Crossover
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Autore: macchese    11/05/2011    1 recensioni
"Superman è morto" annuncia un attonito giornalista dentro uno schermo. Ed il mondo vacilla. Le cause vengono insabbiate, ma un uomo sa. Brutal. Un uomo che ha perso tutto ciò che aveva di prezioso. In uno scenario corrotto, vile, che si vende al migliore offerente, un solo desiderio. Dimostrare perchè il mondo non ha bisogno di eroi.
Genere: Azione, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Fumetti, Telefilm
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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una legge degli uomini
Dicono che quando stai per morire, all'improvviso ti passa tutta la vita davanti. Ma non credo sia vero. O meglio, potrebbe essere, ma io penso che sia più o meno simile allo svegliarsi da un sogno. Ti passano davanti una serie di fatti allucinanti, sensa senso, casuali. Momenti, che finirai per dimenticare molto presto. Per quanto ci provi. Ed allora, forse, non te ne accorgi nemmeno.


...una legge degli uomini.


C'è una pistola sotto al mio mento. Sotto la testa, sotto rabbia, sotto cause ed effetti. Sotto tante cose. E c'è un dito sopra ad un grilletto, che si fa sempre più pesante. Un dito sopra la vita. Sopra ad un proiettile che sa di vendetta, che ha tutta l'intenzione di incontrarsi con l'aria aperta appena fuori dalla canna, e magari oltre. Magari sotto al mio mento.
Il grilletto cede sotto la pressione di un indice impalpabile, ed un clac sinistro spacca quel silenzio lasciato in eredità da una serie di circostanze che vede due persone unite solo dalle estremità opposte di una pistola.
Torna il silenzio, le immagini restano. E' l'inferno questo? Forse il diavolo mi vuole costringere a rivivere l'istante della mia morte in un'eterna tortura senza fiamme. O forse, la pistola non ha sparato.
Le immagini tornano a scorrere. Un braccio si ritrae ed il revolver sparisce. Lois si lascia cadere distesa sulla schiena, al mio fianco.

    -Volevo farti capire cosa si prova.-

Mi sollevo su un lato. Mi allungo abbastanza da raggiungere la pistola e levargliela di mano. Non oppone resistenza. Apro il tamburo e osservo: non ci sono proiettili. C'è solo il bossolo di quel colpo esploso intenzionalmente oltre le mie orecchie, ruotato ad est nord/est rispetto all'orizzonte del mirino. Ma nient'altro. Chiudo e riprendo posto nel letto. Con un leggero sospiro di sollievo ed una valanga di dubbi.  

    -Cos'era questo?- siamo sdraiati uno a fianco dell'altra, guardando l'ossigeno di fronte a noi.

    -Volevo solo farti capire...- lasciando sfumare il concetto

    -Cosa? Cosa si prova quando uno pensa di morire? Io sono un soldato...-

    -
Capire cosa si prova quando qualcuno sta per portarti via tutto quello che hai.-
Rifletto un attimo. Forse vuole farmela pagare, forse ha voluto solo spaventarmi. Forse nella speranza che io possa redimermi. Ma c'è sempre questo grosso "forse" davanti.

    -Dovevi andare fino in fondo...-

    -Ancora con questa retorica dell'uomo senza paura?-
   
    -No. Ma solo in quel modo avresti cambiato le cose.-

    -Te l'ho detto. Volevo solo che vedessi la cosa dal mio punto di vista.-

    -Credimi, io lo so bene. E non quando provano a farlo...- la guardo, aspetto di avere la sua attenzione -ma quando qualcuno lo fa e basta.- 

Vola qualche attimo di silenzio in una stanza pressochè buia. C'è una specie di lampadario rettangolare sul soffitto. Brilla di una fosforescenza sbiadita, dando alla stanza un'illuminazione soffusa che permette appena di distinguere sagome e contorni. Siamo sempre sdraiati nello stesso letto, in una situazione abbastanza surreale. Prima ha cercato di uccidermi, poi di spaventarmi ed ora, sta lì. Come se non gliene importasse niente.

    -Parli di quando hai perso il tuo migliore amico in battaglia? O la tua squadra?- è un tono che punisce banalità, quello che sento.

Rifletto per pochi secondi, che sanno di ore nella mia mente. Non erano migliori amici, ma erano amici. Qualcuno se ne è andato, qualcuno non così in fretta come per chi gli stringeva la mano sepolto sotto fango e sangue. E' la guerra. Non c'è gioia. Ma Lois sottointende che sia un fanatico. Uno schizzoide da manuale del piccolo psichiatra, che leso da qualche violenza cerca di "farsi suicidare". Io non sono questo. Ed allora le dico di cosa parlo.

    -No. Parlo di quando ti viene portata via la persona che hai giurato di amare per tutta la vita di fronte a Dio.-
Voglio alzarmi, ma lei mi blocca. Mi afferra per un braccio

    -Mi vuoi dire che eri sposato?- nella sua voce ora, incredulità.

    -Oh... molto di più.- sottolineo.

    -Dovrei crederti?-

Lois passa dall'indifferenza all'interesse. A quanto pare però, non vuole credermi. Allora, metto una mano dentro il collo della mia maglietta, scorro lungo la catenina che porto al collo e afferro una cosa. Quella cosa che dopo anni, mi fa ancora battere forte il cuore di un vicino dolore e di una gioia lontana. Dunque, esco dalla maglietta e gliela mostro.

    -Quella è...- dice Lois, scrutando il palmo della mia mano -una fede?-  la sfiora con un dito.

    -Già. Vedi, io so bene cosa vuol dire. Più di molta gente.- il ricordo dentro di me ritorna nitido.
Non so dirvi perché, o in che modo, ma Lois cambia. Parla.

    -Quanto è passato?-

    -Non abbastanza.-

    -Cosa è successo?- Lois vuole sapere.

    -Hai già capito cosa è successo.-

    -Mi stai solo raccontando balle...-

    -E' la verita!- urlo. Lei si spaventa. Dopo un istante di agitazione mi calmo. Riprendo posizione nel letto, mi sdraio, con lei accanto, in questo panorama davvero surreale.  

    -Mia moglie, Laura, era una donna fantastica. Era tutto ciò che potessi desiderare. Vedi, amava la vita. Sorrideva sempre. Era una persona buona, dolcissima, ben voluta da tutti. Insegnava in una scuola materna, adorava i bambini. Ma soprattutto, non c'era cosa che amava più del suo bambino... del nostro bambino.- Lois intuisce a cosa mi riferivo con quel "molto di più". -Martin. Ed era la madre migliore al mondo. L'ho sempre saputo. Mi aveva detto subito che non poteva vedere il suo futuro realizzarsi senza un figlio. Per lei c'era solo questo. E vedi, il suo entusiasmo, questa sua voglia di vivere, aveva convertito anche a me, uno che non è mai stato fortunato in questo. Tanto che non avevo più paura di dirlo: ero felice. Ed è stato magnifico. Il nostro bambino cresceva, forte. E come tutti, era innamorato di questi supereroi, che guardava con occhi pieni di ammirazione. Uno in particolare... ti lascio indovinare chi era.- Lois capisce -E che anche io guardavo, così. Uno come me, che sapeva quanto fosse doloroso quel mondo, era stato abbagliato dalla luce di questi esseri sovraumani. Aveva nove anni.- faccio una pausa. Dal mio sguardo Lois capisce che il discorso sta cambiando. -In quel periodo ero d'istanza in una base militare, col compito di istruire delle reclute. Io, una persona qualunque. Uno che non ha mai chiesto più di quanto avesse già. Poi arriva una telefonata. "Un'elicottero sta venendo a prenderti". E' uno scherzo questo? Ma l'elicottero arriva veramente, mi carica. Nessuno parla. Un tizio mi dice "Tuo figlio, ha avuto un incidente". Non ricordo nemmeno che faccia avesse. Mi lasciano davanti ad un ospedale, mi fanno correre verso una stanza. Davanti trovo mia moglie avvolta in una statua di sale. Un altro tizio esce dalla sala, si leva la cuffia. Abbassa la testa. Mi dicono che mio figlio non ce l'ha fatta. 
Ehi, che cosa non ha fatto? Poi mi trascinano davanti ad un tavolo, come un burattino. Mia moglie versa abbastanza lacrime per quattro vite su un corpo che non appartiene più a mio figlio. Vivere, ecco cosa non ha fatto. La testa comincia ad andarsene dove vuole. Vomito. Questa è la realtà: prendere o cazzi tuoi. Un momento. Mi guadagno da vivere facendomi il culo per il mio paese, ho sempre rispettato i limiti. Cos'è questa storia che mi ammazzano il figlio? Conducono mia moglie fuori. Non parla. La guardo, ma il suo sguardo è vuoto. E' basso, distrutto, sfregato. Mi ritrovo a casa, in una casa che parla solo di dolore. Una moglie fatta di pietra. L'abbraccio, ma è come abbracciare un manichino senza vita. Dice una parola, "perché". Poi, sconfitta dalla realtà, piange. Piange sul mio petto. La mia mano sulla sua testa le dice che ci sono. Ma dice anche che quello che ci hanno tolto non ritornerà. Va nella stanza di Martin, sul suo letto, si sdraia. E lì rimane.-

Il ricordo mi ha sconfitto. Ha vinto. Ma non è stato uno scontro leale. Nessuno scontro è leale. I ricordi vincono sempre. La voce di Lois defibrilla la mia mente, riportandomi nel presente.

    -Come?- chiedo

    -Non è tutto, vero?-

    -Cosa intendi...-

    -Tua moglie...- quasi mangiandosi le parole.

    -Diceva sempre "Lo sai, vero?". Mi guardava e ripeteva. "Lo sai?". Non c'era bisogno di dirlo. Mi amava, lo sapevo. Ma alla fine non ce l'ha fatta.-

    -Mio Dio... non dirai che...- Lois forse capisce.

    -Si è suicidata.-

Lois aveva capito. Il dolore era troppo forte. Ed a mio avviso, il suicidio non è voglia di morire, ma impossibilità di vivere.
Il silenzio è di piombo ora. Ed ha colori scuri, come la sagoma di lei che mi è accanto, in una sorta di stallo emotivo, in una malriposta sindrome di Stoccolma.
Non mi piace. Da quando era successo, non ne avevo mai parlato. E forse non dovevo. Ma è quanto. Il mio dolore ha scacciato il suo dolore.

    -Non ne ho mai sentito parlare. E' strano.- 

    -Si che ne hai sentito parlare. Molto di più.-

    -Come?- Lois si mette seduta.

    -Non solo ne hai sentito parlare. Ne hai parlato.-

    -Non capisco.-

    -Il tuo articolo. "Quattro ruote, una follia".-

Lois ci pensa un po'. Rimugina, fino all'episodio giusto. E' abbastanza incredula, ma ricorda.

    -L'attentato a Superman? Vuoi dire che quel bambino... era tuo figlio?- Lois torna cerebralmente a quei giorni. Ricostruisce i fatti.

    -Già. Era.-

    -Un momento, ora ricordo. Ne hanno parlato, eccome. Eran... tre anni fa? E' stata una tragedia ma...-
   
    -Ma...?- Ma, cosa.

    -Ci sono state delle indagini. Si, ora ricordo. Il figlio, poi la madre. Terribile. Un momento.- Lois pensa ad alta voce -Suicidio. Una ferita compatibile. C'era l'arma. Ma, c'era anche qualcosa di anomalo. Residui di polvere? Impronte?- Lois scatta in piedi -Un sospettato... Il coniuge...- Ora mi guarda -Tu?-

    -Io?- Io, cosa.

    -Tu... L'hai uccisa tu...-
    

   


  
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