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Autore: Girl_in_Blu    16/06/2011    8 recensioni
One shot introspettiva ambientata nel periodo che precede il Cell Game, quando Vegeta è nella Stanza dello Spirito e del Tempo.
Estratto:
"Era stanco, affamato, esausto e privo di forze.
Le gambe tremavano e stavano cedendo al peso, adesso insostenibile, del resto del corpo, così cadde al suolo avvolto nel bianco opprimente."
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bulma, Vegeta
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Il Principe dei Saiyan'
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 Sensi di colpa

 














Era stanco, affamato, esausto e privo di forze.
Le gambe tremavano e stavano cedendo al peso, adesso insostenibile, del resto del corpo, così cadde al suolo avvolto nel bianco opprimente.
 
 
Quando riaprì gli occhi la vide, stava piangendo.
Le lacrime avevano rigato quel viso, pallido e scarno, come se il dolore, parassita vorace, avesse divorato ogni fibra di quel corpo, rendendolo –così- debole e totalmente diverso dal solito raggiante volto.
La osservava piangere e la sentiva soffrire, non sopportava quel suono, quel lamento continuo, costante. Voleva urlarle -con tutto se stesso- di smettere, ma non ci riuscì, poiché un vuoto pervase il suo corpo, quando la donna terrestre lo guardò con disprezzo, non lo aveva mai fatto.
Mantenne lo sguardo, in ciò che appariva -al saiyan- come una sfida, non distolse gli occhi, cercando invece di vincere e indagare, per colpire poi con più forza e cattiveria.
L’azzurro degli occhi di Bulma possedeva, adesso, una sfumatura mai vista, un velo più scuro dovuto alle lacrime, nate dall’odio.
Ecco cos’era.
Lo odiava, ma era normale dopo tutto ciò che le aveva fatto, non poteva amarlo dopo l’abbandono.
Intento a vincere la battaglia contro la donna, vide che le labbra si schiusero in un sibilo, non un lamento di dolore, ma una frase che ripetuta con più vigore giunse chiara, penetrando –come il più forte dei colpi- la corazza del principe.
-È colpa tua…
Lo stava accusando, ma di cosa?
Lo sguardo della donna cambiò direzione, finalmente aveva vinto.
L’inebriante sensazione che provava lo spinse a seguire i suoi occhi, l’avrebbe umiliata –ancora- incrociando nuovamente quello sguardo sprezzante e perdente.
Rabbrividì.
Il sangue raggelò, quando vide ciò che Bulma osservava e che prima non aveva notato.
Tra le braccia teneva il corpicino, esamine, del figlio –ormai- privo di vita.
Gli occhi aperti esprimevano ancora il dolore che aveva provato mentre moriva, la ciocca di capelli lillà era macchiata di rosso carminio, così come il visino paffuto e le mani della madre che tremanti lo sorreggevano.
Le lacrime ricominciarono e scendere, così come riprese quel lamento sofferente.
La scienziata raccolse le proprie –precisamente le restanti- forze e si alzò, lo sguardo passò dal bambino a Vegeta e -in fine- gli urlò contro tutta la sua rabbia, il suo disprezzo, il suo odio.
-È colpa tua!

 
 
Le parole risuonarono nel bianco e, una fitta al petto, fecero risvegliare il saiyan.
Stordito e ancora steso al suolo cominciò ad ansimare, il respiro era pesante e l’aria plumbea.
Il bianco, troppo opprimente, si attanagliava avvolgente al suo corpo, non permettendogli di riprendersi.
Con estrema fatica portò su il busto sedendosi e, mantenendosi il petto dolorante, sibilò esausto parole incomprensibili e cadde ancora, svenendo.
Adesso, aveva solo bisogno di riposare il corpo, nonostante questo comportasse una strenua battaglia contro la propria coscienza che non pensava nemmeno di possedere.
 
 
 


























 

   
 
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