi due le
avessimo, potremmo andare dove vorremmo. Sarebbe un sogno».
«Katie,
ancora con questa storia delle farfalle?» ti avevo chiesto.
Non ero seccato, né
tantomeno annoiato. Solo che erano passati quattro anni
dall’ultima volta che
ne avevamo parlato, ed ero rimasto sorpreso, ecco.
«Un
sogno non si affievolisce mai, Oliver» avevi detto, seria.
«Lo
so, ma-».
«Chissà
quanto le rimane da vivere, chissà se è da
sola».
Non
riuscivo a trovare le parole adatte per esprimere come mi sentivo.
Credo... impotente, proprio come
l’ultima volta.
Dopo
pochi istanti c’era stato un fracasso assurdo ed era successo
tutto nella
frazione di un secondo: la bolla su cui era posata la farfalla era
esplosa,
liberando una sostanza gelatinosa che impiastricciò le sue
belle e delicate
ali. Era chiaro come la sua vita fosse finita in
quell’istante: è come se ti
rinchiudessero in una stanza senza né cibo né
acqua. Moriresti dopo poco tempo
e loro, le farfalle, non possono vivere senza l’unica cosa
che le rende davvero
ciò che sono.
Non
scorderò mai la tua espressione, mai.
***
Credo
di non aver mai avuto gli occhi gonfi e violacei come in
quell’occasione.
Le
lacrime scendevano lente e inarrestabili, come mai era successo prima
d’ora; non
sapevo nemmeno se i miei occhi erano ancora al loro posto o se avevano
deciso
di abbandonarmi, come lei. Forse
sì,
forse l’avevano seguita altrove. Maledetti.
Ed
ecco che si era fatta avanti quell’emozione che tanto avevo
odiato in passato,
e che odio tuttora: l’impotenza. La
consapevolezza di non poter fare niente per aiutare qualcuno che amavo
e che
amo ancora, e ancora e ancora... da sempre.
Da sempre,
Katie.
Ora
puoi essere ciò che volevi, Katie, sei contenta? Ora le tue
ali si sono
spiegate e si sono aperte al vento, per poi rinascere belle e colorate
come
quelle di una farfalla.
Perché
sì, tu rinascerai farfalla, come hai
sempre desiderato.
E
probabilmente io sarò con te.
You'll
come back
when they call you,
No need to say goodbye.
~ Regina Spektor – The Call
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●
Sinceramente non ricordo se nel
libro lei è bionda o mora, e so che ne Il
Principe Mezzosangue è bruna, ma a me è
rimasta impressa la prima immagine
di Katie Bell ne La Pietra Filosofale, in
cui è decisamente bionda! Io ho quella visione di lei, spero
non sia un
problema.
Il pus che si ricava da
questa pianta, se diluito,
è un ottimo rimedio contro l’acne. Per estrarlo
bisogna sottoporre i bubotuberi
a strizzatura; effettuare questa operazione indossando dei guanti in
pelle di Drago.
Il pus puro causa gravi lesioni cutanee in forma di gigantesche pustole
purulente, a saggiarne gli effetti sarà la povera Hermione;
aprendo una lettera
minatoria a lei indirizzata, un liquido verde-giallastro
dall’acre odore di
benzina le finisce sulle mani che immediatamente si ricoprono di
dolorose bolle
gialle. Ron intuisce
immediatamente che si tratta di pus di Bubotubero.
I gemelli Weasley,
probabilmente, utilizzano il
pus di Bubotubero insieme ad altri ingredienti (uno dei quali il veleno
di
Doxy), per creare la polvere Bulbadox (che fa venire le pustole) la
testarono
su Kenneth
Towler l’anno dei loro
G.U.F.O.
Mi sono svegliata con la voglia di scrivere qualcosa su questi due e sulle farfalle... è un mio pensiero ricorrente, quindi c’è un po’ di autobiografia qui dentro. Chiamatela pure stanchezza, ecco.
Naturalmente i commenti/critiche sono ben accetti, i vostri pareri non andranno perduti.
Adieu ♥