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Autore: Ainely    30/05/2011    3 recensioni
Gli ultimi anni di vita del dottor Vin Malaspina erano stati spesi per quel sogno diabolico e divino, ma tutto aveva davvero iniziato ad avere un risultato solamente con la figlia in un inverno, il solito rigido inverno tedesco.
La città era coperta da un manto bianco di neve che la isolava dai rumori quotidiani, dal vociare e dai segreti. Segreti che erano ben radicati a Kassel, su un’isola sul fiume Fulda, nei sotterranei della villa edificata nel 1953, frutto di investimenti loschi, ove il dottor Malaspina aveva fornito di generazione in generazione i macchinari più complessi e all’avanguardia per la creazione e la manipolazione dei geni. Solamente poche persone conoscevano cosa si nascondeva e perchè si manteneva così segreta l'intera operazione al suo interno: complotti internazionali? Spionaggio? Ricerca biochimica? Nulla di tutto questo? Ma il laboratorio di Kassel non era l'unico, no. Altri quattro stavano continuando a lavorare per riuscire a completare l'EVA Project, l'Elementar Vitro Antebios Project.
Genere: Azione, Science-fiction, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Premessa: I personaggi descritti nella FF sono di nostra proprietà, frutto della nostra immaginazione quindi preghiamo di evitare plagi di alcun genere.
 

Ecco i co-autori! :D

Ylenia




Rirri



Andrea


Jasmin






EVA Project


- Prologo -
Qualcosa che non era previsto





KASSEL–Germania-
15 anni fa

 

Inverno, il solito rigido inverno tedesco. La città era coperta da un manto bianco di neve che la isolava dai rumori quotidiani, dal vociare e dai segreti. Segreti che erano ben radicati in quella città, su un’isola sul fiume Fulda, nei sotterranei della villa edificata nel 1953 per conto di ignoti, sicuramente facoltosi, i quali avevano fornito di generazione in generazione i macchinari più complessi e all’avanguardia per la creazione e la manipolazione dei geni.
Solamente poche persone conoscevano cosa si nascondeva al suo interno: complotti internazionali? Spionaggio? Ricerca biochimica? Nulla di tutto questo?
 
In ballo c’era il risultato più complesso della scienza moderna, con i folli sogni di riuscire a tenere il mondo in pugno attraverso entità capaci di governare i quattro elementi esistenti.
Eva, donna autoritaria, fredda, manipolatrice, bella e indicibilmente sadica nonché proprietaria della villa, stava per riuscire ad assistere al compiersi del loro primo tentativo dell’EVA project (Elementar vitro Antebios project). Erano riusciti a concentrare l’essenza del fuoco e condensarla in un individuo nato attraverso un complicato scambio di cellule staminali e di cellule create geneticamente in quello stesso laboratorio.
Il fuoco che nasce in una città coperta di neve. Che combinazione altisonante, che scelta macabra e sarcastica. Comunque il momento era arrivato: tutti nel laboratorio tedesco erano pronti per vedere il primo EVA aprire gli occhi.
La colonna di vetro era illuminata dai fasci di luce dei faretti, al suo interno, e lui era immerso in un liquido vischioso e dei cavi che monitoravano costantemente le sue attività primarie e le sue facoltà. Il corpo del primo EVA era perfetto sotto ogni punto di vista fisico, un bambino dalla pelle senza alcun segno, senza alcun neo, apparentemente addormentato, inquietante e non umano.
Era ormai tempo di procedere al risveglio. Alcuni cavi si staccarono dalle sue tempie, dal suo petto, numerosi scienziati si erano radunati lì attorno per assistere all’evento, che se fosse stato positivo li avrebbe visti entrare nella storia. Vi era un silenzio schiacciante, quasi religioso e superstizioso. In quel laboratorio non solo avevano rubato il segreto di Dio, ma ne avevano anche estratto i poteri.
Poteri che erano stati concentrati in un corpo non nato da umani, figlio di una diabolica scienza, volta a fini che potevano essere svariati e negativi, o distruttivi.
L’EVA aprì lentamente gli occhi rossi e li fissò dritto di fronte a sé. Pareva non vedere nulla, o meglio, pareva guardare tutto e niente. Successivamente mosse il capo, i lunghi capelli argentei fluttuarono nel denso liquido e passò in rassegna tutti i volti presenti nella stanza. Naturalmente vi era Eva, la finanziatrice non ché colei che voleva che si facesse tutto quello, accanto al capo della squadra di ricerca e sviluppo, il signor Masquer, un genio della biogenetica.
 
Non si scambiarono una parola da quanto era alta la tensione del momento. Sarebbe andato tutto per il verso giusto? Anni di duro lavoro e di numerosi tentativi, gli ultimi dieci anni di vita di suo padre, un ricco e famoso uomo di scienza, di biogenesi che prima di morire era riuscito finalmente a scoprire la formula per creare esseri non umani, ed eccolo lì quello era sopravvissuto: l’elemento più forte di una serie di patetici esperimenti e prototipi che lo avevano preceduto ma che erano finiti male per colpa di banali errori genetici.
 
Ma ora era vivo e intrappolato là dentro.
 
Ad un tratto cominciò ad agitarsi, il liquido di mantenimento gli stava colando lentamente nella gola e con una mano batté più volte contro il vetro, strappandosi di dosso i restanti cavi. La reazione degli scienziati fu davvero impressionante: dopo alcuni attimi di più totale smarrimento e di incredulità si riscossero esultando mentre provvedevano immediatamente a far defluire il fluido e aprire la colonna di vetro che aveva avuto la funzione di incubatrice per il loro EVA.
Bastò poco per liberare il bambino dalla sua “cella di vetro”, ma questi reagì non appena sentì su di sé le loro mani. Con un movimento veloce e improvviso appiccò fuoco ai primi che per l’appunto si trovavano al suo fianco, ad aggiungersi al marasma e all’improvvisa reazione del loro “prodotto” cominciò a suonare l’allarme antincendio.
 
Nessuno poteva aver previsto una cosa simile, nessuno nei loro piani e nei loro schemi scientifici aveva riscontrato qualche accidentale anomalia, o meglio nessuno pensava che fosse un essere ribelle, violento e autonomo. Forse troppo.
L’EVA si guardò attorno, con aria crudele, come una bestia selvaggia che era appena riuscita a evadere dalla gabbia dei bracconieri. Il ragazzino ed Eva si fissarono per un lungo istante, uno furente e indomabile, l’altra fredda e glaciale, quasi indignata e disgustata.
Durò solo una frazione di secondo quell’intenso contatto visivo e con un altro scatto l’EVA si precipitò verso la prima porta che trovò nel laboratorio, senza ragionare o ponderare altri fattori cominciò a correre lungo i labirintici e bui corridoi che sembravano riportare esattamente al punto di partenza.
 
Destra… altra porta, altre svolte… sinistra… buio, rumori di passi, voci umane, voci irate.
Ansante e furente si ritrovò di fronte ad una ripida rampa di scale e senza attendere oltre le scalò due scalini alla volta fino a trovarsi di fronte a una porta blindata, ovviamente chiusa. Ed ecco, la fatidica sirena d’allarme, insopportabile e acuta cominciò a riecheggiare per tutti i corridoi, tutte le sale insieme alla luce rossa pulsante, pulsante come il suo cuore giovane e forte e incontenibile come quello di un leone reso cieco dalla rabbia.
Ringhiò o emise un ansimo molto simile mentre faceva saltare in un’esplosione la porta blindata che gli impediva di sbucare nel primo piano della villa, e abbagliato dalla luce del giorno dovette difendersi dal riverbero incantato che produce la neve invernale, i suoi occhi da albino, appena schiusi erano fin troppo sensibili a tale luce ma in quel momento quello che doveva fare era uscire, impedire che lo raggiungessero e così con un altro scatto continuò a correre alla cieca sentendosi pian piano braccato da altri addetti alla sicurezza.
Si fermò e si voltò per sfidare quegli uomini ad avvicinarsi a lui, sapeva, benché non capisse come, di poter fare e rifare ciò che era successo nel laboratorio e poi davanti alla porta blindata, e questo, lo si leggeva nei loro sguardi titubanti, lo avevano sperimentato anche loro.
In quel preciso istante, in fondo al piccolo esercito di scienziati e di guardie, erano arrivati Eva e Masquer, affascinati da ciò che avevano dato vita. Un essere con un intelletto capace di comprendere la concezione dell’esistere. “Sa ma non come”, pensò fuggevolmente la donna. Sì, l’EVA capiva ciò che lo circondava ma non conosceva il perché o in che modo, come se fosse stato creato già con delle informazioni base che gli permettessero di conoscere già che cosa viveva.
 
Ghignò, un ghigno di sfida ovviamente, ma fissò solo lei. Sua… madre?
E fuggì ancora, lanciandosi contro i vetri di una finestra, finendo sul soffice manto nevoso. Freddo. Ghiacciato. Soffriva. Soffriva terribilmente sapendo e non sapendo perché.
Cercò di riprendersi in fretta da quella sensazione dolorosa e debilitante e riprese a correre, affondando sempre di più nella neve, avanzando di metro in metro verso il piccolo porticciolo, correndo attraverso al breve ma particolare viale costeggiato da vecchi alberi secolari importati, ovviamente spogli, addormentati, neri. Alla fine sentì praticamente dietro di sé le loro voci, i loro passi e la fredda neve, che gli è naturalmente nemica, lo fermò, facendolo rovinare a terra con un rumore quasi malinconico, ovattato.
 
Per lui poi vi furono il freddo, le loro mani e per qualche altro istante le labbra rosse ripiegate in un sorriso di Eva, poi il buio.

   
 
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