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Autore: passiflora78    19/05/2011    3 recensioni
Prendo spunto dalle note che André scrive all'inizio dell'episodio 37 di Lady Oscar, la mattina del 12 luglio 1789. Questa ff si compone di pochi capitoli, indipendenti, in cui i nostri André e Oscar attraverso il diario parlano degli ultimi avvenimenti bellissimi e terribili delle loro esistenze.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alain de Soisson, André Grandier, Bernard Chatelet, Oscar François de Jarjayes, Rosalie Lamorlière
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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ciao a tutti,
alcuni di voi mi hanno incoraggiato a proseguire nella ff, quindi ho pensato di aggiungere questo capitolo. Seguirà un terzo, che sarà l'ultimo. Si tratta comunque di capitoli che vivono separatamente, in quanto riflessioni indipendenti, in momenti diversi, dei nostri beniamini. Qui, a parlare, è Oscar.
Ringrazio tutti coloro che avranno voglia di leggere e magari commentare.
 

14 luglio 1789
 
Ho tra le mani il tuo diario. Alain me l’ha portato qualche ora fa. E’ piccolo, di pelle nera, chiuso da una stringa di cuoio. L’ho torturato per un tempo infinito prima di avere il coraggio di aprire queste pagine, che hai sfiorato con le tue dita forti e increspato con la tua calligrafia gentile. Non volevo violare questo tuo piccolo spazio segreto. No, non è vero. Avevo paura di ciò che avrei trovato: parole su di me? Su quanto sono stupida, codarda, testarda e insensibile? Poi la voglia di sentirti vicino, di assaporare qualche piccolo pezzo di te per l’ultima volta, ha vinto.
Siedo immobile sui gradini della piccola chiesa, dove hanno composto il tuo corpo. Sono incredula, fredda, e tremo. Il mantello che mi ha posato sulle spalle Alain non serve a nulla, non riesce proprio a scaldarmi, il gelo si è impossessato del mio petto. E’ luglio e tremo. Ma non importa. Non voglio muovermi da qui, non posso lasciare il tempio che conserva le tue spoglie, abbandonare per sempre la speranza di rivedere il tuo volto, il tuo sorriso, lo scintillio del tuo unico occhio.
Solo ieri baciavo le tue labbra, toccavo la tua pelle… E tu mi stringevi tra le braccia, forte, ma dolce, rassicurandomi che la nostra felicità era appena iniziata. Lo sai Andrè, quanto mi odio ora? Mi odio, mi detesto, con tutta me stessa. Non accorgersi dell’amore, quando lo si ha sotto gli occhi ogni giorno, tutto il giorno, è peggio che tradire un amore (1). Non lo credi anche tu? Non mi odi tu stesso? Eppure no, non mi odi. Queste tue note, che tanto temevo, dimostrano solo il tuo animo nobile, nel senso più vero del termine. Trovi giustificazioni per me anche in questo diario, il tuo luogo più intimo, un posto dove sei solo te stesso, senza costrizioni né maschere. Mi hai sempre amato, quando avevi ogni motivo per odiarmi. Cieca, non volevo vedere.
Hai ragione, come scrivi ho dovuto imparare l’umiltà. Ammettere che da soli non si vive, Andrè... ma che ne sapevo io del vivere da soli? Ho potuto fare tutto, perché tu eri sempre dietro di me, mia amorevole ombra.
Perché non sei stato un po’ egoista? Forse ora saresti vivo. Perché non te ne sei andato da me quando hai capito cos’ero? Una donna che gioca a fare l’uomo; ansiosa di rinnegare la sua natura, ma in fondo incapace di farlo fino in fondo. Avresti dovuto ribellarti, lasciare il tuo ruolo di attendente, unirti a Bernard o almeno evitare l’esercito. Hai scelto di starmi accanto, invece, anche quando ti ho chiesto tutto senza darti niente in cambio, quando ti ho preso un occhio e non mi sono nemmeno accorta che a poco a poco anche l’altro tuo splendente smeraldo si stava spegnendo. Persino quando ti ho respinto, convinta che il nostro non fosse amore. Ti ringrazio, perché grazie alla tua pazienza e alla tua tenacia ho potuto riconoscere questo sentimento, così complicato, intenso, sfaccettato. Ho imparato cosa significa sentirsi viva, felice e appagata. Anche se è stato così breve….
Non è giusto, non è giusto! Vorrei affondare la lama della mia spada in questo stupido cuore di donna innamorata. Ora non ho più paura di dirlo, vedi Andrè? Ora, che ho capito che sono davvero una donna e che so cos’è l’amore. Dovevo di liberarmi di tante convinzioni, retaggi e abitudini che mi impedivano di vedere… credevo in tante cose così stupide, ora solo a pensarci me ne vergogno (4).
Quante volte hai sellato il mio cavallo o preparato il mio tè, con amore e dolcezza? Quante volte hai fermato il mio braccio, pronto a sguainare la spada e lavare con il sangue le offese? Se ci penso vorrei schiaffeggiarmi fino a svenire! Ti ho consentito di essere un servo, quando eri mio fratello, il mio unico amico e mio amore… perché ero così cieca? E tu non mi hai mandato al diavolo… perché sono nobile. No. Perché dovevo capire da sola. Hai ragione Andrè, io adesso ho capito. Adesso lo so, lo so, che il rango non è niente, non è un braccio, non è una mano, né l’occhio che hai perso per me, non è cuore, non è cervello (2). Hai ragione, lo so, che è solo un’idea che si può spazzare via, perché esiste solo finché noi le consentiamo di esistere (3).
Ero sul punto di arrendermi, sai. Avevo detto ad Alain di prendere il comando, domani. Ma lui s’è rifiutato. Ha detto che non ero l’unica a soffrire per questa perdita e sono sicura di aver sentito la sua voce tremare mentre parlava di te, stava piangendo. Va bene, Andrè, mi farò forza e porterò a termine quello che abbiamo cominciato insieme. Lo faccio per la Francia, per la giustizia, ma soprattutto per te. Dammi tu la forza. Dammi la forza di combattere, di essere lucida, concentrata, determinata… la forza di non pensare solo a te, costantemente, di non vedere il tuo volto dappertutto, di non riempire i miei occhi con i fiumi di lacrime che non ho pianto per tutta una vita. Se non mi aiuti tu, non ce la farò, lo sai. Lo sai che da sola non riesco a fare niente, André!
Tossisco.
Tossisco ancora.
Sangue. Di nuovo. Forse se avessi ascoltato il consiglio del dottore… Avrei dovuto venire da te, il giorno stesso che ci sono andata, e picchiarti per non avermi detto nulla del tuo maledetto occhio, e poi scappare con te ad Arras. Ci saremmo dovuti rifugiare là, dove niente ci avrebbe toccato e avremmo potuto sposarci, e guarire, e vivere insieme la vita che ci meritavamo.
Perché ridi, André? Sono patetica, vero? Sì, hai ragione. Tu mi conosci, sai bene che non l’avrei mai fatto. Ecco perché ti nascondevo la malattia ed ero così sfuggente e inquieta. Nemmeno la consapevolezza del nostro amore mi ha distolto dal mio dovere: in fondo, Andrè, tu mi hai salvata a metà, amandomi… ma resto sempre Oscar Francois de Jarjayes, un militare. E ora che mi hai aiutato ad aprire gli occhi su questo mondo che sta cambiando, che deve cambiare, devo aiutare il popolo francese. Ora che te ne sei andato, tu, che sei tutta la mia famiglia, il mio amore, il mio mondo, non mi resta che lottare fino alla fine.
Porterò con me il tuo diario, dove ho scarabocchiato questa lettera che non leggerai mai. Lo terrò con me, sotto l’uniforme. Veglia su di me.
Prometto che lotterò fino alla fine, mio Andrè.

(1) è più o meno ciò che Oscar dice nel manga dopo la morte di Andrè
(2) e (3) Oscar sta citando quanto ha letto nelle note di André, scritte nel cap. 1
(4) Riprendo un verso della canzone B.e.m degli Otto Ohm, che dice "io/credevo in tante cose così stupide/che un po' me ne vergogno a raccontartele/

  
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