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Autore: _Dubhe    30/04/2011    10 recensioni
«Non mi piacciono gli indovinelli, mezzosangue, e neppure le conversazioni abbozzate tra un balletto e l’altro.. – sorrise, vedendola arrossire - ..mi piacerebbe proseguire questa conversazione in privato, vuoi? Domani sera alle nove, a Malfoy Manor. Non dovresti avere difficoltà nel trovarla, no?»
«Cosa ti fa credere che accetterò un tuo invito, Malfoy? – sputò velenosa lei – Il tuo fascino o la tua spudorata e immotivata arroganza?»
«Il ricatto, Granger. – rispose semplicemente lui..
***
Un ricatto, 8 Metalli, i tranelli di un Malfoy e la fierezza di una paladina della II Guerra Magica, costretta a vivere come una babbana dalle nuove leggi della Corte. Cosa nasconde Malfoy dietro il mistero delle Fiale e dei Metalli? A cosa porterà la sua ricerca? E lei, riuscirà a resistere al suo ricatto? E lui, riuscirà a resistere a Hermione Granger?
Una storia ricca di colpi di scena, sorprese e misteri ancora da svelare. Draco/Herm la ship principale. Buona lettura!
Genere: Mistero, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger, Un po' tutti | Coppie: Draco/Hermione
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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Your blackmail, My downfall. Vol 1
***
 Capitolo XI:

some Friends never leave us

 

«Herm, io vado.. se avessi bisogno di me..»

«E’ tutto apposto, Harry, grazie mille.»

Erano le sei del pomeriggio. Malfoy Manor si era svuotata con la stessa rapidità con cui si era riempita. Quello che era successo in seguito alla morte di Daphne era ancora piuttosto confuso, nella sua memoria, ma era certa di poter dire con assoluta certezza cosa fosse accaduto, anche se era presente soltanto in parte. Harry e la sua squadra di Auror erano arrivati, chiamati da Blaise – e qui Ginny era stranamente evaporata – e avevano trovato il corpo di Daphne fra le braccia di un Malfoy piuttosto sconvolto e devastato, e non soltanto fisicamente. Il marito, che aveva trovato la moglie senza vita, ancora avvolta nel suo vestito da sera, aveva reagito con uno strano contegno alla vista del suo corpo morto ed esanime, quasi come se aspettasse un evento simile da tempo. All’inizio non l’aveva compreso, non era riuscita a figurarsi quale pensiero mai avrebbe potuto convincere un marito ad accettare e rassegnarsi davanti alla morte della propria moglie. Poi, con un barlume di comprensione improvviso e fulmineo, aveva capito: era esattamente come, all’inizio, era stato per i suoi genitori, che non capivano come un mondo fatto di magie e incantesimi potesse offrire sicurezza. Si erano sempre preoccupati, dentro di loro, che un mondo simile, in cui l’unica difesa proviene da bacchette di legno estremamente potenti ma, al contempo, anche inutili, potesse nuocere alla vita della loro unica figlia. Non avevano torto. Allo stesso modo, Julian si era da tempo rassegnato all’amore incondizionato verso una donna che tutto era fuorchè normale e passiva alla sua condizione di strega; senza dimenticare il padre dispotico che, con tutte le probabilità, gli aveva mostrato quanto potesse essere crudele il pregiudizio e l’orgoglio delle persone, di alcune più che di altre.

Julian si era rassegnato, totalmente, proprio come sua moglie non l’aveva fatto: ogni sua fibra, ogni cellula del suo corpo, ogni guizzo di magia che le scorreva nelle vene, l’aveva sempre spinta a vivere, a combattere, prima per se stessa e poi anche per la sua famiglia, per i suoi due figli. Non si era mai arresa, nemmeno quando le sue membra si erano accasciate fra le braccia di Draco e la sua bacchetta aveva abbandonato una volta per tutte le mani della propria proprietaria. Era morta come un’eroina. Ma perché? Perché proprio il suo sacrificio si era reso necessario, per cosa poi? Una battaglia contro un magnate russo in cui non c’entrava assolutamente nulla? Era così ingiusto..

E, peggio di tutto, si sentiva in colpa. E non era l’unica.

Alla veglia, che era stata organizzata a Malfoy Manor, sotto il desiderio esplicito di Julian, Draco era stato la stoicità in persona, fiero e posato, mentre faceva gli onori di casa e stringeva le mani di conoscenti, amici, familiari: ironia della sorte, Hermione ebbe anche modo di vedere la sua nemesi, la famigerata Elizabeth Black, che si scoprì essere amica d’infanzia di Daphne, che tuttavia non eguagliava la strega né in bellezza né in intelligenza, a notare dall’aspetto e dal suo modo sospetto di esaminare i bicchieri sotto lo sguardo dubbioso del marito. I familiari più stretti invece, Astoria esclusa, non fecero la loro comparsa. Avevano si ripudiato la figlia ma nessuno, Draco incluso, si era aspettato che rifiutassero di venire al funerale della propria bambina, del loro angelo più bello. Che razza di genitori non desiderano dare l’ultimo addio alla propria figlia? Che razza di mostri rifiutano di baciarle le guance esanimi per un’ultima volta?

Astoria, che invece Hermione non vedeva da tempo, ebbe il buon senso di limitare al massimo i suoi contatti con Draco, non solo perché riteneva giustamente inopportuno farsi avanti in certi atteggiamenti al funerale della sorella ma anche perché lui era troppo impegnato assieme a Julian per poterle prestare qualche attenzione. Harry, invece, aveva avuto più fortuna, da questo punto di vista: subito prima della cerimonia aveva interrogato sia Draco che Hermione, domandando il perché tre scagnozzi di un magnate russo erano morti stecchiti sul pavimento della Villa. Draco, da abile mentitore che era, aveva inventato una storia plausibile che non aveva vacillato nemmeno per un dettaglio: solo settimane dopo avrebbe rivelato ad Hermione che, in verità, non era una storia inventata sul momento ma un piano che, ormai da tempo, teneva in cantiere nel caso lei fosse morta e avesse dovuto spiegarlo ad Harry. Se le avesse rivelato quel dettaglio quel giorno stesso, di sicuro la strega avrebbe lasciato la Manor senza farvi più ritorno, ma non accadde. La verità, tuttavia, fu riservata per rispetto a Julian, al quale vennero riferite le circostanze della morte della moglie dallo stesso Malfoy, che si aspettava una sorta di biasimo o desiderio di vendetta. Non accadde nessuna delle due cose: la maturità di alcuni uomini deriva da dove non ci aspettiamo neppure, così anche un babbano può capire quando la colpa sta nell’uomo e quando nelle circostanze. Malfoy, per lui, non era colpevole.

Per Malfoy, invece, Malfoy era colpevole eccome.

Una volta che tutti se ne furono andati e Daphne venne portata nel mausoleo di famiglia – quest’onore, almeno, avevano deciso di concederglielo, almeno per rispetto all’etichetta – la casa sembrò stranamente vuota, terrificante e grande come non mai. Julian, che aveva già fatto i bagagli, era stato smaterializzato da Blaise con i gemelli a casa dei suoi genitori, alla quale era stato posto uno speciale incantesimo, molto vicino al Fidelius ma modificato, in quanto il Custode era un babbano: non ci sarebbe rimasto a lungo, tuttavia. Certi nemici è meglio combatterli prevenendo le loro mosse e di certo Caius avrebbe rivoluto indietro i bambini: con l’aiuto di Draco, economicamente parlando, Julian e i ragazzini sarebbero spariti chissà dove, viaggiando senza una meta, almeno per qualche anno, prima di decidere dove stabilirsi. Era un piano movimentato, azzardato, ma aveva trovato tutti concordi, quindi sarebbe stato messo in pratica. Una volta tornato, Blaise non aveva rivolto la parola all’amico. Hermione non si era mai resa pienamente conto di quanto Blaise tenesse a Daphne ma ormai, dopo tanti volti sconvolti e tante lacrime, aveva realizzato anche lei come quella ragazza fosse riuscita a farsi volere bene da chiunque, persino da un albero sotto il quale, magari, aveva passato un ipotetico pomeriggio a leggere. Era un magnete, che adesso non rispondeva più alle leggi fisiche della terra, era altrove ormai. Dopo aver preso una bottiglia dallo scaffale dei liquori e aver gettato un’occhiata carica d’odio a Draco, era scomparso nella sua stanza: dal silenzio si poteva dedurre che Ginevra Weasley non era con lui.

Draco, nel frattempo, si era gettato sul divano, vestito di tutto punto, eccezion fatta per la giacca, gettata su una poltrona, e la cravatta allentata. In mano aveva un bicchiere, vuoto, così com’era vuota una delle due bottiglie ai suoi piedi, proprio come stava per diventarlo anche l’altra. Hermione, indecisa ancora su cosa fare, sul come comportarsi, si sedette dall’altra parte del divano. In tutta quella storia, fin da quando Daphne era morta, aveva lasciato che fosse Draco a parlare, a spiegare, a chiarire agli altri in che circostanze fosse morta la sua amica, ma mai aveva accennato al fatto che metà della colpa di quello che era successo apparteneva alla mora. Era stata lei ad aiutarlo, a casa di Kostja, era colpevole quanto e forse più di lui. Il biondo non la guardò ma si accorse della sua presenza.

«Quando avevo sette anni.. – cominciò a parlare rivolto al fuoco, come se fosse da solo, dopo giorni di silenzio - ..io e Daphne eravamo a giocare al lago. Mio padre e il suo dovevano discutere di affari e avevano spedito le rispettive mogli lontano da casa con la prole. Astoria era una bambina piccola, stava con Lucretia, mentre io e Daphne giocavamo con alcune piante.. ricordo che non riuscivo a trasfigurare un fiorellino e regalarglielo.. mi ero dispiaciuto talmente tanto.. così lei prese un rametto e, senza nessuno sforzo, lo trasformò in un bastoncino di zucchero. Non voglio il fiorellino, voglio che smetti di piangere Draco. Siamo amici, io e te. Sai?.. Poi, come se nulla fosse, mi aveva sorriso.. ricordo quel sorriso così bene.. era così.. innocente.. era.. era..»

C’erano molto altro che avrebbe voluto o potuto dire, ma la voce si spense. La verità era che trovava difficile non solo parlare ma addirittura il solo pensare a quanto tempo avesse passato con Daphne, a tutto quello che avevano affrontato insieme, a tutto quello che avevano condiviso. Una sola volta in vita sua si era sentito così debole, così impotente, ed era stato al funerale di sua madre. Ed ecco di nuovo, la stessa storia, soltanto con un background diverso: una persona che lui amava, a cui voleva un bene smisurato, andata, morta, svanita per sempre.

Hermione fu tentata di consolarlo, di fargli sapere che non era l’unico a sentirsi tanto male e tanto colpevole. Ma non ne ebbe la forza né tantomeno l’approvazione: appena stese una mano per prendere quella di Draco, lui la spostò con un movimento brusco. Non voleva essere aiutato, non da lei comunque.

«Non sei responsabile di quello che le è successo.. – tentò di dire la mora, anche se credeva ancor meno di lui in quelle parole - ..è stato un incidente.. non è..»

«Non è stato un incidente. E’ stato un omicidio, soltanto che il lampo verde che l’ha uccisa era diretto a me, dovevo essere io. Sempre. Dovevo essere io quello morto, adesso, non lei. Ha dei bambini.. un marito che la ama..»
«Lei non vorrebbe che tu..»

«NON PROVARE NEMMENO A DIRE COSA VOLEVA LEI! – l’urlo la lasciò spiazzata, così come la figura di Draco che la sovrastava, dato che era saltato in piedi – Tu non conoscevi Daphne! Tu hai la presunzione di dire cosa avrebbe voluto ma cinque ani fa l’avresti uccisa se ne avessi avuto l’occasione! Si, perché tu sei l’amica di Potter e della sua combriccola! Il bene, sempre e soprattutto! Non te n’è mai importato di gente come me.. delle famiglie, di gente come me! NON AVERE NEMMENO LA PRESUNZIONE DI DIRE CHE COSA AVREBBE VOLUTO!»

«Non l’avrei mai uccisa.. non avrei mai..» Anche la voce di Hermione si spense, persa nelle lacrime. Non ebbe la forza di alzare lo sguardo sullo Slytherin semplicemente si alzò, a sua volta, e si avviò lentamente verso la sua stanza, senza dire una parola. Non era tempo, quello, per le parole, ma per infiniti silenzi e profondissima quiete. Strinse la braccia al petto, sprofondando nei cuscini del suo morbido letto. Poi, mentre le lacrime ancora le rigavano le guance, si addormentò.

Draco, nel frattempo, dopo aver accompagnato con sguardo ancora furente la figura della mora che svaniva nei piani superiori, si rese conto di essere stato brutale, brusco addirittura, ma non ebbe né lo spirito né la forza di rincorrerla: certi dolori impediscono anche il gesto più semplice, certe volte. Semplicemente si sedette a terra, senza ritegno, la schiena poggiata contro il divano e lo sguardo nel fuoco. Recuperò la bottiglia e ne bevve ancora qualche sorso, un altro ancora. Prima di mezzanotte, quando ormai le sue palpebre si chiusero per la stanchezza, tre bottiglie e mezzo erano vuote.

Si svegliò che il sole non era ancora alto nel cielo, anzi non era nemmeno sorto. Un’occhiata all’orologio sopra il caminetto gli chiarì che erano le quattro di mattina appena passate. La casa era totalmente silenziosa, inquietante. Tentò di sollevarsi e scoprì che era molto più facile del previsto. Rimessosi in piedi gli bastarono pochi passi per arrivare in cucina e sciacquarsi la faccia con un po’ d’acqua: non ricordava molto di quello che era successo la sera prima, anzi il giorno prima. I ricordi cominciavano a diventare confusi subito dopo che Julian aveva lasciato la casa con i gemelli, promettendo i scrivere ogni qualvolta ne avesse avuta l’occasione. Non l’avrebbe fatto ma era gentile da parte sua almeno premurarsi di averci pensato. Erano poche le persone come quel babbano, anzi era più corretto dire che pochi babbani erano persone gentili come lui. Daphne aveva fatto bene la sua scelta, i suoi figli avrebbero avuto in eredità la conseguenza delle azioni della madre, tra cui figurava non soltanto una camera blindata alla Grincott stracolma di galeoni ma anche un padre e una famiglia premurosi, che avrebbero saputo prendersi cura di loro; poi, una volta cresciuti, sarebbero andati entrambi ad Hogwarts, dove sarebbero stati smistati l’uno a Serpeverde e l’altro a Corvonero, astuzia e intelligenza, entrambe doti della madre.

Prima di morire, quasi senza dar peso o urgenza a quelle parole, la bionda gli aveva accennato al battesimo dei due gemelli: avrebbe voluto che la madrina fosse Astoria, che il padrino invece fosse lui. Non avevano avuto il tempo di pensarci seriamente sopra ma, e questo lo sapeva di sicuro, padrino o no avrebbe cercato in tutti i modi possibili di non lasciare quei bambini in balìa di Caius e delle sue egemoniche tradizioni. Non aveva mai avuto lo spirito paterno, Lucius era sempre stato un fiasco da quel punto di vista e pensava di aver ereditato quel tratto in particolare da lui, ma avrebbe potuto essere un bravo zio, proprio come Bellatrix, nel suo modo perfido e malsano, lo era stata per lui.

«Il padroncino vuole che lo accompagni nella sua stanza? Perky ha preparato il letto e la borsa calda, signore. Perky ha anche messo una bottiglia del liquore del signorino Blaise vicino al letto..»

Draco sorrise, sentendo la premurosa voce dell’elfo. «No, Perky, non dormo, ho dormito a sufficienza sul pavimento. Blaise è in camera sua?» Gli occhi pieni di rabbia e d’accusa dell’amico si figurarono con terrificante precisione nella sua memoria.

«No, è andato via presto, dopo padron Draco si è addormentato. Prima però ha cacciato via la Weasley, hanno urlato un po’. Ma la signorina Granger non si è svegliata e nemmeno il padroncino.»

La Granger, giusto. «Grazie Perky, adesso vai a farmi un po’ di uova e quelle.. si, quelle cose che sai fare bene tu per un viaggio. Parto stamattina, vorrei.. mangiare..» L’elfo sorrise entusiasta e scomparve con un leggero pop: se c’era una cosa che adorava fare era proprio cucinare. Almeno lui era contento.

Era crudele da parte sua, perfino meschino, togliere la Granger dal tepore del sonno e trascinarla in un viaggio che si preannunciava peggiore dei precedenti, ma sentiva di averne bisogno e, se anche non l’avesse ammesso direttamente, sapeva benissimo che ne aveva bisogno anche lei. Distrarsi, non pensare, scatenare l’adrenalina e la forza della natura in sé e contro di sé: si, poteva funzionare. Si fece una doccia, giusto per avere qualcosa da fare, quindi si mise addosso un paio di vestiti, senza nemmeno rendersi conto quali fossero. Infine infilò un cappotto e una sciarpa e bussò alla porta della mora.

Lei non si fece attendere. Non aveva avuto la forza di lavarsi, a differenza sua, quindi era ancora vestita come per il funerale, con un pantalone nero e una giacca dello stesso colore, corta, con sotto un top semplice, grigio, lungo. L’unico dettaglio differente erano gli stivali neri sostituiti alle scarpe alte del giorno prima e un piumino lungo, nero, con una sciarpa e un capello verdi e beje. Aprì la porta nell’esatto attimo in cui Draco bussò. Si fissarono per qualche attimo, leggermente spossati da quell’incontro voluto ma inconsapevole.

«Voglio andare..» «Credo dovremmo andare..»

Si bloccarono entrambi, squadrandosi, prima che Hermione completasse la frase per entrambi. «Andiamo.»

Era sbagliato, era insano continuare a imporsi quella ricerca, soprattutto perché Daphne aveva finito con il morirne pur non facendone parte. Ma non era quello il punto. Non andavano in missione perché volevano disperatamente concluderla, non ci andavano perché il loro dovere etico lo imponeva, ci andavano perché, segretamente, nel loro intimo, speravano di potersi lanciare nel vuoto, speravano di incontrare un ostacolo che non poteva essere superato, un potere che non poteva essere sconfitto. Entrambi si sentivano in colpa e l’unico modo per sopprimerlo era lanciarsi, inconsciamente e stupidamente, verso un cammino di morte, un suicidio. L’avevano capito non appena avevano aperto gli occhi, entrambi. Per motivi e per strade differenti, entrambi erano giunti allo stesso punto: un punto di non ritorno. Chiunque avesse capito il loro piano avrebbe provato di certo a fermarli, ma non c’era nessuno al di fuori di loro lì, in quel momento. C’erano loro, i loro sensi di colpa e l’unico modo per metterli a tacere. Qualcuno di più razionale – magari un’Hermione non sconvolta – avrebbe suggerito di distruggere le ampolle già recuperate e finirla con tutta quella storia. Ma sarebbe stato troppo facile, troppo veloce, rapido. E loro non avevano bisogno di rapidità, di semplicità, di futilità. Avevano entrambi bisogno di altro.

Perky apparve con uno zainetto da viaggio, il viso radioso e sorridente. «Ho preparato tutto, signore. I panini con le uova, e quell’insalatina italiana che piace tanto al padroncino. E quelle speciali frittelle salate della signora Cissy, con un po’ di maionese. E..»

«Grazie Perky. – l’interruppe Draco – Adesso noi andiamo. Appena torna Blaise, togli qualsiasi incantesimo e imponi i soliti Incantesimi protettivi alla Manor, anche al giardino, e non toglierli per nessuna ragione. Se qualcuno cerca me, Blaise incluso, dì loro che non sai dove io sia andato né quando ho intenzione di tornare..»

«Si, padroncino..»

«..e riposati, Perky.. – aggiunse Hermione, che neppure in un momento come quello dimenticava il suo impegno per CREPA e per gli elfi domestici maltrattati – Almeno finchè non torniamo..» L’elfo sembrò un po’ riluttante ma acconsentì con un cenno del capo, prima di smaterializzarsi.

Draco e Hermione si avviarono in silenzio verso l’uscita, prima di scendere nella veranda e avvicinarsi al cancello laterale del Giardino, l’unico punto della Manor dove fosse concessa la smaterializzazione, quella settimana: una misura precauzionale di Draco, cambiare punto ogni sette giorni perché fosse più difficile individuarlo per chiunque a cui lui non l’avesse direttamente riferito. La mora posò un braccio sul suo e si lasciò guidare in una Smaterializzazione congiunta. Quello era il Guardiano numero quattro.

Sbucarono in un posto leggermente anomalo, il che era dire poco, visto che non aveva il pavimento. Prima che si potessero rendere conto di essere in caduta libera e prima di poter afferrare qualsiasi cosa, si trovarono catapultati all’ingiù. Urlarono ma non fu utile per niente, dato che caddero dopo pochi istanti in acqua, riemergendo in superficie bagnati fradici e senza fiato.
«Maledizione! Non potevi calcolare un po’ meglio la traiettoria?!?!?»

«L’ho calcolata una meraviglia, la traiettoria – ribattè pronto lui – Siamo esattamente dove dovremmo essere!»

«Siamo in un pozzo! – urlò lei, battendo le mani sul pelo dell’acqua, come una bambina, e schizzandolo tutto – In acqua!! Sono bagnata fino alla punta della bacchetta per colpa tua! Questa discesa potevano farla anche con un Levicorpus, in tutta calma, senza necessariamente bagnarci come pesci!!!»

«Se sapessi dov’è l’entrata sarebbe anche possibile ma, dato che non ne ho idea, o così o niente.»

La mora non fu affatto soddisfatta dalla spiegazione ma preferì lasciar perdere, concentrandosi sul posto in cui si trovavano. Era un pozzo, tranne per il fatto che non si vedeva il sole, in alto, né tantomeno una fessura da cui era possibile calarsi. O risalire.. – pensò con sconforto lei. E adesso? Non vedendo assolutamente nulla si propose di accendere la bacchetta ma Draco la precedette, accendendo la sua. Pietra, soltanto nuda e fredda pietra intorno a loro. Non si toccava neppure il fondo, quindi doveva galleggiare come un’alga in un’acqua putrida e maleodorante. Adesso che ci pensava bene, quell’odore le era familiare.. era «Zolfo. Siamo in un vulcano per caso?»

Draco annuì. «Uno quiescente. E’ stato allagato da un particolare fenomeno che adesso mi sfugge, ma comunque erutta acqua.»
«Non esistono vulcani che eruttano acqua, Draco! – spiegò logica lei, alzando gli occhi al cielo – E’ fisicamente..»

«Impossibile, sì. Ma nel mondo che consociamo. Qui.. direi che non so di preciso dove ci troviamo. Meglio, in che mondo ci troviamo.. E non dare di matto, usciremo da qui..»

«Si, certo! Adesso mi dici che siamo in un vulcano che erutta acqua, che potrebbe eruttare da un momento all’altro, e non sappiamo neppure dove siamo di preciso. Oh, si, certo che non darò di matto. Semplicemente stavolta sarò io a infilzarti con qualche spada, risparmiando a qualcun altro la fatica di farlo..»

«Non ci sarà Gonos qui, genio.»

«Magari ci fosse! Sarei felice di dargli una mano.. oh, no, aspetta! Non posso! Perché appena mi vedrà mi ucciderà per un giuramento che ho infranto per colpa tua.. Dove diavolo stai.. nuotando, adesso?»

«Non so tu, ma voglio tornare di nuovo asciutto, quindi nuoto verso la corrente e vedo dove arrivo.»

«Brillante! Adesso non sappiamo neppure dove andare! Se avessi lasciato a me le indagini invece di nascondermi tutto adesso saremmo già arrivati, e saremmo asciutti e non avremmo bisogno di nuotare chissà dove!!! Malfoy, mi senti? Maledizione, dove sei andato!?!?»

Con un paio di bracciate raggiunse lo stesso luogo in cui aveva visto sparire la luce della bacchetta del biondo: pessima idea. Appena arrivò nel punto dove la luce era scomparsa la corrente la trascinò, impedendole di fermarsi o rallentare. Ingoiò più volte qualche sorso d’acqua, sputando e tossendo rumorosamente e continuando a tenersi a galla. Ah, se non fosse morto lui l’avrebbe ucciso lei, con le sue stesse mani! Se non fosse che, a quel pensiero, sentì l’acqua mancarle sotto i piedi, uno sguardo in basso e urlò come non mai, dato che si era ritrovata a cadere in una cascata vertiginosamente alta che, dopo un po’, sembrò essere infinita e che rese il suo contatto con l’acqua doloroso e inaspettato: se non si era rotta niente, stavolta, avrebbe ringraziato tutti i Maghi del Primo Wizegamot, una volta tornata a casa.

«Per Merlino.. Granger.. stai bene?»

Quando aprì gli occhi, finalmente, si rese conto che la corrente non era più tanto forte e che i suoi piedi stavano toccando terra: una terra viscida, piena di muschio, ma comunque terra. E aveva perso uno degli stivali nella caduta.. perfetto! Per par conditio si tolse anche l’altro restando con i piedi nudi sulla fredda e bagnata roccia. La cascata li aveva catapultati in una grotta ottagonale, con le pareti particolarmente irregolari e taglienti, che avevano la particolare capacità di riflettere i bagliori dell’acqua. Poi, con stupore sempre crescente, si rese conto che non era l’acqua a luccicare ma i flutti di lava vicino alle pareti, che gettavano ovunque un’ombra rossastra e diffondevano un calore soffocante: Hermione si tolse la giacca, restando soltanto con il top grigio, mentre Draco ne seguì l’esempio, sbarazzandosi di qualsiasi capo che ricoprisse il suo torace, eccezion fatta per la camicia, sbottonata anch’essa. I due si guardarono, più per chiedersi cosa fare adesso che per uno scambio reciproco di occhiate, finchè – santa intelligenza! – Hermione non individuò, a qualche paio di metri da loro, data la vastità della sala, una sorta di piedistallo.
«Questo connubio tra fuoco e acqua non mi sta simpatico nemmeno un po’.. – proferì, cominciando a camminare – ..cerchiamo di stare attenti e non facciamoci uccidere, o meglio bruciare e affogare in contemporanea.»

«Rassicurante.. comunque.. – evocò una bolla trasparente, lasciando che la figura di Hermione ne fosse circondata - .. questo dovrebbe proteggerci per qualche istante da attacchi improvvisi, o lapilli o guizzi di lava.. non si sa mai. Avremo il tempo di capire comprendere il pericolo e renderci conto di come affrontarlo..»

«Allora anche tu ne hai uno..»

«Eh?»

«..di cervello, Malfoy. Anche tu hai un cervello!»

Il giovane si limitò a sbuffare e ad osservare attentamente la sala nel suo incedere verso il piedistallo, che raggiunsero in breve tempo. Quello che, tuttavia, vi trovarono, non fu affatto rassicurante. Al centro di un piedistallo, ottagonale anch’esso, al quale si accedeva mediante scale che emergevano come inferi dall’acqua, c’era un fascio di luce, lungo e potentissimo, nel quale aleggiava disinvolto il loro Guardiano. Entrambi scattarono in posizione di difesa ma, apparentemente, non ce n’era bisogno.

«Uff.. siete proprio noiosi.. sapete quanto avete fatto incavolare Gonos? Sa essere tanto noioso quando ci si mette con le sue storie.. – fece una capriola e, con un gesto lesto, atterrò davanti a loro, aleggiando sull’acqua - ..e la salvezza del mondo di qui.. e l’Universo di là.. dico io.. se qualche pazzoide vuole eliminare l’intera specie, che c’entriamo noi? E lui si rimette nelle orecchie e bla.. bla.. bla..»

Hermione puntò i suoi occhi, stretti a due fessure, sulla nuca di Malfoy, che tuttavia, benché resosi conto di essere stato in parte smascherato, fece finta di nulla, continuando a guardare il Guardiano, che adesso aleggiava sull’acqua, faceva piroette e agitava le braccia: sembrava un ballerino, se solo i suoi vestiti e il suo volto, più adatto ad un modello o ad una divinità che ad un uomo in calzamaglia, non fossero stati tanto impeccabili.

«Se sai perché siamo qui.. dacci il metallo e ce ne andremo..»

Lui sbuffò, in maniera teatrale, atterrando davanti a Draco, che sussultò per la sorpresa, steso in aria davanti a lui, con le gambe incrociate dietro, come se fosse steso su un divano o un letto. «Vorrei tantissimo, giovanotto, non sai nemmeno quanto!!! Ma, vedi, poi Syfil chi lo sente! Mi ucciderebbe soltanto per aver lasciato te e la tua amiche.. Wow!»

Gli occhi del giovane si erano spostati su Hermione ed erano rimasti incantati, adesso accesi come due stelle a mezzanotte. La ragazza, visibilmente a disagio, si sposto impercettibilmente indietro, tendendo ancora di più la bacchetta contro di lui. «Chi è Syfil? Chi sei tu?»

Lui, senza staccare un attimo gli occhi da lei, sorrise, assumendo un’espressione decisamente ebete sul volto, e parlando come un bambino piccolo davanti ad una vetrina di Mielandia. «Io sono Nukter, tutto tuo dolcezza. Prendi di me ciò che vuoi!»

Draco, scandalizzato, finalmente si decise a guardare la Gryffindor, che ricambiò dubbiosa la sua occhiata, senza tuttavia abbassare la guardia. «Ehm.. Nukter.. noi dovremmo prendere la pozione.. ehm, intendo metallo..»

«Oh, dolcezza! Se mi chiedessi la luna te la darei in un istante ma.. il metallo.. mi ucciderebbero.. e Liliat mi spaccherebbe la testa! Oh si, ne sarebbe capace eccome, quella svitata.. ma.. parliamo di te!»

La mora indietreggiò ancora di qualche passo: questo Guardiano era decisamente diverso da qualsiasi altro avessero incontrato fino ad allora. In primo luogo non stava tentando di ucciderli, il che era un enorme passo in avanti. Secondo sembrava più un clown vestito con abiti eleganti che un vero “essere umano serio e razionale” e quel suo fare, a metà fra il buffo e lo sbadato, gli conferiva un’aria da sempliciotto che, unita al potere che certamente aveva ma che, per ragioni sconosciute, non aveva ancora deciso di mostrare, lo rendeva un potenziale pericolo, un pericoloso davvero grave oltretutto. Del resto, quale ragione avrebbe avuto, a comportarsi a quel modo? Dei tre Guardiani precedenti nessuno si era messo a fare giochetti, non in modo tanto esplicito comunque, e più che altro avevano esposto in modo diverso sempre lo stesso preciso concetto: proteggere il Metallo, uccidere lei e Draco nel caso avessero tentato di prenderlo, giurare vendetta sulla scia della loro fuga – che, per altro, almeno per adesso, non aveva alcuna ripercussione né sulla sua incolumità né su quella del biondo che le stava accanto.

Decise quindi di agire d’istinto, visto che il suo raramente faceva cilecca: se il Guardiano voleva lei, donna adulta e vaccinata, Draco avrebbe avuto tutto il tempo di prendere la boccetta e svignarsela. Il guaio era, purtroppo, fargli capire il suo piano senza farne parola: un Guardiano è pur sempre tale, anche se ti fa gli occhi dolci e sbatte le ciglia in maniera tanto veloce da irritarti. A conferma del fatto che anche lui aveva un cervello, Malfoy fece un passo piccolo verso il piedistallo, tenendo gli occhi fissi sulla figura del biondo che aleggiava in aria: bingo!

«Co.. cosa vuoi sapere, di me?»

«Oh! Tutto! Sai.. essere un Guardiano non è mica una pacchia! Si finisce a diventare fuori di testa.. l’hai conosciuto Gonos, no?»
«Intendi.. – ironizzò la mora, sorridendo in modo forzato, senza abbassare la guardia, la bacchetta ancora salda nella mano - ..quello che ha giurato di uccidermi perché avevo ingannato lui e il giuramento che gli avevo fatto?»

«Oh, bazzecole! Vedrai che risolviamo tutto.. in verità, finge di essere un duro ma è tutta scena.. – si mise finalmente in piedi, avvicinandosi di qualche passo alla mora, perché solo lei potesse udirlo - ..in verità è in astinenza da più di qualche secolo, ormai. E, sai, su di un uomo la cosa influisce.. eccome..» A conferma della sua affermazione, Nukter passò i suoi occhi bramosi sul corpo minuto dello strega, visibile solo dalla vita in su, poiché il resto era immerso nell’acqua, e coperto da un top leggero e decisamente molto provocante. Se non avesse dovuto reggere il gioco, a quest’ora, l’avrebbe spedito dall’altra parte della caverna e l’avrebbe Schiantato per bene. Ma lei doveva continuare la recita, Draco era sempre più vicino al piedistallo di luce: se la fiala non era lì, sarebbero stati perduti..

«Quindi.. tu sei rimasto.. solo come.. Gotu. Gonos, giusto?»

Il biondo parve apprezzare l’interessamento della ragazza, totalmente preso da lei e dai suoi modi da ignorare completamente il suo accompagnatore, già quasi in cima al piedistallo di pietra, pronto a prendere la fiala e andarsene alla svelta. Hermione, esibendo una civetteria e un bonismo che non aveva mai compreso realmente di avere, sorrise civettuola, sbattendo le ciglia come tante e tante volte Pansy Parkinson aveva fatto a scuola, nei corridoi: quanto poteva mai essere difficile.. apparentemente troppo per lei. Il biondo assunse al volo un’aria preoccupata, inarcando le sopracciglia. «Cos’hai? Ti è andato qualcosa nell’occhio?»
Imbecille che non sei altro, Hermione Granger! Applicati! «No.. no, è solo.. dicevi?»

Lui, come se nulla fosse, recuperato lo sguardo sognante e luccicante, continuò a parlare. «Beh si, dicevamo di Gonos. Solitudine.. no, ecco, sai.. non tutti sono proprio all’antica come lo è lui.. diciamo che ogni tanto io e Liliat ce la spassiamo un po’, ecco.. ma solo qualche volta..»

«E’ la tua ragazza?» - chiese ingenuamente Hermione, ricevendo tuttavia in risposta un paio di guance rosse e uno sguardo un po’ ferito - «Scusa, forse non avrei dovuto..»

«No, è solo che potrebbe sembrare strano, per le tue orecchie umane..» Umane? Scusami, eh! Quelle da elfo domestico erano finite tutte! Per la prima volta si rese conto di quanto il suo aspetto e la sua parlantina infantile avessero suscitato in lei quell’ironia e quello spirito divertente spento da tempo, ormai. Ah, cosa non si fa per un po’ di denaro, per l’avventura e per Draco Malfoy. No, aspetta, l’ultima forse non.. «E’ mia sorella!»

La ragazza cercò di capacitarsi del fatto che i sue fossero fratelli, e fin qui ci poteva anche stare, ma tenersi compagnia in quel senso. Eug! Che schifo! La storia non registrava simili sciocchezze dai tempi del Regno d’Egitto, ma lì era sempre stato normale, quasi una tradizione. Ma ora no! Notò che anche Draco aveva storto la bocca a una simile rivelazione: stava esaminando la boccetta di vetro racchiusa in una sorta di cascata impossibile, che scorreva infinita a formare un recipiente cubico, probabilmente l’unica difesa di cui la boccetta godeva. Purtroppo per lei, stavolta, il suo sguardo venne prontamente intercettato da Nukter, il quale – ed era quasi ora! – si accorse del fatto che non c’era solo la ragazza nella stanza ma anche il suo compagno, che stava per eliminare la complicata scatola di acqua con un colpo di bacchetta. «TU! Allontanati dal Metallo, brutto.. mi avete ingannato! Natura ignis

Prima che Hermione potesse rimediare, riportando l’attenzione del Guardiano su di se, prima che Draco potesse fermarlo, prima che qualsiasi pensiero razionale potesse attraversare la mente di chiunque presente in quella stanza, ondate di fuoco si levarono, come onde incandescenti, dai lati delle pareti, dove scorrevano lievi, e si riversarono tutte in un unico punto: il piedistallo dove si trovava Draco. Hermione ebbe appena il tempo di urlare, perché stavolta le sue reazioni erano decisamente più rapide e meno intorpidite, in assenza di una caviglia rotta o di un percorso temporale contorto. Provò a raggiungerlo ma Nukter, con la forza di mille uomini, le afferrò un braccio, impassibile, trattenendola accanto a se, sul volto nessuna espressione.

«Non c’è nulla da fare per il tuo amico. Purtroppo è andata così.. quando sarà morto potremo di nuovo tornare a parlare, anche se mi si spezza il cuore sapendo che avevi visto quell’infame prendere il mio Tesoro e non mi hai avvertito.. come posso fidarmi di te?»
«Non puoi.. – mormorò con un ringhio basso Hermione, ringraziando il cielo che le avesse preso solo il braccio e non la mano: con un movimento rapido lanciò la bacchetta dalla mano destra alla sinistra, urlando in contemporanea l’incantesimo – Iussum ignis!» Ok, forse non era proprio il momento giusto per sperimentare un nuovo incantesimo, decisamente potente e dai risvolti di certo poco prevedibili, ma non vedeva null’altro che potesse fare, in quel momento, ancora intrappolata dalla stretta di Nukter. Era un incantesimo che aveva trovato su uno dei libri di Draco, mentre cercava notizie circa i Metalli e i Guardiani: era un Comando, uno veramente potente, che riusciva a controllare un particolare elemento, o meglio oggetto, in moto o fermo, che sfruttava la capacità del mago e faceva sì che quell’elemento, circoscritto ad un luogo ed ad un tempo, gli obbedisse. In sostanza, se aveva forza magica sufficiente e se l’aveva studiato a fondo, quell’incanto le avrebbe permesso di fermare il fuoco che stava sovrastando Draco.

Inspiegabilmente, funzionò. Il fuoco della lava si fermò, come se avesse ricevuto un ordine divino, continuando tuttavia a scorrere in mille risvolti e sbuffi e quant’altro. Hermione pregò che ne fosse valsa la pena e, con un altro cenno della bacchetta, prima che Nukter potesse strappargliela di mano, disperse il magma caldo e ribollente: Draco era al centro del vulcano che si era appena scatenato. Era illeso, salvo qualche bruciatura, forse nemmeno tanto lieve, ma per il resto era vivo. E, ancora più importante, stringeva fra le mani qualcosa di piccolo e luccicante: l’aveva presa.

Hermione gioì, dimenticandosi per un attimo di non essere nella posizione di fare alcun che, ancora stretta nella presa dell’uomo che la sovrastava, apparentemente, in statura e il forza.

«Lasciala andare. – gli intimò Draco, un po’ affannato, probabilmente per il caldo – Lasciala e ti darò il metallo.»

«Oh, sarò anche ammaliato dalla sua bellezza ma non sono stupido, Malfoy! – gli urlò quello di rimando – Che ne dici, invece, di.. tu mi dai la fiala e io farò in modo che la tua morte sia il meno dolorosa possibile?»

«E lei? - chiese Draco, con non curanza – Riserverai anche a lei lo stesso trattamento?»

«Non dire sciocchezze! Lei rimarrà qui a farmi compagnia.. in eterno!»

L’occhiata che si scambiarono i due giovani, praticamente ai lati opposti della sala, non fu di paura ma d’intesa: stranamente, in quella particolare occasione, era come se si leggessero nel pensiero, come se la mossa dell’uno fosse automaticamente pensata nella mente dell’altro e viceversa. Nessuno dei due si era mai accorto di tale legame, nessuno dei due aveva mai realmente compreso di quanto, in quelle settimane, le loro vite si fossero unite, legate persino. La mora annuì con un cenno del capo, preparandosi alla botta. Draco, invece, aspettò prima di colpire, scrutando l’acqua con attenzione e assicurandosi di individuare il verso della corrente: lo trovò. Il deflusso dell’acqua avveniva nell’angolo opposto dell’ottagono rispetto alla cascata, con ogni probabilità era molto piccolo ma non per questo non abbastanza grande da concedere loro di passarvi dentro.  Era quella la loro via di fuga, prima che potessero provare di smaterializzarsi.

Anche stavolta, tuttavia, Nukter capì al volo: quando non era accecato dalla bellezza di qualche donzella era abbastanza perspicace, il tipetto. Sorrise, neutrale, quasi macabro, a modo suo. «Se proprio ci tieni.. non uscirete vivi da qui! E, se anche lo farete, ci rivedremo..» Senza dire altro, senza nemmeno tentare di recuperare la fiala, la sua preziosa gemma, il suo tesoro, scomparve in un leggero puff!

Hermione fu costretta a rigirarsi più volte intorno prima di realizzare che si, era davvero andato. Si concesse perfino un sorriso, rivolto al suo compagno, che lui si premurò di ricambiare. Ma, come sempre accade, come sempre era accaduto, avevano finito col valutare la vittoria in modo troppo affrettato. Le pareti della caverna ottagonale presero a vibrare. La lava, rimessasi al suo posto lungo le pareti, adesso, cominciava ad arrampicarsi su di esse, come la crescita accellerata di un’edera infuocata e letale. La cascata aumentò di gettò e, se fossero stati certi di trovarsi sulla Terra, avrebbero definito quel fenomeno apocalisse. Ma loro non erano a casa, non erano nemmeno in un luogo conosciuto dall’uomo, e lì l’unica legge fisica a prevalere era quella della Natura. Una Natura furiosa e ribelle, quella stessa particolare natura che costringeva un vulcano ad eruttare acqua..

«Via! – Draco urlò con tutto il fiato che aveva in gola, scendendo in fretta gli scalini del piedistallo di pietra, afferrando una delle mani di Hermione – Dobbiamo assolutamente andarcene!»

«Smaterializziamoci! – propose razionale lei, mentre procedeva a fatica a causa della resistenza dell’acqua, che le arrivava ancora alla vita – Non ci vuole niente, lo farò io!»

«Non provarci! – la fermò lui, stringendole la mano tanto forte da farle male – Se non siamo sicuri di potercene andare, potremmo anche restare intrappolati delle pareti e, ti assicuro non sarebbe piacevole.. l’acqua defluisce verso quella parte, dovremmo seguire il corso e sperare che ci conduca fuori..»

«Sperare? – chiese, adesso più lucida e infuriata Hermione – Dovremmo sperare?» Ok, ritirava quello che aveva detto: Draco Malfoy non era intelligente e non aveva un cervello, era stata una svista. Come aveva fatto, anche solo per un attimo, a paragonare la sua capacità di elaborazione e di strategia con le sue mosse improvvisate e per nulla strategiche e intelligenti? Mai fidarsi di un Malfoy, mai..

«Ok, non mi lasci altra scelta..» Prima che lei potesse protestare, prima che potesse accorgersi di essere arrivata, nel seguirlo, molto vicina al punto in cui la corrente diventava più forte, sentì la terra mancarle sotto i piedi e il flusso trascinarla via. L’acqua, per qualche istante, le invase la bocca, tanto che, una volta riemersa dall’acqua che l’aveva inghiottita, sputò e tossì più volte per assicurarsi di poter ancora respirare. Tentò di nuotare ma, con una simile corrente, era inutile. Su una cosa, almeno, Malfoy aveva avuto ragione: quella era decisamente una via d’uscita.

Malgrado non lo vedesse dietro di se o davanti, anche se non aveva una visuale concreta neppure di se stessa, era certa che il giovane fosse con lei, anche se decisamente più padrone della situazione: nessuno l’aveva gettato, lui, nella corrente impazzita di un canale di scolo senza preavviso. Proprio come, senza preavviso, arrivò l’impatto con la pietra. Sentì la pelle della guancia evaporare, sostituita da un quasi improvviso dolore acuto, probabilmente connesso al fatto che stava sanguinando. Lo suppose, tuttavia, visto che la visibilità non era delle migliori, nel buoi totale in cui si trovavano. Imprecò contro il maledetto mago che l’aveva portata fino a quel punto e pregò Merlino che lui fosse ridotto peggio, almeno avrebbe imparato la prossima volta a comportarsi così!

E poi, tra l’altro, perché si stava comportando così? Le ricordava molto i tempi di Hogwarts, quando lei e Ron bisticciavano per un non nulla, si mandavano solite frecciatine. Tutto, alla fine, si era dimostrato soltanto il preludio di un amore a lungo represso e taciuto ma, una volta consumato, bello come non mai. Con Draco, perché si rifiutava di crederlo, non poteva essere la stessa cosa. Certo, quei due baci che si erano scambiati l’avevano turbata parecchio, non c’era che dire, e l’impulso di salvarlo, proteggerlo quand’era in pericolo era sempre molto forte, ma oltre a questo? Cosa potevano loro avere, anche in un ipotetico coinvolgimento, di tanto forte da unirli?

Sei bagnata fradicia, senza scarpe, nel buio totale e con la faccia scorticata.. per lui. Ti servono altre prove?

Eppure restava comunque tanto assurdo. Si impose, vigliacca com’era, di ripensarci una volta a casa, magari con qualcosa di più asciutto addosso, e magari con la mente lucida. Lucidità che, in parte, evaporò quando sentì la stretta di Draco sulla propria mano, intuendo che era vivo e incolume, e lo strappo all’ombelico le suggerì anche che si erano appena smaterializzati. Sentì qualcosa di duro e asciutto sotto di sé e pregò vivamente che si trattasse del cancello di Malfoy Manor.

«Ma che diavolo..» Ok, non era di certo una cosa da dire alla vista della propria casa, ti pare Malfoy? Che c’era poi da lamentarsi? Aprì a sua volta gli occhi, cercando di respirare con calma e riprendere il fiato che le era mancato nella nuotata finale, in parte per non morire e in parte per uccidere il biondo. Tuttavia, vedendo quello che aveva davanti, decise che quella questione poteva aspettare. Perché erano si sfuggiti alle grinfie di un vulcano in eruzione ma, e questo era poco ma sicuro, non erano decisamente a Malfoy Manor.
 


 

Spazio autrice ù.u

Eccomi!!! *-* Sisi, sono proprio io, con un nuovo capitoletto fresco fresco – mica tanto, ma sorvoliamo. Allora, dov’eravamo rimasti? Ah, giusto, con la carissima Daphne che passa a miglior vita. L’avrò detto un centinaio di volte e ve lo ripeto, giusto per ribadire il concetto: lei era forse uno dei personaggi che più amavo e continuo ad amare nella storia, non volevo che morisse, eppure è andata così. Era necessario per lei morire, proprio come era necessario che Draco la vedesse morta, mi seguite? Lui doveva vederla cadere e non per una ragione qualsiasi, ma per la stessa ragione che lo sta divorando dall’interno, la stessa che lo sta incatenando ad una ricerca tanto insensata quanto sbagliata. Non se ne sarebbe mai reso conto, altrimenti. Mentre ora, vedendo una delle persone a lui più care esanime, fra le sue braccia, è logico che un minimo di razionalità lo attraversi, o no?

Ma era solo un appunto, giusto perché non avevo commentato la volta scorsa e ho lasciato questo dettaglio alla vostra immaginazione, come non era invece giusto. Per quanto invece riguarda questo capitolo, partiamo con Julian e il funerale: ho spiegato perché non ritiene Draco responsabile, ma temevo fosse un azzardo. E’ comunque suo marito, ovvio, ma proprio perché è il suo ruolo credo che debba capire, meglio di chiunque altro, quanto la vita di una strega possa essere pericolosa, a Malfoy Manor o altrove. Del resto era già entrato a contatto con Cacius, credo che ormai poco fosse lasciato all’immaginazione. Comunque di Julian ne sentiremo ancora parlare, statene certi.

La decisione di Herm e Draco di andare in missione subito dopo la veglia. Anche questo è stato un azzardo, ma decisamente convinto. Considerate che il tempo per le lacrime ci è stato, visto che la veglia si verifica almeno un paio di giorni dopo la morte della bionda. A questo aggiungete due come Herm e Malfoy, rinchiusi in una grande casa vuota, ciascuno con i propri rimorsi, con i propri pensieri, con tutto quello che potrebbe farli credere che la responsabilità sia la loro. In parte è vero, in parte.. è vero. xD Insomma, Daphne non c’entrava nulla, eppure rimane di fatto che per certi versi non sono stati loro a volere quello che è successo. Ma come non pensarci? Come reprimere il senso di colpa? Beh, una missione suicida è l’ideale, non credete? Beh, loro lo credono, quindi pensano e sperano di trovare dal quarto guardiano una morte rapida ma dolorosa, in modo tale da potersi finalmente redimere e purificarsi per le colpe commesse. E invece.. no!

Con l’adrenalina, la battaglia e tutto il resto, partendo dalla fatica di dover camminare nell’acqua e l’essere continuamente costretti – più lei che Draco, in questo caso – a essere sballottati a destra e a manca, cambia tutto, il primis il loro desiderio di morte: ripartono, paradossalmente, con gli stessi errori che desideravano correggere quando hanno lasciato Malfoy Manor, partono con il desiderio di concludere la faccenda, mentre è proprio l’abitudine e la loro forza di volontà a continuare a tenerla aperta. Ancora un guardiano, ancora un metallo. Nukter – immaginatelo con il volto di Jensen Ackles come sto facendo ora io *_* - non è il solito guardiano, l’avrete sicuramente notato. Beh, tanto per cominciare con è il solito assassino che vuole ucciderli: vive la sua missione passivamente, quasi come se non lo interessasse, ed infatti è esemplare il modo in cui si burla del povero Gonos. Naturalmente svela anche qualcosa degli altri guardiani: la sorella-amante Liliat, e Syfil, che posso dirvi soltanto che è il Guardiano numero otto. Eh si, è il Capo dei Capi. Per ora di lui si sa solo questo. L’atteggiamento di Nukter, invece, sempre se non siete troppo curiosi e non mi obbligate a parlarvene nelle risposte alle recensioni, preferirei spiegarvelo in abbinamento con quello di Liliat, visto che la loro struttura chiasmica mi impedisce di dirvi tutto senza spoiler. Sappiate soltanto che non è il solito genere di Guardiano, e neppure sua sorella lo è.

L’intesa di Draco ed Hermione: lascio a voi la parola. Stanno cominciando a reagire emotivamente e fisicamente ad un legame che, lo ammetteranno presto, non può più essere evitato o ignorato. Oh si, il matrimonio di Will e Kate mi ha proprio ispirato in questa vena di romanticismo *_* voi no?

Beh, per il resto vi ringrazio ancora infinitamente per le vostre recensioni, per – ecco i numeri del lotto xD – le 41 persone che hanno messo la storia fra le preferite, le 20 che l’hanno inserita fra le da ricordare e le 135 che l’hanno aggiunta alle seguite. Siete mitici, davvero!
Con questo vi ringrazio ancora una volta, augurandovi un piacevole sabato – visto che il mio sarà all’insegna delle nuvole e della pioggia.

Un bacione, Katia =)

 

   
 
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