30. Il Giardino Delle Api
“L’abbiamo
fatto davvero?”
Bobby
guardò la propria mano sinistra, sulla quale spiccava una sottile fede d’oro.
“Direi di sì. Sì, l’abbiamo fatto davvero.”
“E’
da pazzi.”
“Sì,
questo lo hai già detto” rise Bobby.
“Riesci
ad immaginare la faccia di Sofi e Angel quando lo sapranno? Insomma, siamo
scappati dal loro matrimonio per andare al nostro!”
“In
realtà, stavo pensando alla faccia che farà tua cognata quando Aaron le dirà
perché è dovuto uscire all’una di notte per raggiungerti” rispose Bobby.
Adia
sorrise. “Chi se ne importa di cosa penserà quella strega…” commentò.
Bobby
parcheggiò l’auto nel vialetto e spense il motore. “Pensi sia una buona idea
svegliare il vicinato per comunicargli la notizia?”
“Bobby,
sono le due del mattino. Per quanto sia una bella notizia, non credo
apprezzerebbero.”
“Come
vuole, signora Mercer” si arrese, sporgendosi verso di lei per baciarla.
“Allora passiamo alla fase successiva.”
“Che
sarebbe?”
“Portare
la sposa in braccio oltre la soglia, se non sbaglio.” Scese dall’auto e, come
aveva fatto poco più di un’ora prima, aprì lo sportello alla donna che, da poco
meno di un’ora, poteva presentare come sua moglie. Le consegnò le chiavi di
casa e la sollevò tra le braccia, chiudendo lo sportello con un calcio. Salì
con qualche difficoltà i gradini della veranda, attese che Adia aprisse la
porta ed entrò in casa. La casa di sua
madre. La loro casa. “Bene,
immagino di poterti mettere giù, ora” sospirò l’uomo, facendola scendere.
“Accidenti, non ho più l’età per certe cose…”
“Ma
se non hai ancora quarant’anni…” lo rimproverò lei con un sorriso, lasciando
cadere le chiavi sul tavolino dell’ingresso. Si voltò a guardarlo e appoggiò la
schiena alla parete, le mani nascoste all’altezza del fondoschiena. “E adesso
che si fa?” gli domandò a bassa voce, mordicchiandosi un labbro nervosamente.
“Beh,
vediamo… siamo stati presentati alla comunità come signor e signora Mercer,
anche se ancora dobbiamo informare tutta la città… ti ho portata in braccio in
casa…” rispose Bobby, fingendosi assorto nella formulazione dell’elenco,
avvicinandosi di un passo alla volta, “direi che adesso dobbiamo soltanto
consumare” concluse, appoggiandole una mano sul fianco e abbassandosi per
baciarla.
“Pensavo
l’avessimo fatto già un paio di mesi fa” rispose lei, ridendo.
“Questo
è vero. Però adesso sarà ufficiale, agnellino mio” ribatté Bobby, passandole
l’altra mano dietro la nuca per attirarla meglio a sé. “Sarà tutta un’altra
storia.”
Adia
si lasciò baciare, e mentre le mani di Bobby si spostavano sulla sua schiena,
lei fece uscire allo scoperto le sue, per portarle sulle sue spalle. La casa
era completamente buia e assorta nel silenzio più totale: Sofi e Angel
sarebbero rimasti in hotel e poi sarebbero partiti per il viaggio di nozze.
Adia e Bobby avrebbero consumato la loro notte di nozze nella loro casa, soli e lontani da ogni forma
di distrazione.
All’improvviso,
Bobby si staccò da lei. “Perché non vai ad aspettarmi di sopra? Io arrivo
subito” le propose, afferrando il telefono dal tavolino.
“Chi
stai chiamando?”
“Il
vecchio Artie. Chi si sposa ha diritto ad una settimana di ferie.”
“E
tu ti aspetti che ti creda?” sorrise Adia.
“Vai,
ti raggiungo” ribatté lui, sorridendo con la medesima intensità.
Adia
salì al piano superiore, approfittando dell’attesa per darsi una rinfrescata e
controllare di non avere un aspetto troppo orribile. Notò, con una certa
felicità, che l’acconciatura aveva retto alla giornata fitta di impegni. Si
soffermò a guardare nello specchio il riflesso della propria mano, sulla quale
luccicava una semplice fede d’oro, identica a quella portata da Bobby. Un paio
di minuti più tardi, alle sue spalle apparve Bobby, elegante e spavaldo come al
solito, con una luce del tutto nuova negli occhi. Senza parlare, le fece scorrere
le mani sui fianchi, arrivando a congiungerle sul ventre di lei. “Come l’ha
presa il vecchio Artie?”
“Mi
ha creduto.”
“Davvero?”
“Ha
detto che non l’avrei mai chiamato a quest’ora della notte per rifilargli una
balla.”
Adia
sorrise. “Quindi…”
“…ho
una settimana libera. Sono tutto per te, agnellino.” Adia sorrise, voltando la
testa per permettergli di baciarla. Lo sentì aumentare la pressione della
stretta sul suo ventre, e si voltò per riuscire ad abbracciarlo. “Non so se te
l’ho già detto, ma sei bellissima.”
“Anche
tu stai bene, così” gli sussurrò lei di rimando.
Bobby
scosse appena la testa, sorridendo. “Io sono solo un poveraccio ripulito e
vestito con un abito elegante. Tu sei bellissima e basta.” Fece scendere le
proprie mani sul suo fondoschiena, accarezzando quelle curve che ormai
conosceva da tempo, e che per tutto il tempo sarebbero state sue. “Sei
bellissima” le disse ancora, senza oltrepassare il sussurro. “Ho quasi paura di
toccarti.”
“Puoi
fare di me quello che vuoi, Bobby. Lo sai…”
Prendendo
quella frase come il permesso di continuare, Bobby si sfilò rapidamente la
giacca e il farfallino che era stato costretto ad indossare, poi riportò le
mani sulla moglie, stringendola con più forza di quanto avesse fatto fino a
quel momento. Adia mosse le mani nell’esiguo spazio tra i loro corpi,
adoperandosi per slacciargli i bottoni della camicia bianca, mentre sentiva le
mani di Bobby percorrere il corpetto del suo vestito. “Mi spieghi come si apre
questa trappola?” le domandò, staccandole le labbra dal collo per un istante.
“C’è
una zip sul lato sinistro” rispose lei, slacciando finalmente l’ultimo bottone.
“Ehi, questo è nuovo” commentò, sfiorando con la mano un tatuaggio all’altezza
del cuore. “E’… sono…”
“Il
nome di mia madre” completò lui, spostando la propria mano su quella di lei. “E
quello di mio fratello. E il tuo.”
“Mancano
Angel e Jerry” gli fece notare.
“Oh,
loro sono qui” ribatté lui, indicando un altro tatuaggio. “Ma questo è un posto
speciale. Mia madre, Jackie, tu… avete il mio cuore.”
Adia
osservò il tatuaggio, poi alzò gli occhi nei suoi, guardandolo con amore. “Farò
di tutto per meritarmelo, Bobby” bisbigliò, suggellando la promessa con un
bacio.
“Lo
so” rispose lui, abbassando lentamente la zip. Lentamente, fece scivolare a
terra il lungo abito blu, accompagnandolo con le mani e con lo sguardo. “Dio,
adesso che siamo sposati mi sembri ancora più bella…” commentò, sfilandosi la
camicia. “Sono lo stronzo più fortunato di Detroit, questo è sicuro” aggiunse,
alzandola per la seconda volta tra le braccia e portandola sul letto, per
abbandonarsi poi su di lei.
Adia
lo strinse, desiderosa di sentirlo su di sé, di avvertire il suo peso, le sue
carezze, le sue mani… aveva bisogno di sentirselo addosso, aveva bisogno di
sapere che non era solo un sogno. Gli slacciò la cintura con una foga che non
le apparteneva, quasi con urgenza. Si sollevò per permettergli di sfilarle il
reggiseno, e con un gesto gentile lo convinse a spogliarsi dei pantaloni. Lo
riaccolse su di sé con un bacio, riconoscendo senza sforzo tutte le linee del
corpo premuto contro il suo. Fece scivolare le proprie mani sul suo torace,
avvertendolo abbassarsi e alzarsi ad ogni respiro. Inarcò la schiena e stese le
gambe, lasciando che con un gesto le sfilasse la biancheria. Sentì le sue mani
risalire lungo le sue gambe, accarezzare la cicatrice rimasta dopo l’intervento
e proseguire, arrivare fino ai fianchi e raggiungere il seno, dove si
fermarono. Un bacio nell’incavo del collo, un altro sulle labbra, e il
desiderio di sentirlo ancora più vicino. Quasi avesse letto nella mente di Adia
quel desiderio, Bobby si sistemò meglio e le rese sua, ancora una volta,
finalmente per sempre.
Trascorsero
l’intera settimana trascinandosi dal letto alla cucina, senza mai spingersi più
in là del salotto. Volevano sfruttare al massimo quei giorni di pace, prima che
Angel e Sofi tornassero a riempire la casa con la loro allegria. La mattina del
quinto giorno, mentre Bobby preparava il caffè, Adia comparve sulla soglia
della cucina indossando una delle magliette di Bobby sopra la biancheria. “Ehi,
agnellino. Hai una faccia… ti senti bene?”
“Bobby,
credo sia il caso di parlare di una cosa.”
“Ok,
ma siediti. Sei pallidissima…” Si inginocchiò accanto a lei, così da trovarsi
più o meno alla sua altezza. “Di che vuoi parlare?”
Adia
si schiarì la voce, evidentemente nervosa. “Credo…” iniziò, cercando di
mantenere ferma la voce, “credo che presto dovremo cambiare l’arredamento di
una delle stanze degli ospiti.”
“Cambiare
l’arredamento? Non… non capisco perché…” Lasciò cadere la frase a metà e le
guardò le braccia, incrociate davanti al ventre come a volerlo proteggere da un
pericolo. “Non stai cercando di dirmi che sei incinta, vero?”
“Beh,
io… io credo di sì. Questo mese ho saltato il ciclo, e stamattina ho vomitato.
Sei… ti dispiace che…”
“Aspetta,
aspetta solo un secondo” la interruppe, alzandosi e sparendo in salotto. Tornò
reggendo il telefono. “Angel? Vida loca,
passami Angel, sono Bobby. E’ importante, davvero!” Qualche secondo di attesa.
“Angel? Angel, sei seduto? Mi sono sposato, Angel. No, no, non ti prendo per il
culo. Chiama Jerry se non mi credi. Oh, e sto per avere un figlio” aggiunse,
dopo una breve pausa. “No, Angel, non ti prendo per il culo. È solo che dovevo
dirlo a qualcuno. Ehi, buona luna di miele!” Chiuse la telefonata e guardò
Adia. “Cristo santo… padre? Dio, mi tremano le gambe…” Adia si alzò di scatto e
lo abbracciò. “Dio, avremo un figlio!” esclamò, ricambiando l’abbraccio.
“Bobby,
non sono sicura che…” intervenne lei, sorridendo.
“No,
no, non può essere un falso allarme” la interruppe. “Un figlio, accidenti. Devo
dirlo a Jerry!” esclamò, dopo averla baciata, iniziando a comporre il numero
del fratello. “Su, vai a fare la doccia. Io preparo la colazione” aggiunse,
spingendola dolcemente verso le scale.
Adia
iniziò a salire verso il piano superiore, fermandosi quando sentì la voce di
Bobby salutare il fratello. Sorrise, rendendosi conto che, otto anni prima,
forse non l’avrebbe presa così bene.