Fanfic su attori
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Autore: ChantalReady    08/03/2006    23 recensioni
Sono passati tredici anni da quando, Emma Watson e Rupert Grint si sono incontrati la prima volta. Durante questo periodo più volte la finzione del set e la realtà si è fusa in un'unica cosa. Ma allora il sentimento che tormenta Emma e Rupert è solo la conseguenza dei rapporti fra Hermione e Ron? O è qualcosa di più profondo e reale. Il set e la strepitosa scenografia dell’ultimo atto della saga di Harry Potter potrebbe aiutarli a capire se tutto cio è Finzione o Realtà. P.S. E’ la mia prima fanfiction, spero non sia veramente orribile.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Emma Watson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Volevo ricordare che i personaggi di Harry Potter non sono assolutamente di mia invenzione

Volevo ricordare che i personaggi di Harry Potter non sono assolutamente di mia invenzione.

Le “battute” (che verranno scritte in corsivo.) e la storia del film sono prese dalla fanfiction: Being a war Mage, per gentile concessione di Sunny.

 

Capitolo 7

 

 

Il giorno seguente…

 

Londra  ore 15.30

 

Dopo un ultima controllata al trucco, Bonnie uscì dalla propria camera da letto spostandosi in salotto.

Passando accanto allo stereo l’accese sintonizzandolo sulla sua stazione radiofonica preferita e si preparò ad aspettare.

Nel messaggio della sera precedente, Emma l’aveva avvertita che dal momento che Dan doveva rientrare in città per questioni personali, sarebbe passato lui a prenderla nel primo pomeriggio, per ritrovarsi poi a casa dell’amico.

“Almeno avranno modo di passare un po’ di tempo da soli. Chissà che quei due zucconi non riescano a fare un po’ di chiarezza fra loro.” sperò ripensando a quanto fossero ottusi i due.

Per ingannare l’attesa si avvicinò al tavolo posto in un angolo della stanza dove, su una lastra di compen-sato, i tre mila pezzi di un puzzle giacevano ancora in completo disordine.

Da quando era rientrata a Londra, dieci giorni prima, aveva tentato decine di volte di rimetterne insieme i pezzi senza alcun risultato. Nonostante i molteplici tentativi l’unica cosa che era riuscita a portare a ter-mine era stata la cornice.

Con un sospiro rassegnato, storse le labbra in una smorfia. Appoggiandosi con un gomito sul ripiano ini-ziò a scorrere velocemente con lo sguardo sui pezzi allineati.

Nulla da fare!

Non riusciva a trovarne uno che potesse anche solo minimamente darle l’idea di potersi incastrare ad un altro.

“Magari è difettoso…” affermò senza troppa convinzione.

Dopo circa una decina di minuti, durante i quali aveva dovuto resistere più volte alla tentazione di gettare tutto al di fuori della finestra, finalmente il citofono suonò.

“Meno, male.” esclamò afferrando al volo il cappotto appeso accanto alla porta.

Il campanello suonò di nuovo.

“Accidenti, ma che sarà tutta questa fretta.” sbuffò spazientita.

Mentre cercava d’infilarsi una scarpa con una mano, avanzò a saltelli verso l’interfono alzando la cornetta.

“Bonnie?…Bonnie!?” la voce leggermente metallica di Daniel la chiamava ripetutamente.

“Se avevi fretta dovevi arrivare prima. Un attimo e scendo.”

“Aspetta Bonnie, aprimi…ho bisogno di salire.”

La ragazza rimase leggermente stupita, poi premette il tasto di apertura del portone d’ingresso.

Rimanendo immobile di fronte alla porta con una scarpa sì e una no, si volse verso il salotto controllando che almeno fosse decentemente presentabile. Non si era aspettata di ricevere visite e nonostante fosse a casa da diversi giorni, non si poteva dire che si fosse dedicata troppo ai lavori casalinghi.

Dopo una rapida occhiata, eccola lì…una pila di slip e reggiseno puliti e ripiegati facevano bella mostra di se in un angolo del divano.

“Oh, cielo!”

Lanciando cadere a terra la scarpa che ancora reggeva, si precipitò verso la biancheria.

Ebbe appena il tempo d’infilarli rapidamente sotto uno dei cuscini del divano e sederci si sopra, che Da-niel fece il suo ingresso nell’appartamento.

 

La prima cosa che notò fu la buffissima espressione sul viso irrequieto di Bonnie.

Non era riuscito bene a capire che cosa stesse combinando, ma il suo scatto nel mettersi a sedere e il pic-colo lembo di stoffa rosso che sbucava fuori dal divano, gliene davano una vaga idea.

“Posso entrare?” chiese rivolgendole un sorriso disarmante.

Bonnie asserì con il capo facendogli cenno di accomodarsi.

Non appena lo ebbe fatto, il profumo inconfondibile che lo accolse gli fece ricordare da quanto tempo non mettesse più piede in quella casa. Guardandosi attorno ritrovò ogni cosa, oggetto, quadro o foto nell’identico posto in cui si era trovato l’ultima volta in cui vi era entrato.

Persino la foto che li ritraeva insieme.

Emma gliela aveva scattata di nascosto mentre loro se ne stavano abbracciati appoggiati ad un tronco durante uno pic-nic.

Bonnie dovette intercettare il suo sguardo e intuire ciò che stesse pensando.

“Emma è un vero portento con la macchina fotografica. Quella foto è talmente bella che non sono riu-scita a…”

liberarmene…pensò lasciando la frase in sospeso.

Daniel annuì appena, poi mosse qualche passo verso di lei fino a che non inciampò su qualcosa che si trovava davanti ai suoi piedi.

Bonnie si passò una mano sul viso nascondendosi dietro di essa, mentre il ragazzo si chinò rialzandosi subito dopo con la sua scarpa fra le mani.

“Hai perso una scarpa Cenerentola?” le chiese ridendo.

“Molto spiritoso…”

Bonnie lasciò il divano, avvicinandosi e strappandogliela dalle mani se la infilò velocemente. Si sentiva insicura e non propriamente padrona dei propri nervi.

Ogni volta che lui le era accanto la rendeva nervosa e ora ritrovarselo così vicino, a casa sua, in un posto in cui avevano condiviso momenti d’estrema intimità non faceva che aumentare la sua agitazione.

“Se devi andare al bagno, vai. Emma e Rupert ci staranno aspettando.”

Dan la guardò sorpreso, poi scoppiò a ridere.

“Tu, hai creduto che io…” Bonnie lo guardò stranita.

“Scusami…no, non devo andare al bagno.” affermò il ragazzo cercando di contenere le risa.

“E allora? Perché non mi hai aspettato giù, a quest’ora potevamo già essere in strada.”

Ribadì la ragazza portandosi le mani ai fianchi e guardandolo con un espressione di chi esige una spiegazione.

“Venendo fin qui poco fa, mi sono detto che se noi tardassimo un po’, magari quei due passando del tempo da soli…” mentì spudoratamente.

A dire il vero era dall’istante stesso in cui Rupert lo aveva invitato a casa sua, che quell’idea gli era balenata nella mente. Persino il fatto di metterla di fronte al fatto compiuto era stato del tutto calcolato. Solo in quel modo avrebbe avuto l’occasione di passare un po’ di tempo solo con lei.

“Che ne pensi? Potremmo inventarci una scusa e tardare di qualche ora il nostro arrivo.”

Bonnie socchiuse leggermente gli occhi guardandolo con leggero sospetto, poi il suo viso si rischiarò con un sorriso.

“Trovo che sia un’ottima idea. Anch’io penso che abbiano bisogno di stare un po’ da soli. Negli ultimi tempi non faccio che eclissarmi ogni volta che posso, ma su un set è un po’ una cosa improponibile.”

Rincuorato dalla sua reazione positiva si sfregò entrambe le mani con soddisfazione.

“Mi sa che se non pensiamo noi a quei due, rimarranno in questo stallo per un bel pezzo.”

Il sorriso della ragazza si allargò maggiormente concordando pienamente.

Dan si guardò nuovamente attorno e iniziò a girare per la stanza.

“Ora non rimane che decidere come ammazzare il tempo nelle prossime ore.”

“Se hai da fare o ti vuoi fare un giro per Londra, non preoccuparti per me. Mi passi a prendere più tar-di.”

“Non se ne parla nemmeno.” affermò con decisione.

Quando si ritrovò di fianco al tavolo sul quale giaceva il puzzle la guardò con un sorriso.

“Opera di tua madre?”

“Come al solito.” gli confermò sorridendo.

“L'ultima volta me lo ha portato via dalla disperazione dopo quattro mesi. Non riesce a rassegnarsi all'idea che io non sia in grado di portarne uno a termine.”

“Non è del tutto vero...uno lo hai terminato.” esclamò il ragazzo senza guardarla in volto e mantenendo lo sguardo sui piccoli pezzi di cartoncino sparsi davanti a sé.

“Quello non conta...non l'ho finito da sola.” mormorò cercando d'ignorare il nodo che le era salito alla gola.

Afferrandone uno fra le sue mani grandi, Dan alzò il viso incrociando i suoi occhi azzurri con quelli di lei.

“Visto che abbiamo un po' di tempo...che ne dici se proviamo a rimettere insieme i pezzi?”

E magari già che ci siamo, proviamo a vedere se riusciamo a ricomporre anche il puzzle della nostra storia, pensò con amarezza.

Vedendola indecisa e silenziosa le sorrise portandosi di fronte al viso il minuscolo pezzetto, poi inarcando le labbra in una smorfia divertita si volse verso il tavolo. Con un gesto deciso e sicuro lo posò all'angolo della cornice facendolo incastrare perfettamente con gli altri due.

“Con il mio aiuto potresti toglierti una piccola soddisfazione con tua madre.”

Bonnie gli sorrise dolcemente e il suo stomaco si contrasse. Erano mesi che non gli rivolgeva più un sorriso così sincero ed esclusivamente suo.

“D'accordo ci sto. Dopo tutto dobbiamo pur passarci il tempo.”

Afferrando il bordo del tavolo, Daniel lo scostò dalla parete per permettere ad entrambi di avere una maggiore visuale.

“Allora, quello fra noi due che avrà riunito il minor numero di pezzi dovrà inventarsi una scusa e telefonare a Rupert ed Emma per informarli che non arriveremo in tempo per la cena.”

Bonnie sgranò gli occhi allarmata.

“E' no, non è giusto. Tu parti avvantaggiato e poi l'idea è stata tua!”

Il ragazzo scoppiò a ridere e si mise al lavoro.

“Ti conviene parlare meno e concentrarti di più.”

“Uff...”

Bonnie si chinò velocemente sul tavolo prendendo in esame un enorme quantità di pezzi per volta. Daniel alzò appena gli occhi sul suo viso.

Come aveva potuto essere tanto stupido da credere realmente di potergli essere solo amico.

 

 

Hertford ore 16.45

 

 

“Quante credi che debba sbucciarne ancora?”

Emma alzò gli occhi dal tagliere sul quale stava riducendo grossolanamente a pezzi dei pomodori maturi e scoppiò a ridere.

“Santo cielo Rupert, ma che hai fatto?”

Nell’angolo opposto del tavolo, con una espressione sofferente e il volto rigato di lacrime, Rupert aveva pulito l’intera confezione da un chilo di cipolle che gli aveva messo di fronte.

Mordendosi un labbra per impedirsi di scoppiare a ridere, si pulì in fretta le mani e gli si avvicinò.

“Che c’è tesoro…perché piangi?” lo schernì in tono dolce accarezzandogli la testa amorevolmente.

“Molto spiritosa, davvero molto.” si lamentò il ragazzo tirando su col naso e scuotendo il capo per allontanare la sua mano.

“Ho sempre odiato le cipolle e tu guarda quante me ne hai fatte pulire!”

Lasciando cadere il coltello sul tavolo iniziò a passarsi il dorso della mano sulle guance per asciugarsi le lacrime e si sfregò gli occhi che bruciavano come l’inferno.

“Fermo con quelle mani.” esclamò sorridendo e afferrandogliele fra le sue.

“Ma…bruciano…” gemette il ragazzo stringendoli ancora più forte e battendo i piedi.

“Lo so, ma se li strofini così è anche peggio, aspetta un attimo e non toccarli.”

Emma si scostò e afferrando uno strofinaccio pulito lo bagnò sotto l’acqua fredda, lo strizzò e dopodiché ritornò da lui. Gli poggiò una mano sotto il mento facendogli alzare il viso e glielo poggiò sugli occhi.

La stoffa fresca e bagnata dovette sortire l’effetto desiderato perché lo sentì sospirare di benessere e lasciando ricadere maggiormente il capo, lasciò che fosse la sua mano appoggiata dietro la nuca a sostenerne il peso.

“Va meglio?” domandò ironicamente soffermandosi indisturbata ad osservare ogni dettaglio del bel viso semi nascosto dalla stoffa.

“Uhm…” fu il gemito melodrammatico che ricevette in risposta.

Socchiudendo gli occhi sospirò mentalmente.

Quella giornata stava davvero prendendo una piega, per lei, del tutto inaspettata.

Dal giorno prima e più precisamente dal momento in cui Rupert le aveva detto che le mancava, non aveva fatto altro che pensare a ciò che avrebbe potuto dirgli e che invece non aveva detto.

Aveva avuto un ottima occasione…e l’aveva miseramente sprecata.

Per tutta la mattina poi, aveva cercato d’ignorare, accantonare quel pensiero, ma quelle parole e il loro tono continuavano a rimbombarle nelle orecchie. Dalla voce di Rupert aveva capito che la sua reazione e il suo silenzio gli era giunti inaspettati e il tutto, non aveva fatto altro che innervosirla.

Fino all’istante prima in cui si erano rivisti aveva temuto in una qualche tensione o una pretesa di spiegazione da parte sua, ma come sempre, del resto…aveva sbagliato.

Il ragazzo che con un enorme sorriso stampato sul viso le aveva aperto la porta di casa e l’aveva accolta con entusiasmo era il suo solito e adorabile Rupert.

Magari un po’ più trasandato del solito, pensò sfiorando con lo sguardo i lineamenti del viso scuriti da un leggero filo di barba, ma pur sempre il suo Rupert.

L’ora seguente al suo arrivo era stato un susseguirsi di risate. Seduti sul divano del salotto, Emma gli aveva raccontato ciò che era successo nella settimana appena trascorsa.

I rimbrotti di Dan, la sua completa incapacità di riuscire a portare a termine un’intera sequenza senza che Jerry non gliela facesse ripetere e in fine ciò che era successo il giorno prima con Sunny.

In attesa di Dan e Bonnie, avevano poi dato un’occhiata ai nuovi story-book che lei stessa gli aveva portato, e che gli sarebbero serviti per i prossimi quindici giorni.

Fu solo allora che realizzò ciò che sarebbe accaduto entro breve.

Se le riprese della settimana successiva si fossero svolte con regolarità, quella seguente lei e Rupert avrebbero dovuto interpretare la loro prima scena di sesso.

Un lieve rossore salì ad imporporargli di nuovo il viso e fu contenta che Rupert non potesse vederla in quel momento.

Sarebbe stato complicato e non privo d’imbarazzo dovergliene spiegare il motivo.

Non era alla sua prima esperienza, certamente le era capitato altre volte, con altri partner, ma con Rupert…

Era sicura che per lui sarebbe stata una passeggiata e un’ennesima occasione per burlarsi lei.

Riusciva sempre ad essere completamente padrone di se e disinvolto sul set, qualsiasi cosa dovesse interpretare. Una smorfia le increspò le labbra ripensando all’espressione e al luccichio dei sui occhi quando aveva scoperto cosa lo attendeva il lunedì sul set.

E precisamente…un’altra scena piccante, ma questa volta non era lei a dover recitare con lui, ma l’affascinante Navi Rawat.

Un motto di stizza le fece premere involontariamente con più vigore lo straccio sui suoi occhi.

“Eih, hai intenzione di cavarmeli?”

Le labbra di Rupert si mossero soffici ed inaspettate sotto il suo avambraccio sfiorandole dolcemente la pelle e un lungo brivido le corse per tutto il corpo.

Dannazione!

A lei bastava il solo sfiorare delle sue labbra per provare emozioni inebrianti, mentre lui era capace solo di eccitarsi all’idea di divertirsi un po’ con quella stangona tutta curve della Rawat.

Mollando senza preavviso la presa sotto la sua testa, lasciò che questa cedesse pesantemente all’indietro.

“Puoi sempre fare da solo se non ti va bene!” disse con enfasi piantandolo in asso e tornando al proprio lavoro.

Allontanando all’istante lo straccio dal viso, Rupert puntò lo sguardo sorpreso sulla ragazza.

“Che ti è preso?” le domandò vedendola accanirsi con il coltello su di un incolpevole pomodoro.

“Assolutamente nulla, è solo che mi sembrava ci stessi prendendo gusto e non abbiamo tempo da perdere. Se non mettiamo su la salsa non sarà pronta per cena.”

Dopo qualche attimo di riflessione, Rupert parve prendere la sua risposta per buona e le sorrise.

“Hai ragione, dunque…” sporgendosi dalla sedia tirò lo strofinaccio nel lavandino e battendo le mani le sfregò fra loro.

“…ora che posso farti?” le domandò guardandosi attorno.

“Devi finire con le cipolle.” ribadì la ragazza mettendo i pomodori in un recipiente e prendendo del sedano.

Dall’altra parte vi fu solo…silenzio.

Stupita da quella mancanza di risposta e assenza di rumore portò nuovamente lo sguardo su l’amico.

Con un espressione fra lo sbalordito e il terrorizzato, Rupert la fissava ad occhi sgranati.

“Che c’è?” gli domandò.

“Stavi scherzando vero?” accennò con uno strano sorriso.

Emma passò il peso del corpo su di un piede e si portò una mano ai fianchi.

“Certo che no! Non posso certo metterle nel tegame intere, sono da affettare e tritare.”

“Non puoi farmi questo!”

“Avanti non fare il bambino. Non c’è bisogno che tu le faccia tutte me ne bastano solo due.”

Tentando di non ridere, cercò in tutti i modi di ricordarsi per quale motivo fino a qualche minuto prima fosse in collera con lui. Ma le era impossibile. Come era pensabile di rimanere arrabbiata mentre la guardava a quel modo. Sembrava un bambino che cercava in tutti i modi di convincere la madre a revocare una punizione.

“Due? Ma se ho ancora gli occhi che bruciano e lacrimano solo per averle sbucciate, figuriamoci come mi ridurrò per tritarle.” esclamò mettendo il broncio e incrociando le braccia sul petto.

Fu il massimo.

Emma scoppiò a ridere di gusto mentre Rupert capendo di aver raggiunto lo scopo desiderato si unì subito dopo a lei.

“Grande e grosso e si fa spaventare da un paio di cipolle.”

“Che ci posso fare, sono delicato e poi si sa, piangere fa venire gli occhi belli e io non ne ho bisogno.”

Parole sante, pensò Emma considerando quante volte si era ritrovata a perdersi in quell’oceano azzurro.

“Smettila di dire sciocchezze e portamele qui… prima che cambi idea.”

Sempre con un sorriso malizioso stampato sulle labbra, Rupert afferrò con due dita di entrambe le mani i pericolosi ortaggi e glieli appoggiò di fronte.

“Grazie Emma, ti adoro.” disse chinandosi su di lei per baciarle una guancia.

Pochi istanti prima che le sue labbra sfiorassero la sua pelle, con uno scatto inaspettato Emma si allontanò repentinamente evitando il contatto.

Rupert s’irrigidì.

Era la seconda volta che accadeva nell’arco di appena due ore e non poteva assolutamente essere un caso.

La volta precedente era accaduto subito dopo il suo arrivo.

Carica di fogli, copioni, borsetta e beauty aveva evitato il bacio che aveva tentato di darle come saluto.

E ora…

Lentamente si girò a guardarla e maggiormente sorpreso la vide sorridere. E cosa poteva esserci di così divertente?

“E’ la seconda volta che mi eviti.”

Il tono della sua voce risuonò decisamente troppo teso persino per lui e così si costrinse ad alleggerirlo socchiudendo gli occhi, guardandola di sottecchi con fare beffardo.

“Oh e succederà di nuovo, te lo posso garantire.” ribadì la ragazza sgranando gli occhi per sottolinearne la determinazione.

“E di grazia…posso almeno saperne il motivo?”

Emma alzò una mano nella sua direzione puntandogli il dito contro. Non riuscendo a capire, Rupert si strinse nelle spalle.

“La barba Rupert, la barba. Finché avrai quella specie di grattugia appiccicata al viso puoi anche fare a meno di provarci e di avvicinarti.”

Rupert, non riusciva a crederci. Era indeciso fra il mettersi a ridere o il strozzarla.

“Quindi mi hai lasciato con un palmo dal naso per ben due volte solo perché stamattina non mi sono rasato?” le domandò incredulo.

“Già, non la sopporto. Mi spiace ma è più forte di me. E poi scusa…”

Emma abbassò leggermente lo sguardo mentre sul suo viso comparve un leggero rossore.

“…avresti dovuto capirlo, quale altro motivo poteva esserci?” concluse cercando di mostrarsi più distaccata e ironica di quel che si sentisse e maledicendosi per non essere riuscita a trattenersi dallo scostarsi.

Rupert aprì la bocca per risponderle a tono, ma poi la richiuse rimanendo a guardare incredulo l’espressione imbarazzata e incoerente dell’amica.

Emma non sembrava contargliela giusta.

Continuando ad osservarla in silenzio, la vide non riuscire a sostenere più il suo sguardo e voltandosi verso il tavolo riprese il lavoro interrotto. Un sorriso compiaciuto distese le sue labbra fino a quel momento contratte in una smorfia tirata.

A quanto pare non tutte le mie speranze sono perdute.

“D’accordo hai vinto…” esordì rompendo il silenzio che si era creato, alleggerito solamente dal ritmico suono del coltello sul duro legno del tagliere.

“…non più baci fintanto avrò questa…grattugia, sul viso.”

Spostandosi di fianco a lei appoggiò entrambi le mani sul tavolo, abbassandosi fin tanto i suoi occhi non riuscirono nuovamente ad incontrare i suoi.

Emma non poté evitare ulteriormente d’ignorarlo e incrociò lo sguardo col suo.

Rupert le strizzò l’occhio poi le sorrise malizioso.

“…ma poi non lamentarti quando chiederò il conto.”

“Che stupido che sei!” esclamò afferrando uno strofinaccio e scagliandoglielo contro.

Il ragazzo si mosse rapidamente all’indietro evitandolo e scoppiò a ridere.

“Poi non dire che non ti avevo avvisata.”

Emma si unì a lui mentre quest’ultimo le si riavvicinava alzando le mani in segno di resa.

“Ok, ok… ora basta giocare e torniamo a fare sul serio.”

Ricominciando a guardarsi attorno cercò qualcosa da fare per rendersi utile.

“Che posso fare ora…a parte tritare cipolle…” si affrettò a chiarire quando la vide accennare ai suddetti ortaggi.

Emma scoppiò nuovamente a ridere mentre scuoteva energicamente il capo.

“Nulla, non ti vedo portato come cuoco.” disse affondando nuovamente la lama con decisione.

“E dai…voglio aiutarti. Non mi va che tu faccia tutto da sola.”

“Non ti preoccupare io mi diverto e poi fra poco dovrebbero arrivare Dan e Bonnie e mi aiuterà lei.”

Rupert ebbe il vago presentimento che Emma si volesse liberare di lui.

“Anzi, visto che non sono ancora arrivati perché non ne approfitti e dai un'altra occhiata alle nuove sequenze. Se le leggi ora, non dovrai più pensarci per il resto del week-end.”

Il suo ragionamento non faceva una grinza, ma la sensazione che il suo unico scopo fosse quello di allontanarlo dalla cucina era notevole.

Se era quello che voleva, per il momento glielo avrebbe concesso.

Aveva sempre sostenuto che per non correre il rischio di sbagliare ci sarebbe andato con calma, senza bruciare le tappe e così avrebbe fatto.

Dandosi mentalmente dell’egoista si ritrovò a desiderare di non aver invitato anche Dan e Bonnie. Quale occasione migliore sarebbero stati due giorni da solo con Emma.

“D’accordo, mi rintanerò in salotto a studiare…mammina…” esclamò allontanandosi verso l’uscita sotto lo sguardo divertito di Emma.

“Ecco, bravo. Fai i compiti così più tardi potrai giocare con il tuo amichetto.” lo schernì Emma di rimando.

“Comunque potrò sempre dire di essere stato cacciato dalla mia cucina!”

Emma alzò gli occhi al cielo e lo guardò sparire attraverso la porta.

“Esagerato.”

“Comunque…” la testa di Rupert fece immediatamente dopo la sua comparsa al di là dello stipite.

“…sappi che metterò in conto pure questo. Mia cara, il conto ti risulterà infine molto…dolce!”

Emma scoppiò a ridere e lui subito dopo scomparve di nuovo.

“Testone, si dice salato.” gli urlò dietro.

Appoggiato al muro accanto alla porta, Rupert sorrise sornione.

Dipende…dipende…

 

 

 

Un’ora dopo…

 

“Dunque…unire i pomodori a pezzettoni e lasciar bollire a fuoco moderato per circa un’ora.”

Emma rilesse frettolosamente per l’ennesima volta l’intero procedimento della ricetta e vi volse a controllarne il risultato. Afferrò il cucchiaio di legno accanto ai fornelli e rimescolò con cura la salsa che sobbolliva lentamente.

“Perfetto.” esclamò annuendo soddisfatta.

“Ora non mi rimane altro che evitare di bruciarlo.”

Si strofinò le mani nel grembiulino a fiori e ritornò a guardare il ricettario.

Sfogliandolo con decisione si spostò dalla sezione salse, a quella dessert sperando di trovare qualcosa che fosse adatto alle sue doti culinarie.

“Questo doveva essere compito di Bonnie.” borbottò con una punta di rammarico.

Sedendosi al tavolo e passando in rassegna ogni ricetta, ripensò alla sua telefonata.

Mezz’ora dopo la sparizione di Rupert in salotto, Bonnie li aveva chiamati per avvertirli che avrebbero tardato. A sentir l’amica, l’auto di Daniel aveva avuto un guasto lungo  la strada e non era esattamente in grado di sapere quanto tempo avrebbero impiegato a trovare un meccanico e a risolvere il problema.

Fin li la cosa poteva suonare del tutto normale, se non fosse stata per un’unica nota stonata.

Ovvero, quando lei e Rupert si erano offerti di andarli a prendere, l’amica aveva categoricamente rifiutato, accampando l’assurda scusa che Daniel non voleva saperne di abbandonare la propria auto nuova.

Dopodiché li aveva salutati frettolosamente aggiungendo di non aspettarli prima di cena.

In un primo momento Emma non vi aveva assolutamente creduto e anzi, era stata dell’idea che fosse una delle tante scuse che ultimamente Bonnie usava per lasciarla da sola con Rupert, ma poi si disse che Dan non sapeva nulla e quindi non avrebbe potuto reggerle il gioco.

Così quella che quel mattino le era sembrato un ottimo pretesto per passare un po’ di tempo insieme a preparare la cena per i loro amici, si era trasformato in un pomeriggio passata da sola ai fornelli.

Oh dio…da sola.

A dire il vero, Rupert si era offerto d’aiutarla e per almeno un quarto d’ora lo aveva persino fatto.

Sorridendo ripensò divertita alle orribili espressioni che si erano dipinte sul suo volto mentre la pregava di non fargli tagliare altre cipolle o a quella sconcertata di quando aveva evitato il suo bacio.

Cosa di cui si era pentita nell’immediato attimo successivo.

Fortunatamente era riuscita a cavarsela adducendo la colpa della sua reazione alla barba incolta, ma non era del tutto sicura che ci avesse creduto.

Appoggiò il gomito sul tavolo e posando il mento sopra il dorso della mano, osservò distrattamente le diciture sul libro, ma le risultava decisamente difficile riuscire a concentrarsi su qualcosa che non avesse a che fare con il ragazzo dai capelli rossi che occupava ormai costantemente i suoi pensieri.

Dal giorno prima e per tutta la mattina aveva cercato d’ignorare, accantonare il ricordo della loro telefonata, ma le sue parole continuavano a rimbombarle nelle orecchie.

Ed era essenzialmente quello il vero motivo per cui non era riuscita ad accettare quel semplice gesto d’amicizia che si erano sempre scambiati.

Senza contare il fatto di trovarsi da sola, a casa sua e vedere quei sorrisi carichi di malizia e di sottointesi che così spesso gli aveva visto rivolgere ad altre ragazze e che ora le sembravano rivolti a lei, non facevano altro che innervosirla maggiormente.

“Sei proprio stupida Emma. Invece di rallegrarti alla possibilità che tu possa seriamente piacergli e interessargli non solo come amica, ti metti sulla difensiva e fai in modo di tenerlo lontano da te!”

Lasciandosi andare ad un sospiro di rassegnazione per la propria incapacità di reagire in simili occasioni, si diede ancora una volta della sciocca.

Il rumore di passi sul soffitto la distolse dalla sua autocommiserazione.

Istintivamente alzò gli occhi verso l’alto, immaginando i movimenti di Rupert nella stanza sopra di lei.

Dopo essere stato relegato in salotto a studiare i copioni, aveva fatto la sua ricomparsa in cucina subito dopo la telefonata di Bonnie e aveva cercato di convincerla ad accettare il suo aiuto nella preparazione della cena, ma lei aveva rifiutato categoricamente.

Un mezzo sorriso le increspò il viso ripensando all’espressione bellicosa con cui le aveva ricordato quanto le sarebbe costato in seguito quel affronto.

Scuotendo la testa si chinò nuovamente sul libro, ma due colpi più forti del normale la distrassero per l’ennesima volta. I passi si fecero ora più ovattati mentre si spostava all’altro capo della stanza.

Silenzio.

Rimase immobile…in attesa…ma non vi fu altro suono.

Battendosi una mano aperta sulla fronte, scoppiò a ridere scrollando ancor più energicamente la testa.

“Ok, Emma…hai appena raggiunto lo stadio più alto di demenza a cui potevi arrivare. Cercare d’immaginartelo persino mentre cammina nella propria stanza e…”

Il rumore di migliaia di goccioline che veloci e frenetiche rimbalzavano sul pavimento le mozzò il respiro e la frase.

L’immagine alquanto provocante e per nulla decente di Rupert sotto la doccia prese immediatamente forma nella sua mente.

Emma sentì un improvviso calore salirle alle guance mentre un fremito le percorse la schiena.

Balzò in piedi di scatto facendo cadere la sedia sotto di se. Sfogliando rapidamente il libro senza nemmeno guardarlo realmente, si fermò a caso e altrettanto a caso puntò un dito su di una pagina.

“Questo…ecco quale sarà il dolce per stasera…”

Con le gote in fiamme e lo stomaco in preda a una terribile agitazione, Emma decise di concentrarsi unicamente sulla preparazione di quest’ultimo.

Cosa, che si sarebbe rivelata tutt’altro che semplice.

 

 

Londra  ore 18.45

 

Bonnie aggiunse due cucchiaini di zucchero e una spruzzata di latte in una delle due tazzine di caffè che aveva preparato e lo rimescolò con cura.

Dopo la brevissima operazione la riappoggiò sul piattino, la caricò sul vassoio e si avviò fuori dalla piccola cucina. Non appena varcò la porta del salotto si soffermò per un istante in preda ad un piacevole e allo stesso tempo doloroso de ja vu.

Daniel seduto al tavolo in fondo alla stanza se ne stava chino sul ripiano, concentrato sul puzzle.

Non pareva affatto un ospite in quella casa, sembrava farne ancora completamente parte e se ne sentiva parte.

L’elegante figura che mostrava in ogni occasione ora era scomparsa lasciando intravedere il vero Dan.

Camicia aperta sul collo, fuori dai jeans e maniche arrotolate fino ai gomiti.

I capelli corvini spettinati all’inverosimile per i continui passaggi delle sue mani, le rammentava le domeniche in cui, alteravano i momenti dedicati a terminare il loro primo puzzle a quelli in cui passavano a far l’amore senza esserne mai sazi.

Rendendosi conto di essere osservato, Dan si girò verso di lei e non appena la scorse le sorrise. Bonnie arrossì imbarazzata dall’essersi fatta sorprendere e si affrettò a raggiungerlo.

Appoggiò il vassoio nell’unico angolo libero del tavolo e prendendo la tazzina con il caffè macchiato gliela poggiò dinnanzi.

Il ragazzo spostò lo sguardo sul suo contenuto e un brevissimo sorriso gli illuminò il viso.

Entrambi bevvero in silenzio, assaporando il piacevole sapore della bevanda e gustando quella meravigliosa famigliarità.

Se pur a malincuore fu Daniel a interrompere quell’idilliaco momento.

“Se vogliamo essere a Hertford per l’ora di cena…credo che dovremmo…”

Il tono era piatto e tutt’altro che entusiasta.

Bonnie alzò appena lo sguardo e guardò dritto davanti a se al di fuori della finestra. Il cielo aveva oramai perso ogni minima traccia del tramonto, era nero…oscuro, e solo le luci di Londra illuminavano la sera.

Annuì appena e riappoggiò la propria tazza.

“Sì, è meglio andare.” ribadì anch’essa senza entusiasmo.

“Anche se…è un vero peccato. Proprio ora che finalmente iniziava a prendere forma.” proseguì osservando la testa di unicorno che spiccava ormai completa, ma staccata dal corpo per soli pochi pezzi.

Subito dopo, si alzò velocemente cercando di nascondere il proprio desiderio a non voler porre fine a quella loro giornata insieme.

Allungò il braccio per recuperare anche l’altra tazza, ma non appena l’ebbe afferrata, la mano di Dan si serrò sulla sua imprigionandola.

La ragazza si volse sorpresa e incrociò il suo sguardo.

“Che ne dici se concediamo a Rupert ed Emma ancora qualche ora?”

 

 

…continua……speriamo !!!  :-(

 

 

Ok..ok..d’accordo so di essere da fustigazione ma credetemi questo è il massimo che sono riuscita a fare. Buona parte di questo capitolo era già stato scritto un anno fa e capirete che ricominciare ora non è per niente facile. Nonostante ricordi esattamente ciò che volevo accadesse fra i personaggi, riprendere il filo della storia è difficilissimo. Soprattutto al punto cruciale e sentimentale in cui sono arrivata. A dire il vero non la credevo così dura.

Comunque vi prometto che ci proverò e riproverò anche perché anch’io mi ero molto affezionata a questa storia. Vi chiedo quindi di portare pazienza ancora un po’.

Voglio infine ringraziare tutti quelli che mi hanno dato il loro supporto e offerto il loro aiuto. GRAZIE TANTE!!!

Al momento il problema che per tanto tempo ha occupato il mio tempo e i miei pensieri tanto allungo è parzialmente risolto e spero con tutto il cuore che possa andare sempre meglio.

Ora vi saluto con un grande bacio e se volete lasciarmi una recensioncina…ben venga. ^_^

 

GRAZIE A TUTTI…

  
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