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Autore: esmeralda92    16/05/2011    1 recensioni
Era figlia di Zeus e di una mortale, una certa Latona. Allontanata dalla Regina degli dei. Strappata alla madre che non aveva mai conosciuto per mano di una serpe. E suo padre che non l'aveva mai riconosciuta, mai cercata.E ora l'avrebbe pagata cara. (Rivisitazione dei miti.. spero che vi piaccia..)
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Aprì gli occhi il giorno seguente, poco dopo il tramonto. Percepì un calore avvolgerla, come in un abbraccio. Un profumo di zuppa calda proveniente da un'altra stanza. Mura color pietra, una finestra alla sua sinistra era chiusa da due ante di legno. La stanza, ampia, era riscaldata da un camino acceso e da braceri di ferro disposti vicino al letto in modo che le giungesse meglio in calore. V'era una cassapanca di ciliegio semplice al termine del letto e qualche affresco sbiadito dal tempo che doveva rappresentare gesta eroiche di qualche antenato. Cosa abbastanza comune nelle famiglie altolocate greche. Poi vide la porta aprirsi un poco e un filo di luce penetrò in quell'ambiente chiuso e tenebroso. Lentamente voltò lo sguardo in quella direzione. E incontrò lo sguardò di Orione. Che le sorrise.
“Sono felice che tu ti sia svegliata.” susurrò. “Quando il tuo fratellastro ti ha portato da me eri in pessime condizioni.”
“Sì.. Ho avuto una vita abbastanza avventurosa in questi ultimi mesi. Ma non piacevoli.”
“L'importante è che tu ora stia bene.”
“Già.”
“Tranquilla, ci ha pensato tuo fratello a dirmi il tuo nome, Febe.” Artemide sorrise.
“Scusa... è che ho imparato dalla vita a non fidarmi troppo degli estranei, e non sapevo ancora se potevo fidarmi.”
“Come ti senti?”
“Ancora un po' debole.”
“È normale. Intanto bevi questo. Mi hanno raccomandato di farti bere questo e questo soltanto.” disse lui. E le porse un corno concavo con dentro la medicina. Era d'argento tutto intarsiato con la storia degli dei. V'erano rappresentate tutte le imprese di Zeus da giovane. E al centro era raffigurato assiso sul trono olimpio e con una folgore nella mano destra una folgore, simbolo del suo potere. E questo cos'è, uno scherzo? Volete farmi credere che questo mi aiuterà a guarire? Un corno con raffigurato mio padre? Quello s*****o che non vuole riconoscermi? Pensò lei. Aprì la boccetta e bevve quel contenuto dorato e dolce come il miele, almeno così si diceva. Anche se lei preferiva pensare all'ambrosia dolce come il succo di qualche frutto estivo. Bevve con sodisfazione e quando finì sorrise.
“Ho.. problemi con il cibo. Non posso mangiare quasi niente. Tranne questo.” spiegò poi.
“Capito.”poi, visto il caldo che faceva fuori, essendo già primavera inoltrata, tolse i braceri che erano vicini a lei.
“Oh tesoro ti sei svegliata!! eravamo tanto in pensiero!” fece una donna sui quarantacinque anni avvicinandosi al letto.
“Sì... signora.” rispose lei.
“Oh, chiamami pure ! Qual è il tuo nome, tesoro?”
“Febe.” rispose lei.
“Bene, Febe... te la senti di camminare un poco? Fino alla bacinella, che ti preparo un bel bagno fresco così ti puoi pulire e cambiare d'abito.”
“Grazie. Lo farei molto volentieri.” rispose con un sorriso. La donna uscì e andò a prendere dell'acqua fresca che poi versò nella vasca. Acqua fresca. La dea sorrise e tenendosi al braccio del ragazzo che la teneva salda, si diresse pian piano fino alla vasca.
“Ora puoi anche andare.” gli disse dolcemente Artemide.
“D'accordo.” ribattè lui con un sorriso. E uscì lasciando le due donne sole.
La donna la aiutò a spogliarsi e la fece entrare nell'acqua.
“Ora rilassati, cara. Mi prenderò io cura di te.” la dea chiuse gli occhi sorridendo. E si lasciò avvolgere da quella sensazione. Di fresco e di affetto, come una bambina felice di ricevere le cure e l'attenzione di una madre. Madre che non aveva mai avuto.
La donna la lavò con cura. E quando la fece uscire avvolgendola in un panno pulito l'acqua era nera come la pece.
“Tranquilla, cara. Ci penso io.”
“Oh no... lasci... le do una mano.”
“Ce la faccio, se ho bisogno di una mano te la chiederò.” rispose la donna con un sorriso. E uscì dalla stanza.
La dea prese il primo vestito che vide nella cassapanca e lo indossò. Poi uscì dalla stanza ritrovandosi in un ampio salone con affreschi su tutte le pareti. E si fermò a osservarli. Erano rappresentati gli dei dell'Olimpo al banchetto per la nascita di Athena. Marte aveva quattro o cinque anni, non di più. E chiunque fosse l'artista, era riuscito a dipingerlo abbastanza verosimilmente rispetto a quello reale.
“Abbastanza realistico, vero?” disse la voce di Orione dietro di lei facendola sussultare. “Scusa, non volevo spaventarti.”
“Non mi hai spaventata, è solo che non me l'aspettavo.” fece con voce flebile.
“Non hai ancora risposto alla domanda...”
“Sì... lo è. Come la rappresentazione di tutti gli altri.” fece lei allontanandosi dalla parete.
“Sai che.. puoi fermarti qui da noi tutto il tempo che desideri, vero?”
“Sì, lo so.. grazie... ma non mi fermerò più di qualche giorno... devo tornare a casa.”
“Sanno che sei qui.. se vogliono venire a trovarti possono farlo quando vogliono.”
“Grazie Orione, ma forse... è meglio che torni.” fece lei un po' spaventata. Lui chinò il capo.
“Scusa.. Io... Non pensare che voglia... tenerti qui... solo... sono preoccupato per te.. Stavi.. così male quando ti hanno portata qui.. E.. desidero solo che tu ti rimetta presto... Scusa.” Artemide sentì come se una freccia l'avesse scalfita. E provò tanta tenerezza e affetto verso quel ragazzo che si preoccupava tanto per lei. Nessuno prima d'ora si era comportato così nei suoi confronti. Come ho potuto davvero pensare che Orione mi volesse tenere con sé per altri fini che non fossero il prendersi cura di me? Sono stata così stupida a pensarlo... Lui.. è così gentile con me. E non ha motivo per fingere.. sapevo che prima o poi avrei trovato qualcuno che tenesse a me. Pensò. E fece apparire un sorriso sul suo viso.
“Non è colpa tua, Orione. È che.. non sono abituata a stare in compagnia di uomini... che non sia il mio fratellastro.”
“Capito. Non accadrà mai più. Promesso.” la divinità sorrise.
“D'accordo.. Eri venuto.. per qualcosa?” chiese poi ricordandosi di essere stata raggiunta da lui.
“Sì, scusa, quasi me ne dimenticavo: è pronta la cena... te la senti di mangiare con noi o preferisci restare in camera?”
“Cenerei volentieri in vostra compagnia.”
ò il giovane sorridendo. “Vuoi una mano per camminare?”
“No, grazie, faccio da sola.” rispose lei. Sorridendo.
Quando arrivaro“Bene!” esclamno, la cena era davvero pronta. E alla ragazza venne in mente che non poteva assumere cibo umano. Orione sorrise notando il suo sguardo.
“Tranquilla, me ne sono ricordato del tuo problema... per questo per te abbiamo preparato dei piatti speciali.” lei sorrise.
“Grazie.” fece sorridendo felice. Sedendosi a tavola.
  
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