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Autore: saltlordofold    07/06/2011    5 recensioni
Northwest, Canada. Davanti a loro si apriva un gigantesco mare di neve, reso quasi fosforescente dal contrasto con l' orizzonte ancora azzurrita dagli ultimi fiacchi raggi di un sole scomparso da ore, e interrotto da alcuni boschi di sottili conifere. Il silenzio assoluto si scontrava con il ronzare dei motori a doppio giro, che rimbombava amplificato fra i tronchi dei pini quando attraversavano una macchia di vegetazione. [...]Sono Lucifero caduto in picchiata dal paradiso, bruciandosi le ali per l' attrito, piombato con tutta la sua furia sull' uomo, lo stupido, insignificante e insolente essere umano.
Un' alleanza fra B.S.A.A e Governo degli Stati Uniti sta per affrontare, ancora una volta, il suo incubo infinito.
Questa fanfiction è dotata di alcune scadenti illustrazioni, e dopo l'uscita di Re6 è diventata di forza una 'What If?', siccome il Canon si è trovato in contraddizione con il contenuto della trama.
Genere: Azione, Drammatico, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Chris Redfield, Leon Scott Kennedy
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Resident Evil: Never Ending Nightmare
[Undead Snow Queen]

Chapter 1: The chains


Non furono la luce del pallido sole mattutino che filtrava tra le tendine lasciate semiaperte e il canto degli uccellini appollaiati sui fili della corrente a svegliare Leon Scott Kennedy quel giorno. L' agente del governo emerse dal pesante sonno con un perfido mal di testa annidato fra le tempie come brutta sorpresa mattutina, e di certo il dolore della sua emicrania non era alleviato dal muggito assatanato della sua dannata sveglia... Kennedy si promise per l' ennesima volta di sbarazzarsi di quell' aggeggio demoniaco, e per l'ennesima volta la sua mente fù sommersa da mille altri pensieri.
Era sempre un momento strano, alla mattina. Quando era appena svegliato, provava una sensazione di galleggiamento per qualche istante, il cervello ancora annebbiato dal sonno, privo di preoccupazioni se non quella di prolungare la sosta fra le coperte calducce.
Poi veniva assalito da una furia di immagini, ricordi, responsabilità, appunti e rapporti ancora da stilare, e Leon si passava una mano sul viso, sospirando al ricordo di chi fosse.
Sbadigliando senza ritegno- era solo, a chi importava se non si copriva la bocca?- si sedette sul bordo del letto a assestò con gusto un cazzotto sentito alla sveglia che ancora sbraitava sul comodino.
Massaggiandosi le tempie con una smorfia si alzò, rabbrividendo nel sentire l' aria fredda sul  petto nudo. Afferrò a caso una felpa e s' incamminò verso la cucina, dove l' amabile caffettiera a timer curava con premura la sua dose mattutina di risveglio.
Leon versò il liquido ancora bollente nella sua tazza sbeccata preferita e fece il punto del sibillino ma tuttavia semplice programma della mattinata: aveva apputamento in ufficio con il capo per un motivo ancora ignoto.
Non aveva idea di cosa il suo superiore volesse dirgli, e mentre sorseggiava il caffè nero si divertì a sperare nell' annuncio di una vacanza, o anche in una semplice rappresaglia per la sua burocrazia arretrata. Ma una parte della sua mente, di sicuro quella che albergava il suo intuito, gli suggerì sorniona che i suoi capi ritenevano semplicemente scaduto il suo tempo di riposo. Quel lasso di giorni fra una missione e l' altra gli sembrava restringersi ogni volta, comunque, ma non aveva modo di sapere se era vero o se semplicemente i suoi corpo stesse cominciando a soccombere alla fatica di quei continui spostamenti, a mostrare segni di cedimento sotto l' assalto ininterrotto della tensione. Quando pensava al periodo in cui era assegnato alla sicurezza del Presidente, gli pareva quasi una vacanza in confronto alla frenesia di quegli ultimi mesi.
Sospirando fra sé e sé una muta preghiera di pace, si svestì mentre copriva i pochi metri che lo separavano dalla doccia.
Appallottolò i vestiti sopra la lavatrice spenta e s' infilò rabbrividendo nella cabina dai vetri opachi. Sotto il getto caldo ispezionò distrattamente il suo corpo. Notò senza sorpresa di essere davvero pallido: era pieno inverno e la carnagione già di per sè chiara del suo addome non aveva avuto l' occasione di cogliere un raggio UV dall' estate scorsa. Non che avesse avuto molte occasioni di prendere il sole anche in quel periodo, ovvio. I Bioterroristi sulla traccia dei  quali il suo governo lo lanciava sporadicamente sembravano fregarsene altamente del corso delle stagioni, come anche delle sue condizioni psicofisiche. Verificò che la superficie liscia del suo epiderma fosse chiazzata del numero giusto di cicatrici. La nuova arrivata era un bel graffio da pallottola sul lato destro del costato, ancora rosea rispetto alle ferite più vecchie, per la quale doveva ringraziare un trafficante tedesco dalla mira tremolante e dai nervi ancora meno saldi. Soddisfatto come un insegnante dopo l' appello, alzò il viso verso il getto e cercò di svuotare la testa dai pensieri.
Ti piacerebbe, pensò con disillusione mentre la familare nebbia di immagini dolorose si stiracchiava pigramente dietro ai suoi occhi. Sospirò e si sfregò il viso e i capelli: l 'importante era non soffermarsi sulle immagini singolarmente. Doveva evitare di dissolvere lo sciame ronzante di ricordi e preoccupazioni, altrimenti sapeva che avrebbero preso a pungerlo uno ad uno.
Ci aveva provato, qualche volta, a sbrogliare la matassa dei suoi pensieri, a "fare il punto", come diceva chi aveva ben poco da rimettere in ordine e che lo faceva suonare così facile. Se ne era pentito. L' ultimo tentativo era stato poco dopo l 'incidente di Harvardville, nel 2005- diamine, erano già passati quattro anni-, quando rivedere Claire aveva fatto riemergere in lui una serie di ricordi amari e provocato crepe profonde nel muro di gelido controllo che aveva da tempo imposto alle sue emozioni. E aveva pensato, alla rinfusa, a Krauser che tentava di pugnalarlo e che ci riusciva, al proiettile di Annette Birkin che gli perforava la spalla, al terrore sul viso pallido di Ashley, al sapore delle labbra di Ada, alla sorpresa e al dolore negli occhi spalancati di Luis mentre il pungiglione di Saddler gli trapassava il petto, all' espressione serena di Manuela pochi istanti prima che il suo corpo si dissolvesse in una nube di scintille, all' unica foto di Sherry Birkin che il governo gli aveva concesso di vedere e che la ritraeva, appena tredicenne, mentre sorrideva forzatamente verso l' obbiettivo davanti ad un' anonima scuola grigia.
Raramente nella sua vita Leon aveva avuto la sensazione così netta di impazzire. Si era afferrato la testa tra le mani, ansimante mentre le grida e i rantoli dei non morti rimbombavano alle sue orecchie, così reali e presenti da fargli impugnare la pistola che teneva nel comodino e puntarla con gli occhi sgranati dal panico verso ogni spazio d' ombra della sua camera. Si ricordava di essersi morso le labbra fino a farle sanguinare, pur di non urlare.
Quattro anni fa era lì, ad agitare in aria l' arma come un pazzo, e quattro anni dopo era sotto la doccia, nel suo appartamento, ad aspettare un nuovo ordine per una nuova missione in un nuovo paese nel quale avrebbe ripetuto le stesse medesime azioni di sempre. E nella sua mente balenò il pensiero di non essersi mosso da quella stanza buia e piena di incubi.
Spense l' acqua ed afferrò l' asciugamano. Doveva muoversi, doveva fare. Doveva evitare di pensare. Si vestì con giacca e cravatta, come di costume quando era convocato. Non era una vera esigenza dei suoi superiori, più una specie di tradizione mai formalizzata. Quando infilava quel costume severo, diventava un vero agente del governo, si mimetizzava con gli altri impiegati e pareva, insomma, ben disposto a ricevere e a compiere diligentemente qualsiasi missione, folle che fosse, per il bene del suolo nazionale. Vestito così, pensò per l' ennesima volta cogliendo il suo riflesso nello specchio, non sembrava il mercenario che sapeva di essere.
L' aria era fredda e l' immersione in metropolitana breve: poco tempo dopo Kennedy varcava
la sicurezza della base, dopo la tradizionale coreografia di controlli, e soffiando sulle sue mani arrossate scivolava in un ascensore pieno di gente seria. Arrivato al piano giusto si districò dal mucchio ed emerse nell' open-office formicolante. Dietro il vetro del suo ufficio,
il suo superiore sembrava alle prese con un' agitata conversazione  nell' auricolare, e gli fece cenno di aspettare un attimo. Leon sospirò, si gardò intorno e puntò dritto alla macchina del caffè.
Dopo aver aumentato esponenzialemente il tasso di caffeina nel suo sangue e aver osservato per qualche minuto l' agitarsi dei burocrati e dei militari, l' agente Kennedy fù finalmente fatto entrare in ufficio dal suo superiore. Leon gli strinse la mano molliccia sedendosi e stese le gambe sotto la scrivania, fissandolo.

"Dove?" chiese semplicemente

L' agente speciale supervisore Roth non era una cattiva persona. Amava il suo lavoro anche se era duro, perché il tempo che spendeva lontano dalla sua famiglia era destinato a proteggerla. Ma se c'era una parte delle sua mansioni che gli procurava fastidio, era di certo quella che faceva all' oscuro di molti dei suoi dipendenti, ovvero gestire l' assunzione di persone che avevano poco da perdere - o troppo- per svolgere il lavoro sporco che agli altri agenti non poteva venire affidato. Spedire episodicamente ai quattro poli quel disgraziato di Kennedy, ad esempio, non gli andava a genio. Anzi, si poteva dire che gli ispirasse un misto sgradevole di tristezza, imbarazzo e sensi di colpa, soprattutto quando notava lo scavarsi progressivo di quelle occhiaie, l' indurisi di quegli occhi azurrissimi, la degradazione, insomma, di quel viso una volta giovane. E di fatto Kennedy era giovane, ma non lo sembrava più come le prime volte in cui veniva convocato in quello stesso ufficio, quando le sue pupille erano accese da un fuoco ribelle, quando ancora tremava di rabbia per la sua condizione e per i crimini di quelli che perseguiva. Anche se quel secondo fuoco non si era spento, il primo era di certo venuto a mancare, sostituito da una rassegnazione che sì, definitivamente, faceva odiare a Roth il suo lavoro.

"Northwest, Canada." rispose distogliendo lo sguardo da quegli occhi troppo chiari "Quelli della NRO hanno rilevato qualcosa che alla gente in alto non è piaciuto molto. Hanno mandato da Chantilly delle immagini satellitari di un' attività sospetta sulle sponde della Redstone river."

Fece scivolare sulla scrivania qualche foto e un documento, che Kennedy percorse rapidamente.

 "Poca cosa," proseguì il più anziano " pare che ci sia stata un' agitazione un pò troppo intensa per un villaggetto perso in quelle zone desolate."

Leon socchiuse gli occhi, scrutando la macchia colorata sull' immagine satellitare. I dati lo informavano della presenza di un picco di calore e del rilevamento di acuni viavai nella pianura canadese. Effettivamente, la zona circostante era totalmente deserta, e il villaggio, composto si e nò da una ventina di case, era decisamente troppo piccolo per una tale agitazione .

"E dunque?" chiese, poggiando i documenti " Può essere un branco di caribù di passaggio, un errore di ripresa o che so io."

Roth unì i polpastrelli, sospirò  e concesse:

"Poteva essere un' errore, lo abbiamo pensato tutti. È vero che non riusciamo a contattare il villaggio e i suoi abitanti, ma non è una grande sorpresa, lì non c' è davvero nulla, senza contare che è inverno e che praticamente è tutto un immenso campo di neve." Batté con il dito su una fotografia " Ma il fatto è che, quasi in contemporanea con la trasmissione delle immagini, sia noi che il governo canadese siamo stati contattati dalla B.S.A.A., sai, quelli del Consortium."

Leon aggrottò le sopracciglia. Biological Security Assessment Alliance: l' organizzazione creata dal Consortium farmaceutico per pararsi il culo dopo la caduta dell' Umbrella. Kennedy conosceva bene l' organismo, e sapeva che come lui alcuni dei suoi agenti erano dei sopravvissuti degli avvenimenti del 1998: l' outbreak di Raccoon, ma anche l' incidente delle montagne di Arklay. Sapeva anche che, smascherate di recente le attività oscure e tutto tranne che raccomandabili della Tricell, una delle testate più importanti del Consortium, l' agenzia aveva subito una violenta crisi interna e esterna. Francamente Leon si stupiva che  l' organizzazione fosse ancora in piedi dopo la tempesta mediatica e il crollo di fiducia sul piano internazionale che aveva subito.

"Dicevano" proseguì Roth mentre Leon dava un' altra occhiata al rapporto della base di Chantilly " che secondo le loro analisi- come avranno fatto a procurarsi le immagini, dio solo lo sa - il caso era di loro competenza e che volevano occuparsene. Il che significa una sola cosa."

Gli occhi di Leon, mentre saettavano lesti verso il suo superiore, mostravano che aveva già capito.

"Bioterrorismo." disse semplicemente

"Già. E anche se non fosse nulla di grave, dobbiamo avere voce in capitolo. Dopo tutto l' anomalia è stata rilevata dai nostri satelliti." concluse Roth

"E il governo canadese?" chiese Kennedy

"Hanno chiesto la nostra collaborazione.  Il territorio è il loro: sono preoccupati, e sanno che abbiamo personale qualificato."

Leon sbuffò un aborto di sorriso. Roth prese un fascicolo da un cassetto e glielo tese.

"Ecco i dettagli provvisori della missione. Parti solo, non è il caso di alzare un polverone. E poi è così che sei solito lavorare, no?" Non aspettò la risposta " Il tuo aereo parte fra tre ore, arriverai a Yellowknife entro stasera. Il tuo agente di contatto è Hunnigan, ti terremo aggiornato sugli sviluppi."

Leon prese il fascicolo e sospirò. Era leggero, e ciò signifiacava che i suoi capi avrebbero diviso con lui le loro informazioni solo quando gli sarebbe parso opportuno. Fissò Roth per un attimo, per vedere se avrebbe mollato qualche dato supplementare, ma il supervisore si alzò per mostrare chiaramente che la discussione era chiusa.
Ovviamente Leon era abituato ad essere mandato in missione senza essere aggiornato sulle implicazioni di un caso. Bastava pensare alla Spagna: era davvero improbabile che il governo non sapesse della presenza di una minaccia bioterroristica prima di scegliere, fra i tanti agenti che assicuravano la sicurezza del presidente, proprio lui, il sopravvissuto di Raccoon City. No, decisamente non gliela davano a bere. Ma la cosa triste, forse, era che probabilmente anche solo cinque anni fa si sarebbe indignato della loro apparente mancanza di rimorso nel mandarlo allo sbaraglio, mentre invece adesso non aveva la forza per opporsi. Doveva economizzare le energie per sopravvivere a questa nuova missione, non sprecarle in una vana autocommiserazione.
Con le sue carte sottobraccio, Leon sbucò nel vento gelido, abbassando la testa per impedire agli sbuffi di infilarsi sotto la sua giacca.
Chissà, pensò, forse nevicherà.
   
 
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