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Autore: Shira    08/05/2011    6 recensioni
Seguito di "Scuola Superiore". Non c'è bisogno di aver letto la vecchia storia per seguire questo seguito, spero che i vecchi lettori tornino a seguirmi e che nuovi si aggiungano. Sono passati 10 anni dalle avventure liceali dei nostri eroi, ora sono tutti stimati professionisti, alcuni hanno messo su famiglia. Una vita tranquilla. Oppure no.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: 18, Bulma, Goku, Un po' tutti, Vegeta
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Palloncini colorati, musica, grida gioiose. Le cinque del pomeriggio. Le cinque del pomeriggio e una marea di mocciosi urlanti che si muovono come bufali impazziti. I compagni di classe di Cassidy. A volte sembra impossibile che dei poveri maestri senza super-poteri possano sopravvivere a una confusione simile. Bisognerebbe santificarli, poverini.
Bulma era nervosamente su uno sgabello di legno, appoggiata al tavolino della cucina, mentre cercava di sopravvivere a quelle urla, simili alle grida di un maiale sgozzato. A volte benediva il fatto di non avere figli. Solo a volte. Altre volte la malinconia era così tanta che l'avrebbe volentieri affogata in un pupattolo da stritolare. La verità? Aveva la sensazione di non aver concluso niente. Ventisei anni. Aveva ventisei anni e cosa faceva? Niente. Non aveva terminato gli studi, accontentandosi del liceo. Era finita a fare la giornalista in una testata a carattere locale con un capo porco che a lei toccava soddisfare. Non aveva una famiglia, non aveva un marito, neanche uno straccio di fidanzato. La vita era stata decisamente ingiusta con lei. E dire che al liceo era stata la donna più felice del mondo, l'unica a potersi beare dell'amore di Vegeta. E poi...tutto finito in un soffio. Una matassa di polvere portata via dal vento dei ricordi. Che amarezza.
Fortunatamente in quel momento una piccola testolina bionda si avvicinò a lei, subito seguita da un'altra.
“Zia Bulma, ci ridai un po' di torta?”
La donna sorrise amorevolmente ai due bambini e subito li accontentò, riempiendo i due piattini rosa che gli angioletti le porgevano con due belle fettone di sfogliata. I due bambini urlarono contenti, sedendosi sul divano a mangiare e parlare con fare complice. Un sorriso nacque spontaneo sulle labbra della giornalista. Sì, forse non sarebbe stato male avere dei figli che ogni tanto le risollevassero la giornata, ma fare la madre a tempo pieno non era decisamente un'occupazione adatta a lei. Spesso si chiedeva come facesse C18 a sopportare tutto quello stress.
Alzò gli occhi e cercò gli amici nella folla di bambini e genitori dei bambini. C18 e Crilin erano seduti poco distante, su un divanetto, Chichi era intenta a lavare i piatti, mentre Goku era in giardino con la figlia ed alcuni amichetti a fare qualche tiro a baseball. Con un lieve sospiro l'azzurra si alzò, dirigendosi verso Chichi.
“Posso aiutarti?”
Ma la mora sembrò quasi non ascoltarla, persa nei suoi pensieri. Bulma la osservò, l'amica era cambiata molto negli ultimi anni. Quando l'aveva conosciuta era una ragazza allegra e solare, invece adesso era diventata una perfetta casalinga. Crocchia impeccabile, capelli tirati a lucido, kimono classico, con colori sgargianti. Anche i lineamenti erano cambiati, si erano quasi induriti. Bulma si stupì, erano ormai dieci anni che Chichi aveva una figlia e lei e Goku erano sposati. Il cambiamento doveva essere stato graduale, eppure lei se ne rendeva conto solo in quel momento, osservandola di profilo mentre aspettava una risposta. Una risposta che non arrivò mai.
Improvvisamente Chichi si voltò, facendola sobbalzare.
“Bambini! Forza, la festa è finita”
I bambini si lamentarono piano, con sguardo afflitto, mentre i genitori sembravano non aspettare altro. Goku entrò in casa in quel momento, proprio in tempo per sentire la frase. Gli occhi azzurri di Bulma si posarono su di lui. Anche lui era cambiato. Era diventato più alto, più muscoloso, più...uomo. Su un campo da baseball avrebbe fatto la sua figura, peccato che le cose erano andate diversamente. L'ex-giocatore di baseball entrò a passi rapidi in casa.
“Ma come, Chichina, è presto! Non sono ancora neanche le sei”
Bulma potè vedere chiaramente le dita di Chichi stringersi intorno allo straccio per lavare i piatti, come se volessero serrarsi direttamente sulla gola del ragazzo.
“Ma io devo preparare la cena!”
Il tono era chiaramente alterato, ma si vedeva che la donna si sforzava di restare calma, onde evitare di uccidere il consorte.
“Oh, avanti, non ci vorrà poi...”
Lo straccio finì dritto sulla faccia di Goku, che forse avrebbe fatto meglio a tacere. Anzi, sicuramente avrebbe fatto meglio a tacere. La donna quindi si ritirò nella camera da letto, sbattendo violentemente la porta. Bulma, confusa, volgeva lo sguardo alternativamente alla porta e a Goku. Il ragazzo assunse un'espressione triste e scosse le spalle.
“La festa è finita”
Un silenzio irreale calò nella casa dopo quella frase pronunciata con tono lugubre. Bulma inarcò un sopracciglio, Goku sembrava stranamente avvilito, troppo per una banale litigata tra coniugi.
I bambini e i genitori se ne andarono, lasciando che la casa fosse riempita solo da un gruppo di vecchi amici con nuovi problemi sulle spalle.
Goku si voltò verso i rimasti.
“Vi chiedo scusa...per la cena...non saprei...”
Bulma andò vicino a lui e gli posò una mano sulla spalla, con fare protettivo.
“Non preoccuparti, ci pensiamo io e C18”
Guardò la biondina, aspettando un suo cenno d'assenso, e quando questo arrivò le sorrise, dirigendosi verso i fornelli insieme all'amica.
Iniziò a cucinare, mentre il suo sguardo si perdeva fuori dalla finestra. Nevicava. La neve soffice cadeva lentamente, sotto il suo sguardo azzurro. Lentamente iniziò a tagliare i pomodori, con attenzione, di modo che tutte le fette fossero uguali. Era diventata una maniaca della precisione, forse perchè la sua vita era così confusionaria che un minimo di precisione era d'obbligo per sopravvivere. Osservò Cassidy giocare insieme ai due gemelli di C18. Tre bei bambini allegri. Figli d'altri. I famiglie felici, non come lei. Una stupida single ancora innamorata dell'uomo che l'aveva lasciata senza una spiegazione, dieci anni prima. Si sentiva così infelice, mentre la felicità regnava sovrana intorno a lei. Poi si riscosse. Ma erano davvero felici? La reazione di Chichi era stata strana, forse i suoi amici avevano problemi che lei ignorava. Il suo sguardo andò verso C18, che stava lavando l'insalata e tagliando la mozzarella in tanti pezzettini asimmetrici. Normale, lei era un'artista, la precisione non si configurava alla sua personalità. Lei era felice? Un po' le dispiaceva non avere con Chichi e C18 il rapporto di una volta, ormai non erano più confidenti come da ragazze, la vita le aveva cambiate.
“Sei felice con Crilin?”
La bionda si voltò con aria sorpresa
“Sì, certo”
Bulma sorrise. Il tono era sincero, almeno loro stavano bene. I suoi occhi andarono di nuovo ai bambini.
“Avete proprio due bei bambini”
Sugli occhi di C18 passò un lampo di adorazione e amore e anche lei si voltò a guardarli
“Sì, sono splendidi”
Con un sorriso tornò a occuparsi dell'insalata. Bulma la guardò con un sorrisetto malizioso.
“Bè, sarebbe ora di fare il terzo, no?”
La frase era stata pronunciata quasi con noncuranza, come una semplice constatazione, ma ebbe su C18 un effetto che Bulma non si sarebbe mai aspettata.
“No, non credo che sia possibile”
Il coltello che aveva in mano la biondina si piantò sul tagliere, sotto lo sguardo atterrito di Bulma. La ragazza bionda portò le mani agli occhi, sfregandoli, come se improvvisamente si sentisse stanca o invecchiata di vent'anni di colpo. Poi sospirò.
“Scusa Bulma”
Prese il coltello e lo posò sul tagliere, afferrando poi la bacinella con l'insalata e posandola sul tavolo. Bulma era ancora sconvolta. Possibile che le sue amiche avessero così tanti problemi?
E lei cosa avrebbe dovuto dire? Loro almeno avevano una famiglia, dei figli, avevano dato un senso alla loro vita. Lei era sola. Sola come un cane. I suoi occhi tornarono alla neve che vorticava fuori dalla finestra. Già, era sola. Ed essere ancora innamorata di Vegeta non aiutava, non aiutava affatto. Come non l'aveva aiutata innamorarsi di lui. Era stata l'inizio della sua disgrazia. Forse se non l'avesse mai conosciuto sarebbe stata più felice. La neve continuava a scendere.

La pioggia sferzava violentemente le strade della capitale italiana e scrosciava contro le finestre di una casa, a due piani, con un portico in stile neogreco e un'altalena a dondolo. Ma nessuno utilizzava quell'altalena, l'attività in quella casa si svolgeva molto più sopra, al secondo piano, nella camera da letto della proprietaria.
Con un ultimo rantolo Vegeta venne, accasciandosi poi sfinito sul materasso, accanto alla ragazza dai lunghi capelli blu, che ormai da molti anni era diventata la sua amante.
Si alzò ed iniziò a rivestirsi, senza degnarla di uno sguardo. L'altra si girò, avvolgendo il morbido corpo nelle coperte, le sue mani bianche afferrarono un pacchetto di sigarette e ne accesero una, portandola alle labbra. Il fumo iniziò a saturare la stanza. La giovane guardò Vegeta, osservò la sua schiena muscolosa pian piano ricoperta dalla camicia bianca. Era appagante fare l'amore con lui, ci sapeva fare. Si alzò leggermente, mettendosi seduta e continuò a guardarlo.
“Ho parlato con il capo, ieri”
Vegeta si voltò. Quella ragazza faceva la spogliarellista nello stesso locale di cui lui era il buttafuori. Proprio per questo era cominciata la loro relazione, dopo due anni in cui l'aveva vista spogliarsi davanti ai suoi occhi e muoversi sensuale intorno a un palo era quasi ovvio che l'avrebbe trascinata sotto le sue lenzuola.
“Solo parlato?”
chiese con un sorrisetto di scherzo. Dubitava che quella ragazza potesse parlare con un uomo senza finirci a letto. E a quanto aveva sentito dire non disdegnava nemmeno le donne.
La ragazza alzò le spalle con noncuranza, come se niente avesse importanza.
“E' stato pagato da un locale oltreoceano per fare qualche numero. Un mese. Devo andare là a ballare la lap-dance, fare qualche spogliarello, le solite cose...”
Vegeta annuì svogliatamente e la ragazza continuò
“Ha detto che devi accompagnarmi tu, come guardia del corpo”
Il giovane sorrise e annuì. Un mese lontano dalla moglie era un fatto più che positivo.
“Va bene, Marion”
Poi qualcosa lo costrinse a fermarsi, prima di varcare la porta. Oltreoceano aveva detto?
Si voltò bruscamente verso la giovane
“Scusa, esattamente...dove?”
Lei si alzò, lasciando che il lenzuolo cadesse e rivelasse il suo corpo
“A New York”
Vegeta si pietrificò, osservando il suo corpo. In una situazione normale avrebbe preteso un bis, ma in quel momento la sua mente vagava senza meta. Al posto del corpo di Marion ne vedeva un altro, a lui ben noto. New York.
Bulma...

 

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Grazie per le recensioni ^^ Come potete vedere anche le coppie apparentemente felici qualche piccolo problema ce l'hanno. Ne saprete di più continuando a seguire la storia ^^

  
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