CONVERGENZE
Renfield si teneva lo
stomaco, che minacciava di buttare fuori tutto quello che conteneva, mentre lo
stretto spazio del bagno del suo aereo personale gli dava un leggero senso di
claustrofobia.
Lui odiava gli aerei, cosi
come odiava in generale ogni oggetto troppo tecnologico.
Era un tipo all’antica,
parecchio all’antica, lavoratore instancabile, quasi un uomo dell’Ottocento,
dicevano alcuni dei suoi rari amici, che non sopportava le tecnologie perché
riteneva che impigrissero eccessivamente gli uomini.
Avrebbe preferito prendere
prima una nave e poi un treno per raggiungere la sua destinazione, ma i suoi
capi lo volevano a rapporto il più presto possibile e quindi si era visto
costretto ad utilizzare il suo Jet, che aveva comprato giusto per non sfigurare
davanti agli altri imprenditori ricconi.
Però in quel momento si
sentiva male perché durante la traversata della Manica, si erano imbattuti in
una tempesta, non eccessivamente violenta, che faceva dondolare a destra e a
sinistra l’aereo, e alla fine lo stomaco di Renfield aveva deciso di
ribellarsi.
Invano Renfield aveva cercato
di contrastarlo a suon di antiemetici, visto che era già la quarta volta che
era costretto a chiudersi nel bagno.
“Almeno” disse l’uomo uscendo
dal bagno “adesso non dovrei più avere qualcosa da vomitare”.
Andò a sedersi sulla sua
poltrona e ricominciò a controllare le sue carte per l’ennesima volta.
Tutte in ordine,
perfettamente in ordine, e ormai si era stancato di controllarle ancora.
Quindi le chiuse nella sua
valigetta e tentò di rilassarsi mettendosi comodo sulla poltrona.
“Ah, quanti rischi, vecchio
mio. Uno della tua età costretto a vivere costantemente sul filo del rasoio. Ma
se tutto va bene, verrò ripagato con l’immortalità, e quindi sarò in grado di
fregare questo dannato cancro che altrimenti mi lascerebbe solo due anni circa
di vita”.
Quando gli avevano
diagnosticato la malattia, lui si era sentito il mondo cadere addosso, e si era
completamente lasciato andare.
Ma pochi giorni dopo quella
tragica scoperta, degli uomini misteriosi si erano presentati nel suo ufficio e
gli avevano offerto la salvezza in cambio dei suoi servigi.
“Aiutaci col nostro progetto,
e noi sconfiggeremo la tua malattia trasformandoti in un vampiro immortale”
cosi avevano detto.
Inizialmente, spinto anche e
soprattutto dalla disperazione, si era infuriato e aveva gridato a quegli
uomini vestiti di nero di andarsene, o avrebbe chiamato la polizia.
Uno di loro allora, un uomo
alto quasi due metri e avvolto in un cappotto nero, si era fatto avanti, aveva
sfondato la scrivania di Renfield con un pugno, per poi afferrarlo per il collo
e sollevarlo in aria come niente, mostrando una bocca piena di denti aguzzi, in
particolare i canini, che si allungavano proprio davanti agli occhi
esterrefatti e terrorizzati di Renfield.
Sembrava sul punto di
morderlo sul collo, Renfield urlava per lo spavento, ma il vampiro allora lo
lasciò andare, chiedendogli con voce educata se la dimostrazione era bastata.
Renfield, ancora terrorizzato
ma comunque deciso ad afferrare quella improvvisa quanto spaventosa possibilità
di salvezza aveva risposto di si e
allora il patto fu stretto: avrebbe fornito la sua impresa di trasporti per la
distribuzione di quella strana droga in Inghilterra, e come ricompensa sarebbe
stato trasformato in vampiro, e si sarebbe cosi salvato dalla malattia.
Ora i primi risultati stavano
arrivando, viste le notizie di massacri che cominciavano a spuntare fuori come
funghi, e nonostante tutte quelle morti lo disturbassero, metteva a tacere la
sua coscienza dicendosi che siccome nel profondo tutti gli esseri umani sono
profondamente egoisti, non c’era niente di veramente sbagliato se lui pensava
solo a se stesso.
Nella piccola stiva del Jet,
sopra alcune valigie, Alucard sedeva in silenziosa attesa.
Sentiva che tra poco sarebbe
arrivato a destinazione, e quindi pensava al modo migliore con cui entrare in
scena.
In fondo si trattava
dell’attacco finale alla roccaforte dei cattivi, per questo non poteva
presentarsi semplicemente lì bussando alla porta.
Per quanto riguardava Renfield e quelli che lo accompagnavano,
erano solo carne da macello quindi le loro morti non lo preoccupavano.
Anzi, nessuna morte umana lo
preoccupava, ad eccezione di una.
E poi il suo bersaglio non
era tanto il luogo di produzione di quella strana droga, quello lo avrebbe
distrutto solo per fare un favore all’Hellsing.
No, il suo bersaglio era il
misterioso vampiro che aveva aiutato degli umani stolti a contaminare la nobile
stirpe dei vampiri creando quei mostriciattoli.
Il momento era sempre più
vicino, e lui sperava sempre di più che il misterioso vampiro lo intrattenesse
in un combattimento degno di questo termine.
Si leccò le labbra
pregustando la gioia del sangue nemico che da lì a poco avrebbe provato.
“Lurido verme, non osare
deludermi” commentò Alucard tirando fuori un ghigno diabolico.
“Signore, siamo arrivati”
avvertì l’autista.
Venzileus si irrigidì
leggermente e cercò nuovamente di ripetersi che non aveva nulla da temere.
Durante il viaggio in aereo
era riuscito a rilassarsi, ed era riuscito a mantenersi rilassato anche durante
il successivo trasferimento in auto dopo l’atterraggio nel piccolo aeroporto
nascosto in mezzo ad un piccolo bosco, quando era ormai notte fonda.
Ma sapere che tra poco
avrebbe dovuto fare rapporto davanti ai suoi capi aveva ridestato i suoi
timori.
La sua auto si era fermata in
mezzo ad una minuscola strada di campagna in terra battuta, isolata dentro
un’immensa distesa di querce del tutto priva di abitazioni, anche le più
rurali.
Venzileus scese con in mano
la sua valigetta, e la macchina rapidamente riprese il tragitto, scomparendo
tra gli alberi.
Quando rimase solo, si udì un
rumore di meccanismi, e affianco alla strada, in mezzo all’erba, si aprì un
pannello perfettamente mimetizzato col terreno.
Il pannello rivelava la
presenza di una scalinata, Venzileus la scese e rapidamente il pannello si
chiuse alle sue spalle.
Trovò ad attenderlo due
Eletti, avvolti nei loro pesanti mantelli neri, che lo salutarono inchinando la
testa.
Venzileus ricambiò il saluto,
poi si avviò insieme agli altri due lungo un corridoio molto largo e alto due
metri e mezzo, con le pareti composte da enormi blocchi rettangolari di pietra
bianca e illuminato da lampade a forma di torce inserite nelle pareti.
Quel tipo di lampade era
inserito in ogni ambiente di quella base.
I loro passi risuonarono
nitidamente dentro il corridoio, che terminò davanti ad una immensa voragine
scura di forma circolare.
Dal fondo della voragine,
avvolto dal buio, provenivano urla e grida inumane, simili a quelle di bestie
feroci.
Nella parte alta invece,
addossata ad una parete, si erigeva una costruzione scavata nella roccia
bianca, simile nell’aspetto ad una piramide rovesciata.
E sulla sommità della
piramide, c’erano alcune persone.
Sembrava impossibile arrivare
fin lassù partendo dal corridoio, ma nel pavimento davanti a Venzileus si aprì
un piccolo buco nero, l’uomo lo guardò e i due Eletti con un gesto della mano
lo invitarono ad entrarci.
Venzileus lo fece, e sembrò
sprofondare nel nulla.
Ma pochi secondi dopo, un
altro buco nero si aprì sulla sommità della piramide, e il magnate greco né
uscì sollevandosi come se fosse su un ascensore.
Ad aspettarlo c’erano dieci
Eletti, più altre due figure inquietanti: la prima era quella di un uomo alto
almeno due metri, con i capelli scuri, folti e ondulati, il viso scarno ed
elegante, due intensi occhi rossi, che indossava un mantello nero con il bavero
rialzato, una camicia bianca aperta sul petto, pantaloni neri e stivali neri di
cuoio liscio.
“Mio caro Venzileus, ben
ritrovato” lo salutò l’uomo facendo un galante inchino.
“Signor Noryb!” rispose
Venzileus inginocchiandosi.
L’altra figura invece era un
vecchio con almeno ottant’anni e passa, con indosso un camice bianco, ricurvo,
la pelle secca e tirata, mentre i capelli, forse un tempo molto folti, erano
pochi e completamente grigi.
Ma nonostante i segni della
vecchiaia, i suoi occhi erano ancora ben vivi e lucenti, una luce inquietante.
“Ah, caro signor Venzileus,
la vedo in forma” salutò l’uomo anziano con una voce gracchiante e ironica.
“Dottor Elnem” rispose
Venzileus restando ancora inginocchiato.
“Su su, si alzi signor
Venzileus, cosa sono tutti questi formalismi? Siamo tra amici, no?” disse
Elgnem ridacchiando.
La sua voce assomigliava a
quelle delle streghe delle fiabe.
“Si, signore” rispose ancora
Venzileus alzandosi.
“Bene. Ora, prima di
cominciare la riunione, dobbiamo attendere il signor Renfield, che mi sembra
stranamente in ritardo. Questo mi sembra altamente disdicevole” disse Noryb.
“Andiamo, mio caro amico
vampiro, un ritardo di qualche minuto possiamo anche perdonarlo”intervenne
Elnem “e poi possiamo anche cominciare a parlare con il nostro Venzileus. Ho
proprio bisogno dell’aiuto di voi giovanotti, io ormai sono troppo vecchio per completare
questa grande impresa da solo. Come vanno le cose nell’Europa orientale?”
“Bene. La distribuzione della
merce prosegue senza problemi. Stiamo ultimando gli ultimi preparativi per un
nuovo carico. Anche se recentemente c’è stato un piccolo imprevisto”.
Nel pronunciare quest’ultima
frase, Venzileus deglutì leggermente, perché ora veniva la parte più difficile.
Avrebbe potuto nasconderglielo, ma prima o poi l’avrebbero scoperto da soli, e
allora avrebbe potuto essere peggio.
“Un imprevisto? Di che genere?”
volle sapere Noryb incuriosito.
“Ecco, qualche giorno fa,
nella mia villa, mi sono scontrato con due vampire. Le ho uccise, state
tranquilli, ma sono sicuro che erano li perché avevano scoperto la mia
implicazione in questo traffico”.
“E nessuna ipotesi sui loro
mandanti?” domandò Noryb facendo un passo in avanti.
Venzileus indietreggiò,
cercando di fare attenzione a non finire oltre il bordo della piramide, dove lo
attendeva un volo in caduta di centinaia di metri, verso quel fondo oscuro da
cui continuavano a provenire in continuazione versi bestiali.
“Be… io… io credo che fossero
al servizio della chiesa greca. Ma le ho eliminate, quindi potete stare
tranquilli, ve l’ho detto”.
“Tranquilli? Non proprio. Le
ha eliminate, bene, bravo, un’opera degna del capo degli Eletti. Ma come hanno
fatto a scoprirla? Lo sa che fino a quando non avremo perfezionato la formula
rendendo cosi i suoi effetti permanenti, dobbiamo assolutamente restare
nell’ombra”.
Noryb continuò ad avanzare, e
Venzileus ad indietreggiare, quasi dimentico
dell’abisso nero distante appena un metro dietro di lui.
“Lei sa spiegarsi come
abbiano fatto ad arrivare fino a lei?”
“N… no”.
“Male, molto male. Perché è
evidente che lei ha fatto un errore, un errore che potrebbe ripetere ancora,
permettendo quindi ad altri di scoprirci. E se poi i loro mandanti sono quelli
della chiesa greca, la preoccupazione aumenta. Perché quei sacerdoti non si
arrendono mai, se quei loro due agenti hanno fallito, ne manderanno altri. Si
illude se pensa che si tireranno indietro al primo fallimento”.
“Io… io non ho fatto errori”
provò a difendersi Venzileus, che si era avvicinato al bordo del precipizio.
“E allora come l’hanno
scoperta?”
“Non lo… non lo so…”
Noryb spalancò gli occhi, e
Venzileus fu spinto da una forza invisibile nel vuoto.
L’uomo fece per urlare mentre
cadeva, e Noryb lo afferrò per il collo, tenendolo sospeso nell’vuoto.
“Sa dirmi un buon motivo per
cui non dovrei lasciarla precipitare nel vuoto?”
“Ho sempre fatto quello che
volevate… io credo nella causa della pura razza. Sono il capo dei vostri
fedelissimi….”
“E ha rischiato di farci
scoprire. Sa, non so se lasciare che le bestie senza cervello che stanno lì
sotto sbranino il suo corpo, oppure se usare la tortura mentale”.
Venzileus cominciò a tremare
per la paura: “No! Quella no! Vi prego!”
“Questo terrore non le si
addice, soprattutto tenendo conto del fatto che noi siamo esseri superiori,
quindi la paura è un sentimento troppo volgare per gente del nostro rango.
Immagino che in questi momenti lei rimpianga il fatto di non poter usare i suoi
poteri su di me, vero? Purtroppo il lavoretto che ho fatto al suo cervello la
stroncherebbe all’istante se solo provasse a fare una cosa del genere”.
Il dottor Englem fissava
divertito il tutto.
In quel momento però, un
altro Eletto arrivò da un passaggio nascosto in un muro.
“Miei signori, perdonate il
disturbo, ma temo che ci siano problemi” avvertì il nuovo arrivato.
Noryb allora riportò
Venzileus sopra il pavimento e lo lasciò cadere per terra, in ginocchio.
“La punizione è solo
rimandata” gli disse Noryb, mentre tutti si dirigevano verso un altro luogo
passando per il passaggio nel muro.
Elnem si muoveva aiutato da
due Eletti, e Venzileus, rimessosi in piedi, fu l’ultimo ad uscire.
Giunsero in una sala piena di
monitor, dove alcuni tecnici stavano visionando il movimento, su uno schermo
radar, di un puntino rosso che si stava avvicinando alla loro base,
rappresentata da un quadrato bianco.
“Stando ai nostri dati,
quello è l’aereo di Renfield, e si sta avvicinando alla nostra base” disse uno
degli operatori.
“E dove sarebbe il problema?”
domandò Elnem.
“Vede signore, il fatto è che
l’aereo di Renfield arrivato a questo punto, avrebbe già dovuto diminuire la
velocità e iniziare la discesa, per atterrare nel piccolo aeroporto nascosto
nella foresta, indicato da questo puntino verde. Ma sembra che non abbia
intenzione né di abbassarsi, né di diminuire la velocità. E se non lo fa tra un
minuto, supererà l’aeroporto e punterà dritto su di noi” rispose uno degli operatori
controllando i dati provenienti dal computer che aveva davanti.
Tutti cominciarono a seguire
in silenzio quel puntino rosso in movimento, nell’attesa che si fermasse sul
puntino verde.
Ma passato un minuto, ciò non
avvenne, e l’aereo di Renfield continuò la sua corsa.
“Decisamente c’è qualcosa che
non va” commentò Noryb.
“Nessuno dei nostri
sottoposti deve venire direttamente qui con l’aereo, rischia di farci scoprire.
E’ una grave violazione delle regole” disse Elnem con voce aspra.
“Provate a contattarlo via
radio” ordinò allora Noryb.
Uno degli operatori cominciò
a chiamare più volte l’aereo di Renfield su un canale criptato, ma dall’altra
parte non giunse nessuna risposta, tranne alcune scariche elettriche.
Un certo nervosismo calò
nella sala, mentre il puntino rosso era ormai vicinissimo al quadrato bianco.
“Ha iniziato a scendere”
informò un operatore “ma senza diminuire la velocità. Anzi, sta scendendo in
picchiata proprio sopra di noi”.
Altri secondi di silenziosa
attesa, mentre l’addetto alla radio continuava i tentativi di contattare
l’aereo, finché il puntino rosso non giunse proprio sopra il quadrato bianco,
si illuminò più intensamente per un attimo e poi scomparve.
“Si è schiantato proprio qui
sopra” annunciò infine l’operatore.
Loro non avevano sentito
niente perché la superficie era novanta
metri sopra di loro, e oltre che dal
terreno, erano separati anche da strati di roccia e da lastre corazzate.
“Non mi piace per niente.
Mandate una squadra per far scomparire immediatamente i detriti, nessuno deve
vederli. E usate la massima prudenza, mi raccomando” ordinò Noryb, mentre lui,
Elnem, sempre aiutato da due uomini, e Venzileus uscivano dalla sala.
Venzileus non era
eccessivamente preoccupato, anzi, quello che era successo a Renfield, sicuramente
un’incidente, avrebbe distolto l’attenzione dei suoi capi dalla punizione che
volevano infliggergli.
Sei Eletti uscirono da due
pannelli mimetizzati col terreno in mezzo ad una foresta, ritrovandosi
circondati da molti, altissimi alberi.
I rottami dell’aereo erano
disseminati in un raggio di circa cento metri all’interno di una piccola
radura, circondata dagli alberi, e la maggior parte dei resti fumavano ed erano
avvolti dalle fiamme.
Rapidamente i sei uomini
cominciarono a spegnere e a raccogliere i rottami, per impedire che dessero
vita ad un incendio richiamando cosi
l’attenzione della guardia forestale.
Non trovavano resti umani, ma
tanto sapevano che nessuno poteva essere sopravvissuto all’impatto
Uno di loro però, sollevando
un pezzo di lamiera accartocciata, trovò qualcosa di… particolare.
“Venite qui, presto!”
“Cosa hai trovato?” domandò
uno dei suoi compagni.
Gli Eletti fissarono quella
cosa particolare: un cadavere carbonizzato, anzi, mezzo cadavere, visto che
mancavano le parti dalla cintola in giù, legato alla cloche dell’aereo con una
fune intorno ai polsi.
Vedendo quella cosa, capirono
subito che non si era trattato di un incidente ed estrassero le loro armi.
“Scusatemi per questa
trovata, ma siccome provavo una certa sensazione di dejavu, non ho saputo
resistere” disse una voce alle loro spalle.
I sei uomini si voltarono, e
fu proprio allora che l’oscurità, come se fosse viva, si sollevò dal suolo e li
avvolse.
Le loro urla di dolore
riempirono la notte per alcuni secondi, poi il silenzio.
“Abbiamo visite!” esclamò
all’improvviso Noryb mentre sulla piramide stava parlando con Elnem e Venzileus
di quello che poteva essere successo a Renfield.
“Chi è qui?” domandò Elnem.
“Un vampiro! Un vampiro
straordinariamente potente! E’ arrivato fin qui nascosto nell’aereo di Renfield
e ora ha rivelato la sua presenza! Lo sento!”
I tre uomini si fissarono in
silenzio, poi Elnem ordinò: “Attivate immediatamente l’allarme. Tutti ai posti
d’allerta!”
“Venzileus, prendi i tuoi
Eletti e distribuitevi in tutta la base. I luoghi più importanti da difendere
sono il laboratorio e i depositi col materiale” comandò Noryb.
Venzileus prontamente obbedì.
Noryb si rivolse poi allo scienziato: “Dottore, lei è l’unico che conosce la formula, quindi deve salvarsi a
tutti i costi. Scenda nei sotterranei, e vada all’elicottero. La porterà ad uno
degli aeroporti da dove potrà raggiungere il nostro rifugio in Russia”.
Elnem non se lo fece dire due
volte, e aiutato sempre dai suoi accompagnatori, se ne andò anche lui.
Noryb, invece, restò fermo e fissò il
soffitto.
Utilizzando uno dei suoi
poteri da vampiro, si concentrò sulla grande forza oscura che sentiva essere
penetrata nella loro base.
E nella sua mente lo vide,
vide quell’uomo vestito elegantemente di rosso avanzare con passo sicuro in
mezzo ai corridoi, senza sfruttare i suoi poteri di teletrasporto, senza
nascondersi.
Camminava senza mostrare la
minima preoccupazione, sul viso un sorriso malvagio ed arrogante, per
dimostrare a tutti loro che erano semplici creature inferiori, insetti, che non
lo impensierivano e che avrebbe schiacciato come niente.
Noryb infatti vide gli Eletti
lanciarsi all'attacco contro di lui con le spade sguainate, e quel misterioso vampiro
sollevando la sua pistola e facendo fuoco ne uccise ben dieci in pochi secondi,
facendo esplodere completamente le loro testa.
Gli Eletti cercavano di
difendersi fermando i proiettili con le loro lame, ma se quest’ultime
funzionavano contro i proiettili normali, non era così contro quelli del
nemico, che facevano a pezzi indistintamente sia le spade che le teste dei loro
proprietari.
Il misterioso vampiro esaurì
i colpi nel caricatore, ma la sua espressione non mutò di una virgola: sempre
sicura, sempre arrogante, sempre malvagia.
Altri Eletti si scagliarono
contro di lui, forse speranzosi di poterlo sconfiggere ora che aveva finito i
colpi, ma non era così.
Il nemico con la mano destra
bloccò a mezz’aria una spada diretta contro il suo petto, la strappò al suo
possessore e la usò per tagliare quest'ultimo in due parti, il tutto con un singolo movimento
del braccio.
Poi iniziò a concentrare la
sua energia nella lama, che fu avvolta da un fumo nero e molto intenso, e
cominciò a farla roteare come un'elica, spostandola in ogni direzione.
E così facendo iniziò a maciullare i corpi
di tutti gli Eletti che lo attaccavano, il corridoio fu inondato da sangue,
ossa, pezzi di vestiti, di organi e di spade, mentre riecheggiavano ovunque le
urla degli uomini smembrati.
Il massacro durò diversi
minuti, e alla fine il nemico riprese a camminare tranquillo sui resti di quelli
sventurati, schiacciando diversi crani e casse toraciche.
I sopravvissuti osservarono
sgomenti quella cascata di corpi che si era sparsa ovunque, sul pavimento, sul
soffitto, sulle pareti.
E quando il loro nemico smise di roteare la
spada, videro lo sguardo di chi aveva compiuto quella carneficina.
Uno sguardo che gelò il loro
sangue, e gli fece dimenticare tutte le stupidaggini sulla razza superiore e
sull’appartenenza della paura agli essere inferiori con cui avevano riempito la
loro mente.
Si ritrovarono infine uomini,
piccoli uomini capaci ormai di fare una cosa sola: fuggire.
Abbandonarono le spade e
scapparono, proprio quando il nemico era ormai arrivato vicinissimo alla piramide, e quindi a Noryb,
consapevole del fatto che il vampiro invasore cercava proprio lui.
E la loro fuga non durò
molto, perché l’invasore alzò la mano sinistra verso i fuggitivi, e un
fortissimo vento, quasi un minuscolo tornado, li spinse all’indietro, verso le
fredde braccia della morte che in quel caso era vestita di rosso.
Passò circa un minuto, di
totale silenzio.
Uno degli Eletti sbucò fuori
dalla porta nel muro, e camminando con calma andò a piazzarsi davanti a Noryb,
che lo
guardò serio e
imperturbabile.
L’uomo provò a mormorare
qualcosa, poi stramazzò al suolo e il suo sangue iniziò a sprizzare da decine
di ferite.
Erano ampi getti di sangue, alcune
gocce sfiorarono Noryb, ma lui non toccò quel morto.
Quando infine quella fontana
di sangue si esaurì, Noryb sentì un rumore di passi provenire dal corridoio
dietro la porta, ed ecco che Alucard entrò in scena sempre con il suo passo
lento e deciso e stavolta a testa bassa, con il capello dalle larghe falde che copriva
il suo viso, ma Noryb era sicuro che stesse sorridendo.
Il vampiro vestito di rosso,
che nella mano sinistra impugnava la sua pistola ancora fumante, si fermò
vicino al cadavere dell’Eletto, il cui sangue aveva ricoperto quasi tutto il
pavimento, e con un calcio in un fianco lo fece cadere nel vuoto sotto la
piramide.
“Non hai bevuto?” domandò
Alucard tenendo sempre la testa bassa.
“No, gli Eletti sono solo
degli idioti pieni di sé, che si ritengono superiori grazie ad un semplice
potenziamento del loro corpo, che però è ancora mortale. Non posso cibarmi di
creature così inferiori” rispose Noryb.
“Capisco, e hai ragione, il
sangue dei vermi non è mai piacevole. Anche io ho fatto a meno di berlo. Ma tu
avresti fatto meglio a prenderlo, perché purtroppo io non ho nient’altro da
offrirti…”
Alucard sollevò la testa
osservando il suo avversario.
“… prima della tua morte!”
Noryb scrutò quel viso, e gli
sembrò stranamente familiare.
Alucard invece abbassò lo
sguardo verso la voragine che si estendeva sotto la piramide, come se sentisse
qualcosa di particolare.
Venzileus guidava, attraverso
un’intricata rete di corridoi di roccia scarsamente illuminati, il gruppo
composto da dodici Eletti che avevano il compito di scortare il dottor Elnem
fino alla piattaforma segreta in cui era nascosto un elicottero.
L’anziano scienziato, siccome
era ormai troppo vecchio per muoversi con passo svelto, era trasportato di peso
dai due Eletti che lo aiutavano in ogni momento.
Alla fine dell’ultimo
corridoio, giunti davanti ad un enorme portone blindato, Venzileus digitò un
codice segreto su una minitastiera inserita nel muro affianco al portone, e
quest’ultimo si aprì lentamente.
Non appena il portone fu
completamente aperto, le luci si accesero illuminando un ampia sala con al centro un elicottero poggiato su una piattaforma di forma
circolare.
Sulla sommità della sala
c’era un portellone metallico in orizzontale, mentre sulle pareti c’erano gli
accessi di altri corridoi.
“Presto, caricate il dottore
e andiamocene subito” ordinò Venzileus.
Due Eletti salirono
sull’elicottero e cominciarono ad avviarlo, quando ad un tratto loro, insieme
ai loro compagni e a Venzileus, percepirono una presenza.
“Impossibile! Sono morte!”
sbottò Venzileus.
Come risposta, dal nulla
giunsero una ventina di pugnali d’argento che sfondarono il parabrezza
dell’elicottero e colpirono in pieno i piloti, decapitandoli e inchiodando ai
sedili i corpi.
Rapidamente gli Eletti si
disposero in cerchio intorno al dottor Elnem per proteggerlo, e dal soffitto della
sala scesero roteando su se stesse Rei e Asuka, che atterrarono proprio davanti
a Venzileus flettendo le gambe, e prima che il magnate greco potesse reagire, Rei,
muovendosi ad una velocità tale da risultare quasi invisibile, si piazzò dietro
di lui, puntandogli due pugnali alla gola e girandolo verso gli altri Eletti.
“Faccia una mossa, provi a
recitare anche una sola parola di una formula magica, e si ritroverà decapitato
all’istante, signor Venzileus” avvertì Rei con voce fredda e determinata, mentre
Asuka fissava Venzileus con uno sguardo desideroso di vendetta.
“Dannate! Come potete essere
ancora vive?!”
“Io ho il potere di
moltiplicarmi, di creare immagini solide di me e anche degli altri. Lei nella
sua villa ha distrutto solo due copie” rispose Rei.
Sentendo questo Venzileus
capì tutto, anche quando era avvenuto lo scambio.
Rei alla villa lo aveva
attaccato costringendolo a nascondersi in un altro corridoio, e in quei pochi
istanti in cui lui non poteva vederle, la vampira albina aveva creato una copia di se stessa e
della sua compagna. Poi si erano nascoste, magari andandosene anche dalla
villa per impedire che lui le percepisse, e fargli così credere a tutti gli
effetti di averle uccise.
“E prevengo anche un’altra
sua domanda, signor Venzileus” continuò Rei. “Siccome lei è in grado di sentire
la nostra presenza, non potevamo nasconderci sul suo aereo, e quindi ho
cosparso il primo pugnale con cui l’ho ferita alla guancia con una speciale
sostanza, che abbinata ai miei sensi da vampiro, mi
permette di seguire le sue tracce anche a migliaia di chilometri di distanza. Mentre lei era in volo, noi la seguivamo a terra.
Ora, se i suoi uomini tengono a lei, le consiglio di ordinare loro di
arrendersi”.
Prima che Venzileus potesse
dire qualcosa, il dottor Elnem parlò ridacchiando: “Cascate male, vampire! Gli
Eletti sono un gruppo d’elite frutto dei miei esperimenti, e sono votati alla
totale protezione di me stesso e del mio progetto. Uccidete pure quel
Venzileus, che tra l’altro si è fatto fregare da voi come un poppante, tanto
questi uomini non mi abbandoneranno mai!”
“Oh be, allora…”
Rei prima lanciò uno sguardo d’intesa verso Asuka, poi prese
Venzileus per un braccio e lo scagliò con forza contro l’elicottero. Iinfine si
lanciò contro gli Eletti.
I primi tre cercarono di
attaccarla, ma Rei, con rapidi movimenti dei suoi pugnali, tagliò loro le gambe
e gli squartò in tre punti diversi del torace.
Elenm allora spaventato
ordinò gridando: “Presto, alle gabbie!” e subito il gruppo di Eletti, tenendolo
sempre sollevato di peso, cominciò a correre per tornare indietro nel
corridoio.
Rei si andò all’inseguimento, mentre Venzileus, ripresosi dall’urto contro l’elicottero e
roso dall’ira, si preparò a colpirla con uno dei suoi incantesimi.
Ma prima che potesse farlo,
qualcuno con un calcio in un fianco, che gli incrinò alcune costole, lo fece
volare contro una parete.
Asuka si piazzò davanti a
lui: “Non avere fretta, stronzetto! Secondo te perché Rei non ti ha ucciso?
Perché le ho detto che il piacere di ucciderti spetta solo a me! Concludiamo lo
scontro iniziato alla tua villa, pezzo di merda!”
Venzileus si rialzò pulendosi
un po’ di sangue che gli usciva dalla bocca.
“Come vuoi tu, puttana!”
Velocemente Asuka si nascose
in uno degli altri corridoi: “Bene, ora ci divertiremo. Ma quanti vampiri
avranno a disposizione questi tizi? Sopra di noi io e Rei abbiamo percepito la
presenza di due vampiri, e uno di loro ha una potenza a dir poco incredibile”.
Noryb sguainò una spada da
dietro la schiena e la puntò contro Alucard.
“Preparati a morire!Io sono
Noryb, e ti ucciderò!”
“Parole, solo parole.
Cominciamo!” rispose Alucard sogghignando.
Il vampiro vestito di rosso
con uno scatto improvviso e fulmineo si lanciò in avanti e Noryb fece lo
stesso.
I due avversari divennero
solo due ombre sfuggevoli che si muovevano da un punto all’altro della
piramide, sfiorando più volte l’abisso, e ogni tanto da una delle ombre
provenivano dei piccoli lampi.
Alucard sparava contro Noryb,
che con la sua spada distruggeva tutti i proiettili.
Ma ogni volta che tentava un
affondo, Alucard evitava il colpo senza problemi.
Poi ad un tratto i due
contendenti si bloccarono, la spada di Noryb era ferma contro la pistola di
Alucard, ed erano faccia a faccia.
Con il volto teso per lo
sforzo, Noryb fissò il suo avversario, ne vide gli occhi attraverso le lenti gialle degli
occhiali, occhi sadici, sicuri
di sé, inebriati dal sangue e dalla violenza.
E quello sguardo aumentò in
lui la sensazione di familiarità: dove aveva già visto questo vampiro?
Con un calcio Alucard si
allontanò da lui, commentando: “Sei mediamente soddisfacente. Ma se vuoi farmi
divertire di più, dovrai fare di meglio”.
“Non sono qui per il tuo
diletto, io sono colui che darà vita ad una nuova era” rispose Noryb ripartendo
all’attacco ma con minore velocità.
Alucard cominciò a parare
tutti i colpi della spada usando la sua pistola, ma con una finta Noryb riuscì
a troncargli l’avambraccio che reggeva l’arma, la quale cadde rumorosamente per
terra.
Alucard fissò leggermente
compiaciuto il suo arto mutilato: il suo nemico stava migliorando.
“Una nuova era, eh? Toglimi
una curiosità allora. Cosa ti ha spinto a dissacrare la nobile specie dei
vampiri?”
“L’aver incontrato un
mortale, il dottor Elnem, un vecchio e
geniale scienziato nazista, che condivide la mia stessa visione: quella di un
mondo dominato dai vampiri, la sola, vera, razza pura. E lui che, partendo dal
mio sangue, ha creato una speciale droga, capace di diffondere in maniera
ancora più grande e rapida la perfezione dei vampiri tra gli stupidi umani, che
dovrebbero esserci grati per il favore che gli faremo io e il dottore. Tra non
molto la droga verrà perfezionata e i suoi effetti diverranno permanenti.
Inoltre, ha un piacevole effetto secondario: risulta mortale per coloro che non
hanno un fisico adatto. In questo modo anche dai forti verranno eliminati gli indegni.
Tu sei uno dei forti, perché non ti unisci a noi?”
“Puoi scordartelo, Noryb. I
vampiri sono superiori agli umani, sono il primo a dirlo, ma è giusto che
rimangano anche un’elite. La natura ha deciso così, per mantenere il giusto
equilibrio. Loro servono a noi e noi serviamo a loro. Far pendere l’ago della
bilancia solo da un lato, porterebbe a squilibri fatali per questa povera madre
terra.
In realtà il mio caso
personale rappresenta un'eccezione, ma una cosa sono i rapporti tra umani e
vampiri a livello globale, un’altra cosa invece i rapporti tra me e gli umani
che servo.
E non è un discorso che
intendo affrontare con uno come te, un vampiro che svende la propria essenza,
uno spettacolo davvero squallido”.
“Pensavo che potessimo essere
alleati, ma a quanto pare anche tu sei un debole. Muori dunque!”
Noryb puntò alla gola di
Alucard ma quest’ultimo, senza scomporsi minimamente e aumentando ancora di più
la sua già eccezionale velocità, con un calcio gli fece volare via dalla mano
la spada, la prese al volo e la usò per mozzare anche al nemico un avambraccio.
Noryb indietreggiò reggendosi
l’arto mutilato.
Alucard gettò la spada nel
vuoto: “Ora siamo pari”.
I loro arti iniziarono a
rigenerarsi.
“Mi costringi ad usare tutte
le mie carte” ringhiò Noryb.
Il gruppo di Eletti che
proteggeva Elnem continuava a correre lungo uno dei corridoi, ma man mano che
proseguiva, perdeva un componente, perché Rei continuava a inseguirli in quella sorta di labirinto e ogni volta che la vampira avvistava uno dei nemici, per
fermarlo lo colpiva alla schiena con grande precisione e incredibile rapidità, usando uno dei suoi pugnali, , e poi lo finiva decapitandolo e sventrandolo.
Quando i fuggitivi giunsero
alla loro destinazione, erano rimasti solo in quattro, escluso il dottore.
Erano in una sorta di arena,
un grande spazio di forma circolare anch’esso costruito nella roccia, con al centro
una passerella di pietra che si erigeva sopra uno spazio buio debolmente
illuminato dalle lampade.
E sul fondo di quello spazio
buio, si intravedevano i resti scarnificati di vari essere viventi, alcuni
umani altri decisamente no.
“Presto, aprite la gabbia. Ci
penserà il mio tesorino a distruggere quella cagna” ordinò Elnem e subito gli
Eletti fecero scattare il meccanismo di apertura di una enorme porta di roccia
mimetizzata tra le pareti.
In quel momento arrivò Rei, e
lanciò in avanti un paio dei suoi pugnali, che roteando colpirono due degli Eletti
decapitandoli.
I due rimasti fecero allora
per andare a combattere contro Rei, ma Elnem li bloccò: “No, idioti! Aprite la
gabbia, liberate il mio bambino piuttosto!”.
Proprio allora la porta di
roccia si sollevò completamente, rivelando la presenza di una inferriata, come
quella di una gabbia, con sbarre larghe dieci centimetri.
Dietro le sbarre c’era un
buio pesto, impossibile vedere cosa ci fosse.
I due Eletti rimasti
cercarono di aprire la gabbia, ma Rei balzò su di loro e li uccise in pochi
secondi sventrandoli e tagliando il loro corpo in quattro parti.
“No! Non adesso che mancava
cosi poco!” sbottò Elnem.
“Non so cosa lei abbia
intenzione di fare, dottore, ma il suo gioco finisce qui” dichiarò Rei
preparandosi a lanciare un altra delle sue lame.
E fu allora che un gigantesco
braccio di colore blu, proveniente dal fondo della gabbia, sfondò le sbarre e
colpì Rei ad un fianco, scagliandola per aria contro la parete opposta.
Rei andò a sbattere
violentemente contro il muro, ma atterrò in piedi e fissò duramente quel
braccio che l’aveva colpita.
Il mostruoso arto si ritrasse
dentro la gabbia, ma un secondo dopo riapparve insieme ad un altro braccio, e
sempre insieme distrussero completamente la gabbia come se fosse fatta di carta.
Infine la creatura venne
fuori: era un gigante alto almeno quattro metri, dalla muscolatura abnorme, la
pelle blu, privo di bocca e con un unico occhio di colore rosso.
Avanzò lentamente, si guardò
in giro e poi alzando le braccia e la testa verso l’alto, lanciò un grido
bestiale e inumano, nonostante fosse senza bocca.
“Ih ih ih ih!" ridacchiò Elnem. "Ti presento il
mio cagnolino da guardia, che ho creato proprio nel caso venissi attaccato da
un vampiro. Temo che adesso rovinerà il tuo bel faccino, cara la mia ragazza.
Ora, se vuoi scusarmi, ho un appuntamento col mio elicottero”.
Elnem si avvicinò lentamente ad una parete,
prese uno spuntone e lo piegò verso il basso.
In questo modo fece scattare
il meccanismo di apertura di una porta mimetizzata nel muro, che si aprì
proprio davanti a lui.
Con un sorriso soddisfatto,
il sorriso di chi sa di poterla fare franca, l’anziano scienziato fece per
entrare.
Ma Rei, senza distogliere lo
sguardo dal mostro ciclope, lanciò un altro pugnale, più lungo del solito, che
centrò il dorso della mano destra di Elnem, inchiodandolo alla parete.
“Aaaahhhhhh! La… la mia mano…
dannata cagna! La mia preziosa mano!” gridò con voce stridula Elnem,
terrorizzato dalla vista del suo sangue, che sgorgava dalla ferita colando a
terra.
Cercò di liberarsi, ma la
lama si era conficcata nel muro per quasi tutta la sua lunghezza, e lui era
troppo vecchio per riuscire a sfilarla.
“Resta lì a goderti lo
spettacolo, dottore. Tra poco verrò da te”. Detto questo, Rei si lanciò
contro il mostro.
Asuka, restando sempre
nascosta nelle ombre, conduceva Venzileus all’interno dell'intricato labirinto
di corridoi.
L’uomo la inseguiva correndo
e muovendosi rasentando le pareti.
Ogni tanto lei si lasciava
intravedere, giusto per esasperare il nemico, che con la sua tecnica magica
distruggeva la parete senza però neanche sfiorare la vampira.
“Lurida vampira, riesco a
sentirla, ma non riesco mai a raggiungerla, è troppo veloce”.
Improvvisamente un’ombra
dietro Venzileus si mosse come se fosse dotata di vita propria, fino
ad assumere la forma di un braccio.
L’uomo la percepì, si girò di
scatto e velocissimo con la sua tecnica colpì quell’ombra.
Un braccio umano, rivestito
di rosso, cadde per terra in una piccola pozza di sangue.
Un grido di dolore, lanciato
da una voce femminile, si propagò nel corridoio.
“Non ti piace essere
insultata. A quanto pare, ho trovato il tuo punto debole, sgualdrinella” disse
sogghignando Venzileus.
Noryb si chinò e pronunciò
ringhiando alcune strane parole, in una lingua inumana.
Alucard lo fissò incuriosito
e per nulla preoccupato: “Perfetto. Dai, fammi vedere di cosa sei veramente
capace”.
Noryb di scatto alzò le
braccia verso l’alto, ed ecco che immensi blocchi di pietra si staccarono dal
pavimento, facendo pericolosamente vacillare la piramide rovesciata su cui si
trovavano i due vampiri, puntarono verso l’alto, Noryb spiccò anche lui un
balzo verso l’alto, fino a farsi circondare dalle pietre, cinse le braccia su
se stesso e le pietre cominciarono ad aderire al suo corpo e a cambiare forma,
come se fossero fatte di un materiale malleabile.
Il processo durò pochi
secondi, e quello che ritoccò il pavimento era un mostro alto circa venti
metri, riproducente le fattezze di Noryb e composto da roccia che sembrava
viva, visto che i suoi muscoli si flettevano come quelli organici.
L’essere parlò: “Ti
schiaccio!”
Alzò un piede per schiacciare
Alucard, che evitò agilmente il colpo lanciandosi verso una parete e
attaccandovisi come un ragno.
Ma proprio la parete sembrò
animarsi, un braccio appuntito spuntò da essa e trafisse da parte a parte il
ventre di Alucard.
“Sono diventato tutt’uno con
queste rocce, non puoi sfuggirmi!” esclamò vittorioso Noryb.
“Mmm… sei… bravino...”
commentò Alucard mentre il sangue gli sgorgava dalla bocca.
Rei fronteggiava il gigante
blu, che con poderosi pugni cercava di colpirla, ma ogni volta prendeva solo
l’aria.
La ragazza era troppo agile per lui,
e gli saltava intorno senza mai stare ferma, per spingerlo a scoprirsi.
Alla fine il mostro,
esasperato, tirò un poderoso doppio pugno verso il basso, le sue mani
penetrarono in profondità la roccia del
ponte sospeso e vi restarono bloccate per qualche secondo.
Secondi più che sufficienti
perché Rei saltasse sulla sua schiena e affondasse i suoi pugnali nella testa
del mostro, proprio quando quest'ultimo iniziava a tirare fuori i suoi arti.
Ma le lame si spezzarono, con
grande sorpresa della ragazza.
Subito la creatura ciclopica
ne approfittò, afferrò Rei con le braccia e si gettò con lei giù dal ponte nel
fondo dell’arena.
Il mostro sbatté Rei sul
pavimento e cominciò a massacrarle il ventre con i suoi pugni, le strappò anche
le braccia e le gambe, dilaniandole e buttandole per aria.
Elnem ascoltava divertito
quell’orrido rumore di organi e ossa spappolate, ma non riusciva ancora a
liberare la sua mano e temeva anzi di finire dissanguato.
Però in quella base dovevano
ancora esserci degli Eletti, e sicuramente anche Noryb sarebbe riuscito a
sconfiggere il suo nemico, perché era il più forte.
Loro lo avrebbero salvato in
caso di bisogno, e non doveva temere il suo cagnolino da guardia, perché
l’aveva modificato geneticamente in modo che ogni volta che sentiva il suo
odore, ogni istinto aggressivo in lui cessasse.
E di certo quella che veniva
fatta a pezzi non poteva essere una copia, perché altrimenti l’originale
avrebbe approfittato di quel momento in
cui il cucciolino del dottore era distratto, per eliminare lo scienziato.
Tranquillizzato da questi
pensieri, ricominciò a cercare di togliersi quel pugnale dalla mano, godendosi
come sottofondo musicale, il suo bambino che faceva a pezzi quella lurida
vampira.
Altre punte di roccia si
formarono sotto il ventre di Alucard, nel punto in cui l’aveva fatto cadere il
mostro di roccia, e lo trapassarono ancora.
Lo scontro stava davvero
andando male per lui, era pieno di ferite e aveva perso litri di sangue,
sembrava aver perso ormai anche la voglia di combattere, visto che dopo i primi
colpi, si lasciava infilzare senza opporre più resistenza.
E Noryb godeva di questa
situazione, voleva torturalo per bene prima di dargli il colpo di grazia.
Ma siccome prima aveva
sentito la presenza di altri due vampiri molto potenti, e temendo per il dottor
Elnem, si decise a dargli infine il colpo di grazia.
Una mano di roccia afferrò
Alucard, steso per terra e rivolto verso
il basso, con il viso immerso nel suo stesso sangue, e lo lanciò in aria.
Dalle pareti rocciose
circostanti partirono delle lame circolari dal bordo seghettato che ruotavano
su se stesse.
Colpirono il corpo di Alucard
smembrandolo, tagliando arti e testa, e mentre i resti del corpo del vampiro precipitavano verso il basso, altre enormi mani di roccia si
allungarono dalle pareti, afferrarono le parti amputate e le schiacciarono
inesorabilmente contro i muri, come si fa con le mosche.
“E’ tutto finito” disse
soddisfatto Noryb.
Il cappello rosso di Alucard
si adagiò lentamente sul pavimento, e sembrava che fosse ormai l’unica cosa del
vampiro dell’Hellsing rimasta intatta.
Venzileus continuava ad
inseguire Asuka, e si era veramente stancato.
Tra l’altro aveva sentito che
stava accadendo qualcosa di grosso sopra di lui, e non voleva più perdere tempo
con quella mocciosa vampira.
Perciò, visto che non gradiva
l’essere insultata, cercò di provocarla.
L’uomo, iniziò a gridare
rivolto verso il nulla davanti a sé: “Ehi, puttana, perché continui a fuggire?
Forse perché sai che sono troppo forte per te? Oppure perché senza la tua
compagna non sia fare niente? Sei solo una vigliacca, una bambinetta ancora
bisognosa della mammina. Fai veramente pena!”
Asuka sembrò reagire a questo
insulto, lentamente iniziò a materializzarsi dietro Venzileus, che se ne
accorse, e restando piacevolmente sorpreso per l’idiozia del suo nemico, si
gettò a terra, si girò e lanciò il suo incantesimo contro la ragazza.
Le gambe e il braccio rimasto
furono tranciati dal corpo di Asuka e la ragazza, ridotta ormai ad un tronco con
attaccata sopra una testa, cadde in avanti. Subito Venzileus l'afferrò
per il collo e le diede un violento pugno in piena faccia, sbattendola per
terra.
“Sei pateticamente
prevedibile. Il dono della vita eterna ad una come te, che cade nelle trappole
più insulse e non impara mai dai proprio errori, è un vero spreco. Eliminarti è
un favore fatto al mondo”.
Asuka, con occhi torvi, fissò
in silenzio il suo nemico che si preparava a darle l’ultimo colpo.
Il mostro ciclope aveva finalmente
finito di massacrare Rei.
Della bellissima ragazza era
rimasto solo un corpo maciullato, privo di arti, con la gabbia toracica
sfondata e gli intestini strappati, come pure il resto degli organi.
L’unica parte ancora
abbastanza integra era la testa, anche se priva di mascella e con la calotta
cranica sfondata che lasciava vedere ampiamente la materia cerebrale.
Il sangue di Rei aveva
ridipinto le pareti circostanti.
Soddisfatto per il suo
operato, il ciclope anche senza bocca lanciò un lugubre ululato di vittoria verso
l’alto e uscì dall’arena.
Si avvicinò al dottor Elnem,
e cominciò ad emettere strani versi, che facevano quasi tenerezza, perché molto
simili a quelli di un cane che fa le feste al suo padrone.
“Sì, piccolino mio, sì,
grazie per aver aiutato il tuo papino” disse Elnem con voce dolce. “Ah, se ora
mi aiutassi a togliere questo maledetto pugnale che mi fa tanto male, faresti
un lavoro veramente perfetto”.
Il mostro sembrò sul punto di
farlo, quando improvvisamente si voltò e cominciò a ringhiare fortemente
rivolto verso il fondo dell’arena.
Una voce si sentì nell’aria,
una spettrale voce di donna.
“Il sangue… Io adoro… il
sangue… Tranne uno. Io... non… sopporto il… mio SANGUE!”
La voce di donna mutò, e
divenne un’agghiacciante ruggito.
Dall’arena sbucò fuori un gigantesco lupo, privo di coda, alto tre metri, lungo
quattro, e dal pelo folto, bianco e immacolato come la neve.
I suoi occhi erano di un
rosso acceso, e la sua bocca era dotata di denti ricurvi lunghissimi e incredibilmente
aguzzi, ricoperti da bava che colava per terra.
Si fermò su ciò che restava
del ponte di roccia, e fissò con calma feroce i suoi due avversari.
Elnem non poté non
spaventarsi davanti a quella visione.
“UCCIDILA! UCCIDILA!” ordinò terrorizzato alla sua creatura, che balzò addosso al gigantesco lupo.
Quest’ultimo fece
altrettanto, e i due mostri si scontrarono a mezz’aria.
Sangue fresco precipitò per
terra in quantità abbondante.
Noryb stava per ritornare
alla sua forma originaria, per scendere ad aiutare il dottor Elnem contro gli
altri due vampiri che aveva percepito, quando una voce lo raggiunse nella sua
mente.
“Tutto qui quello che sai
fare? E’ questo il tuo massimo livello di forza? Che delusione! E pensare che
ho anche lasciato che ti sfogassi su di me nella speranza che tirassi fuori
delle capacità migliori”.
“No… non è possibile. Tu sei
morto!” esclamò allibito Noryb.
E per questo non credette ai
suoi occhi quando vide il sangue di Alucard, sparso sul pavimento e sulle
pareti di tutta l’ampia sala, iniziare a ribollire e ad espandersi con un ritmo
crescente.
Sentì di nuovo quella voce:
“Rilasciare il sigillo di sicurezza numero sedici. Tecnica di infiltrazione”.
Venzileus stava per
pronunciare la sua formula magica, quando Asuka gli disse: “Dimmi una cosa,
grand’uomo. Tu dici che sono una stupida, prevedibile, che casca in qualunque
trappola, anche le più semplici. Ma sei davvero sicuro di questo?”
“E questo cosa significa?
Vuoi forse esprimere un ultimo desiderio? Oppure vuoi guadagnare tempo nella
speranza che qualcuno venga a salvarti?” rispose l’uomo.
“No, davvero. Nel tuo
simpatico cervellino da miliardario, non ti è mai venuto in mente che forse
l’ho fatto apposta a mostrarmi così idiota e prevedibile? Che forse il mio
scopo era quello di farti abbassare la guardia facendoti credere di avere
davanti una pivellina?”
Venzileus stava per
rispondere, quando qualcosa all’improvviso gli saltò addosso e lo colpì in
piena gola.
Venzileus si sentì mozzare il fiato, non riusciva più a respirare, e gli sembrava che gli avessero piantato
nel collo una spada infuocata.
E ancora, quello stesso qualcosa
gli afferrò un ginocchio e con grande forza glielo stritolò, con un orrendo
rumore di ossa che si spezzano.
Stessa sorte subì un istante
dopo l’altro ginocchio.
Venzileus stramazzò per
terra, e vide cosa l’aveva colpito: un braccio, un braccio rivestito di rosso.
“Piaciuto lo scherzetto?”
domandò Asuka con un malvagio sorriso sul volto. “Quello è proprio il braccio
che mi hai tagliato prima. Muovendosi con la mano è arrivato fin qui, e mentre ti cullavi nella certezza di avermi battuto, ti ha colpito un particolare
punto di pressione. Un punto di pressione che blocca le corde vocali. Dai,
prova a usare la tua tecnica magica”.
Venzileus si accorse con
orrore che la sua voce era completamente sparita, neanche un sussurro, niente.
Era come se gli avessero
asportato le corde vocali.
I bordi delle ferite di Asuka presero a muoversi, sottili fumi di colore nero si mossero da essi,
raggiunsero gli arti amputati, che strisciarono per terra come ferro attirato da
una calamita, e li riattaccarono al corpo principale.
Asuka allora con calma si
rimise in piedi.
Persino la sua tuta rossa era
ritornata integra.
“Hai visto come la situazione
si è ribaltata? Allora, alla fine, chi è il pivellino?”
Venzileus tentò di alzarsi
sulle braccia, ma Asuka con un calcio lo sbatté col muso per terra, rompendogli il naso.
Poi con una mano lo prese per
i capelli e lo sollevò di peso fino a mettere la sua faccia davanti alla propria.
Venzileus era sconfitto,
distrutto, impaurito.
“Ora, bellezza, io e te
abbiamo un grosso debito, un debito di dolore, e voglio saldarlo subito!”.
La bocca di Asuka si spalancò
a dismisura, i suoi canini si allungarono, e con foga animalesca addentò
Venzileus al collo, giusto per iniziare.
La creatura e il lupo
ritoccarono il suolo, l’animale a quattro zampe fissò dritto negli occhi il
vecchio Elnem, che si sentì gelare fin nelle ossa.
La creatura ciclopica
lanciò un altro urlo, un urlo di dolore, e stramazzò al suolo: il suo ventre
era squartato, gli avevano strappato i muscoli addominali, lasciando scoperti
gli organi.
E i muscoli mancanti erano
nella bocca del grande lupo bianco, che mollò la presa come se lo disgustasse, e si scagliò nuovamente contro il mostro iniziando a dilaniarlo.
Noryb si sentiva circondato,
il sangue di Alucard aveva iniziato ad espandersi, e stava ricoprendo tutta
l’ampia sala.
E dove il sangue passava, la
roccia scompariva, sostituita da un infinito spazio di colore prima rosso e poi
nero.
Quando infine quel sangue
inglobò anche la piramide rovesciata su cui si trovava Noryb, quest’ultimo
iniziò a precipitare nell'oscuro nulla.
Colto di sorpresa, privo di
ogni punto di riferimento, sembrava precipitare all'infinito, e invano cercava di creare
dei sostegni rocciosi a cui aggrapparsi, le pareti sembravano davvero
scomparse nel nulla.
Si risentì la voce di Alucard
proveniente dal nulla: “Qualche giorno fa ho dato una piccola dimostrazione di
come combatte un vero vampiro ai vermi trasformati dalla droga ottenuta grazie
al tuo sangue. Ma siccome la tua colpa è infinitamente più grave della loro, ti
meriti una punizione maggiore”.
Milioni, o miliardi, di occhi
umani dalle pupille rosse si aprirono in quell'infinito spazio nero, tutti
puntati su Noryb che si sentì come ipnotizzato, in preda ad un terrore folle
che aumentava sempre di più.
Sempre da quello spazio
nero, cominciarono ad allungarsi dei tentacoli, a milioni, che si lanciarono
contro il gigante di pietra, bloccandone la caduta e immobilizzandolo in una sorta
di ragnatela.
Noryb tentò di liberarsi, ma
per quanto si sforzasse, quei tentacoli sembravano avere la consistenza della
gomma, si allungavano se tirati ma senza rompersi.
Il vampiro cercò allora di
togliersi la copertura rocciosa per essere più libero di muoversi, ma non ci
riuscì.
Provò a trasformarsi in
nebbia e neanche questo gli riuscì.
“Ma che diavolo succede?! I
miei poteri sono…”
“Bloccati, verme. Un vero
vampiro deve saper usare il terrore per plasmare la mente dell’avversario e
bloccarla. Di solito i vampiri ci riescono con gli umani, ma farlo con gli
stessi vampiri è cosa molto più difficile. Io ci riesco, tu invece no, che
peccato. Ma se proprio vuoi liberarti di quell’armatura di roccia, ti aiuto
io”.
Le punte dei tentacoli diventarono minuscole, microscopiche, e si infiltrarono dentro la
corazza rocciosa iniziando a percorrere le numerose, sottili e invisibili a
occhio nudo, fessure che attraversavano la pietra.
E quando si furono estesi
ovunque, i tentacoli si gonfiarono e fecero esplodere la copertura di roccia.
Noryb si ritrovò indifeso,
senza armatura e senza poteri, e venne nuovamente legato dai tentacoli.
Un volto si formò davanti a
Venzileus, un volto scuro con i contorni color rosso sangue, il volto di
Alucard, che sembrava sospeso nel nulla.
Un braccio si mosse da sotto
quel viso, un braccio anch’esso nero e dai contorni rossi.
Il braccio accarezzò il viso
di Noryb, quasi con delicatezza.
“Allora, adesso cosa dovrei
farne di te?”
“Tu… tu… ora che vedo i tuoi
occhi da vicino… ora che ho visto il tuo potere… Ora mi ricordo chi sei… Il
mio…
Master… Sei D…”
La mano lo zittì mettendogli
un dito sulla bocca.
Poi quella stessa mano
afferrò la mascella di Noryb e gliela strappò come niente.
Dietro Noryb, nello stesso
istante, apparve un altro braccio che gli strappò un orecchio.
Sopra di lui un terzo braccio
gli strappò il cuoio capelluto.
A destra un quarto braccio
gli afferrò e strappò una manciata di costole.
A sinistra un quinto braccio
fece altrettanto con le costole sinistre.
Sotto di lui, infine, un
sesto braccio gli staccò un piede.
Tutte quelle braccia
cominciarono a girare sempre più vorticosamente intorno a Noryb, e iniziarono a
strappargli
pelle,muscoli, organi, nervi,
vene.
Si formò un vero e proprio
vortice di sangue, dentro il quale il vampiro fu smembrato totalmente.
Alla fine, in mezzo al
torace, rimase sospeso, quasi in mostra, il cuore ancora pulsante del vampiro.
Una delle braccia si tese in avanti e trafisse quel cuore da parte a parte con
la punta delle dita.
Il grande lupo bianco aveva
appena finito di dilaniare il ciclope di Elnem, facendone restare solo un
mucchietto di ossa con sopra attaccato qualche brandello di carne masticata.
Terminato il lavoro, il lupo
si acquattò per terra, e iniziò lentamente a trasformarsi in fumo bianco, fino
a diventare una piccola e spessa nebbia bianca.
Quando poi quest'ultima si diradò, al suo
posto c’era Rei, inginocchiata per terra, con indosso la sua tuta bianca, gli
occhi chiusi, l’espressione concentrata.
La vampira infine si alzò,
con un balzo si piazzò davanti ad Elnem, che la fissava con occhi vitrei.
Rei si chinò su di lui, lo
osservò mutamente per qualche istante, e per ultimo gli chiuse gli occhi.
“A questa età, il cuore può
fare brutti scherzi, specialmente se incentivato” commentò inespressiva la
ragazza.
“Asuka, mi senti?”
Il pasto di Asuka era appena
terminato.
Con un lembo della camicia di
Venzileus, si pulì la bocca.
“Come guerriero e come uomo
non valevi granchè, però il tuo sangue era squisito”.
Detto questo si alzò in
piedi, e le giunse la chiamata mentale del suo Master.
“Sì, ti sento. Venzileus ha
chiuso, e penso che lo stesso valga anche per Elnem. Senti, come facciamo con
quella presenza vampirica che abbiamo percepito prima qua sopra? Possiede una
forza pazzesca. Dobbiamo indagare?”
“No” rispose Rei “l’ho
riconosciuto e penso che non dobbiamo temerlo, almeno per ora. Comunque sono
sicura che non c’entra nulla con questi tizi. La nostra missione è conclusa, ci
penseranno i nostri, dopo aver avvertito chi di dovere nel governo tedesco, a
fare piazza pulita di questo posto”.
“Però” ad Asuka proprio in
quel momento era venuta in mente una possibilità “e se fosse lui il vampiro
che…”
“No!” esclamò decisa Rei. “Non
è lui. E ora obbediscimi, ci riuniremo fuori di qui, davanti al portello da cui
siamo entrate”.
Asuka masticò male la cosa,
ma non poteva ribellarsi al suo Master.
“Va bene. Stai calma. Certo
che alla fine questi Eletti e tutta la loro baracca si sono dimostrati….”
“…dei veri perdenti” pensò
Alucard raccogliendo dal pavimento il suo cappello e scuotendo via la polvere
che vi era caduta sopra.
Si rimise il capello e fece
per andarsene, ma prima si girò e fissò il vuoto sotto di lui.
“Noryb, che delusione sei
stato. E pensare che un tempo nutrivo grandi aspettative nei tuoi confronti. Se
solo fossi diventato come quelle ragazze là sotto, che hanno completato la mia
missione. Sei sempre stata molto in gamba, Rei, e adesso hai perfino
un’allieva. Sarà un piacere incontrarvi, quando sarà”.
Detto questo uscì dalla sala.
Integra stava seduta nel suo
ufficio, e controllava il rapporto sull’irruzione fatta dalle squadre
dell’Hellsing nel magazzino dove era custodita quella droga.
Era stato svolto un lavoro
eccellente, i criminali che lavoravano in quel posto erano stati tutti
arrestati, avevano trovato una lista dei vari distributori, e la droga portata
via in grandi camion diretti verso degli inceneritori.
Sicuramente nei giorni
seguenti ci sarebbero ancora state alcune segnalazioni, non erano certo
riusciti a prendere tutti i tossicodipendenti che avevano comprato quella roba,
ma senza il fornitore principale, il fenomeno si sarebbe esaurito rapidamente.
Restava solo una cosa ancora
da appurare, e proprio in quel momento la raggiunse la voce di Alucard.
“Missione compiuta, lady
Hellsing”.
“Ottimo” rispose Integra “e
sono sorpresa che tu riesca a contattarmi anche dalla Germania. Le tue capacità
riservano ogni volta delle sorprese”.
“Tenere dei segreti sia con
gli amici che con i nemici può risultare indispensabile in un’attività come la
nostra”.
“Comprendo, ma ora sbrigati a
rientrare, c’è bisogno di te qui in Inghilterra. Un piccolo paese del nord
chiamato Chedders”.
“Andrò lì direttamente. Tra
due giorni sarò sul bersaglio. E prevengo una tua domanda: i sigilli di controllo
non li ho mai annullati, quindi sarò sempre sotto il tuo controllo.
Arrivederci a presto, lady
Hellsing!”
Asuka e Rei erano sedute su
un picco roccioso che si erigeva tra gli alberi, e permetteva una splendida
visuale della foresta.
Sopra di loro, il cielo
stellato e una luminosa luna piena.
“Sei stata imprudente con
Venzileus. Se anziché tagliarti gli arti avesse mirato subito alla testa o al
petto, ti avrebbe uccisa” disse la prima.
“Lo so, ma, diamine, che
cos’è la vita senza un po’ di rischio?” rispose Asuka con espressione
divertita.
“Tanto” continuò la ragazza
con i capelli rossi “avevo già capito che al caro Venzileus piaceva torturare
le sue vittime prima di ucciderle, e per questo ho calcolato che non mi avrebbe
uccisa”.
“Sei stata comunque troppo
avventata. Fai in modo che non avvenga mai più” replicò impassibile Rei.
“Sì, sì. Ma insomma, ho vinto
il nemico, no? Possibile che tu sappia solo rimproverarmi?”
Rei la guardò e sospirò
leggermente: “Ammetto che anche se pericoloso, il tuo piano era comunque
astuto, e hai anche ampliato la gamma dei tuoi poteri. Solitamente un vampiro
ci mette almeno una ventina di anni per imparare l’utilizzo di tutti i suoi
poteri, se non di più. Però tu stai procedendo molto velocemente, bene”.
Soddisfatta, Asuka si mise in
piedi: “Be, penso che possiamo muoverci adesso. Quei monaci avranno sicuramente
qualche altra missione per noi”.
“Poco ma sicuro” rispose Rei
alzandosi anch’essa.
Ad Asuka venne poi la
tentazione di chiedere a Rei se sapeva chi fosse quel vampiro incredibilmente
potente che avevano percepito prima.
Se il suo Master aveva detto
che non c’era problema, allora doveva conoscerlo.
Ma alla fine si trattenne dal
fare quella domanda.
Tanto prima o poi, loro due e
quel misterioso vampiro, si sarebbero incontrati sicuramente.
FINE