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Autore: Ainely    31/05/2011    2 recensioni
Gli ultimi anni di vita del dottor Vin Malaspina erano stati spesi per quel sogno diabolico e divino, ma tutto aveva davvero iniziato ad avere un risultato solamente con la figlia in un inverno, il solito rigido inverno tedesco.
La città era coperta da un manto bianco di neve che la isolava dai rumori quotidiani, dal vociare e dai segreti. Segreti che erano ben radicati a Kassel, su un’isola sul fiume Fulda, nei sotterranei della villa edificata nel 1953, frutto di investimenti loschi, ove il dottor Malaspina aveva fornito di generazione in generazione i macchinari più complessi e all’avanguardia per la creazione e la manipolazione dei geni. Solamente poche persone conoscevano cosa si nascondeva e perchè si manteneva così segreta l'intera operazione al suo interno: complotti internazionali? Spionaggio? Ricerca biochimica? Nulla di tutto questo? Ma il laboratorio di Kassel non era l'unico, no. Altri quattro stavano continuando a lavorare per riuscire a completare l'EVA Project, l'Elementar Vitro Antebios Project.
Genere: Azione, Science-fiction, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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- Capitolo uno -
Il primo "Topolino nero"

 

 





Perché? Perché non era stata prevista una reazione simile? Non sarebbe dovuto succedere, ora doveva rivedere daccapo ogni cosa, doveva provvedere affinché quel ragazzino fosse controllato costantemente. Il fuoco. Il loro primo elemento. Sì, forse lo avevano sopravvalutato mentre discutevano sulle varie procedure da adottare per il risveglio dell’EVA.
Che ironia, il padre aveva scelto davvero un acronimo uguale al suo nome, Eva, con la differenza che l’EVA Project vedeva come obiettivo la creazione di esseri perfetti, semidéi capaci di disseminare panico, terrore, ma anche fede negli antichi culti pagani, nelle forze della natura.
Forze che solamente il pianeta poteva conoscere e scatenare unite al segreto della vita di Dio.
Ecco che cosa voleva creare suo padre, voleva con ogni ambizione possibile e immaginabile creare la forza della Vita. Chi mai al mondo ha desiderato di poter controllare le forze del mare? Dell’aria? Della terra o del fuoco? Chiunque! Chi non si prostrerebbe ai piedi di déi incarnati? Suoi figli! Ah, ma non poteva certo prendere delle donne e degli uomini qualsiasi! Indegni per dare alla luce la sua progenie perfetta!
 
E così, lei, Eva, era cresciuta in mezzo a questi folli esperimenti, in mezzo a formule, laboratori, prototipi e a suo modo aveva imparato ad amare questo folle e inquietante progetto tanto quanto il padre. Voleva realizzare quegl’esseri, doveva farlo.
Ottenere tali creature significava tenere tra le mani il destino del mondo! Ma quanto tempo era passato dalla morte del padre? Cinque? Sei anni? E a vent’anni era riuscita a vedere i primi risultati. Era felice, certo, ma una felicità tutta sua, molto particolare, una felicità glaciale, come il suo cuore. Non era una donna capace di sentimenti travolgenti o passionali, ma era strenuamente ancorata alle sue scelte, determinata a raggiungere ogni tipo di obiettivo si prefissava. Di certo era stata anche colpa o merito della sua vita passata interamente in mezzo a posti come quelli: freddi e distaccati laboratori scientifici e forse lei stessa si era proibita di vivere emozioni che non rientrassero in quell’ambito, in quel progetto.
 
La sua infanzia era stata pressoché invisibile, da quando ha memoria ha sempre visto il padre immerso in quelle formule, in viaggi che prevedevano la raccolta di geni, di dettagli, di informazioni su quei quattro elementi, su caratteristiche fisiche delle diverse etnie e per lei, passare il tempo col padre, era uno dei massimi piaceri a cui poteva aspirare. La madre era morta quando lei era ancora molto piccola ma non avendola mai conosciuta per lei la sua esistenza fu sempre indifferente, ciò che le interessava, ciò da cui era veramente affascinata era dal modo in cui il padre le spiegava ciò che voleva realizzare, ciò che desiderava tanto farle vedere e poi donarle, in modo che mai nessuno si sarebbe scordato di lui e della sua famiglia, in modo che nessuno si sarebbe mai dimenticato che cosa c’era dietro gli EVA.
Era pazza? Forse, perché no? Sempre meglio che essere normale! Diceva sempre suo padre, ma no, non era per niente pazza. Sapeva fin troppo bene quello che faceva e nel suo animo freddo e calcolatore sapeva anche che cosa voleva raggiungere.
 
Dunque, una volta riportato all’interno della villa il ragazzino fuggito, si era chiusa nel proprio ufficio, insieme a Masquer e voleva discutere su ogni particolare e su ogni avvenimento a cui avevano assistito nel laboratorio sotterraneo solamente qualche ora prima.
Era impressionata dalla portata dei suoi poteri e dal suo modo di ragionare in piena autonomia. Senz’altro avevano fatto enormi progressi dall’ultimo ammasso di carne pulsante che quel laboratorio aveva partorito quattro anni prima. Quel ragazzo era vivo, sano e forte, molto forte e racchiudeva in sé l’essenza del fuoco. Indomabile, pensò, proprio come il suo elemento.
 
 

  • Stai dicendo che questo suo comportamento potrà verificarsi ancora?- chiese con voce moderata e autoritaria mentre incrociava al petto le mani, dopo essersi ravvivata i capelli corvini tagliati a caschetto –Non vorrei che mi distruggesse i macchinari, sai quanto sia difficile procurarseli senza passare sotto il naso del Governo. Ma continua, dicevi del fuoco, ha appiccato fuoco a quattro dei tuoi uomini senza il minimo bisogno di un agente combustibile. Questo per me non è una tragedia, ma un risultato, era quello che ci aspettavamo di vedere e a parer mio è solo l’inizio. Lo hai visto come mi ha osservata. Sapeva. Capiva. Voglio conoscere di più sulle sue potenzialità ora che non è più nella colonna vegetativa.-

 
 
L’uomo sospirò per poi mettersi le mani nelle tasche del camice. E dopo qualche secondo di riflessione sulla risposta da darle prese fiato e disse:
 
 

  • Sì, dico che lo rifarà tutte le volte che gli si presenterà l’occasione. Occorrerà trovare un modo per contenerlo, per plasmare la sua abilità e per tenerlo sotto il nostro controllo. Credo che sarà necessario usufruire delle pietre create da suo padre, Eva. Solo lui e Dio sanno con che materiale sono state fatte. Al limite della stregoneria, dell’alchimia… - sospirò ancora aggiustandosi gli occhiali sul naso – Per quanto riguarda i miei uomini… Be’, non sono gravi, ma ovviamente lo scompiglio e lo stupore sono stati molti. Sinceramente sono affascinato a mia volta sul voler capire come possa governare la sua capacità, il suo elemento, è per questo che le ripeto di darmi quelle pietre, dopodiché farò ogni prova e ogni esame vorrà, Eva. L’Antebios avrà uno sviluppo celebrale diverso dal nostro, naturalmente, e vedere come si è formato il suo sistema nervoso sarà una svolta per proseguire col progetto.-
     

 
Eva fece improvvisamente cenno di tacere, e Masquer, un po’ spazientito e stizzito, tacque.
 
 

  • Voglio dargli un nome. – sorrise in modo quasi macabro e sinistro mentre piegava le labbra tinte di rosso e fissava i suoi profondi occhi verdi in quelli dell’uomo – Sencha. Ti piace? Non ha un significato particolare. Ma è un nome… rude. Come il suo sguardo vermiglio. Il mio primo figlio, un albino con gli occhi color del fuoco.- continuò a sorridere avvicinandosi poi allo scienziato senza mai smettere di osservarlo – Ti darò le pietre, ma sarò io ad approvare ogni cosa deciderai di fare. E con questo, ora devo andare a provvedere per altri dettagli. Avrò molto da fare d’ora in poi, l’EVA Project è appena iniziato sul serio.

 
 
Masquer non poté far altro che scansarsi e veder uscire la donna dallo studio. Sì, ciò che aveva detto non era falso, il progetto aveva appena cominciato ad ottenere i primi strabilianti risultati e di lì in poi sarebbe stato tutto diverso. Avevano trovato la formula genetica giusta e potevano procedere con la creazione degli altri tre elementi mancanti, tuttavia si diresse nella sala in cui era stato portato l’EVA, o meglio Sencha.
Voleva accertarsi delle sue condizioni, aggiornare il fascicolo e riempire i moduli dei rapporti medici e chimici e mentre camminava lungo gli stessi interminabili corridoi ripensò a quando il padre di Eva, il dottor Malaspina, lo aveva rintracciato circa sette anni prima. A quei tempi era appena stato espulso dalla cattedra di scienze e biogenetica dell’università della città dove era sempre vissuto e gli si presentò come una sorta di santo benefattore. Gli aveva detto che lui credeva nei suoi progetti, nelle sue tesi, nei suoi calcoli in cui nessuno aveva mai creduto oppure appoggiato e che gli avrebbe dato tutto ciò che necessitava per riuscire a dimostrarglielo, aiutandolo nella realizzazione del suo “piccolo e modesto” progetto, così aveva detto! Non poteva certo immaginare all’epoca che ciò a cui avrebbe iniziato a lavorare avrebbe potuto cambiare l’intera storia dei geni! Come se rivivesse il successo di Mendel, il suo mito durante gli studi, entrando nella storia della genetica.
Sospirando e sorridendo si ritrovò infine davanti all’entrata della sala che stava cercando. La varcò pochi attimi dopo, vedendo il ragazzino disteso e coperto solamente da un semplice e classico pigiama ospedaliero. Gli si avvicinò tranquillo e sereno, sapeva che non poteva fargli niente –o per lo meno ci sperava- dal momento che era stato debitamente sedato affinché non creasse nuovamente lo stesso scompiglio di prima, e come ogni buon medico o scienziato che sia si preoccupò di fargli i primi esami semplici e tuttavia importanti: gli misurò la pressione, guardò la reazione delle pupille, esaminò la bocca, i riflessi del ginocchio, il battito cardiaco e infine la temperatura corporea.
Non si stupì più di tanto quando vide che era più alta del normale, quasi 38°C, come biasimarlo se lui era il Fuoco? Sorrise tra sé e sé con fare sarcastico e ironico seguendo con lo sguardo gli occhi rossi del bambino che all’incirca avrebbe dovuto dimostrare sei anni o poco più. Era sveglio, naturalmente ma non poteva reagire in alcun modo benché capisse ciò che gli succedeva attorno.
Aveva paura? Temeva per quello che gli stava facendo? Come poteva saperlo Masquer, ma continuava a chiederselo e trovandosi con un bambino gli venne spontaneo rassicurarlo dicendogli:
 

  • Non preoccuparti, non ti farò niente di strano o di pericoloso. Visto? Non ti ho fatto male, vero Sencha?- sorrise, accarezzandogli il capo e scostandogli dalla fronte una ciocca di capelli bianchi. – Presto non avrai più bisogno di essere tenuto qui, potrai uscire e se farai il bravo Eva ti porterà con sé. Ma non dovranno ripetersi altri episodi come quelli che hanno accompagnato il tuo risveglio.- finì con voce cupa e meditabonda mentre finiva di prendere appunti sulla cartella che aveva portato con sé.

 
Sencha non disse nulla, non reagì, si limitò a fissarlo in modo spento ma comunque minaccioso, come se stesse continuando a covare e a tramare per poterli uccidere e fuggire. Sì, un bambino degno di Eva, si disse lui mentre girava sui tacchi e usciva nuovamente nel corridoio, più sollevato di non dover più sostenere quello sguardo… così inumano.
 
 
Passarono tre giorni quando Eva decise di lasciarlo uscire dalla stanza di isolamento e lo fece chiamare a sé per parlargli in maniera franca e diretta.
Era pomeriggio e fuori la neve continuava a coprire l’intero paesaggio lasciando filtrare dalle ampie finestra la tipica luce ghiacciata che il sole produce quando è in procinto di tramontare rendendo surreale tutto ciò che colpisce col suo fascio.
 
Nella stanza vi erano solo Eva, Masquer e Sencha, questa volta vestito e lavato, come un bambino qualsiasi ma dall’espressione dura e ribelle.
 

  • Vedo che ti sei calmato, eccellente, Sencha e vedo anche che i risultati dei test che sono stati fatti negli ultimi tre giorni sono tutti positivi. E ora… provvederò subito a darti un… dono. – sorrise facendogli cenno di avvicinarsi mentre Masquer apriva una valigetta in alluminio rivelando quattro pietre fatte di diversi materiali e immediatamente gli occhi del ragazzino furono irrimediabilmente rapiti da quei quattro colori, ma la loro visione durò solamente per una frazione di secondo e la valigetta si richiuse quasi istantaneamente facendo scattare la complicata serratura con la combinazione. – Sì, sono bellissime e tu ne avrai una. Avrai la pietra del Fuoco, che ti permetterà di controllare i tuoi poteri per riuscire a vivere in mezzo alle persone comuni senza troppi problemi e sarà anche una sorta di segno di distinzione. Prendila e mettila al collo e non perderla o non toglierla mai.-

 

  • Vivere tra le persone comuni?- chiese Sencha prendendo dalle sue mani la pietra osservandola affascinato e rapito, come se fosse qualcosa di suo. Era rossa, ma non un rubino, bensì sembrava essere una sorta di pietra magmatica anche viva, magma racchiuso dentro un guscio pietrificato.

 

  • Sì, lo farai fino a quando non ti chiamerò, fino a quando non avrai un da svolgere un compito molto importante. – Eva continuò a sorridere, posando il mento sulle mani giunte e i gomiti puntati sul bordo della sua scrivania – Fino ad allora vivi come vuoi, fai quello che vuoi, ma confonditi tra loro, impara a padroneggiare ciò che sei e attendi. Non vorrai mica restare qui dentro come un piccolo topolino nero, vero?-

 
 
 
Presente.
 
 
 
Il telefono cominciò a squillare ad un’ora indecente, le 9.00 del mattino. Con un brontolio irritato una mano sbucò fuori dalle lenzuola afferrando il cordless al quarto o quinto squillo.
 
 

  • E’ tempo che tu svolga un lavoro, Sencha. – la voce fredda non era cambiata per niente, nemmeno nel corso di quei quindici anni e naturalmente la riconobbe subito, mettendosi a sedere praticamente sveglio.

 

  • Che cosa devo fare? O meglio, spero che sia una cosa davvero importate se mi hai chiamato ora, che stavo dormendo, io.- la voce di un giovane uomo arrogante e pieno di sé, dalla vita scapestrata, dedito a fare più cagnara che a restare in “incognito” come gli era stato detto di fare. Tuttavia non aveva la benché minima importanza, sapeva che se non voleva ritornare laggiù doveva quanto meno portare a termine ciò che gli avrebbe detto di fare.

 
 
Calò il silenzio per qualche istante. La donna doveva aver sorriso nel frattempo alla sfacciataggine di Sencha e poi proseguì:
 
 

  • Entro domani ti arriverà un pacco. Aprilo solamente quando sai di essere solo. Immagino che se ti dico che devi cominciare a trovare un altro, un altro come te, tu sappia già che cosa sia il contenuto.-

 
 
Sencha non seppe che cosa replicare. Un altro?
Significava che in giro, magari proprio a Shinjuku, dove viveva, c’era qualcun altro che aveva capacità come le sue?
La telefonata si interruppe all’improvviso ma lui continuò a restare con il cordless all’orecchio fino a quando un sorriso tra il sadico e l’ilare non sbocciò sul suo volto.



 



EXTRA≈



Nome: Eva Malaspina
Età: 35 (nel presente)
Data di nascita: 13 febbraio
Gruppo sanguigno: A+
Altezza: 1.70 m
Peso: 58 kg
Carattere: fredda, manipolatrice, determinata, bella e letale sotto un certo punto di vista. Ha ereditato senza alcun dubbio la mentalità paterna del voler sempre avere di più, cercare di ambire sempre a qualcosa di meglio o di superiore.
All'età di venti anni ha assistito alla "nascita" per primo EVA (Elementar Vitro Antebios) sentendosi così nuovamente motivata a continuare il complesso porgetto realizzato dal padre, mancato qualche anno prima di quello strabiliante risultato.
Non si conosce molto sulle sue origini, su sua madre o dove sia nata.
Nei suoi obiettivi c'è quello di far entrare nella storia il nome della sua famiglia e anche quello di poter controllare un potere più vasto di quello scientifico o economico, ovvero quello di poter riunire sotto di sé tutte le più grandi potenze mondiali dando vita a un nuovo stato-religione, per l'appunto "Eva".
   
 
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