Volevo ricordare che i personaggi di Harry
Potter non sono assolutamente di mia invenzione.
Le “battute” (che verranno
scritte in corsivo.) e la storia del film sono prese dalla fanfiction: Being a
war Mage, per gentile concessione di Sunny.
Capitolo 7
Il
giorno seguente…
Londra ore 15.30
Dopo
un ultima controllata al trucco, Bonnie uscì dalla propria camera da letto
spostandosi in salotto.
Passando
accanto allo stereo l’accese sintonizzandolo sulla sua stazione radiofonica
preferita e si preparò ad aspettare.
Nel
messaggio della sera precedente, Emma l’aveva avvertita che dal momento che Dan
doveva rientrare in città per questioni personali, sarebbe passato lui a
prenderla nel primo pomeriggio, per ritrovarsi poi a casa dell’amico.
“Almeno
avranno modo di passare un po’ di tempo da soli. Chissà che quei due zucconi
non riescano a fare un po’ di chiarezza fra loro.” sperò ripensando a quanto
fossero ottusi i due.
Per
ingannare l’attesa si avvicinò al tavolo posto in un angolo della stanza dove,
su una lastra di compen-sato, i tre mila pezzi di un puzzle giacevano ancora in
completo disordine.
Da
quando era rientrata a Londra, dieci giorni prima, aveva tentato decine di
volte di rimetterne insieme i pezzi senza alcun risultato. Nonostante i
molteplici tentativi l’unica cosa che era riuscita a portare a ter-mine era
stata la cornice.
Con
un sospiro rassegnato, storse le labbra in una smorfia. Appoggiandosi con un
gomito sul ripiano ini-ziò a scorrere velocemente con lo sguardo sui pezzi
allineati.
Nulla
da fare!
Non
riusciva a trovarne uno che potesse anche solo minimamente darle l’idea di
potersi incastrare ad un altro.
“Magari
è difettoso…” affermò senza troppa convinzione.
Dopo
circa una decina di minuti, durante i quali aveva dovuto resistere più volte
alla tentazione di gettare tutto al di fuori della finestra, finalmente il
citofono suonò.
“Meno,
male.” esclamò afferrando al volo il cappotto appeso accanto alla porta.
Il
campanello suonò di nuovo.
“Accidenti,
ma che sarà tutta questa fretta.” sbuffò spazientita.
Mentre
cercava d’infilarsi una scarpa con una mano, avanzò a saltelli verso
l’interfono alzando la cornetta.
“Bonnie?…Bonnie!?”
la voce leggermente metallica di Daniel la chiamava ripetutamente.
“Se
avevi fretta dovevi arrivare prima. Un attimo e scendo.”
“Aspetta
Bonnie, aprimi…ho bisogno di salire.”
La
ragazza rimase leggermente stupita, poi premette il tasto di apertura del portone
d’ingresso.
Rimanendo
immobile di fronte alla porta con una scarpa sì e una no, si volse verso il
salotto controllando che almeno fosse decentemente presentabile. Non si era
aspettata di ricevere visite e nonostante fosse a casa da diversi giorni, non
si poteva dire che si fosse dedicata troppo ai lavori casalinghi.
Dopo
una rapida occhiata, eccola lì…una pila di slip e reggiseno puliti e ripiegati
facevano bella mostra di se in un angolo del divano.
“Oh,
cielo!”
Lanciando
cadere a terra la scarpa che ancora reggeva, si precipitò verso la biancheria.
Ebbe
appena il tempo d’infilarli rapidamente sotto uno dei cuscini del divano e
sederci si sopra, che Da-niel fece il suo ingresso nell’appartamento.
La
prima cosa che notò fu la buffissima espressione sul viso irrequieto di Bonnie.
Non
era riuscito bene a capire che cosa stesse combinando, ma il suo scatto nel
mettersi a sedere e il pic-colo lembo di stoffa rosso che sbucava fuori dal
divano, gliene davano una vaga idea.
“Posso
entrare?” chiese rivolgendole un sorriso disarmante.
Bonnie
asserì con il capo facendogli cenno di accomodarsi.
Non
appena lo ebbe fatto, il profumo inconfondibile che lo accolse gli fece
ricordare da quanto tempo non mettesse più piede in quella casa. Guardandosi
attorno ritrovò ogni cosa, oggetto, quadro o foto nell’identico posto in cui si
era trovato l’ultima volta in cui vi era entrato.
Persino
la foto che li ritraeva insieme.
Emma
gliela aveva scattata di nascosto mentre loro se ne stavano abbracciati
appoggiati ad un tronco durante uno pic-nic.
Bonnie
dovette intercettare il suo sguardo e intuire ciò che stesse pensando.
“Emma
è un vero portento con la macchina fotografica. Quella foto è talmente bella
che non sono riu-scita a…”
liberarmene…pensò lasciando la frase in sospeso.
Daniel
annuì appena, poi mosse qualche passo verso di lei fino a che non inciampò su
qualcosa che si trovava davanti ai suoi piedi.
Bonnie
si passò una mano sul viso nascondendosi dietro di essa, mentre il ragazzo si
chinò rialzandosi subito dopo con la sua scarpa fra le mani.
“Hai
perso una scarpa Cenerentola?” le chiese ridendo.
“Molto
spiritoso…”
Bonnie
lasciò il divano, avvicinandosi e strappandogliela dalle mani se la infilò
velocemente. Si sentiva insicura e non propriamente padrona dei propri nervi.
Ogni
volta che lui le era accanto la rendeva nervosa e ora ritrovarselo così vicino,
a casa sua, in un posto in cui avevano condiviso momenti d’estrema intimità non
faceva che aumentare la sua agitazione.
“Se
devi andare al bagno, vai. Emma e Rupert ci staranno aspettando.”
Dan
la guardò sorpreso, poi scoppiò a ridere.
“Tu,
hai creduto che io…” Bonnie lo guardò stranita.
“Scusami…no,
non devo andare al bagno.” affermò il ragazzo cercando di contenere le risa.
“E
allora? Perché non mi hai aspettato giù, a quest’ora potevamo già essere in
strada.”
Ribadì
la ragazza portandosi le mani ai fianchi e guardandolo con un espressione di
chi esige una spiegazione.
“Venendo
fin qui poco fa, mi sono detto che se noi tardassimo un po’, magari quei due
passando del tempo da soli…” mentì spudoratamente.
A
dire il vero era dall’istante stesso in cui Rupert lo aveva invitato a casa
sua, che quell’idea gli era balenata nella mente. Persino il fatto di metterla
di fronte al fatto compiuto era stato del tutto calcolato. Solo in quel modo
avrebbe avuto l’occasione di passare un po’ di tempo solo con lei.
“Che
ne pensi? Potremmo inventarci una scusa e tardare di qualche ora il nostro
arrivo.”
Bonnie
socchiuse leggermente gli occhi guardandolo con leggero sospetto, poi il suo
viso si rischiarò con un sorriso.
“Trovo
che sia un’ottima idea. Anch’io penso che abbiano bisogno di stare un po’ da
soli. Negli ultimi tempi non faccio che eclissarmi ogni volta che posso, ma su
un set è un po’ una cosa improponibile.”
Rincuorato
dalla sua reazione positiva si sfregò entrambe le mani con soddisfazione.
“Mi
sa che se non pensiamo noi a quei due, rimarranno in questo stallo per un bel
pezzo.”
Il
sorriso della ragazza si allargò maggiormente concordando pienamente.
Dan
si guardò nuovamente attorno e iniziò a girare per la stanza.
“Ora
non rimane che decidere come ammazzare il tempo nelle prossime ore.”
“Se
hai da fare o ti vuoi fare un giro per Londra, non preoccuparti per me. Mi
passi a prendere più tar-di.”
“Non
se ne parla nemmeno.” affermò con decisione.
Quando
si ritrovò di fianco al tavolo sul quale giaceva il puzzle la guardò con un
sorriso.
“Opera
di tua madre?”
“Come
al solito.” gli confermò sorridendo.
“L'ultima
volta me lo ha portato via dalla disperazione dopo quattro mesi. Non riesce a
rassegnarsi all'idea che io non sia in grado di portarne uno a termine.”
“Non
è del tutto vero...uno lo hai terminato.” esclamò il ragazzo senza guardarla in
volto e mantenendo lo sguardo sui piccoli pezzi di cartoncino sparsi davanti a
sé.
“Quello
non conta...non l'ho finito da sola.” mormorò cercando d'ignorare il nodo che
le era salito alla gola.
Afferrandone
uno fra le sue mani grandi, Dan alzò il viso incrociando i suoi occhi azzurri
con quelli di lei.
“Visto
che abbiamo un po' di tempo...che ne dici se proviamo a rimettere insieme i
pezzi?”
E magari già che ci siamo, proviamo
a vedere se riusciamo a ricomporre anche il puzzle della nostra storia, pensò con amarezza.
Vedendola
indecisa e silenziosa le sorrise portandosi di fronte al viso il minuscolo
pezzetto, poi inarcando le labbra in una smorfia divertita si volse verso il
tavolo. Con un gesto deciso e sicuro lo posò all'angolo della cornice facendolo
incastrare perfettamente con gli altri due.
“Con
il mio aiuto potresti toglierti una piccola soddisfazione con tua madre.”
Bonnie
gli sorrise dolcemente e il suo stomaco si contrasse. Erano mesi che non gli
rivolgeva più un sorriso così sincero ed esclusivamente suo.
“D'accordo
ci sto. Dopo tutto dobbiamo pur passarci il tempo.”
Afferrando
il bordo del tavolo, Daniel lo scostò dalla parete per permettere ad entrambi
di avere una maggiore visuale.
“Allora,
quello fra noi due che avrà riunito il minor numero di pezzi dovrà inventarsi
una scusa e telefonare a Rupert ed Emma per informarli che non arriveremo in
tempo per la cena.”
Bonnie
sgranò gli occhi allarmata.
“E'
no, non è giusto. Tu parti avvantaggiato e poi l'idea è stata tua!”
Il
ragazzo scoppiò a ridere e si mise al lavoro.
“Ti
conviene parlare meno e concentrarti di più.”
“Uff...”
Bonnie
si chinò velocemente sul tavolo prendendo in esame un enorme quantità di pezzi
per volta. Daniel alzò appena gli occhi sul suo viso.
Come
aveva potuto essere tanto stupido da credere realmente di potergli essere solo
amico.
Hertford
ore 16.45
“Quante
credi che debba sbucciarne ancora?”
Emma
alzò gli occhi dal tagliere sul quale stava riducendo grossolanamente a pezzi
dei pomodori maturi e scoppiò a ridere.
“Santo
cielo Rupert, ma che hai fatto?”
Nell’angolo
opposto del tavolo, con una espressione sofferente e il volto rigato di
lacrime, Rupert aveva pulito l’intera confezione da un chilo di cipolle che gli
aveva messo di fronte.
Mordendosi
un labbra per impedirsi di scoppiare a ridere, si pulì in fretta le mani e gli
si avvicinò.
“Che
c’è tesoro…perché piangi?” lo schernì in tono dolce accarezzandogli la testa
amorevolmente.
“Molto
spiritosa, davvero molto.” si lamentò il ragazzo tirando su col naso e
scuotendo il capo per allontanare la sua mano.
“Ho
sempre odiato le cipolle e tu guarda quante me ne hai fatte pulire!”
Lasciando
cadere il coltello sul tavolo iniziò a passarsi il dorso della mano sulle
guance per asciugarsi le lacrime e si sfregò gli occhi che bruciavano come
l’inferno.
“Fermo
con quelle mani.” esclamò sorridendo e afferrandogliele fra le sue.
“Ma…bruciano…”
gemette il ragazzo stringendoli ancora più forte e battendo i piedi.
“Lo
so, ma se li strofini così è anche peggio, aspetta un attimo e non toccarli.”
Emma
si scostò e afferrando uno strofinaccio pulito lo bagnò sotto l’acqua fredda,
lo strizzò e dopodiché ritornò da lui. Gli poggiò una mano sotto il mento
facendogli alzare il viso e glielo poggiò sugli occhi.
La
stoffa fresca e bagnata dovette sortire l’effetto desiderato perché lo sentì
sospirare di benessere e lasciando ricadere maggiormente il capo, lasciò che
fosse la sua mano appoggiata dietro la nuca a sostenerne il peso.
“Va
meglio?” domandò ironicamente soffermandosi indisturbata ad osservare ogni
dettaglio del bel viso semi nascosto dalla stoffa.
“Uhm…”
fu il gemito melodrammatico che ricevette in risposta.
Socchiudendo
gli occhi sospirò mentalmente.
Quella
giornata stava davvero prendendo una piega, per lei, del tutto inaspettata.
Dal
giorno prima e più precisamente dal momento in cui Rupert le aveva detto che le
mancava, non aveva fatto altro che pensare a ciò che avrebbe potuto dirgli e
che invece non aveva detto.
Aveva
avuto un ottima occasione…e l’aveva miseramente sprecata.
Per
tutta la mattina poi, aveva cercato d’ignorare, accantonare quel pensiero, ma
quelle parole e il loro tono continuavano a rimbombarle nelle orecchie. Dalla
voce di Rupert aveva capito che la sua reazione e il suo silenzio gli era
giunti inaspettati e il tutto, non aveva fatto altro che innervosirla.
Fino
all’istante prima in cui si erano rivisti aveva temuto in una qualche tensione
o una pretesa di spiegazione da parte sua, ma come sempre, del resto…aveva
sbagliato.
Il
ragazzo che con un enorme sorriso stampato sul viso le aveva aperto la porta di
casa e l’aveva accolta con entusiasmo era il suo solito e adorabile Rupert.
Magari
un po’ più trasandato del solito, pensò sfiorando con lo sguardo i lineamenti
del viso scuriti da un leggero filo di barba, ma pur sempre il suo Rupert.
L’ora
seguente al suo arrivo era stato un susseguirsi di risate. Seduti sul divano
del salotto, Emma gli aveva raccontato ciò che era successo nella settimana
appena trascorsa.
I
rimbrotti di Dan, la sua completa incapacità di riuscire a portare a termine
un’intera sequenza senza che Jerry non gliela facesse ripetere e in fine ciò
che era successo il giorno prima con Sunny.
In
attesa di Dan e Bonnie, avevano poi dato un’occhiata ai nuovi story-book che lei
stessa gli aveva portato, e che gli sarebbero serviti per i prossimi quindici
giorni.
Fu
solo allora che realizzò ciò che sarebbe accaduto entro breve.
Se
le riprese della settimana successiva si fossero svolte con regolarità, quella
seguente lei e Rupert avrebbero dovuto interpretare la loro prima scena di sesso.
Un
lieve rossore salì ad imporporargli di nuovo il viso e fu contenta che Rupert
non potesse vederla in quel momento.
Sarebbe
stato complicato e non privo d’imbarazzo dovergliene spiegare il motivo.
Non
era alla sua prima esperienza, certamente le era capitato altre volte, con
altri partner, ma con Rupert…
Era
sicura che per lui sarebbe stata una passeggiata e un’ennesima occasione per
burlarsi lei.
Riusciva
sempre ad essere completamente padrone di se e disinvolto sul set, qualsiasi
cosa dovesse interpretare. Una smorfia le increspò le labbra ripensando
all’espressione e al luccichio dei sui occhi quando aveva scoperto cosa lo
attendeva il lunedì sul set.
E
precisamente…un’altra scena piccante, ma questa volta non era lei a dover
recitare con lui, ma l’affascinante Navi Rawat.
Un
motto di stizza le fece premere involontariamente con più vigore lo straccio
sui suoi occhi.
“Eih,
hai intenzione di cavarmeli?”
Le
labbra di Rupert si mossero soffici ed inaspettate sotto il suo avambraccio
sfiorandole dolcemente la pelle e un lungo brivido le corse per tutto il corpo.
Dannazione!
A
lei bastava il solo sfiorare delle sue labbra per provare emozioni inebrianti,
mentre lui era capace solo di eccitarsi all’idea di divertirsi un po’ con
quella stangona tutta curve della Rawat.
Mollando
senza preavviso la presa sotto la sua testa, lasciò che questa cedesse
pesantemente all’indietro.
“Puoi
sempre fare da solo se non ti va bene!” disse con enfasi piantandolo in asso e
tornando al proprio lavoro.
Allontanando
all’istante lo straccio dal viso, Rupert puntò lo sguardo sorpreso sulla
ragazza.
“Che
ti è preso?” le domandò vedendola accanirsi con il coltello su di un
incolpevole pomodoro.
“Assolutamente
nulla, è solo che mi sembrava ci stessi prendendo gusto e non abbiamo tempo da
perdere. Se non mettiamo su la salsa non sarà pronta per cena.”
Dopo
qualche attimo di riflessione, Rupert parve prendere la sua risposta per buona
e le sorrise.
“Hai
ragione, dunque…” sporgendosi dalla sedia tirò lo strofinaccio nel lavandino e
battendo le mani le sfregò fra loro.
“…ora
che posso farti?” le domandò guardandosi attorno.
“Devi
finire con le cipolle.” ribadì la ragazza mettendo i pomodori in un recipiente
e prendendo del sedano.
Dall’altra
parte vi fu solo…silenzio.
Stupita
da quella mancanza di risposta e assenza di rumore portò nuovamente lo sguardo
su l’amico.
Con
un espressione fra lo sbalordito e il terrorizzato, Rupert la fissava ad occhi
sgranati.
“Che
c’è?” gli domandò.
“Stavi
scherzando vero?” accennò con uno strano sorriso.
Emma
passò il peso del corpo su di un piede e si portò una mano ai fianchi.
“Certo
che no! Non posso certo metterle nel tegame intere, sono da affettare e
tritare.”
“Non
puoi farmi questo!”
“Avanti
non fare il bambino. Non c’è bisogno che tu le faccia tutte me ne bastano solo
due.”
Tentando
di non ridere, cercò in tutti i modi di ricordarsi per quale motivo fino a
qualche minuto prima fosse in collera con lui. Ma le era impossibile. Come era
pensabile di rimanere arrabbiata mentre la guardava a quel modo. Sembrava un
bambino che cercava in tutti i modi di convincere la madre a revocare una
punizione.
“Due?
Ma se ho ancora gli occhi che bruciano e lacrimano solo per averle sbucciate,
figuriamoci come mi ridurrò per tritarle.” esclamò mettendo il broncio e
incrociando le braccia sul petto.
Fu
il massimo.
Emma
scoppiò a ridere di gusto mentre Rupert capendo di aver raggiunto lo scopo
desiderato si unì subito dopo a lei.
“Grande
e grosso e si fa spaventare da un paio di cipolle.”
“Che
ci posso fare, sono delicato e poi si sa, piangere fa venire gli occhi belli e
io non ne ho bisogno.”
Parole sante, pensò Emma considerando quante volte si era
ritrovata a perdersi in quell’oceano azzurro.
“Smettila
di dire sciocchezze e portamele qui… prima che cambi idea.”
Sempre
con un sorriso malizioso stampato sulle labbra, Rupert afferrò con due dita di
entrambe le mani i pericolosi ortaggi e glieli appoggiò di fronte.
“Grazie
Emma, ti adoro.” disse chinandosi su di lei per baciarle una guancia.
Pochi
istanti prima che le sue labbra sfiorassero la sua pelle, con uno scatto
inaspettato Emma si allontanò repentinamente evitando il contatto.
Rupert
s’irrigidì.
Era
la seconda volta che accadeva nell’arco di appena due ore e non poteva
assolutamente essere un caso.
La
volta precedente era accaduto subito dopo il suo arrivo.
Carica
di fogli, copioni, borsetta e beauty aveva evitato il bacio che aveva tentato
di darle come saluto.
E
ora…
Lentamente
si girò a guardarla e maggiormente sorpreso la vide sorridere. E cosa poteva
esserci di così divertente?
“E’
la seconda volta che mi eviti.”
Il
tono della sua voce risuonò decisamente troppo teso persino per lui e così si
costrinse ad alleggerirlo socchiudendo gli occhi, guardandola di sottecchi con
fare beffardo.
“Oh
e succederà di nuovo, te lo posso garantire.” ribadì la ragazza sgranando gli
occhi per sottolinearne la determinazione.
“E
di grazia…posso almeno saperne il motivo?”
Emma
alzò una mano nella sua direzione puntandogli il dito contro. Non riuscendo a
capire, Rupert si strinse nelle spalle.
“La
barba Rupert, la barba. Finché avrai quella specie di grattugia appiccicata al
viso puoi anche fare a meno di provarci e di avvicinarti.”
Rupert,
non riusciva a crederci. Era indeciso fra il mettersi a ridere o il strozzarla.
“Quindi
mi hai lasciato con un palmo dal naso per ben due volte solo perché stamattina
non mi sono rasato?” le domandò incredulo.
“Già,
non la sopporto. Mi spiace ma è più forte di me. E poi scusa…”
Emma
abbassò leggermente lo sguardo mentre sul suo viso comparve un leggero rossore.
“…avresti
dovuto capirlo, quale altro motivo poteva esserci?” concluse cercando di
mostrarsi più distaccata e ironica di quel che si sentisse e maledicendosi per
non essere riuscita a trattenersi dallo scostarsi.
Rupert
aprì la bocca per risponderle a tono, ma poi la richiuse rimanendo a guardare
incredulo l’espressione imbarazzata e incoerente dell’amica.
Emma
non sembrava contargliela giusta.
Continuando
ad osservarla in silenzio, la vide non riuscire a sostenere più il suo sguardo
e voltandosi verso il tavolo riprese il lavoro interrotto. Un sorriso
compiaciuto distese le sue labbra fino a quel momento contratte in una smorfia
tirata.
A quanto pare non tutte le mie
speranze sono perdute.
“D’accordo
hai vinto…” esordì rompendo il silenzio che si era creato, alleggerito
solamente dal ritmico suono del coltello sul duro legno del tagliere.
“…non
più baci fintanto avrò questa…grattugia, sul viso.”
Spostandosi
di fianco a lei appoggiò entrambi le mani sul tavolo, abbassandosi fin tanto i
suoi occhi non riuscirono nuovamente ad incontrare i suoi.
Emma
non poté evitare ulteriormente d’ignorarlo e incrociò lo sguardo col suo.
Rupert
le strizzò l’occhio poi le sorrise malizioso.
“…ma
poi non lamentarti quando chiederò il conto.”
“Che
stupido che sei!” esclamò afferrando uno strofinaccio e scagliandoglielo
contro.
Il
ragazzo si mosse rapidamente all’indietro evitandolo e scoppiò a ridere.
“Poi
non dire che non ti avevo avvisata.”
Emma
si unì a lui mentre quest’ultimo le si riavvicinava alzando le mani in segno di
resa.
“Ok,
ok… ora basta giocare e torniamo a fare sul serio.”
Ricominciando
a guardarsi attorno cercò qualcosa da fare per rendersi utile.
“Che
posso fare ora…a parte tritare cipolle…” si affrettò a chiarire quando la vide
accennare ai suddetti ortaggi.
Emma
scoppiò nuovamente a ridere mentre scuoteva energicamente il capo.
“Nulla,
non ti vedo portato come cuoco.” disse affondando nuovamente la lama con
decisione.
“E
dai…voglio aiutarti. Non mi va che tu faccia tutto da sola.”
“Non
ti preoccupare io mi diverto e poi fra poco dovrebbero arrivare Dan e Bonnie e
mi aiuterà lei.”
Rupert
ebbe il vago presentimento che Emma si volesse liberare di lui.
“Anzi,
visto che non sono ancora arrivati perché non ne approfitti e dai un'altra
occhiata alle nuove sequenze. Se le leggi ora, non dovrai più pensarci per il
resto del week-end.”
Il
suo ragionamento non faceva una grinza, ma la sensazione che il suo unico scopo
fosse quello di allontanarlo dalla cucina era notevole.
Se
era quello che voleva, per il momento glielo avrebbe concesso.
Aveva
sempre sostenuto che per non correre il rischio di sbagliare ci sarebbe andato
con calma, senza bruciare le tappe e così avrebbe fatto.
Dandosi
mentalmente dell’egoista si ritrovò a desiderare di non aver invitato anche Dan
e Bonnie. Quale occasione migliore sarebbero stati due giorni da solo con Emma.
“D’accordo,
mi rintanerò in salotto a studiare…mammina…”
esclamò allontanandosi verso l’uscita sotto lo sguardo divertito di Emma.
“Ecco,
bravo. Fai i compiti così più tardi potrai giocare con il tuo amichetto.” lo
schernì Emma di rimando.
“Comunque
potrò sempre dire di essere stato cacciato dalla mia cucina!”
Emma
alzò gli occhi al cielo e lo guardò sparire attraverso la porta.
“Esagerato.”
“Comunque…”
la testa di Rupert fece immediatamente dopo la sua comparsa al di là dello
stipite.
“…sappi
che metterò in conto pure questo. Mia cara, il conto ti risulterà infine
molto…dolce!”
Emma
scoppiò a ridere e lui subito dopo scomparve di nuovo.
“Testone,
si dice salato.” gli urlò dietro.
Appoggiato
al muro accanto alla porta, Rupert sorrise sornione.
Dipende…dipende…
Un’ora
dopo…
“Dunque…unire
i pomodori a pezzettoni e lasciar bollire a fuoco moderato per circa un’ora.”
Emma
rilesse frettolosamente per l’ennesima volta l’intero procedimento della
ricetta e vi volse a controllarne il risultato. Afferrò il cucchiaio di legno
accanto ai fornelli e rimescolò con cura la salsa che sobbolliva lentamente.
“Perfetto.”
esclamò annuendo soddisfatta.
“Ora
non mi rimane altro che evitare di bruciarlo.”
Si
strofinò le mani nel grembiulino a fiori e ritornò a guardare il ricettario.
Sfogliandolo
con decisione si spostò dalla sezione salse, a quella dessert sperando di
trovare qualcosa che fosse adatto alle sue doti culinarie.
“Questo
doveva essere compito di Bonnie.” borbottò con una punta di rammarico.
Sedendosi
al tavolo e passando in rassegna ogni ricetta, ripensò alla sua telefonata.
Mezz’ora
dopo la sparizione di Rupert in salotto, Bonnie li aveva chiamati per
avvertirli che avrebbero tardato. A sentir l’amica, l’auto di Daniel aveva
avuto un guasto lungo la strada e non
era esattamente in grado di sapere quanto tempo avrebbero impiegato a trovare
un meccanico e a risolvere il problema.
Fin
li la cosa poteva suonare del tutto normale, se non fosse stata per un’unica
nota stonata.
Ovvero,
quando lei e Rupert si erano offerti di andarli a prendere, l’amica aveva
categoricamente rifiutato, accampando l’assurda scusa che Daniel non voleva saperne
di abbandonare la propria auto nuova.
Dopodiché
li aveva salutati frettolosamente aggiungendo di non aspettarli prima di cena.
In
un primo momento Emma non vi aveva assolutamente creduto e anzi, era stata
dell’idea che fosse una delle tante scuse che ultimamente Bonnie usava per
lasciarla da sola con Rupert, ma poi si disse che Dan non sapeva nulla e quindi
non avrebbe potuto reggerle il gioco.
Così
quella che quel mattino le era sembrato un ottimo pretesto per passare un po’
di tempo insieme a preparare la cena per i loro amici, si era trasformato in un
pomeriggio passata da sola ai fornelli.
Oh
dio…da sola.
A
dire il vero, Rupert si era offerto d’aiutarla e per almeno un quarto d’ora lo
aveva persino fatto.
Sorridendo
ripensò divertita alle orribili espressioni che si erano dipinte sul suo volto
mentre la pregava di non fargli tagliare altre cipolle o a quella sconcertata
di quando aveva evitato il suo bacio.
Cosa
di cui si era pentita nell’immediato attimo successivo.
Fortunatamente
era riuscita a cavarsela adducendo la colpa della sua reazione alla barba
incolta, ma non era del tutto sicura che ci avesse creduto.
Appoggiò
il gomito sul tavolo e posando il mento sopra il dorso della mano, osservò
distrattamente le diciture sul libro, ma le risultava decisamente difficile
riuscire a concentrarsi su qualcosa che non avesse a che fare con il ragazzo
dai capelli rossi che occupava ormai costantemente i suoi pensieri.
Dal
giorno prima e per tutta la mattina aveva cercato d’ignorare, accantonare il
ricordo della loro telefonata, ma le sue parole continuavano a rimbombarle
nelle orecchie.
Ed
era essenzialmente quello il vero motivo per cui non era riuscita ad accettare
quel semplice gesto d’amicizia che si erano sempre scambiati.
Senza
contare il fatto di trovarsi da sola, a casa sua e vedere quei sorrisi carichi
di malizia e di sottointesi che così spesso gli aveva visto rivolgere ad altre
ragazze e che ora le sembravano rivolti a lei, non facevano altro che
innervosirla maggiormente.
“Sei
proprio stupida Emma. Invece di rallegrarti alla possibilità che tu possa
seriamente piacergli e interessargli non solo come amica, ti metti sulla
difensiva e fai in modo di tenerlo lontano da te!”
Lasciandosi
andare ad un sospiro di rassegnazione per la propria incapacità di reagire in
simili occasioni, si diede ancora una volta della sciocca.
Il
rumore di passi sul soffitto la distolse dalla sua autocommiserazione.
Istintivamente
alzò gli occhi verso l’alto, immaginando i movimenti di Rupert nella stanza sopra
di lei.
Dopo
essere stato relegato in salotto a studiare i copioni, aveva fatto la sua
ricomparsa in cucina subito dopo la telefonata di Bonnie e aveva cercato di
convincerla ad accettare il suo aiuto nella preparazione della cena, ma lei
aveva rifiutato categoricamente.
Un
mezzo sorriso le increspò il viso ripensando all’espressione bellicosa con cui
le aveva ricordato quanto le sarebbe costato in seguito quel affronto.
Scuotendo
la testa si chinò nuovamente sul libro, ma due colpi più forti del normale la
distrassero per l’ennesima volta. I passi si fecero ora più ovattati mentre si
spostava all’altro capo della stanza.
Silenzio.
Rimase
immobile…in attesa…ma non vi fu altro suono.
Battendosi
una mano aperta sulla fronte, scoppiò a ridere scrollando ancor più energicamente
la testa.
“Ok,
Emma…hai appena raggiunto lo stadio più alto di demenza a cui potevi arrivare.
Cercare d’immaginartelo persino mentre cammina nella propria stanza e…”
Il
rumore di migliaia di goccioline che veloci e frenetiche rimbalzavano sul
pavimento le mozzò il respiro e la frase.
L’immagine
alquanto provocante e per nulla decente di Rupert sotto la doccia prese
immediatamente forma nella sua mente.
Emma
sentì un improvviso calore salirle alle guance mentre un fremito le percorse la
schiena.
Balzò
in piedi di scatto facendo cadere la sedia sotto di se. Sfogliando rapidamente
il libro senza nemmeno guardarlo realmente, si fermò a caso e altrettanto a
caso puntò un dito su di una pagina.
“Questo…ecco
quale sarà il dolce per stasera…”
Con
le gote in fiamme e lo stomaco in preda a una terribile agitazione, Emma decise
di concentrarsi unicamente sulla preparazione di quest’ultimo.
Cosa,
che si sarebbe rivelata tutt’altro che semplice.
Londra ore 18.45
Bonnie
aggiunse due cucchiaini di zucchero e una spruzzata di latte in una delle due
tazzine di caffè che aveva preparato e lo rimescolò con cura.
Dopo
la brevissima operazione la riappoggiò sul piattino, la caricò sul vassoio e si
avviò fuori dalla piccola cucina. Non appena varcò la porta del salotto si soffermò
per un istante in preda ad un piacevole e allo stesso tempo doloroso de ja vu.
Daniel
seduto al tavolo in fondo alla stanza se ne stava chino sul ripiano,
concentrato sul puzzle.
Non
pareva affatto un ospite in quella casa, sembrava farne ancora completamente
parte e se ne sentiva parte.
L’elegante
figura che mostrava in ogni occasione ora era scomparsa lasciando intravedere
il vero Dan.
Camicia
aperta sul collo, fuori dai jeans e maniche arrotolate fino ai gomiti.
I
capelli corvini spettinati all’inverosimile per i continui passaggi delle sue
mani, le rammentava le domeniche in cui, alteravano i momenti dedicati a
terminare il loro primo puzzle a quelli in cui passavano a far l’amore senza
esserne mai sazi.
Rendendosi
conto di essere osservato, Dan si girò verso di lei e non appena la scorse le
sorrise. Bonnie arrossì imbarazzata dall’essersi fatta sorprendere e si
affrettò a raggiungerlo.
Appoggiò
il vassoio nell’unico angolo libero del tavolo e prendendo la tazzina con il
caffè macchiato gliela poggiò dinnanzi.
Il
ragazzo spostò lo sguardo sul suo contenuto e un brevissimo sorriso gli
illuminò il viso.
Entrambi
bevvero in silenzio, assaporando il piacevole sapore della bevanda e gustando
quella meravigliosa famigliarità.
Se
pur a malincuore fu Daniel a interrompere quell’idilliaco momento.
“Se
vogliamo essere a Hertford per l’ora di cena…credo che dovremmo…”
Il
tono era piatto e tutt’altro che entusiasta.
Bonnie
alzò appena lo sguardo e guardò dritto davanti a se al di fuori della finestra.
Il cielo aveva oramai perso ogni minima traccia del tramonto, era nero…oscuro,
e solo le luci di Londra illuminavano la sera.
Annuì
appena e riappoggiò la propria tazza.
“Sì,
è meglio andare.” ribadì anch’essa senza entusiasmo.
“Anche
se…è un vero peccato. Proprio ora che finalmente iniziava a prendere forma.”
proseguì osservando la testa di unicorno che spiccava ormai completa, ma
staccata dal corpo per soli pochi pezzi.
Subito
dopo, si alzò velocemente cercando di nascondere il proprio desiderio a non
voler porre fine a quella loro giornata insieme.
Allungò
il braccio per recuperare anche l’altra tazza, ma non appena l’ebbe afferrata,
la mano di Dan si serrò sulla sua imprigionandola.
La
ragazza si volse sorpresa e incrociò il suo sguardo.
“Che
ne dici se concediamo a Rupert ed Emma ancora qualche ora?”
…continua……speriamo !!!
:-(
Ok..ok..d’accordo so di essere da
fustigazione ma credetemi questo è il massimo che sono riuscita a fare. Buona
parte di questo capitolo era già stato scritto un anno fa e capirete che ricominciare
ora non è per niente facile. Nonostante ricordi esattamente ciò che volevo
accadesse fra i personaggi, riprendere il filo della storia è difficilissimo.
Soprattutto al punto cruciale e sentimentale in cui sono arrivata. A dire il
vero non la credevo così dura.
Comunque vi prometto che ci proverò e
riproverò anche perché anch’io mi ero molto affezionata a questa storia. Vi
chiedo quindi di portare pazienza ancora un po’.
Voglio infine ringraziare tutti quelli che
mi hanno dato il loro supporto e offerto il loro aiuto. GRAZIE TANTE!!!
Al momento il problema che per tanto tempo
ha occupato il mio tempo e i miei pensieri tanto allungo è parzialmente risolto
e spero con tutto il cuore che possa andare sempre meglio.
Ora vi saluto con un grande bacio e se
volete lasciarmi una recensioncina…ben venga. ^_^
GRAZIE A TUTTI…