28 luglio 2002
Poichè le è piaciuta tanto, ho pensato di dedicare questa minuscola ff a Yayoi, la mia adorata sis, nel giorno del compleanno del suo personaggio preferito. Un regalo un po' modesto ma donato con tutto il mio affetto. La trama deriva da un sogno che ho fatto durante il mio letargo estivo. Non era mia intenzione riportarlo per iscritto ma alla fine ho deciso di tentare pensando che ne sarebbe venuto fuori qualcosa di originale. Ho scritto sul pc cercando di ricordare il più possibile il mio sogno, tutto in un pomeriggio e forse la storia che ne è uscita potrebbe sembrare frettolosa e frammentaria… non so… Prima di lasciarvi alla lettura di questa piccola onepiece, vorrei aggiungere un paio di cose, delle annotazioni sui personaggi che ne fanno parte. Prima di tutto mi sembra doveroso avvertire (soprattutto coloro che hanno un'opinione non molto lusinghiera di tale personaggio) che i figli di Tsubasa e i loro nomi non sono una mia invenzione, ma esistono davvero. Serrano è uno dei suoi nuovi compagni del Barçelona, io credo il primo amico in assoluto che il nostro caro capitano si sia fatto lì (eccetto il bambino Pinto, il suo primo fan europeo). Il nome di questo nuovo personaggio è scritto in katakana (Serrano) nel manga originale. La migliore traduzione che sono riuscita a fare è questa e non sono nemmeno del tutto sicura che sia giusta. Isabella è la sua ragazza. Juan è un personaggio inventato da me. Ultima annotazione: come potete vedere dalla data questa ff ha quasi quattro anni e anche se il mio stile attuale è un po' diverso, ho deciso di lasciarla tale e quale l'ho scritta. Le sono affezionata e mi dispiaceva modificarla.
Non mi resta altro che aggiungere… buona lettura! |
28 luglio
Tsubasa si
appoggiò alla balaustra dello yacht e mentre la brezza marina gli
scompigliava i capelli bagnati, chiuse gli occhi e lasciò che il profumo
salmastro del
mare lo avvolgesse insieme ai ricordi. Erano arrivati da due giorni a Palma,
nell’isola di Maiorca, la più grande delle Baleari. Juan,
figlio dell’allenatore del Barçelona, aveva avuto
l’idea di invitare lui, Sanae, i bambini, Serrano e la fidanzata Isabella a
trascorrere una settimana nella sua villa dell’isola.
Da quando erano
attraccati nella baia avevano passato la maggior parte del tempo sulla barca.
Solo lì potevano godersi pienamente la pace di questa vacanza non programmata,
solo restando al largo potevano sfuggire alla curiosità dei turisti e agli
scoop di cui i fotografi erano alla continua ricerca. Eppure Tsubasa non si
sentiva tranquillo, non riusciva a lasciarsi andare alla calma: c’era
qualcosa che turbava la sua pace.
-Papà!- la voce di
Daibu lo
riscosse dai suoi pensieri –La mamma non è ancora tornata?-
-No, non ancora…-
rispose cercando di nascondere l’ansia.
-Mi sono stancato
di aspettare, ha detto che tornava subito e invece non è ancora arrivata.- il
bambino si arrampicò sulla balaustra e scrutò
l’orizzonte.
-Quante volte ti
ho detto che non voglio che sali qui sopra? Lo sai che è pericoloso!- Tsubasa
circondò la vita del figlio con un braccio ma lo
lasciò dov’era.
-Lo so che non
vuoi… e infatti non ci salgo se non ci sei tu!-
sorrise il ragazzino. Tsubasa
non poté fare a meno di imitarlo, poi si volse a
guardare la costa dell’isola alla ricerca della piccola imbarcazione che
doveva riportare Sanae, Hayate e Juan allo yacht dove li stavano aspettando ormai da troppo
tempo. Sbuffò senza accorgersene e Daibu
si volse a guardarlo.
-Ti sei stancato
anche tu di aspettare, vero? Perché non andiamo
ugualmente a farci il bagno? Glielo dirà Serrano alla mamma di raggiungerci
non appena tornerà.-
Restare lì in attesa significava ansia e fu per questo che Tsubasa
decise di dare retta al figlio e di accontentarlo. Del resto gli aveva
promesso dal giorno precedente che sarebbero andati insieme ad esplorare i fondali, peccato che con quell’“insieme”
lui aveva inteso anche il resto della sua famiglia. Ma che fine avevano fatto Sanae e Hayate?
Tirò giù il bambino dalla balaustra e, con un sorriso un po’ forzato,
replicò.
-Vai a dire a
Serrano di avvertire la mamma quando torna. Poi prendi la tua maschera e le
tue pinne.- -Uaaaaaaaaaaa, che bello!-
esclamò il ragazzino allargando le braccia e facendo un giro su se stesso
–Finalmente si vaaaaaaaaaa…- sparì sotto coperta
mentre il suo papà scuoteva le spalle e andava alla ricerca del proprio
equipaggiamento.
SPLASH!
Si gettò nella
fredda acqua del Mediterraneo. Le bollicine gli solleticarono il corpo
inondandolo di una piacevole e rilassante sensazione. Non fece in tempo a
riemergere che vide il figlio affondare al suo fianco tra mille bolle di
schiuma. Si volse verso di lui e, restando sott’acqua, lo vide annaspare per
tentare di rimettersi in posizione eretta. Poi il ragazzino si accorse del
suo sguardo e gli sorrise mentre tante bolle d’aria
uscivano dalla sua piccola bocca. Insieme riemersero
scuotendo la testa e tirando la maschera sopra i capelli.
-Non hai visto il mio tuffo!- si lamentò Daibu
sporgendo il labbro inferiore in un’espressione imbronciata.
-Non me ne hai
dato il tempo.- -Com’è l’acqua?- chiese
Serrano affacciandosi dalla balaustra della barca. Aveva l’espressione ancora
un po’ intontita dal sonno e indossava solo i pantaloncini che usava per la
notte. La sua bionda ragazza apparve accanto a lui.
-Uhm… come al solito.- rispose Tsubasa allontanandosi poi con un paio
di bracciate.
-Ricordati di
avvertire la mamma appena torna, eh?- gridò Daibu rivolto ai due che sembravano aver già perso
interesse per il mare. Serrano lo liquidò alzando la
mano, poi la posò sulle spalle della fidanzata e con lei tornò all’interno
dello yacht.
Tsubasa prese a
nuotare in direzione della scogliera ricominciando inconsciamente a chiedersi
per quale motivo Sanae tardasse tanto… che fosse successo qualcosa?
Dietro di lui Daibu lo seguiva con il viso immerso nell’acqua per poter
osservare il fondale. Lo sentì aggrapparsi con forza al costume, con il
rischio di toglierglielo e si volse subito preoccupato ma il ragazzino gli
fece il gesto di guardare dentro l’acqua. Immediatamente Tsubasa si infilò la maschera e si immerse.
Silenzio… un
silenzio inondato dal muto linguaggio dei pesci… cullati dalle onde i due
rimasero a guardare a bocca aperta lo spettacolo sottomarino che si schiudeva
ai loro occhi. Mille pesci di tutti i colori guizzavano intorno a loro, a
branchi o solitari, dai riflessi d’argento, gialli, rossi, blu, neri e
multicolori. Le piante acquatiche ondeggiavano mosse dalla corrente
solleticando i corpi dei granchi che avanzavano con la loro tipica andatura
laterale leggeri come piume. Coralli rosa e rossi, bianchi e color
pesca arricchivano il fondale, di una candida sabbia bianca, con macchie di
colore. Conchiglie di tutte le varietà incrostavano le pareti degli scogli,
gli scuri ricci di mare lasciavano ondeggiare i loro aculei al ritmo della
corrente e si muovevano aggrappandosi alle rocce con i loro lunghi filamenti
a ventosa. Anemoni di mare di un brillante rosso sembravano delle piccole
ciliegie marine, e Daibu, affascinato, le avrebbe addirittura toccate se Tsubasa non gli avesse
afferrato il polso e lo avesse fermato. Il ragazzino lo guardò stupito mentre
il suo papà scuoteva inesorabilmente la testa. Riemersero per prendere aria. -Perché?- domandò il
piccolo senza capire. -Hanno
delle sostanze urticanti…- si limitò a spiegare lui. -Che
vuol dire?-
-Che se li
toccassi la tua pelle si riempirebbe di bolle.- spiegando Tsubasa
si tirò su la maschera in cui era entrata un po’ d’acqua. Mentre
la svuotava tornò a guardarsi intorno. Di Sanae e Hayate
ancora nessuna traccia.
-Peccato, sono
così belli che viene voglia di toccarli…- commentò
il bambino veramente dispiaciuto. Tornò ad immergersi senza aspettare il papà.
Tsubasa questa
volta non lo seguì, lasciò che il figlio facesse le sue grandi scoperte da
solo. Non era dell’umore adatto e sarebbe riuscito
soltanto a rovinare quel momento. Rimase a galleggiare pigramente accanto a
lui, tenendolo sempre d’occhio e seguendolo con qualche bracciata quando si allontanava. Ogni tanto
il suo sguardo tornava allo yacht, poco distante, e alla costa. Niente da
fare, nessuna barchetta in vista. Ma se nemmeno per
l’ora di pranzo fossero tornati avrebbe lasciato Daibu
con Serrano e sarebbe andato a cercarli. Che diavolo… possibile che per
comprare un po’ di frutta al mercato e per passare alla villa a prendere
alcune stoviglie di cui avevano bisogno in serata
per fare un barbecue sulla spiaggia, ci volesse tutto quel tempo? Non voleva
ammetterlo con se stesso ma in realtà… era geloso del tempo che Juan riusciva a trascorrere in un modo o nell’altro con
Sanae. Non poteva credere che lo facesse apposta, non voleva crederlo eppure...
quel bel tipo riusciva sempre a lasciargli i bambini e a starsene accanto a
sua moglie sottraendo dei momenti preziosi che appartenevano
di diritto a lui e ai figli. -Papààààààà!!!-
Quel richiamo gli
fece gelare il sangue nelle vene. Si volse subito verso il figlio pensando
che gli fosse successo qualcosa e invece lo vide aggrappato ad una roccia
che ridendo agitava una mano verso di lui per attirare la sua attenzione.
-Vieni a vedere
cosa ho trovato!!-
Con due bracciate
lo raggiunse.
Il bambino porse
verso di lui una delle sue piccole mani chiusa a pugno.
-Indovina!-
-Ehm… una
conchiglia?-
-No.-
-Un pesce?-
-No.- -E cosa allora?-
-Non lo so…-
-Dimmi un po'
piccola peste, come faccio ad indovinare cos’hai in mano se
non lo sai neanche tu?-
-Non lo so…-
l’attenzione del bambino venne attirata in un
attimo da tutta un’altra parte –Cos’è quello? Cos’è
quello?- gridò eccitato. Era così felice di vedere tante cose nuove
che la sua allegria era contagiosa.
-Una medusa.-
rispose il papà tirandosi prontamente indietro quando l’animale passò a poca
distanza dalla sua schiena.
-Me la prendi?-
-No… è urticante
pure quella… ma insomma, mi fai vedere cos’hai in mano o no?- domandò Tsubasa cominciando suo malgrado a spazientirsi.
-Ecco…- le piccole
dita si dischiusero e agli occhi dei due apparve una perla bianca, dalla
superficie cangiante alla luce del sole. -E dove l’hai
trovata questa?- domandò Tsubasa meravigliato.
-Era in una
conchiglia… bello eh? Pensavo di regalarlo alla
mamma…-
Il papà scrutò negli occhi del figlio, poi un sorriso gli illuminò
il volto. -Un’ottima idea.-
-Oh, eccovi qui!- li accolse Sanae con un sorriso quando i due,
dopo essersi arrampicati sulla scaletta di corda, comparvero sul ponte gocciolanti. Prima che quelli potessero
rispondere la ragazza porse loro due asciugamani e continuò –Il pranzo è
quasi pronto, andate a lavarvi le mani.- -Papààà, cattivo!- non
appena li vide Hayate scoppiò
in lacrime –Dovevamo andare tutti insieme alla scogliera e invece non mi hai
aspettato!!-
Posatosi sulle
spalle il telo di spugna Tsubasa si avvicinò al suo primogenito e si piegò
alla sua altezza per poterlo guardare negli occhi.
-No, non
piangere…- cercò di calmarlo –Siamo andati a dare solo un’occhiata, la parte
più bella non l’abbiamo vista…- lo prese in braccio e lo portò verso la
balaustra –Guarda.- continuò mostrandogli gli scogli
–Siamo andati solo qui davanti, vedi?-
Nonostante le sue parole il bambino non smetteva di piangere. Daibu li raggiunse e si arrampicò come suo solito sulla
balaustra. -Scendi
subito da lì!- la voce dura di Sanae si perse nel vento. Il
ragazzino non si mosse ma si sporse verso il fratello più grande.
-È vero, siamo
rimasti qui vicino perché la parte più bella la volevamo
vedere con te e con la mamma.- il bambino si frugò nella tasca del costume e
ne tirò fuori la perla mentre Hayate si asciugava
le lacrime per poter guardare meglio l’oggetto che il fratello gli mostrava
–È una perla… l’ha detto il papà. Volevo regalarla alla mamma… è un regalo
molto prezioso… le diremo che l’abbiamo trovato insieme, va bene?-
A quelle parole Hayate smise definitivamente di piangere e Tsubasa lo
rimise a terra passandogli con tenerezza una mano sulla testa e
scompigliandogli i capelli. -Daibu, Tsubasa… andate
a lavarvi le mani…- li richiamò Sanae.
I tre scesero
insieme sottocoperta. Passando accanto alla moglie Tsubasa
non potè fare a meno di fissarla negli occhi con aria
stralunata.
-Tutto ok?- le chiese Juan quando ormai il giocatore era
rientrato con i figli, accorgendosi che Sanae era rimasta immobile ad
osservare il vano della porta.
-Sì.- la
giovane distolse gli occhi da lui e tornò ad apparecchiare aiutata da Isabella.
-Tsubasa…- Sanae si infilò sotto il suo braccio e si strinse a lui –Dimmi,
c’è qualcosa che non va?-
Il ragazzo tacque
e restò a guardare il mare.
La giovane sospirò, poi si volse a guardarlo. -È
successo qualcosa mentre non c’ero?-
-È successo
qualcosa perché non c’eri.- rispose lui leggermente seccato –Dove sono i bambini?-
-In cabina, stanno
dormendo… non capisco, cosa vuoi dire?-
Tsubasa abbassò
gli occhi in quelli di lei e la fissò. Che idiota che era
stato a pensare quelle cose, era evidente che si era soltanto
costruito castelli in aria. Più fissava l’espressione adorante con cui
lei lo guardava e più era convinto che le sue fossero soltanto fantasie. -Niente…
non far caso a quello che ho detto. Il caldo deve avermi dato alla testa.-
finalmente sorrise, abbassò il viso verso quello di
lei e la baciò. -Cominciamo
ad avvicinarci alla costa?- domandò Juan sbucando
dalla cabina di comando e costringendoli a staccarsi.
Tsubasa fremette.
Preciso.
Era riuscito a
spuntare proprio al momento
opportuno… che l’avesse fatto apposta? No, no, se ricominciava
a fare così si sarebbe rovinato tutta la vacanza. Guardò l’uomo con una punta
di irritazione.
-Scusate se vi ho
interrotto, davvero non era mia intenzione…- eppure
la sua voce suonava così falsa alle orecchie del calciatore che non poté fare
a meno di lanciargli un’occhiataccia -Volevo avvertirvi che ho intenzione di avvicinarmi alla costa… meglio farlo
adesso… poi anche le altre imbarcazioni cominceranno a rientrare per la notte
e rischiamo di non trovare più libero il posto che abbiamo scelto per il
barbecue.-
-Certo certo.- assentì subito Sanae sorridendogli: un sorriso che, secondo Tsubasa, si sarebbe potuta benissimo risparmiare. Juan rientrò e mise in
moto lo yacht che cominciò a scivolare mollemente sull’acqua tranquilla.
Isabella, sdraiata in un angolo a prendere il sole si tirò su appoggiandosi
su un gomito. -Dove andiamo?- chiese.
Evidentemente la
ragazza si era addormentata e non aveva sentito nulla della conversazione
appena svoltasi. Sanae si sciolse dall’abbraccio del marito e la raggiunse.
Tsubasa la vide
sdraiarsi accanto alla bionda e chiudere gli occhi per godere
del sole pomeridiano. Quel disgraziato di Serrano
che fine aveva fatto? Possibile che stesse ancora in cabina a dormire? Ma non faceva altro?
I suoi occhi
tornarono a posarsi sulle due donne sdraiate. Sanae indossava un bikini
azzurro, che avevano comprato insieme in una boutique di Barcellona non
appena avevano saputo dell’invito. La sua pelle aveva già cominciato ad
abbronzarsi ed ora goccioline di sudore imperlavano il suo corpo. Il suo
petto si alzava e si abbassava tranquillo al ritmo del respiro mentre i
capelli neri, che aveva deciso di farsi crescere, ondeggiavano sul suo viso e
sulle sue spalle disordinatamente, mossi dal vento. Il suo corpo era rimasto flessuoso come quello di un giunco. Juan virò
impercettibilmente e la barca cominciò a dirigersi verso gli scogli. Non era certo l’unico a pensare che sua moglie fosse bella, pensò con rammarico, aveva notato come Juan aveva guardato le due ragazze quando si erano tolte gli abiti per tuffarsi nell’acqua cristallina. Che fosse il suo sangue latino a non permettergli di fare a meno di lanciare alle due certe occhiate insistenti che un ragazzo giapponese non avrebbe nemmeno osato?
Ci risiamo! Aveva cominciato di nuovo ad
esagerare… però come fare a non ripensare a quando, dopo il primo bagno che
avevano fatto lanciandosi dalla barca, Juan aveva
aiutato Sanae a salire sulla scaletta di corda mettendole un braccio intorno
alla vita? Come dimenticare che poi lei, messo un piede sul ponte, era
scivolata sull’acqua salmastra che inondava il pavimento di toghe ed era
finita praticamente tra le sue braccia? Sì, era
stato un incidente ma… E quando a cena
lui aveva inavvertitamente rovesciato il bicchiere di champagne sulla tavola
e la bevanda era finita sulla gonna di Sanae? Per pulirsi lei l’aveva
tirata più su e gli occhi di Juan
si erano incollati sulle sue gambe finché non si era accorto dello sguardo
contrariato con cui Tsubasa lo aveva guardato. Per
non parlare poi di quando li aveva trovati fuori, in coperta, ad osservare le
stelle.
Mentre lui andava a mettere a letto i bambini, Sanae era uscita perché aveva mal di testa e Juan, che doveva
essere sottocoperta collegato ad internet, invece era
con lei: Sanae sdraiata sul tettuccio della cabine e l’uomo seduto al suo
fianco. La ragazza non si era nemmeno accorta dell’arrivo del marito, alle sue
spalle, e
aveva continuato a parlare di quanto era bello quel
luogo e di quanto ringraziava Juan per averli
portati lì. L'altro invece lo aveva subito notato, lo aveva
chiamato e gli aveva lasciato il posto tornandosene dentro. E tutto quello solo il primo giorno. Sapeva benissimo che in fondo tutte quelle non erano state che delle coincidenze, e quindi non sufficienti ad avere dei sospetti su di lui e tanto meno su di lei che sembrava comportarsi normalmente. "Ma certo scemo che sono… Sanae non mi tradirebbe mai!" Si ritrovò a pensare, totalmente convinto "E soprattutto mai con uno come lui!"
Si girò verso la
cabina per osservare l’uomo che li aveva ospitati in quel tanto di barca. Fisico robusto e ben proporzionato, occhi scuri e profondi,
capelli neri lunghi e appena arricciati sul collo. Carnagione scura,
che poco aveva a che fare con l’abbronzatura, sorriso cordiale e carattere
aperto, voce profonda con la quale spesso canticchiava canzoncine locali e un
po’ spinte che facevano sorridere le ragazze che a
volte si ritrovavano ad ascoltarlo completamente affascinate. Era un tipo
allegro, aperto, solare... e indubbiamente ci sapeva fare, con tutti… Quello era Juan… Probabilmente una buona metà della popolazione femminile del mondo poteva restare conquistata da un tipo simile ma sicuramente non Sanae… a Sanae non piacevano quel genere di persone. Eh, ma come poteva essere sicuro di questo?
Accortosi di essere
osservato Juan si volse verso Tsubasa e gli sorrise. Il ragazzo non potè fare a meno di ricambiare ma poi decise di guardare il mare, senza
dubbio un più bello spettacolo e senz'altro molto più rilassante.
Basta! Non era possibile continuare ad andare avanti in quel modo, non ce la
faceva più.
Scese in cabina
alla ricerca di qualcosa che potesse aiutarlo a
sfogarsi. Tornò verso la scaletta di corda, si sfilò la maglia, la lasciò
cadere a terra e si tuffò in acqua.
-Tsubasa?!-
esclamò Juan a voce così alta che anche le due
giovani aprirono gli occhi e si guardarono intorno.
Sanae si mise in
piedi collegando il nome del marito al rumore dell'acqua che si sollevava per
il tuffo.
Corse verso la balaustra e si affacciò chiamandolo.
-Tsubasa! Dove vai?- gridò. Quello si limitò ad agitare un
braccio nella sua direzione e si allontanò spingendo il pallone davanti a sé. -Cos’è successo?-
chiese Isabella raggiungendola.
-Niente.- Sanae
alzò le spalle e la ragazza tornò al suo posto. Ma cosa aveva
Tsubasa? Era da almeno un giorno che si comportava stranamente… e se poi
qualcosa lo turbava, perché non gliene parlava? Forse pensava che lei non si
fosse accorta di nulla? A volte si comportava davvero come un idiota.
-Papà, dove sei stato?- domandò Hayate correndogli incontro.
-A fare due
tiri.- Tsubasa gli lasciò
il pallone ed andò a sedersi sulla sabbia, vicino a Daibu tutto intento a costruire il suo primo castello di
sabbia. -Dov’è la mamma?-
chiese guardandosi intorno e non vedendola.
-È con Juan sulla barca, stanno finendo di preparare la cena.-
Di nuovo! Di nuovo
insieme, e questa volta da soli! Accidenti!
Si mise in piedi e
si diresse verso l’acqua.
-Dove vai?- gli chiese Isabella che aveva steso a terra degli
stuoini mentre Serrano si aggirava sulla spiaggia alla ricerca di grosse
pietre per appoggiarvi la graticola.
-Torno subito!-
Era ora di
finirla. Anche Sanae doveva piantarla. Ma come… aveva lasciato i bambini da soli? Si tuffò e cominciò
a nuotare con potenti bracciate verso lo yacht che dondolava tranquillo nelle
placide acque della piccola baia.
-Ma cosa gli è
preso?- chiese Serrano che era rimasto imbambolato a
guardarlo. -E
chi lo sa?-
-Forse è andato a riprendere la mamma!- esclamò Hayate tutto contento.
In un attimo
arrivò alla scaletta di corda, si aggrappò e si tirò su. Saltò sul ponte e
con due falcate imboccò le scale che portavano sotto coperta.
Risate… la risata
cristallina di Sanae, quella più profonda di Juan…
Si bloccò, quelle due voci lo gelarono.
-Ma cosa stai dicendo?- sbottò lei lasciandosi di nuovo andare ad
una risata.
L’acqua che
gocciolava dal suo corpo veniva assorbita dalla
moquette. Non aveva fatto alcun rumore e nessuno si era accorto della sua
presenza.
-È la verità, te
lo giuro…- continuò ad insistere lui.
Poi, ad un certo
punto ci fu silenzio, si sentì il rumore di uno schiaffo e la voce della
ragazza che si alzava dura e stridula.
-Come ti sei
permesso?- -Scusami,
è
stato più forte di me…- replicò l’uomo con voce roca.
Tsubasa fece
qualche passo e rimase piantato sulla soglia della cucina. I due erano dietro
la tenda che divideva la zona dei fornelli dal tinello e non potevano
vederlo. Le loro ombre si stagliavano contro il tessuto bianco, permettendo a
Tsubasa di osservare tutti i loro movimenti.
-Cosa credevi di fare?- insistette la ragazza battagliera. Sembrava essere tornata la vecchia Sanae, quella che alle
elementari aveva avuto il coraggio di affrontare persino Hyuga.
-Io… credevo che…- -Credevi
male!- non gli permise nemmeno di continuare. La Sanae fiera e combattiva di
sempre. -Ma…-
-Forse ti sei
fatto qualche idea strana su di me… anzi, sicuramente te la sei fatta! Ma sappi che hai sbagliato, io non sono quel tipo di
persona. Io ho un marito che amo profondamente, due figli che sono tutta la mia vita, una vita che mi soddisfa… non ho
certo bisogno delle tue attenzioni, anzi!-
-Scusami…-
La tirata di Sanae
sembrava essere finita.
-Mi dispiace…- insistette l’uomo.
-Ok, ok…- lo liquidò lei. Calata la tensione Juan rise di nuovo.
Tsubasa
indietreggiò, uscì dalla cucina con passo felpato, risalì la scala e uscì in
coperta. Si tuffò nell’acqua e tornò sulla spiaggia. Quello che aveva sentito
lo aveva irritato, anzi, adirato, lo aveva reso a dir poco furioso, ma nello
stesso tempo tranquillizzato. Allora le sue non erano state soltanto
paranoie, era vero che quel disgraziato provava interesse per sua moglie. Ma la questione ormai era già chiusa: lei lo aveva rimesso
in riga senza troppi complimenti… chissà, forse se fosse intervenuto la cosa
si sarebbe complicata. Meglio così.
-Papà, guarda che
bello!-
Il sole stava
tramontando e la torre di sabbia un po’ tozza e pendula che Daibu aveva costruito si stava tingendo di un rosso
mattone.
-Tsubasa, accendi il fuoco?- domandò Isabella tirandogli una scatola
di fiammiferi.
Accidenti, non
aveva fatto nemmeno in tempo a uscire dall’acqua che
già l’avevano arruolato assegnandogli il compito che odiava di più. Prese la
scatoletta al volo e si avvicinò al braciere.
-Ecco la mamma!-
esclamò Hayate indicando la barchetta che si
staccava dallo yacht e si avvicinava a riva. Tsubasa rimase a fissare la moglie che scendeva agilmente in acqua, portando piatti e bicchieri di carta. La sua espressione sorridente non lasciava intravedere nulla di quello che era successo. Sicuramente se non avesse sentito la conversazione non lo avrebbe nemmeno mai saputo.
I bambini si erano
addormentati sullo stuoino. Sanae si chinò su di loro e li ricoprì con un
asciugamano perché non prendessero freddo. Poi, col suo passo leggero andò a
raggiungere il marito che si era arrampicato sugli scogli e che fissava
assorto il cielo stellato.
Si sedette al suo
fianco e restò in silenzio per paura di disturbarlo.
-Bello, eh?- parlò
lui.
-Sì, un cielo
magnifico…- rispose la ragazza accostandosi e rabbrividendo per
la brezza notturna. Lui la prese tra le braccia e le fece posto tra le sue
gambe. -C’è qualcosa che non
va?- si decise infine a chiedere lei.
-No, nulla.-
-Mi dispiace sai…- cominciò la giovane con un tono realmente
addolorato.
-Dispiacerti per
cosa?- non capiva.
-Per oggi…- che si
riferisse a quello che era successo in cucina? –Mi dispiace averci messo
tanto tempo a tornare… cercavo qualcosa…-
Il ragazzo si tirò
in avanti per guardarla negli occhi.
-Non capisco…- -Hayate ci teneva tanto a
venire con voi sugli scogli…-
-Ed io ci tenevo
tanto che venissi anche tu.-
Tsubasa si frugò
nella tasca dei pantaloncini e ne tirò fuori qualcosa che Sanae non vide. -C’è una cosa che
devo darti, qualcosa per ringraziarti…-
Questa volta fu
Sanae a non capire.
-Ringraziarmi?-
Mentre le passava
una mano davanti al viso lui continuò a parlare.
-Sì,
ringraziarti…- in un attimo Sanae si ritrovò al collo una piccola catenina
d’argento, da cui pendeva una perla resa ancor più bianca dal chiarore della
luna. -Ma… cos’è?- domandò
prendendola tra due dita e guardandola meravigliata. -L’ha trovata oggi Daibu dentro
un’ostrica. È un regalo per te, da parte mia e dei bambini. Per
ringraziarti…- di nuovo quella parola… ma a cosa si
stava riferendo?
-Ringraziarmi?-
-Sì, ringraziarti
di non esserti stancata di aspettarmi per tutto quel tempo, di avermi sposato
e di aver messo al mondo due figli bellissimi…-
-Tsubasa…- gli occhi di lei si fecero lucidi. Sorridendo replicò –Sei cattivo…-
-Cattivo?- chiese
quello che non si aspettava di essere definito in quel modo dopo tutte le
belle parole che le aveva rivolto –E perché?- -Perché
così mi fai sentire ancora più in colpa…-
-In colpa per
cosa?-
-Perché questa
mattina ho girato per tutta la città e non sono
riuscita a trovare un regalo degno di te.- rispose mestamente.
-Regalo?-
-Ti sei scordato
che oggi è il tuo compleanno?- questa volta Sanae si portò
una mano davanti alla bocca e soffocò una risata.
-Compleanno… eh eh… no che non me lo sono
scordato… eh eh…- imbarazzato il ragazzo si passò
una mano tra i capelli. Sì che lo aveva dimenticato… con tutto quello a cui
aveva dovuto pensare…
-Insomma….-
proseguì la ragazza mentre il suo sguardo tornava triste –Non ho trovato
nulla… mi dispiace tanto… ci tenevo tanto a farti un bel regalo.-
-Ma figurati, cosa vuoi che me ne importi del regalo? Quello
che conta è che ci sia tu al mio fianco. Tu sei il mio più bel regalo… e con Daibu e Hayate posso soltanto ritenermi soddisfatto di quello che ho.-
Le prese il viso
tra le mani e la baciò mentre una stella cadente solcava il cielo con la sua
scia. |