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Autore: esmeralda92    11/05/2011    1 recensioni
Era figlia di Zeus e di una mortale, una certa Latona. Allontanata dalla Regina degli dei. Strappata alla madre che non aveva mai conosciuto per mano di una serpe. E suo padre che non l'aveva mai riconosciuta, mai cercata.E ora l'avrebbe pagata cara. (Rivisitazione dei miti.. spero che vi piaccia..)
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Passarono le settimane e l'idea che aveva avuto della vita sull'Olimpo e dei suoi abitanti andava mano a mano radicandosi sempre di più in lei. Infatti se nei primi giorni non vi aveva badato più di tanto, ora era inevitabile non accorgersi di ciò che stava accadendo. L'entusiasmo di avere una nuova ospite andò pian piano scemando, cosa molto gradita alla dea, poiché quell'essere sempre al centro dell'attenzione la metteva particolarmente a disagio, non essendoci abituata; oltre al fatto che ciò avrebbe portato al non interessarsi più di tanto delle sue faccende, e le avrebbe quindi consentito di agire da sola. Inoltre, stando alla reggia si era accorta che se le ragazze, eccetto Athena, si perdevano nei passatempi più oziosi, e in particolare Afrodite. Sembrava che vivesse di quello, che quello fosse la sua linfa vitale.

Un giorno, trovando una scusa qualsiasi, si allontanò dall'Olimpo e iniziò a cavalcare verso il Peloponneso. Vivere la vita di corte le sembrava più arduo di quanto non avesse mai pensato. Come aveva potuto davvero credere di poter tornare lì, dove tutti l'avevano umiliata e presa in giro, e uscire vincitrice da quello scontro? Erano tutti cresciuti, questo era vero, ma ciò non significava che fossero anche maturati. La crescita purtroppo non sempre si accompagna alla maturità.

Cavalcò finché il cavallo non giunse alla riva del mare e si fermò, schiumante di sudore e stanco. La giovane smontò e lasciò che riposasse. Bagnandolo con l'acqua di mare, anche se forse non gli avrebbe fatto bene, ma almeno lo avrebbe sollevato un poco. Poi si sedette accanto al cavallo, in riva al mare.

“Ti ho fatto correre troppo, eh? Scusa, non accadrà più. Ero talmente bisognosa di allontanarmi da lì che non ho tenuto conto dei tuoi limiti.” fece carezzando il muso. Il destriero nitrì. “Comunque sei velocissimo, davvero. Strano che quegli sbruffoni dei miei coinquilini non ti abbiano mai cavalcato..”.

Il cavallo non disse niente. E come avrebbe potuto?

“È tuo il destriero?”

“No, l'ho preso in prestito da un mio fratellastro.” rispose.

“Non sei di queste parti... Ti sei persa?”

“Se siamo nei pressi di Sparta no.”

“Sì. Sei nei pressi di Sparta.”
“Bene.” ribattè lei dolcemente.

“Scusa, non mi sono ancora presentato. Ero da queste parti e ti ho vista montare questo destriero e... ti ho seguita.” ammise “Il mio nome è Orione.” lei inizialmente non rispose. Era incerta se dirgli il suo nome. Era pur sempre una divinità. Non poteva rivelarsi.

“Io non ho un nome.” mentì lei, ovvero fece ciò che da quattro settimane faceva con tutti.

“Perché?”

“Appena sono nata sono stata strappata a mia madre e abbandonata sui gradini del tempio di Efeso. Le sacerdotesse mi hanno tenuta con loro finché non mi dissero la verità sulle mie origini. E da allora non tornai più a Efeso.” fece lei con le lacrime agli occhi che però si affrettò ad asciugare.

“Mi.. dispiace. Davvero.”

“Anche a me dispiace.” rispose lei.

“Ti va di venire a fare un giro a Sparta?”

“No, grazie. È tardi. Devo tornare dal mio fratellastro. L'ho ritrovato da poco. E sarà preoccupato per me.”

“Capito. Ti rivedrò uno di questi giorni?”

“Non lo so. Se riesco torno, ma non è detto che riesca.”

“Nel caso io sarò qui ad aspettarti.” la fanciulla gli sorrise guardandolo negli occhi verdi smeraldo. I capelli mori ricci incorniciavano un volto dai tratti duri, da guerriero. Il fisico era stupendo. Era il fisico di un ragazzo che si allena tutta la vita per combattere una guerra che forse non vedrà mai.

Gli sorrise sincera e montò sul cavallo. Per poi spronare verso l'Olimpo. Marte si sarebbe incazzato non poco per aver cavalcato il suo cavallo. E aveva ragione. Ma cosa ci poteva fare? Aveva avuto bisogno di correre più veloce del vento e sapendo che i suoi cavalli erano i più veloci, non aveva resistito. Quando tornò sull'Olimpo andò alle stalle. E mise il cavallo al suo posto, vicino all'altro. La luce era fioca, la paglia era color dell'oro e soffice. Le immense scuderie terminavano con una scaletta di legno che portava a un piccolo soppalco in legno cosparso di paglia. Lei vi salì per posare il vestiario da cavallerizza e cambiarsi. E scese la scaletta. Quando toccò terra sentì due braccia possenti prenderla e voltarla, facendo appoggiare la schiena alla scaletta. E Artremide si ritrovò gli occhi scuri di Marte fissi nei suoi.

“Dannazione Marte! Vuoi farmi venire un attacco di cuore?”

“In effetti non sarebbe male.” fece ironico per poi tornare serio. “Si può sapere dove sei stata? Sei sparita prendendo il mio cavallo e te ne sei andata senza dire niente a nessuno!”

“Ora il tuo cavallo è tornato sano e salvo. Puoi anche smettere di preoccuparti per me.” fece lei dura. E liberandosi dalla presa che però si rivelò pronta a riprenderla.

“Non me ne importa del cavallo, voglio solo sapere dove sei stata.”
“Se non l'ho detto a nessuno evidentemente era perché non volevo lo sapeste.” fece lei.lui stava per ribattere ma lei lo anticipò. “E non venirmi a dire che siete stati in pensiero per me. Credi davvero che io ci sia cascata? So perfettamente che stavate meglio prima del mio arrivo, che per voi non è cambiato niente e che i primi giorni di entusiasmo era solo per farmi credere che foste cambiati e illudermi. Lo so perfettamente. L'unica cosa di cui tu eri preoccupato era di non rivedere più il tuo destriero. E ora che ce l'hai puoi anche togliere la presa dal mio braccio. Inizi a farmi male. Il teatrino ha continuato a esistere dopo la mia partenza e continuerà anche dopo questa. Non ti rendi conto che è diventato un tiranno e che voi non lo contestate per paura di far scatenare la sua ira? Non te ne rendi conto?”
“Non so di che cosa tu stia parlando. Mio padre non è un tiranno e se tu sei così differente da noi da crederlo, forse dovresti andartene.”

“Ti ha fatto persino il lavaggio del cervello. La situazione è più grave di quanto credessi.” fece lei.

“Ora smettila. Non è per niente divertente. Io rispetto mio padre. E anche tu dovresti farlo.”
“Come posso rispettare mio padre, se non so chi è? Sono una bastarda, ricordi? Quella che nessuno vorrebbe mai con sé. Non facevate altro che ripetermi questo da bambina. E avevate ragione. Sono nata bastarda e bastarda resterò. Ora lasciami andare. Per favore.”

“Ma... Come è possibile che tu non abbia..?”
“Dei genitori? Non tutti sono fortunati come te, al mondo. E non ti critico perché sei più fortunato di me, ma perché tu, esattamente come tutti gli altri, non hai mai fatto altro che rinfacciarmelo. Fin da quando eravamo piccoli. Tu non ti immagini nemmeno quanto faccia male non aver nessuno. Nessuno che ti consoli quando ti fai male, che ti incoraggia quando fai bene. Che ti rimprovera perché crede in te e sa che puoi dare di iù. Nessuno che ti rimbocchi le coperte la sera, che ti chiami “tesoro”...” poi si fermò. Perché gli stava dicendo tutte quelle cose? Incontrò i suoi occhi. La guardavano. Non più con rabbia. La stava ascoltando. Forse per la prima volta nella sua vita qualcuno la stava ascoltando. Distolse lo sguardo subito. “Ti sto annoiando con tutti queste storie strappalacrime di cui non ti importa niente.”

“Mi piace ascoltarti.”

“Anche se non parlo di guerre e battaglie?”
“Di certo ciò che dici è molto più interessante dei pettegolezzi che dice Afrodite.”
“Occhio a quello che dici, la tua ragazza potrebbe sentirti.” lui sorrise.

“Giusto. Ti sei divertita almeno oggi?”

“Sì.”

“Bene.” poi si tolse e lasciò la presa. “Libera.” fece sorridendo. Lei lo guardò un po' sorpresa, poi si diresse verso l'uscita della scuderia. E uscì. Tornò in camera.


  
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