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Autore: Gloria Gerald    10/06/2011    3 recensioni
Quando Georgie udì quegli spari e lo vide accasciarsi al suolo pensò con orrore di averlo perso per sempre. Ma a volte la vita riserva una seconda chance...
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Abel Butman, Georgie Gerald
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2 –  Dolore
 
 
Erano passate due settimane dal risveglio di Abel. Le ferite si stavano rimarginando e pian piano lui sentiva che stava recuperando le forze. Il suo corpo stava sicuramente meglio, ma era il suo animo ad avere le ferite peggiori.
Stava sdraiato in quel letto, solo, guardando il soffitto con lo sguardo vuoto, gli occhi persi nei suoi pensieri tristi.
Aveva appreso che Georgie gli aveva mentito quel giorno nella cella. Arthur non era a casa che lo aspettava, non stava meglio. Arthur era morto cadendo nel Tamigi lo stesso giorno della sua liberazione.
Il dolore che stava provando gli stava spezzando il cuore. Si sentiva così in colpa. Pensava che se non fosse mai partito per Londra, Arthur sarebbe rimasto in Australia ed ora sarebbe vivo.
Si sentiva egoista, irresponsabile. Non aveva mai preso davvero in considerazione i sentimenti di Arthur. Aveva solo e sempre pensato a se stesso. Si era concentrato su Georgie e non si era mai posto il problema di quello che Arthur provasse.
Arthur, il suo amato fratello, sangue del suo sangue, non c’era più. Aveva perso la vita in modo assurdo.
Aveva raggiunto lui e Georgie in Inghilterra con la speranza di rimettere insieme la sua amata famiglia, e invece era caduto in una trappola crudele, vittima di un pazzo che lo aveva fatto soffrire ed impazzire.
Ripensando a quei momenti dolorosi, Abel iniziò a piangere silenziosamente.
Voltò la testa di lato, come per nascondere quelle lacrime. Non voleva dimostrare il suo dolore, la sua debolezza. Anche in quel momento in cui non c’era nessuno in quella stanza, nemmeno Georgie, cercava di soffocare la sua angoscia.
Georgie, la sua Georgie. Gli aveva mentito, ma lui non ce l’aveva con lei. Aveva capito perfettamente le sue ragioni e non volle farla sentire in colpa. Ma sapeva che lei era triste perché lo vedeva infelice. Lui stava facendo di tutto per non far trapelare il dolore che lo attanagliava, ma lei lo sentiva. Riusciva a sentirlo comunque. Poco serviva negare con lei. Lei sapeva. Lei lo capiva. Del resto anche lei amava Arthur e anche lei soffriva per quella perdita.
Non voleva farla preoccupare, ma non riusciva ancora a dimostrarsi sereno con lei. Non riusciva a sorriderle, a parlarle come se nulla fosse. Quindi decise di evitarla, anche se dentro di sé sapeva come ciò fosse ingiusto.
Sentiva quel peso sul cuore, quel rimorso e non aveva voglia di niente. Voleva solo restare lì da solo, a piangere in silenzio la morte di suo fratello.
Almeno così aveva l’occasione di ricordarlo e di soffrire per lui. Non come aveva fatto con sua madre, che era morta senza averlo accanto. Nemmeno una degna sepoltura era riuscito a darle, perché lui non c’era, se n’era andato senza pensare a chi restava. Il suo solito egoismo, la sua insensibilità.
E chi si era fatto carico di tutto? Chi si era portato tutto il fardello da solo? Arthur, come sempre Arthur. Sempre gentile, disponibile, generoso. Si faceva carico dei doveri altrui senza mai farlo pesare. E così finiva per mettere da parte i suoi sentimenti e le sue necessità per far posto agli altri.
Viveva la sua vita in punta di piedi, ma c’era sempre per tutti, solido come una roccia, nei momenti di bisogno.
Si volevano bene, andavano d’accordo, ma si erano anche scontrati aspramente. Per lei. Per l’amore che entrambi provavano.
Lo aveva detestato quando aveva capito che anche lui era innamorato di Georgie. Era troppo geloso e possessivo per permettere a qualcun altro di avvicinarsi a lei. E mai avrebbe pensato che Arthur avrebbe potuto essere suo rivale.
Sì lo aveva detestato, perché Arthur non aveva mai dimostrato apertamente i suoi sentimenti per lei come faceva lui, perché come al solito si teneva tutto dentro. Ma Arthur soffriva anche se non lo diceva, era ovvio che anche lui soffrisse per quell’amore che doveva essere taciuto.
Quanta rabbia aveva provato! Lui amava suo fratello e mai avrebbe voluto essere geloso di lui.
Mai avrebbe voluto abbandonarlo. Era solo colpa sua se Arthur si era cacciato nei pasticci!
Maledizione! Chissà quanto aveva sofferto. Non avrebbe dovuto lasciarlo solo! Non avrebbe dovuto!  E ora Arthur non c’era più. Perché era successo, perché!
Si sedette sul letto e appoggiò la testa tra le mani. Pianse ancora. Pianse il suo dolore, senza fermarsi. Doveva sfogare la sua angoscia. Non ce la faceva più!
Come avrebbe fatto ad andare avanti ora sapendo che suo fratello era morto?
Aveva Georgie, certo, finalmente l’aveva ritrovata dopo tanta sofferenza. Finalmente sembrava che tutto potesse andare per il meglio, che potessero avere una vita insieme. E proprio quando credeva di aver trovato la felicità, un altro colpo al cuore.
Si sentiva tremendamente in colpa, anche essere felice gli sembrava sbagliato. Come avrebbe potuto continuare a vivere tranquillamente sapendo quello che Arthur aveva dovuto passare? Come poteva dimenticare e abbandonarsi all’amore?
Arthur aveva perso la vita, mentre lui era vivo. Aveva qualcuno che lo amava. Tutto questo, assurdamente, gli parve ingiusto. Era come se la morte di Arthur avesse condizionato la sua vita, le sue scelte.
Pensava di non meritarsi la felicità. Non dopo quello che era successo. L’unica cosa che poteva fare era piangere per suo fratello e soffrire. Questa volta non poteva essere egoista. Non poteva continuare come se nulla fosse. La morte di Arthur lo aveva segnato profondamente e l’unica cosa che riusciva a provare era un dolore atroce.
 
Georgie era nella sua stanza. Dalla finestra riusciva a vedere il vento che spazzava le foglie cadute nel cortile, ma i suoi pensieri erano altrove.
Non riusciva a smettere di pensare ad Abel e, ovviamente, anche al povero Arthur.
Sapeva cosa stava passando Abel. Lo aveva provato anche lei. Ed era molto preoccupata.
Abel non era il tipo di persona che ammetteva le sue debolezze, specialmente con lei. Voleva sempre apparire forte. Ma questa volta il dolore era troppo grande per poterlo reggere.
E ciò che la spaventava era il fatto che se Abel non avesse provato a parlarne con qualcuno, a sfogare quel terribile peso, presto si sarebbe perso in un vortice scuro, fatto di solitudine e depressione.
Sapeva benissimo quanto i due fratelli fossero legati e si volessero bene. Abel aveva rischiato la sua vita per salvarlo. E tutto questo era andato invano. Tutte le angherie che aveva dovuto subire non erano servite a nulla, perché Arthur era morto.
Era troppo anche per Abel. Non poteva farcela da solo. Aveva davvero paura di perderlo questa volta, anche perché lo conosceva abbastanza bene da sapere che in momenti così difficili Abel non la voleva accanto. Ma da solo non ne sarebbe uscito.
- Ma perché non si riesce mai ad essere felici? Ma perché per una volta le cose non vanno come devono andare? – singhiozzò Georgie fra le lacrime.
- Pensavo di aver toccato il fondo quando ho rischiato di perderlo per sempre il giorno dell’esecuzione. E speravo di aver trovato un po’ di quiete dopo il suo risveglio. E invece ora devo vederlo soffrire così. Dio perché sta succedendo proprio a noi? Quando ci meriteremo un po’ di felicità?
Georgie non riusciva a darsi pace, perché non voleva vedere Abel in quello stato. Si sentiva anche in colpa per avergli mentito quel giorno in prigione. Ma che avrebbe dovuto fare? Infliggergli anche quel dolore dopo tutto quello che già stava passando in carcere? Proprio non se l’era sentita.
E poi vedere Abel soffrire così aveva fatto riaffiorare anche la sua di tristezza. Erano successe tante cose dal giorno che Arthur cadde nel Tamigi che si rese conto che non aveva nemmeno avuto il tempo di piangerlo in maniera appropriata.
Si sentiva in colpa per quello che era successo. Possibile che non avesse potuto impedire quell’incidente? Eppure sapeva che Arthur non stava bene. Perché non aveva fatto qualcosa in più per proteggerlo?
Pianse disperatamente aggrappata alle tende. Soffriva per Abel e soffriva per Arthur. E si sentì nuovamente sola. Sentì che l’equilibrio che aveva appena ritrovato la stava abbandonando. Il suo mondo si stava ancora una volta infrangendo sotto i suoi piedi. E temeva che non avrebbe più potuto arrestare la sua caduta in quel dolore insopportabile.
Improvvisamente sentì bussare alla porta. Cercò di calmarsi, asciugandosi le lacrime col dorso della mano e inspirando profondamente.
- Chi è? – chiese con la voce ancora rotta dal pianto.
- Georgie sono papà. Posso entrare?
In un attimo il conte Gerald fu nella stanza e la vide vicino alla finestra, con il viso segnato dalla disperazione e gli occhi rossi.
Le si avvicinò senza dire nulla e l’abbracciò. Georgie non seppe trattenersi. Avvolta dal calore di quell’abbraccio riprese a piangere. Suo padre si limitò ad accarezzarle la testa e a starle vicino finchè non si fosse calmata. Aveva compreso l’angoscia di suo figlia e sapeva che non poteva far altro che farla sfogare, cercando di farle capire che lui le voleva bene e che ci sarebbe sempre stato per lei.
Quasi un’ora più tardi, Georgie e suo padre sedettero sul letto di lei, sorseggiando una tazza di thé.
Finalmente si era calmata ed era pronta a parlare con suo padre.
Gli spiegò come si sentiva, quali fossero le sue paure per lei e per Abel, gli rivelò il senso di colpa che aveva dentro e gli disse che temeva che non sarebbe mai stata felice nella vita, né lei né le persone che amava.
- Ascoltami bene Georgie – iniziò il conte Gerald – Io so che hai vissuto momenti difficili e so che hai sofferto. Capisco le tue paure e capisco anche il tuo dolore per la perdita di Arthur. Però so che sei forte. So che ce la puoi fare. Non devi abbatterti e anche se hai paura che lui ti scacci, tu devi andare da Abel e stargli vicino come ora io lo sono con te. Se lo ami non puoi lasciarlo solo, anche se lui non desidera persone attorno.
- Ma papà, come faccio? Lo vedo come mi tratta in questi giorni. E’ freddo con me. Non mi vuole.
Se ora andassi da lui rischierei solo di farmi sbattere la porta in faccia. Non voglio che si arrabbi con me e che mi dica cose cattive. E so che in questo momento sarebbe capace di farlo se io insistessi. Sarò una codarda, ma ho paura. Ho paura di sentirlo freddo e distante. Che faccio se mi dice di andarmene?
- Te ne andrai semplicemente. E ritornerai il giorno dopo. E quello dopo ancora, finchè non si sarà stancato di mandarti via e finchè capirà che tu per lui ci sarai sempre. Anche quando si comporta in modo ingiusto nei tuoi confronti. Perché sai figlia mia, è facile amare quando le cose vanno bene. Ma è più difficile amare nelle avversità. E credimi, il vero amore si dimostra sia nella buona che nella cattiva sorte.
Georgie ascoltava le parole di suo padre con estrema attenzione e in effetti lui aveva ragione. Starsene lì a disperarsi senza provare a fare nulla non aveva senso. E poi Abel aveva troppo bisogno di lei, anche se non se ne rendeva conto.
Sicuramente entrambi si sentivano in colpa per la perdita di Arthur e magari parlarne insieme, sfogarsi insieme, avrebbe potuto rendere la cosa più sopportabile.
Improvvisamente si sentì meglio. Suo padre l’aveva rincuorata.
- Grazie papà. Hai ragione tu. Devo tentare e non scoraggiarmi.
Si alzò e lo abbracciò forte – E grazie per essermi stato vicino. Stavo molto male, mi sono sentita sola. Tu mi hai fatto capire che non sono sola e che mi vuoi bene. E te ne voglio anche io, tanto!
Il conte Gerald sorrise alla figlia – Per te ci sarò sempre piccola mia. Non dubitare mai del mio amore. – La baciò sulla fronte e continuò – Però adesso vai, perché c’è qualcuno che ha bisogno di te. E mi raccomando. Non rinunciare al primo tentativo. Direi che lui vale molto di più, giusto?
- Sì papà, giustissimo. Non getterò la spugna tanto facilmente!
Georgie si fermò nel corridoio, di fronte alla porta della stanza di Abel. Le parole di suo padre le avevano dato coraggio, ma era comunque agitata. Sapeva che non sarebbe stata una cosa facile. Comunque trovò la forza per provarci e bussò.
- Voglio restare da solo – urlò Abel da dentro.
- Incominciamo bene – pensò Georgie mentre sentiva il cuore batterle all’impazzata nel petto. – Se questo è il suo umore non posso certo aspettarmi nulla di buono.
Tuttavia entrò lo stesso, incurante delle sue parole e del modo in cui le aveva pronunciate.
- Ho detto che voglio restare da solo – tuonò Abel alzandosi dal letto e voltandosi verso la porta.
Il suo sguardo era tetro, pieno di rabbia ma appena la vide si addolcì un poco.
- Sei tu – mormorò.
- Sì Abel sono io – resse il suo sguardo e continuò decisa – Forse avresti preferito che me ne fossi rimasta alla larga e forse mi sarei risparmiata i tuoi toni rabbiosi e un sacco di brutte parole che con molta probabilità adesso mi urlerai addosso. Ma non ce la facevo più. Non ne potevo più di saperti qui da solo a soffrire. Non ce la facevo a lasciarti ancora da solo. Già mi detesto per non essere venuta da te prima. Ora puoi anche dirmi di andarmene, puoi essere freddo e scostante quanto ti pare, ma sappi che non me ne andrò. Io resto qui Abel. Io voglio che tu sappia che ti capisco e che ci sono per te.
- Georgie è troppo complicato questa volta. Troppo dura anche per me. Come faccio a far finta di niente? Sono devastato Georgie e credo che non mi riprenderò più. Non ti merito. Non posso infliggerti anche questo. Non posso scaricarti addosso il mio dolore. E non voglio trattarti male perché non lo meriti. Tu devi pretendere di meglio. Tu puoi essere felice. Credevamo di avercela fatta, ma purtroppo non ci siamo riusciti. La morte di Arthur mi ha segnato per sempre. Sono diverso ora Georgie. Sono diventato qualcuno che non ti piacerebbe, che non potrebbe renderti felice. Tu puoi avere di più. Ti lascio libera dalla mia presa Georgie. Ti chiedo solo di rispettare questa mia volontà e di andartene. Voglio restare solo e convivere con questa cosa terribile che mi porto dentro. Non ti chiedo altro -.
Georgie sapeva che sarebbe stata dura, era pronta a questo, ma quelle parole l’avevano comunque ferita nel profondo. Lei non voleva essere lasciata libera! Non voleva andarsene! Non voleva lasciarlo solo a soffrire sapendo che quel dolore lo avrebbe torturato per tutta la vita! Ma come poteva chiederle una cosa simile?
Le salirono le lacrime, ma non voleva piangere, non voleva dargli questa soddisfazione, anche se lui era conscio di averla ferita.
- Ti chiedo solo una cosa Abel. Voglio sapere se era vero che mi amavi. Se eri sincero quando dicevi che mi volevi tutta per te, che saresti morto per me, che non potevi amare nessun’altra se non me. Ti prego rispondimi.
Abel la guardò con un’espressione che era un misto di tenerezza e tristezza. – Certo che era vero Georgie. Era tutto vero. Ti amo da quando mio padre ti ha portato nella nostra casa ed eri solo un fagotto. Ti ho amato anche quando te ne sei andata da me per raggiungere un altro uomo. E ti amo anche ora che soffro e che ti chiedo di andartene. Non posso prescindere dall’amore che provo per te Georgie. Sei la linfa vitale della mia esistenza. E lasciarti è la cosa più dura per me, ma non posso fare diversamente. Sono troppo infelice. Ti causerei solo sofferenza.
- Bugiardo! – tuonò Georgie – Sei solo un bugiardo ed un codardo. Non ci credo che mi ami così tanto come dici. Non è possibile!
- Georgie…. Ma che stai dicendo? – balbettò Abel, sconvolto e colpito dalla sua reazione.
- Se tu mi amassi non mi lasceresti andare. Non mi chiederesti di voltarti le spalle in un momento così delicato. Io capisco il tuo dolore Abel, nessuno può capirti meglio di me. Ma non serve a niente ridursi in questo stato. Arthur non tornerà in vita se tu passerai il resto della tua esistenza ridotto come un miserabile dal senso di colpa. Vuoi capirlo o no? Tu devi andare avanti Abel. Tu sei vivo dannazione! E anche io lo sono! Non voglio perderti. Non voglio vederti in questo stato.
Era riuscita a dirgli quello che pensava. Le sue parole arrivavano direttamente dal cuore e sperava che Abel lo capisse. Era come un fiume in piena, non poteva fermarsi, non prima di avergli detto tutto.
- Io posso dire di amarti veramente, perché ti metto al primo posto. Perché anche se sono devastata dal dolore come lo sei tu, non scelgo di passare il resto della mia vita a soffrire in solitudine, di abbandonarmi all’angoscia e all’apatia. Io non scelgo la morte Abel. Io scelgo la vita e soprattutto scelgo noi!
Per me sarebbe più facile lasciarmi ferire dalle tue parole e dalla tua crudeltà e scappare via da questa stanza in lacrime, senza tornare da te mai più. Sarebbe molto più facile. Sostenere le tue parole con il rischio di farmene dire altre peggiori è molto più difficile. Ma lo faccio comunque perché ti amo. E non è un amore detto tanto per dire. E’ un amore vero, sincero e forte. -
Fece un ampio respiro, cercando di calmarsi un po’ e riprese a parlare – Vedi Abel, io credo che ci siano vari tipi di amore. C’è l’amore che resiste solo se tutte le condizioni attorno sono favorevoli. E poi c’è l’amore che resiste in ogni caso. Beh io provo per te il secondo tipo di amore, quello che non si ferma davanti agli ostacoli. Ma temo che, nonostante tu dica di amarmi da sempre, il tipo di amore che provi per me è il primo. Quello che dura solo se ha vita facile.
Forse non ho passato una vita intera a struggermi per te. Forse ho anche sbagliato quando sono partita dall’Australia per andare da Lowell, perché non ero davvero innamorata di lui e quel gesto è stato avventato. Forse ti ho fatto soffrire perché ti ho rifiutato e mi sono accorta dei miei sentimenti solo quando ho rischiato di perderti. E’ così. Sono stata ingrata e ho fatto degli sbagli. Ma ora sono consapevole di quello che provo e sono fiera del mio amore. Perché è l’amore che non ha paura e che non ti abbandona. Tu puoi dire la stessa cosa del tuo Abel? –
Finì di pronunciare quelle parole guardandolo dritto negli occhi. Abel stava di fronte a lei. Era paralizzato. Quel discorso lo aveva scosso profondamente. La fissava con stupore e non seppe cosa dire per un istante.
Georgie sentì l’amarezza pervaderle l’anima e convenne con se stessa che aveva detto proprio tutto. Le conveniva andarsene ora. Era meglio lasciarlo riflettere.
Si voltò e fece per andarsene, ma improvvisamente si sentì trattenere per la mano. Si voltò sorpresa e vide Abel accanto a lei che la sovrastava guardandola intensamente, severo, quasi rabbioso.
- Non pensare nemmeno per un attimo che io non ti ami abbastanza Georgie! – le disse con voce ferma e decisa.
- Certo che sono fiero dell’amore che provo per te. E’ tutto quello che ho… è tutto quello che sono.
Georgie si emozionò e rispose – E allora non chiedermi di lasciarti Abel. Se davvero mi ami così tanto chiedimi di restare con te. Di aiutarti a sopportare il tuo dolore. Non mi importa di quanto sia duro sopportare la tua rabbia e la tua frustrazione. Lo so che sei arrabbiato e che ti senti in colpa. E se vuoi sfogarti con me lo puoi fare. Puoi urlare, dire cose spiacevoli, piangere, fare quello che vuoi. Lo posso sopportare. L’importante è che ti faccia sentire meglio. Io non ho paura di te Abel, né del tuo dolore. Posso sorreggerti e aiutarti. Non puoi farcela da solo. Devi permettermi di starti accanto.
Non perdere la speranza. Fai come ho fatto io, scegli la vita Abel. Tu meriti di andare avanti. Non farai un torto ad Arthur se proverai ad essere felice. Sono sicuro che anche lui lo vorrebbe.
Per la prima volta negli ultimi giorni, Abel vide finalmente la luce. Le parole di Georgie avevano un senso. Forse poteva riuscirci a superare quella situazione. Forse aveva il diritto di continuare a vivere, nonostante Arthur non ci fosse più e lui si sentisse responsabile di questo.
Non disse nulla, semplicemente si abbandonò all’abbraccio di Georgie e pianse tutte le lacrime che aveva in corpo. Il muro era crollato finalmente.
Abel sentiva crescere dentro di sé una consapevolezza: doveva vincere quel dolore e continuare il suo cammino insieme a lei, che ormai non era più semplicemente la ragazza di cui era perdutamente innamorato. Era la sua salvezza, la sua forza, la sua stessa vita.
La strinse a sé più forte che potè. Non l’avrebbe lasciata, non l’avrebbe lasciata andare mai più.
Era con lei e solo con lei che voleva sconfiggere quel terribile, atroce, lancinante dolore che gli lacerava l’anima. 


TBC....

   
 
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