022. God
Dio
“Dietro di me udii il solito uomo domandare:
«Dov’è dunque Dio?». Ed io sentivo in me una voce che gli rispondeva: «Dove’è?
Eccolo: è lì, a quella forca…».”, La Notte, Elie Wiesel
Dio e la sua presenza, o meglio assenza, lo
stavano perseguitando in quel deserto. Eppure l’Onnipotente non si faceva
vedere, né tanto meno sentire. Non rispondeva ai gemiti o alle suppliche che
gli venivano rivolti. E poco importava che fossero Ishvallan o soldati di
Amestris.
Per tutta la durata della guerra il Maggiore
Mustang l’aveva atteso, chiamandolo con sussurri in quei momenti di falsa
quiete e imprecando con tutto il fiato in corpo nel caos polveroso ed
ustionante dei blitz.
Ma Dio non si era mai presentato. Non aveva
mandato un segno. Non aveva nemmeno accettato la sfida lanciatagli da Bradley.
Forse perché lui non era un uomo di fede, sempre
se si escludeva la fede, così malriposta, nella scienza.
Poi un giorno la guerra era finita ed allora si
erano innalzati al Cielo gli inni di ringraziamento, che lui aveva volutamente
evitato.
Una cosa però non voleva evitare: la compagnia di
Riza.
La cercò, la chiamò e la trovò intenta a ricoprire
di terra una tomba. «Un bambino di Ishval» gli spiegò mentre infilava un
bastone nel terreno.
Ed allora tutto fu chiaro. Aveva finalmente
trovato Dio: era quel bambino e Riza, come una santa sacerdotessa, l’aveva
appena seppellito.
NOTE FINALI:
Una double-drabble di 200 parole esatte. Per scelta questa volta sono stata ermetica e sintetica. La citazione iniziale, probabilmente ermetica anch'essa, è presa da un romanzo biografico che tratta della deportazione ad Aushwitz. Ammetto di non averlo letto. In realtà il motivo è che dopo essere stata ad Aushwitz non mi sono più sentita di leggere nè vedere film che riguardassero la Shoah. Comunque, il professor Scaggiante, a cui va tutta la mia stima e il mio rispetto, in una delle lezione di preparazioni al pellegrinaggio- perché io ho proprio vissuto l'esperienza della visita al campo di concentramento come un pellegrinaggio- aveva esordito con quella citazione. La lezione s'intitolava "Dio ad Aushwitz e dopo Aushwitz". Ora non vi tedierò con il dibattito che ha occupato un intero pomeriggio. Non è mia intenzione, ma soprattutto penso che sia giusto che ognuno si senta libero di pensare quello che vuole a riguardo, secondo il proprio credo religioso e quanto altro ritiene imprtante. Tutto questo giro di parole per dire che io non riesco a non avvicinare la guerra di sterminio di Ishval con la Shoah. Chiudo qui questi miei noiosi sproloqui.
Grazie a chi legge e chi ha recensito lo scorso capitolo: RoyEd e Silvery Lugia.