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Autore: esmeralda92    29/04/2011    1 recensioni
Era figlia di Zeus e di una mortale, una certa Latona. Allontanata dalla Regina degli dei. Strappata alla madre che non aveva mai conosciuto per mano di una serpe. E suo padre che non l'aveva mai riconosciuta, mai cercata.E ora l'avrebbe pagata cara. (Rivisitazione dei miti.. spero che vi piaccia..)
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Il mattino seguente si svegliò poco dopo l'alba. I raggi del sole filtravano dalle tende bianche illuminando ancora di più la stanza. Si alzò e dopo essersi preparata, iniziò a preparare le proprie cose, donando un tocco personale alla stanza. E sorrise. Ora si sentiva molto più a suo agio. Attraversò i corridoi diretta fuori dagli appartamenti. Doveva andare a fare una bella cavalcata. Lontana da lì. Lontana da loro. Lontana da tutta quell'ipocrisia. Era appena uscita quando una voce la fermò.

“Dove vai?”
“Lontano da qui per un po'”

“Non è un po' presto per essersi annoiata.” ribattè Marte.

“Non sai neanche riconoscere un tono ironico? Stavo semplicemente andando a fare una cavalcata, se permetti.” Lui sorrise.

“Ricordati della nostra scommessa.”
“Oh, stai certo che me ne ricorderò. Preparati a perderla.” fece sorridendo.

“Vedremo.”

“Oh, sì..” e lo superò. E andò alle stalle. Prese il primo cavallo che trovò e lo montò. Poi spronò. E cavalcò per buona parte della giornata. Studiando ogni luogo. Cercando di memorizzarli. E pensò. Di sicuro avrebbe dovuto far passare qualche mese prima di agire. Doveva agire in quel periodo di tempo in modo tale che nessuno potesse sospettare di lei, in modo da poter passare inosservata.

Era da poco iniziata la primavera. Gli alberi erano tutti in fiore, i ruscelli zampillavano di acqua limpida e fresca. Gli uccellini cinguettavano. Il sole splendeva. Era una bellissima giornata, e lei sorrise. Peccato fosse sola pensò con una piccola fitta al cuore. Poi le tornò alla memoria tutto il dolore che aveva provato in tutti quegli anni. E scosse la testa come per rimuovere dalla testa quel pensiero. Nessuno di loro si meritava il suo amore. Né pietà o compassione. Nessuno era mai entrato in sua difesa, in tutti quegli anni. E per questo avrebbero pagato. Dal primo all'ultimo.


Quando tornò alla reggia, Athena la raggiunse nelle stalle.

“È stata una bella cavalcata?” le domandò.

“Sì, grazie.” rispose. “Mi ha aiutata a pensare.” rispose lei.

“Ne sono lieta.” ribattè lei sorridendo.

“Tu invece come hai passato la giornata?”

“Oh, niente di che, mi sono un po' allenata..”

“Zeus ti permette di allenarti?”

“Certo! Da un po' di anni a questa parte posso allenarmi anche io, anche se non con i ragazzi.”

“Posso allenarmi qualche volta con te?” chiese allora fingendosi entusiasta. Qualcuno aveva detto che per sconfiggere un nemico bisogna conoscerlo a fondo. Ed ella concordava.

“Certo! Anche subito se vuoi!”

“Magnifico!” ribattè. Aveva ormai imparato a fingere, si era preparata a quell' evenienza talmente bene, che ora le risultava quasi naturale. E con la stratega si diresse verso il campo di allenamento.

Quando arrivarono si allenarono fino al tramonto. Artemide sorrise e la osservò attentamente mentre combattevano. Aveva una buona tecnica. Ma utilizzava sempre la stessa.

“Tra un po' si cena, tesoro.” pronunciò Afrodite una volta arrivata al campo.

“Arriviamo subito.” rispose Athena. Sospirando. E poi si diresse verso l'uscita imitata dalla dea.


Quella sera al banchetto la ragazza si annoiò da morire. Quell'euforia che aveva mostrato durante il banchetto per il suo arrivo ora era finto. Afrodite non faceva altro che sparlare di chiunque. In tutti quegli anni non era cambiata di una virgola. Invece di risponderle, questa volta la assecondava, fingendosi ammaliata dalle sue parole, quando in realtà era lei a condurre il gioco. E quella ragazzina che voleva improvvisarsi grande attrice, si stava lasciando condurre senza neanche accorgersene. Artemide era in grado di fingere con lei così tanto bene che Afrodite, così tanto esaltata, non si rendeva neanche conto di star giocando a un gioco che non era il suo. Raccontandole qualsiasi cosa riguardo a chiunque, stava fornendo così tante informazioni alla divinità per le quali, altrimenti, avrebbe dovuto impiegare mesi per raccogliere.

Marte, ben presto, raggiunse le due “amiche”. E si sedette vicino a Afrodite.

“Un po' di nettare, tesoro?” le chiese dolcemente porgendole una coppa.

“Sei magnifico tesoro.” rispose lei prendendola e dare un bacio al dio che la tenne stretta a sé. “Allora, tesoro, nessun amore in vista?” chiese poi rivolta alla ragazza.

“Non ancora.”

“Oh, beh.. Allora bisogna provvedere all'istante!”

“No, grazie.. non è il caso.”
“Concordo con la tua amica, amore.. Non è il caso che spendi tante energie in questo modo.. Per lei non ne vale la pena.”
“Non dire così.”
“E poi... Chi mai la vorrebbe una come lei? Il fatto che non abbia avuto nessuno dovrebbe esserti da aiuto.”
“Se non ho avuto nessuno è solo perché non ho voluto.”
“Difficile da dimostrare, visto che non mi pare ci sia la coda per averti.”

“Non tutte hanno la fortuna di essere belle come la tua ragazza, ma non per questo valgono meno.”

“Non ho detto questo.”
“No, lo so. Ma non è mia intenzione avere la schiera di ragazzi fuori dalla mia porta.”
“Non è neanche tua intenzione avere un ragazzo.”

“E anche se avessi questa intenzione, stai certo che non saresti tu il mio obiettivo.”
“Tanto meglio, dato che le tue parole risuonano insopportabili.”

“Allora non rivolgermi la parola.”
“E come faresti poi senza di me?”
“Oh non è il caso che ti preoccupi per me. Tranquillo.. Sopravviverò.” lui sorrise.

“Se ne sei sicura..” e si allontanò. Afrodite lo seguì. Raggiungendolo. E lo baciò una volta constatato che non se ne era andato a causa sua.

In quel momento alla divinità che era rimasta a osservarli, venne in mente un'idea. Doveva conquistarsi la fiducia di Afrodite, diventare sua intima amica. Doveva usarla per arrivare a Marte. E farlo cadere nelle sue mani. Con ogni mezzo. Allora Marte si sarebbe opposto al padre e l'impero che Zeus si era creato si sarebbe sgretolato. E lei avrebbe avuto la sua

vendetta. E sarebbe riuscita nel suo intento. Dopo un bel po' di tempo sentì una voce dietro di sé.

“Una dracma per i tuoi pensieri.” 
“Oh, non valgono così tanto. Sono futili.”
“Credevo non volessi più rivolgermi la parola.”
“Sei stato tu a iniziare. E non sia mai che una bastarda come me osi negare il saluto e la parola al figlio di Zeus, all'erede al trono.” fece lei sorridendo. Lui sorrise.
“Quindi l'hai fatto per educazione.”
“Certamente.” lui annuì fingendo di crederci.
“Se solo fossi brava a mentire..” fece con un ghigno. A lei venne freddo. Temette che lui sapesse.
“Cosa intendi?”
“Semplicemente che non sei affatto brava a mentire. Non con me. Puoi ammetterlo.”
“Cosa?”
“Che ti piaccio. È evidente.”
“Sempre meno stanne certo.” ribattè lei guardandolo finalmente. lui rise.
“È già qualcosa. Ma puoi fare di meglio.”

“Lo stesso vale per te. A Efeso ho tanto sentito parlare di te e della tua bravura nel sedurre le ragazze povere e indifese. Ma se questo è tutto ciò che riesci a fare, ahimè, temo non ne valga neanche la pena.” fece lei sorridendo fingendosi dispiaciuta. E fece come per allontanarsi. Ma il dio, ferito nell'orgoglio la fermò prendendola per un polso. Senza farle male.

“Non ho neanche iniziato. Sicura di voler vedere fino a che punto posso spingermi?”

“Se non sapessi che tu sei fidanzato e prossimo alle nozze con una mia amica per di più, acconsentirei molto volentieri. E ti garantisco che la tua offerta mi interessi molto, mi vedo costretta a rifiutare. Sai.. amicizia.”

“Certo.. Se dovessi cambiare idea..”
“Sarai il primo a saperlo.” fece lei per poi allontanarsi. E andare in camera sua. E mettersi a dormire.

  
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