29. Marry Me
Maggio
sembrò impiegare mesi per arrivare: Angel e Sofi avevano deciso di sposarsi il
quattordici, come il giorno in cui si erano conosciuti. Avevano programmato
tutto nei minimi dettagli, dal numero degli invitati ai fiori che avrebbero adornato
la chiesa. Persino il tempo sembrava aver deciso di dar loro una mano, e da una
settimana intera il sole splendeva su Detroit. Era tutto a posto: gli invitati
– un numero particolarmente esiguo, considerate le numerose parentele della
sposa e soprattutto le sue manie di grandezza – erano presenti, il reverendo
pronto ad iniziare, lo sposo in piedi davanti all’altare.
Angel
stava sudando nel suo abito nuovo, e continuava a torcersi nervosamente le
mani, tentando di allontanare l’ansia. Accanto a lui, Jerry sembrava ancora più
turbato, quasi temesse l’arrivo di un cataclisma. Dei tre fratelli Mercer,
Bobby era certamente il più calmo: come i fratelli, indossava un abito nuovo,
elegante, apparentemente cucito su misura per lui; Adia non era riuscita a
convincerlo a rasarsi, ma almeno si era dato una sistemata, cercando di
apparire al meglio. Stava in piedi accanto a Angel e Jerry, e continuava a
guardare in direzione di Adia, seduta in prima fila assieme a Camille e alle
bambine. Da tempo, Bobby la considerava la donna più bella sulla quale avesse
mai messo gli occhi, ma quel giorno… quel giorno, stretta in un morbido abito
blu notte, beh, quel giorno era semplicemente un miracolo. Le sorrise,
ricevendo in cambio un sorriso di uguale intensità, e proprio in quell’attimo
fu distratto da qualcuno che gesticolava sul fondo della chiesa. Alzò gli occhi
e vide Sofi, già pronta per la cerimonia, sbracciarsi per ottenere la sua
attenzione. Bobby si guardò intorno un paio di volte, prima di capire che Sofi
stava davvero cercando di chiamare lui.
Tuttavia, prima ancora di riuscire a pensare a un modo per domandarle che
diavolo volesse, l’uomo la sentì fischiare, e subito dopo esclamare: “Bobby,
brutto idiota, porta subito qui il culo!” Bobby fece un cenno a Angel e Jerry,
per rassicurarli, e sorridendo corse lungo la navata, raggiungendo Sofi al di
là del portone.
“Senti,
Bobby, prima di fare questa cosa tu e io dobbiamo parlare” esordì la ragazza,
prendendolo per il bavero della giacca e sospingendolo contro la parete.
“Oh,
no, lo sapevo… la vida loca si è
innamorata di me!” commentò Bobby, roteando gli occhi. Si divertiva come un
bambino a provocare Sofi. “Beh, me lo aspettavo. Angel ha il suo fascino, ma io
sono sicuramente più…”
“Oh,
taci, idiota!” lo zittì lei. “Senti, io lo so che tu non mi hai mai potuta
sopportare, e che pensi che sia una… beh, una
di quelle, e so anche che pensi che Angel meriti di meglio. Ma io Angel lo
amo davvero. L’ho sempre amato” proseguì, addolcendosi. “Lui è diverso, è
sempre stato diverso. E fa sentire diversa anche me. Lo capisci questo?”
Bobby,
incredibilmente serio, annuì. “Sì, capisco ciò che vuoi dire.”
“Bene.
Volevo solo che fosse tutto chiaro, prima di… prima di fare questa cosa.”
“Ok,
bene, abbiamo chiarito. Senti, io… io torno di là. Sbrigati, però. Angel odia
aspettare, e credo che Jerry stia per avere una crisi isterica” ribatté lui,
avviandosi verso la porta.
“Aspetta,
Bobby!” lo fermò lei, mettendogli una mano sul braccio. “Vorrei… posso
chiederti un favore?”
“Dimmi.”
“Mio…
mio cugino Eduardo, quello che doveva portarmi all’altare, ha avuto un… contrattempo. Insomma, l’hanno beccato
mentre cercava di sgraffignare una macchina per venire qui. Quindi mi chiedevo
se… se tu… se potessi…”
“…accompagnarti
all’altare?” completò lui. Sofi annuì. “E va bene, facciamo questa stronzata”
rispose, dopo un minuto di silenzio, sorridendo e porgendole il braccio.
Il
più stupito nel vederli attraversare insieme la navata fu certamente Angel:
l’ultima cosa che si sarebbe aspettato di vedere era la propria fidanzata
camminare a braccetto con suo fratello. Considerando che a malapena riuscivano
a stare insieme nella stessa stanza, e trovando estremamente improbabile
l’ipotesi che avessero deciso di concedersi una tregua, anche se solo per il
giorno delle nozze, lo sposo si trovò a domandarsi che cosa fosse successo tra
quei due. Jerry gli diede di gomito, e con un sussurro discreto gli fece notare
la straordinaria bellezza di Sofi. Angel smise di scervellarsi, smise di
torcersi le mani e si limitò a guardare Sofi. Jerry aveva ragione: era meravigliosa, e il modo in cui lo
guardava… sì, si sarebbero amati per il resto della vita.
La
festa si spostò fuori Detroit, nell’hotel che gli sposi avevano deciso di
riservare per i festeggiamenti. Gli invitati si gettarono immediatamente sul
cibo, e subito dopo riempirono la pista da ballo, iniziando ad agitarsi al
ritmo della piccola orchestra. Bobby si accorse che Adia desiderava ballare:
aveva accavallato le gambe all’altezza del ginocchio e stava facendo dondolare
lentamente un piede. Per cinque anni non aveva potuto ballare - né aveva avuto
qualcuno con cui farlo –, e certamente adesso avrebbe voluto rifarsi di quella
privazione. Si alzò, facendo strisciare la sedia, e immediatamente lei si voltò
a guardarlo. “Dove vai?”
“Balliamo”
rispose lui, tendendole la mano.
“Ballare?
Ma tu non balli!”
“Che
ne sai, agnellino? Non ci siamo visti per un sacco di tempo” ammiccò lui. “Dai,
andiamo!” esclamò, afferrandole la mano e tirandola in piedi come se fosse
stata un sacco. Adia si rassegnò a seguirlo al centro della pista, mentre il
quartetto cambiava canzone.
“Adoro
questa canzone…” si lasciò sfuggire Adia, guardando verso i musicisti, nel
riconoscere le prime note di Turn Me On
di Norah Jones. Nel sentire la mano di Bobby posarsi sulla sua schiena, calda e
protettiva, tornò a guardarlo. “Fai sul serio?”
“Certo
che faccio sul serio. In fondo, basta girare, no?”
Adia
ridacchiò. “Sì, basta girare” sussurrò, lasciandosi stringere e guidare dal
fidanzato.
Erano
in pista da meno di un minuto, quando uno degli innumerevoli cugini di Sofi
bussò alla spalla di Bobby. “Ehi, amico, ti offendi se mi faccio un giro?”
“Sì,
mi offendo. Ho l’esclusiva” rispose lapidario Bobby, senza nemmeno guardarlo.
Dopo
un altro minuto, un altro parente della sposa venne a chiedere il permesso di
ballare con Adia. “Smamma, Zorro. È la mia ragazza.”
Un
terzo pretendente si fece avanti, un paio di minuti più tardi. “Sei educato e
hai la faccia simpatica, ma no” rispose stavolta Bobby. “Ah, e ti dispiace
informare i tuoi cugini che io questa me la sposo, e quindi sarebbe meglio per
loro non rompermi le palle? Grazie.”
Adia
aspettò che l’altro uomo si fosse allontanato, poi sorrise a Bobby. “Bella,
questa.”
“Cosa?”
“La
scusa che hai usato. Speriamo solo che ci caschino. Insomma, vederti sposato…
sarebbe un po’ strano.”
“Non
scherzavo.”
Adia
piegò la testa da un lato, fissandolo attentamente. “Fai sul serio?”
“Certo
che faccio sul serio. Volevo chiedertelo domani, ma credo di dovermi
accontentare.”
Adia
non era sicura che le gambe potessero reggerla. “B-bobby…” sussurrò,
balbettando.
“Cosa?”
“Tu
mi vuoi… tu mi vuoi sposare?”
Bobby
abbassò lo sguardo, imbarazzato. Adia non lo aveva mai visto così. Bobby Mercer
non era mai imbarazzato. Lo vide
passarsi la lingua sulle labbra, cercando la risposta più adatta alla
situazione. “Beh, io… non dirmi che tu non ci hai pensato.”
“Ma
certo… certo che ci ho pensato. Dio, sono figlia di un reverendo! Ovvio che ci
ho pensato” rispose lei, rendendosi conto che si erano fermati. “Però…
accidenti, credo… credo di aver bisogno di un po’ d’aria.” Bobby l’accompagnò
lontano dalla pista, attraverso la sala e fin sulla terrazza dell’hotel. Adia appoggiò
le mani alla balaustra e trasse un paio di profondi respiri, cercando di capire
se quel rumore assordante che avvertiva provenisse dall’orchestra oppure dalla
sua cassa toracica. “Bobby” riprese, finalmente calma, voltandosi a guardarlo, “tu
mi hai appena chiesto di sposarti?”
Bobby
si infilò le mani in tasca e grattò il pavimento con la punta delle scarpe
lucide. “Più o meno. Lo so che non è stata un gran che, come proposta, ma io…
insomma, lo sai. Non sono bravo in queste cose.”
Adia
aprì e richiuse la bocca a vuoto per un paio di volte. “E’… è da pazzi!”
commentò la donna, voltandosi di nuovo verso la balaustra. “E’ da pazzi” disse
ancora, voltandosi di nuovo verso Bobby.
“Sì,
questo l’hai già detto” le fece notare. “Lo so che sembra strano, detto da uno
che fino a sei mesi fa correva dietro a ogni pezzo di… a ogni donna che vedeva. Suona strano, non lo
nego. E forse, se fossi al posto tuo, non ci crederei, ma…” Fece una pausa,
traendo a sua volta un respiro profondo. “A mia madre piacevi. Se fosse ancora
viva, sarebbe felice sapendomi con te. Sarebbe felice di vedermi così cambiato,
e farebbe di tutto per convincermi a renderti per sempre mia. Ci sono mattine
in cui mi alzo e mi guardo allo specchio e non riesco a riconoscermi, ma poi
vedo che ci sei anche tu, e… e in qualche modo sento che è così che devo andare.”
Adia
strinse il labbro tra i denti, cercando di non piangere. Quel breve discorso l’aveva
commossa più del primo ‘Ti amo’, l’aveva coinvolta più della prima volta e l’aveva
definitivamente convinta della buona fede e dei sentimenti di Bobby. “Tu mi
vuoi sposare” osservò, in un sussurro.
“Sì”
rise Bobby. “Sì, è questo che credo di aver detto. Sempre se lo vuoi anche tu. Se
mi vuoi anche tu.”
Adia
abbassò lo sguardo, e quando lo rialzò mostrò finalmente tracce di pianto. “Non
posso non volerti, Bobby. Ti amo” bisbigliò, la voce incredibilmente ferma.
“Andiamo”
rispose lui, prendendola per mano.
“Andiamo
dove?”
“Facciamolo
adesso.”
“Adesso?
Sei impazzito?”
“Forse.”
“Ma…
ci servirà una chiesa, e gli anelli, e un prete… i testimoni!”
“Gli
anelli ce li ho. Una su quattro non è male, no?”
Mezz’ora
più tardi, Bobby fermò l’auto davanti alla chiesa dove per anni aveva lavorato
il padre di Adia. Mentre guidava, aveva chiamato Jerry, già tornato a casa con
Camille e le bambine, e lo aveva pregato di raggiungerlo lì. Adia aveva fatto
la stessa cosa con Aaron, pregandolo di andare solo. Adesso dovevano solo entrare. Bobby scese dall’auto, le aprì
lo sportello e le porse la mano, come un vero gentiluomo. Attraversarono il
sagrato a passo lento e raggiunsero l’ingresso laterale, e di lì l’ufficio del reverendo.
Fu Adia a bussare. “Reverendo Miller?” azzardò, dopo aver ricevuto il permesso
di entrare.
“Adia!”
esclamò il sacerdote, stupito di ricevere una simile visita quasi a mezzanotte.
“Figliola, che cosa ti porta qui?”
“Le…
le presento il mio fidanzato, Bobby Mercer. Bobby, questo è il reverendo
Miller. È lui che ha… che ha sostituito mio padre.” Bobby strinse la mano all’altro
uomo, azzardando un sorriso. “Padre, mi rendo conto che sembrerà una richiesta
piuttosto strana, e decisamente poco ortodossa, ma… noi vorremmo sposarci.”
“Non
capisco come potrebbe essere una… oh, ma voi forse intendete… ora? Adia, non credo sia… insomma, non
sono qui per criticare, ma… siete certi di averci riflettuto bene su? È un
passo molto importante, e…”
“Padre,
i miei genitori sono stati sposati per quarant’anni” lo interruppe dolcemente
lei. “So che cosa significa essere sposati. Bobby mi ama, e io amo lui, e lo so” aggiunse subito, prima che il
reverendo potesse rispondere, “so che
l’amore non basta. Ma Bobby mi è stato vicino. Mi è stato vicino in un momento
molto difficile, e in cambio non mi ha chiesto nulla, se non di amarlo. Per favore,
padre.”
Bobby
avvertì la preghiera di Adia in tutta la sua intensità. Anche lei voleva
sposarlo, soltanto adesso lo stava davvero
avvertendo.
“Va
bene, Adia. Se è quello che entrambi volete, possiamo farlo adesso, però vi
serviranno dei…” Un colpo alla porta lo interruppe, seguito dall’ingresso di un
uomo dai capelli biondi. “Aaron!” esclamò il reverendo, ancora più stupito di prima.
“Devo aspettarmi che arrivino anche le tue sorelle?”
“Non
credo, padre, a meno che mia sorella non abbia organizzato una riunione di
famiglia a mia insaputa. C’è il fratello di Bobby, se le interessa” aggiunse,
indicando Jerry, appena comparso alle sue spalle.
“Bobby,
che cazzo succede?” domandò Jerry, coprendosi poi la bocca con la mano. “Mi
scusi, padre.”
“Non
importa, non importa. I tempi cambiano” commentò il religioso, lisciandosi i
capelli bianchi. “Bene, io prendo il necessario. Se intanto volete precedermi
di là…”
“Bobby
e io ci sposiamo” riassunse Adia, guardando Aaron negli occhi. “E per la
cronaca, è stato lui a chiedermelo.”
“E
noi siamo qui per…”
“Farci
da testimoni, fratellino” completò Bobby. “L’avrei chiesto a Angel, ma Sofi lo
aveva già trascinato nella loro suite.” Con la coda dell’occhio colse l’espressione
incredula del suo futuro cognato, allora lasciò la mano di Adia. “Jerry e io vi aspettiamo di là” le
sussurrò, baciandola su una guancia.
“Che
succede?” le domandò Aaron, allargando le braccia per sottolineare la bizzarria
della situazione. “Insomma, vi lascio soli dieci minuti e…”
“Non
arrabbiarti, Aaron. Anch’io ho sempre pensato che sarebbe successo in maniera
diversa, con papà ad accompagnarmi, e mamma a piangere, e tutta la famiglia
riunita… ma non sarebbe stato possibile. Sei l’unica persona che mi sia
rimasta. Sei l’unica persona che voglio accanto in questo momento.”
Aaron
la abbracciò. “Va bene, allora. Se è quello che vuoi, va bene così” sussurrò,
tenendola stretta come non faceva da troppo tempo. Si staccò e le porse il
braccio. “Andiamo. Suppongo di essere io a doverti accompagnare all’altare.” Adia
si passò le mani sulle guance, per asciugarle dalle lacrime, poi accettò il braccio
del fratello.
Le
faceva uno strano effetto vedere Bobby in piedi accanto all’altare, vicino a
Jerry, entrambi eleganti e sorridenti. Le faceva uno strano effetto pensare che
stava per sposarsi senza indossare un vestito bianco: sua madre si era sposata
in bianco, e così Ruth, Miriam, Sarah e Rebecca. Nonostante nessuna di loro
fosse arrivata illibata al Grande Giorno, tutte e quattro le sue sorelle
avevano avuto il coraggio di indossare un vestito bianco. Ma lei no. Lei stava
per sposarsi indossando un abito blu notte, quasi nero, in una chiesa deserta. E
stava per sposare un uomo che aveva appena iniziato a renderla felice.