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Autore: _lullaby    16/06/2011    3 recensioni
"Ciao nonno, ti prego resta con me."
Inizia così il diario di Charlotte "Charlie" Allen che, per una serie di circostanze sfortunate, è costretta a trasferirsi da Houston nella piccolissima cittadina di Woodbridge, in New Jersey, ospitata dagli zii Mike e Franny. Charlie, con questo diario, spera di poter sentire ancora vicino a sè la presenza del nonno materno, la persona più importante per lei all'interno della famiglia ma scomparso qualche anno prima, ma non sa che questa stessa corrispondenza a senso unico l'aiuterà più di quanto non creda. Si sa, gli spiriti sono bravi ascoltatori.
[INTERROTTA]
Genere: Fluff, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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La morte non esiste, figlia.
La gente muore soltanto quando viene dimenticata.
 
Isabel Allende – Eva Luna

 

Runaway


 First chapter – It's the beginning of a new life

 
“L'erba 'voglio' non cresce neanche nel giardino del re”.
Alzi la mano chi una volta nella vita non si è sentito dire ciò. Mia madre non faceva altro che ripetermelo prima che andasse in clinica, adesso sembra essere il detto preferito degli assistenti sociali ogni volta che insisto a farmi restare qui a Houston.
La mia Houston, il luogo in cui sono nata e cresciuta per quindici anni. I miei nonni arrivarono qui più di cinquant'anni fa dopo un lungo viaggio in nave durato giorni e giorni, giungendo da molto lontano, la soleggiata Sicilia con precisione. Si stabilirono qui su consiglio di un altro immigrato, tale Michele Rosetto, incontrato durante il loro soggiorno sulla Saint Claire. Disse loro che il clima e il territorio di questa città del Texas ricordava molto la loro amata isola. Il caldo torrido e il mare vicino facevano sentire i miei nonni ancora a casa, odorando gli agrumi appena colti dagli alberi della bella Sicilia e ritrovandosi ogni domenica in piazza per discutere gli avvenimenti della settimana.
Non conoscevano una sola parola d'inglese, ma fortunatamente non erano così sprovvisti di sfortuna. Michele, diventato poi successivamente zio Mike per tutta la famiglia, era un uomo dotato di grande cuore e di intraprendenza. Riuscì ad ottenere un lavoro in una fabbrica di bambole per lui e per mio nonno, per mia nonna invece non ci fu niente da fare. Non c'era più disponibilità per lei, perciò fu costretta a lavorare in una piccola baracca che qualche volta, in vena di ottimismo, amava chiamare casa come sarta a domicilio. Mise a disposizione l'intera conoscenza sartoriale tramandatale da generazioni passate: sua madre, sua nonna, la nonna di sua nonna e avanti fino a ritornare alla notte dei tempi, in cui la donna iniziò a capire come, intrecciando qualche filo di lana, si riuscisse ad ottenere calore sufficiente per poter resistere al gelo invernale.
E fu proprio in questa città che concepirono mia madre, la quale a vent'anni si innamorò perdutamente di un giovane cadetto della marina che, dopo un anno di fidanzamento, le chiese di sposarlo. Ovviamente lei accettò senza alcun timore, nonostante le continue proteste di mio nonno che non vedeva di buon occhio il ragazzo, ma quando l'amore chiama c'è poco da fare. Bisogna rispondere alla chiamata.
Il giovane cadetto prese qualche giorno di congedo e, insieme alla sua fidanzata, si recò in gran segreto a Las Vegas per sposarsi in una di quelle cappelle anonime dove con pochi soldi e tanto amore è possibile restare uniti per l'eternità. Si scambiarono reciprocamente le fedi offerte gratuitamente dal prete, un vecchio dalla schiena quasi ricurva e dalla barba candida, e un lungo bacio davanti all'altare accompagnò la promessa che sarebbero stati insieme per sempre.
Ma per sempre è una frase che mai, per nessun motivo al mondo, si deve adoperare per una storia d'amore. Qualcuno lassù ci mette sempre lo zampino...
Due anni dopo quella promessa nacqui io, Charlotte Allen, lieta di fare la vostra conoscenza. Fui strappata con prepotenza dal ventre materno per le piccole gambe, per mia nonna questo fu indice di grande fortuna. I miei avi mi avrebbero protetto dall'Aldilà.
Mia madre fu ferma e decisa nella sua scelta. Mi sarei chiamata Charlotte in onore dell'autrice di Jane Eyre ma la gente mi avrebbe chiamato Charlie, come Charlie Brown dei Peanuts e soprattutto per evitare qualsiasi eventuale presa in giro. Povera illusa, non poteva sapere quanto la mia vita sociale all'interno di ambienti come la scuola sarebbe stata fortemente disturbata. C'era chi diceva che avevo quel nome perchè in realtà ero un maschio: io però aggravavo e aggravo tutt'ora ulteriormente la cosa. Ero e sono ancora il capitano della squadra femminile di calcetto, un grande onore per me ma qualcosa di cui vergognarsi profondamente per mia nonna. Nei momenti in cui è pienamente lucida mi chiede sempre perchè non abbandoni il calcio e l'aiuti nei suoi continui lavori a maglia. Da quando è morto mio nonno, qualche anno fa, non fa altro  che creare mille lavori che nessuno ammirerà mai. E mi chiede spesso dove sia finito, secondo voi che cosa le rispondo ogni volta? Stai tranquilla nonna, le dico, arriva presto, arriva presto. Poi scappo in bagno a versare lacrime.
Mi manca molto mio nonno, è stata una persona eccezionale e non manca giorno in cui non lo ricordi in qualche modo. E' sempre stato nei miei pensieri e sempre vi rimarrà, come qualcosa di indelebile. Ogni tanto risuonano nel grande salone della casa di mia nonna le note della sua fisarmonica, strumento che imparò a suonare da autodidatta e che amò più di qualsiasi altra cosa insieme al pianoforte. Adorava suonare sempre la canzone del cartone di Lilli e il Vagabondo, lo faceva per farmi contenta e soprattutto per non farmi sentire i continui litigi dei miei genitori, il cui volume andava sempre più aumentando nel corso degli anni, finchè non fu più necessario nascondermi quella triste verità. Cinque anni fa mio padre abbandonò questa casa, senza un saluto, né un bacio d'addio come di solito si vede fare nei film.
“Stai tranquilla tesoro, papà arriverà presto.” ma papà non arrivò mai e mia madre iniziò sempre di più a cedere al vizio dell'alcool, inizialmente nascondendo con cura le proprie bottiglie e negando l'evidenza, poi le disseminò dappertutto come pezzi di un puzzle incompleto. Il suo viaggio verso l'oblio iniziò troppo presto. Chiedete di Lilian Catania in giro qui a Houston e la gente vi racconterà di quanto solare e piena di vita fosse, niente poteva fermarla, era come un vero vulcano attivo che nessuno poteva domare.
Le cose iniziarono a peggiorare con uno schiaffo, ma non uno qualsiasi. Di quelli veri che ti lasciano brutte chiazze sul viso per un bel po' di tempo. Non ricordavo la faccia così rossa da quando feci la maratona per la scuola. Da qui in poi furono sempre più frequenti, in un crescendo senza fine finchè, sfinita per la paura, iniziai a chiedere aiuto a chiunque mi stesse intorno con qualche parola o semplicemente con lo sguardo.
Rivolevo mia madre indietro, quella che mi rimboccava le coperte e mi chiamava 'tesoro', non quella specie di mostro che non riusciva a controllare i movimenti della propria mano e che faceva prevalere a casa propria qualcosa simile al regime totalitario.
Ad inizio novembre gli assistenti sociali mi hanno portato via da mia madre, portata successivamente in una clinica, per trasferirmi in una sottospecie di limbo, il tempo necessario per trovare una nuova famiglia disposta ad ospitarmi. Nei mesi successivi ho vissuto il periodo più brutto della mia intera vita, mi è mancata terribilmente mia madre ma soprattutto mia nonna, gli assistenti sociali dicono che non è sicuro.
Adesso siamo a marzo. Secondo loro mi farà bene cambiare aria del tutto, vogliono evitare che abbia contatti in futuro con mia madre che, avendo scoperto dove mi trovavo, aveva provato due-tre volte a prendermi con sé. A quanto pare zio Mike e zia Franny, sua moglie, hanno ottenuto il mio affidamento temporaneo. Gli unici parenti che hanno accettato di prendersi cura di un'adolescente in piena crisi ormonale, fantastico.
Solo che... Abitano in uno sperduto paesino nel New Jersey, Woodbridge, talmente sperduto che secondo me non è neanche segnato sulle cartine.
Il rumore della portiera chiusa mi fa sobbalzare. Mi stanno per accompagnare nella mia nuova casa, fortunatamente sono riuscita a salutare per un'ultima volta nonna Anna, è così che si chiama. L'ho sempre trovato bellissimo come nome. Mi sono promessa di partire, quando sarò pronta, per la Sicilia per poter scavare a fondo nelle mie origini. E' qualcosa che spero più di tutta me stessa.
 
Quattro ore dopo siamo arrivati, le canzoni di Jim Reeves alla radio in ripetizione mi stavano facendo impazzire. Zio Mike, con un insolito maglioncino verde acqua, e sua moglie Franny sono sulla porta ad aspettarmi, nei loro grandi sorrisi di un bianco simile a quello delle perle. Zio Mike, ormai settantenne, si trasferì qui più di dieci anni fa dopo aver conosciuto zia Franny, all'epoca hippie scatenata con la passione per la fotografia e Andy Warhol, e la solfa è sempre quella. I loro sguardi si incontrarono e da quel momento in poi capirono di essere legati per l’eternità, il classico colpo di fulmine che colpisce ogni uomo una volta soltanto nella vita.
Mi accolgono spontaneamente, con un grande abbraccio e un bacio sulla guancia. L’assistente sociale, una delle tante che ho visto in questo periodo, dice loro che verrà presto a trovarli per vedere come mi trovo nel nuovo ambiente. Annuiscono e con una leggerissima spinta, davvero impercettibile, mi spingono ad entrare dentro casa. Ricordo di essere venuta qui soltanto una volta, quando avevo soltanto sei anni e mio nonno era ancora vivo. In qualche occasione, quando l’atmosfera tra i miei diventava insostenibile e la calura di Houston soffocante, decideva di andare a trovare il suo grande amico Michele senza alcun preavviso. Mike, ogni volta, preferiva non chiedere il motivo di quelle visite, sorrideva esattamente come adesso e accoglieva mio nonno tra queste quattro mura. Ma un giorno decise di portare anche me. Ricordo ancora il dolcissimo odore dei biscotti appena sfornati e delle orchidee disposte in perfetto ordine sulla finestra della cucina.
Le pareti di color azzurro pallido e i soffitti alti, anzi altissimi, mi accolgono e una leggera frescura penetra attraverso le finestre avvolgendomi.
“Da quella volta in cui sei venuta non abbiamo cambiato nulla.” mi dice zio Mike, poggiandomi unamano sulla spalla e contemplando con profonda malinconia il mio volto.
“Mi dispiace per tua madre…” riesce a malapena a sussurrarmi.
Mi scosto dalla sua presa. “Dov’è la mia camera?”
“Sali le scale, seconda porta a sinistra.” risponde prontamente zia Franny nei suoi pantaloni di tessuto larghissimi.
La ringrazio cortesemente e corro verso la mia stanza.
Dispiace a tutti, lo so. Ma chi c’è stato per lei quando si disperava per mio padre? Chi c’è stato per me quando lei mi lasciava segni sulla pelle?
Osservo con molta attenzione l’ultimo livido lasciatomi come ricordo, sul braccio con precisione.
Se lo sfioro fa ancora male. Dove sei finito nonno?
Nonna Anna dice sempre che tu sei rimasto accanto a lei da quando ci hai lasciato, la proteggi, la fai sentire ancora amata come nessun altro riesce a fare, nemmeno io.
Ma… Perché mi hai abbandonato? Ho bisogno di sentirti anche io vicino… Mi sento così sola…
Mi sveglio quando il cielo ormai è scuro, la notte è finalmente sopraggiunta. Mi guardo intorno, cercando di capire bene dove mi trovo. C'è un clima accogliente in questa piccola stanza dalle finestre piccole e i mobili impolverati, questa stanza non viene usata da moltissimo tempo oserei aggiungere.
Mi sfrego con la manica della giacchetta jeans la guancia bagnata dalle troppe lacrime, quando improvvisamente sento bussare alla porta. E' zia Franny con un vassoio ricolmo di cibo, la cena avanzata che ho abilmente evitato.
“Ti ho portato la cena Charlie...”
“Lasciala pure qui.” le rispondo, indicando il materasso in cui sono distesa.
Poggia il vassoio ma ancora indugia sulla porta, vorrebbe potermi dire qualcosa ma non ne ha ancora il coraggio. Ma alla fine prende un grande respiro e finalmente mi rivolge qualche parola, dietro la schiena ha qualcosa che tenta disperatamente di non farmi vedere.
“Charlotte…” inizia.
“Charlie zia, lo sai che Charlotte per me è un nome che non esiste .”
Si schiarisce la voce. “Hai ragione. Senti, so che per te è difficile questo momento. Ci sono passata anche io e…”
“Ah anche tuo padre ha abbandonato la propria famiglia per sparire nel nulla e tua madre è diventata un’alcolizzata che picchia la gente?” domando sarcasticamente, volgendole le spalle.
“Ti prego con il sarcasmo Charlie, vorrei che mi parlassi chiaro senza troppi giri di parole.” Mi rimprovera, con la sua vocina dolce come il miele.
“Scusa Franny ma… Vorrei soltanto che mio nonno fosse qui. Ma lui ha deciso di restare con la nonna, mi sento abbandonata da lui…” inizio a piangere silenziosamente, presa dall’emozione del momento.
Franny, cogliendo l’occasione, si siede accanto a me e mi abbraccia senza dire una parola. Anzi no, mi sussurra qualcosa.
“Parlagli Charlie, gli spiriti sono bravi ascoltatori.” e mi dona quel piccolo oggetto, un diario, che nascondeva dietro le spalle, per poi rivolgermi uno dei suoi infiniti sorrisi e uscire dalla grande porta bianca senza alcun rumore. Ha il passo leggerissimo, sembra una ballerina.
Osservo il piccolo diario dalla copertina gialla, sopra vi è scritto ‘a Charlie con affetto. Mike e Franny’ a matita abbastanza leggera. Mi guardo intorno e trovo una piccola penna.
“Bene nonno, guai a te se adesso non mi degni neanche di uno sguardo!” esclamo tra me e me, aprendo il diario e scrivendo sette semplici parole che daranno inizio ad una lunga corrispondenza a senso unico, ma che mi aiuterà per i mesi che dovrò stare qui. Tra pochissimi giorni inizio la scuola, secondo anno di liceo alla Woodbridge High School. Non vedo l’ora, sarcasticamente parlando.
 

Ciao nonno, ti prego resta con me.




Buongiorno :) 
Come molti hanno visto ho cancellato "Black & White", purtroppo ho dovuto farlo perchè la mia fantasia se n'era andata a farsi un bel giretto e la storia non stava più venendo come avrei voluto che venisse fuori. Ed ecco che nasce questa storia, ho deciso di partire un po' come Never Say Goodbye. Ho ripreso Woodbridge, quindi  molti avranno già capito chi sarà il personaggio che apparirà nel prossimo capitolo, ma ovviamente la storia sarà totalmente diversa quindi penso sia inutile sottolinearlo xD
Spero intanto che questo primo capitolo vi piaccia e che vi possa aiutare a capire almeno in parte il personaggio complesso di Charlie. 
Goodbye ;)
   
 
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