3.
Ti ricorderai di me?
“Il
tempo passa, le
stagioni cambiano. Lo dimenticherai.”
Aveva sentito
quella
frase rimbombarle dentro per giorni e giorni dopo il funerale. Nessuno
sembrava
poter dire altro che non fosse uno stupido
“passerà”. E lei, con tutta la
rabbia che aveva dentro, avrebbe solamente voluto urlare
all’indirizzo degli
sconosciuti che non lo avrebbe voluto dimenticare, che non avrebbe
potuto. Le
era rimasto impresso dentro ed il suo sorriso scolorito riluceva ancora
nei
margini lucidi di quelle tante fotografie che aveva e che continuava a
sfogliare dentro vecchi album.
La gente, per le
strade
del suo paese, la additava ed il suo nome veniva mormorato ovunque. Lei
era “la
sua migliore amica”, famosa non per scelta, ma per tragedia.
E non poteva fare
altro che chiudere gli occhi ed abbassare la testa ogni volta che il
suo nome
veniva legato nelle conversazioni a quello del “suo migliore
amico”.
La gente,
semplicemente, non capiva. Non capiva e non sapeva. Lei non era solo
“la
migliore amica”. Lei era la persona che lui aveva baciato il
pomeriggio prima
di morire. Era la persona con cui lui aveva fatto l’amore in
una stupidissima
camera d’albergo con le tende arancioni e la moquette verde.
Era la persona
che, forse, ormai al di là del tempo e dello spazio, lui
amava. E lei, proprio
lei, se ne sarebbe ricordata?
Il
bagliore del sole veniva filtrato da quelle orribili e pacchiane tende
arancioni. La
ragazza non si prese
nemmeno la briga di sapere che ora fosse. Potevano essere le sette
così come le
nove. E,se davvero fossero state le nove, lei era, terribilmente ed
irrimediabilmente, in ritardo. Si stiracchiò, rendendosi
solo allora conto di
non essere sola nel letto. A stringerla con un braccio intorno alle sue
spalle
nude, c’era, ancora addormentato, Davide.
Solo
allora, con la forza di un fulmine, le tornarono in mente tutti i
dettagli di
quella notte. Avevano stentato a salutarsi, qualche corridoio
più giù. I loro
occhi si erano incontrati e si erano scoperti desiderosi
l’uno dell’altra. E poi
la distanza tra le loro labbra si era annullata in un soffio. Si erano
ritrovati incastrati nei loro stessi sentimenti e, chiudendosi la porta
della
camera all’esterno, avevano lasciato tutti i problemi e le
preoccupazioni
fuori.
Il
resto erano dettagli indistinti che stava cercando disperatamente di
mettere a
fuoco. Le mani di Davide che la spogliavano, lasciando cadere i suoi
indumenti
su quella moquette verde acido. Le sue mani che stringevano quel
piumone
giallo, i muscoli contratti, nel disperato bisogno di aggrapparsi a
qualcosa. I
suoi baci roventi, che le scendevano lungo il collo e la facevano
rabbrividire.
I
ricordi stavano lentamente prendendo forma dentro di lei,
materializzandosi.
Presto gli avrebbe etichettati come “i ricordi migliori della
sua vita”.
Perché, di quella notte, non gli serviva ricordare altro. Le
sarebbero bastati,
per sempre.
-
Da’?
Si
era meravigliata nel sentire la sua voce così roca, inusuale
rispetto alla
solita così sorprendentemente acuta. Lui aveva mugugnato
qualcosa nel sonno e
poi aveva aperto gli occhi. Occhi azzurri.
-
Ehi!
La
sua voce l’aveva colpita come una carezza e non aveva potuto
fare altro che
accoccolarsi ancora contro il suo petto. Dieci minuti dopo, la sveglia
era
suonata.
-
Devo tornare in camera!
E
si erano salutati sulla soglia della camera, gli sguardi carichi di
promesse e
di aspettative. Lui le aveva accarezzato i capelli, lei aveva sorriso,
senza
parlare. Come faceva sempre, quando le parole erano troppe e le
morivano in
gola.
-
Ti ricorderai di questa notte, vero? Ti ricorderai di me?
Lei
aveva annuito e si era tenuta stretta i ricordi.
E le stagioni
cambiarono davvero, ed il tempo inequivocabilmente passò, ma
lui, tra i suoi
ricordi, non sbiadiva.