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Autore: Yumeji    26/06/2011    1 recensioni
Il rumore di diversi spari attraversarono quel apparentemente tranquilla mattinata di inizio autunno, tingendo di altro sangue i muri del monolocale disabitato.
La vita "tranquilla" di Arthur verrà distrutta, Francis però lo vuole vuole aiutare. Ma il nostro inglesino accetterà mai di lavorare con un investigatore francese squattrinato specializzato in casi paranormali?
[Scusate per il ritardo, mi impegnerò per riprendere la storia tra breve ^^ ]
Genere: Avventura, Commedia, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Francia/Francis Bonnefoy, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Questione di abitudine



Arthur tornò furente nel proprio appartamento, al ultimo piano di un palazzo residenziale dei primi anni 80’ (formato da due camere da letto, una cucina che si affacciava sul soggiorno, ed un bagno), era  avvolto da una densa aura di malumore nero, abbastanza perché suoi vicini si tenessero bene alla larga da lui quando lo incrociarono per le scale, nel il timore di essere azzannati al collo a causa di una parola di troppo. Arthur percorse velocemente, a passo rapido e pesante, i centoquattordici scalini che lo separavano dalla propria familiare abitazione, senza neppure accorgersi delle persone a cui taglio la strada mentre stavano uscendo, senza avvertire gli sguardi di paura che, a causa della sua espressione, attirava su di se.

Finalmente l’inglese entrò in casa, sbattendo con forza e la porta alle sue spalle, facendo cosi sobbalzare al piccolo cagnolino color caramello che stava beatamente dormendo sul divano, dal quale cadde, approfittando dell’assenza del padrone.
- Whouf!- lo salutò il bastardino trotterellando allegro verso di lui, scodinzolante, smuovendo un poco le sue orecchie flosce,
-  Non posso credere che quel stupid frog  l’abbia fatto ancora!- lo ignorò completamente l’inglese, distratto dall’ennesimo grattacapo causatogli da Francis,
- Whoff!!!- abbaiò nuovamente l’animale, cercando di attirare l’attenzione, e un poco offeso per non ricevere attenzioni dal suo padrone, il quale si era anche perso il suo adorabile musetto tenero.
- Si, che c’è?.. Ah, sei tu ciao- lo salutò distrattamente Arthur, per poi chinarsi su di lui ed accarezzarlo dietro al collo, cercando di sorridergli, ma non fu un’espressione molto convincente,
- Bau?..- fece nuovamente il cagnolino inclinando un poco la testa,
- No, non sono arrabbiato- cercò di rassicurarlo l’inglese, il suo tono però diceva tutto il contrario, -... Ormai è da due anni che lo conosco è questa sarà la dodicesima volta, ci sono abituato- disse, forse parlando più a se stesso che all’animale, incrinando ancor di più quel sorriso già molto simile ad una smorfia.
Sembrava dovesse esplodere da un momento all’altro e, in previsione di questo, il cagnolino arretrò intimorito, non era nelle sue intenzioni finire nella tempesta che stava per abbattersi da lì a dieci secondi, quindi se la filò in cucina.

Erano passati ormai due anni da quando Arthur, privo di un impiego, si era ritrovato a lavora con Francis, e ben presto aveva compreso il motivo per cui il francese accettasse un qualsiasi tipo d’incarico, e non perché fosse un viscido traditore accecato solo dal denaro (come l’inglese si era detto all’inizio), o almeno non solo per quello. Il motivo principale stava nel fatto che Francis fosse uno spendaccione di prima categoria!
Nella sua vita Arthur aveva già conosciuto precedentemente persone con il degno appellativo di “mani bucate”, ma Francis era tutt’altro paio di maniche, anzi, se quelle persone si fossero unite e avessero composto un paese, il francese ne sarebbe divenuto di sicuro il regnate per un semplice diritto divino, neanche per delle elezioni.
L’inglese poteva comprendere il desiderio del suo “collega”, dirlo ad alta voce gli causa ancora una forte repulsione, di fare la “bella vita”, andando ai ristoranti di alta classe, comprando abiti costosi e bottiglie di vino d’annata, per non parlare dei regali che doveva fare alle sue innumerevoli amanti, con le quali finiva nei guai più o meno ogni quattro mesi, il massimo del tempo in cui Francis riusciva a tenerle nascoste una all’altra.  Facendo cosi però, era ovvio, che non gli rimanesse poi nulla da mettersi da parte. Arthur ricordava bene come, ai primi tempi, Bonnefoy si scordasse persino di dargli una paga, poi l’inglese aveva deciso di dover essere lui a maneggiare i loro guadagni, e lo costrinse a mettersi qualcosa da parte per poter pagare le bollette e l’affitto dell’ufficio, il quale non era solo il loro luogo di lavoro, ma anche l’abitazione di Francis, difatti non era proprio un ufficio, ma un piccolo monolocale scomodo e stretto.

L’urlò di Arthur attraversò potente le pareti facendole quasi tremare e per poco una signora del suo palazzo non cadde giù dalle scale, spaventata dal quel grido di sfogo, pieno di rabbia e frustrazione,
- Que... Quel stupid frog è scappato di nuovo!!!- faceva l’inglese prendendosela con tutti i mobili che aveva sottotiro, fracassando cosi un paio di lampade, tre bicchieri e buttando all’aria buona parte del soggiorno. Il bastardino in cucina intanto pregava che Arthur, nel suo accesso d’ira, non rompesse la tv a 52 pollici appesa alla parete (era un regalo della nonna per il diploma), -Perché, perché quel idiot deva andare a sbavare dietro ad ogni gonna appena diciottenne?!?!- continuava a chiedere al nulla Arthur, facendo sospirare dalla rassegnazione i propri vicini, ormai abituati a quel genere di disturbi, ai quali avevano persino rinunciato a segnalarli all’inglese, - ... Ci credo che poi finisca nei guai visto i clienti che si ritrova!- l’ennesimo sopramobile volo per la stanza per andarsi a schiantare contro al muro, -... La figlia di un mafioso mi vai importunare! Di un mafioso!! E poi scompari aspettandoti che io risolva tutto!?.. Da quale delle tue amanti oche ti sei andato a nascondere sta volta!?!-
Il bastardino guaì spaventato rischiando di finire nella traiettoria di una tazza di ceramica, la quale fini semplicemente per frantumarsi a terra,  -.. E come m’informa quel francese? Con un bigliettino!! Mi appende un bigliettino sulla porta quel francese, ma che... fuck!- la voce di Arthur cominciò a creparsi dal troppo urlare e la rabbia cominciò rapidamente a scemare, lasciandolo completamente svuotato. F-forse stava esagerando, si disse, anche se non ne era del tutto sicuro visto che quella era la dodicesima volta, e a sol quel pensiero gli venne l’impulso di lanciare qualche sedia,
- Whof!!- lo fermò il cagnolino quando ormai Arthur teneva già alto il mobile sopra la testa, in quel modo rischiava di distruggere la tele con l’impianto dolby sound round.
- H-hai ragione, distruggermi l’appartamento non risolverà nulla- si rese finalmente conto Arthur sorridendogli colpevole, in effetti aveva combinato un vero disastro senza alcun motivo, avrebbe dovuto fare una cosa simile nell’appartamento/ufficio di Francis, allora si che quella scenata avrebbe avuto un senso,
- Whoufff!- aggiunse il cane,
- N-non sembro una mogliettina isterica! C-he stai dicendo dog?!- esclamò imbarazzato l’inglese, difendendosi dalla insinuazioni dell’animale, il quale sembrò ridergli dietro, -... Bene, allora oggi preparerò i miei famosi scones per cena e domani ti capiteranno gli avanzi nella ciotola- lo minacciò, ricordandosi di posare delicatamente la sedia che ancora teneva tra le mani, pronta da scagliare,
- Cain, cain, cain..- piagnucolò la povera bestiola,
- Dai non sono cosi terribile- replicò Arthur, un poco offeso, infondo lui non cucinava poi cosi male, difatti, aveva solcato la soglia di cucinare “male” da molto tempo, oramai era ad un livello inclassificabile.     

Quando incominciò a lavorare come socio in affari di Francis, Arthur non credeva che i loro primi incarichi potessero risultare tanto ordinari, solo raramente gli venivano affidato un caso “paranormale” e spesso nemmeno si rivelava come tale.
L’inglese più volte si ritrovò a pensare che, infondo, non era poi cosi male, o almeno tentava di convincersi, non era molto diverso dal lavoro di ogni investigatore, certo, le persone con cui erano in affari non era proprio gente “pulita”, ma pagavano tutti in contati, con larghi anticipi se volevano un lavoro fatto alla svelta, e Arthur si era quasi stupito da quanto gli risultò facile abituarsi a compiere le trattative per un ingaggio con una pistola appoggiata sul tavolo, lì, in bella vista per ogni evenienza.  
Ben presto l’inglese si era adattato a quella vita e, a dimostrazione del fatto che fossero colleghi, insistette perché Francis cambiasse il nome dell’insegna sulla porta del loro ufficio, dove ora era ben visibile in un elegante corsivo e a lettere rosso carminio: Bonnefoy&K.A Investigation, visti i clienti abituali Arthur aveva preferito evitare di far sapere il proprio nome in giro.
Solo ogni tanto, ma solo molto raramente, i due si erano ritrovati ad aver a che fare con “loro”, non avevano ancora trovato il giusto modo per definirli e demoni, oltre che sembrare troppo scontato, non li riprendeva tutti, perché spesso la loro origine non era infernale, e neppure divina se è per questo, semplicemente spuntavano dal nulla, creati da chissà chi, giunti da chissà dove. Avevano origine umana.  

Lo squillo di un telefono fece trasalire l’inglese, il quale era ancora distratto dalla sua discussione con dog, e gli ci volle un po’ per ritrovare l’apparecchio in mezzo a tutto quel disastro da lui stesso combinato,
- Pronto?..- fece portando la cornetta all’orecchio,
- Ehy, fiorellino, come va? Sfogata l’arrabbiatura??- gli chiese un voce divertita dall’altra parte, “Francis” lo riconobbe subito lui, cercando di vincere l’impulso di gettare il telefono fuori dalla finestra,
- Senti se pensi che sarò io a rimettere a posto il casino che hai combinat...- cominciò a fargli la ramanzina Arthur, pronto a tenerlo lì anche per tutto il resto della giornata, cosi da potergliela fare anche solo un poco pagare, riversandogli a parole tutta la frustrazione che gli stava facendo far provare,
- Ah, quello? No, no è già tutto apposto, in realtà l’ho scritto solo perché sapevo che saresti corso subito a casa dopo averlo letto- lo interruppe bruscamente l’altro,
- Co... Cosa?!- replicò Arthur,
- Non è vero nulla- gli spiegò secco il francese senza rigiri di parole, aveva poco tempo,
- Tu vuoi uccidermi vero?.. M-a ti rendi conto di quale colpo mi hai fatto prendere con quel messaggio?!- si ritrovò ad urlargli l’inglese, furioso ma anche un poco sollevato dalla notizia, Bonnefoy non si era fatto altri nemici.
- Si, si, si. Rimandiamo i litigio ad un altro momento, avevo bisogno che tu tornassi a casa perché non ti sei ancora deciso a comprarti un cellulare, e non mi è venuto in mente altro modo per farti tornare più in fretta- fece rapido Francis,
- Scrivere: torna subito a casa, non sarebbe bastato?- replicò l’inglese,
- Sapendo che quel messaggio l’avevo scritto io tu l’avresti seguito?- chiese l’altro,
- No- rispose senza esitazione Arthur,
- Visto?..- riprese a parlare Francis, -Comunque adesso ho bisogno del tuo aiuto, si tratta di uno di “quei” casi- gli rivelò divenendo di colpo serio.
- “quei” casi..- ripeté l’inglese, se il socio lo definiva in quel modo significava che l’incarico era un qualcosa di grave e di sovrannaturale, -... cosa ti serve?- fu subito pronto,
- Bene allora mi devi procurare...- cominciò ad elencargli Francis e gli venne subito spontaneo ripensare alla prima volta che Arthur si era ritrovato di fronte ad uno caso di quel genere. Quella volta la sua voce gli era risultata terribilmente fragile ed insicura, la stupidità di entrambi poi, insieme la loro incapacità di collaborare, li avevano portati a vedersela molto brutta, ma davvero tanto.
- Capito tutto?- gli chiese infine Francis,
- Sono da te tra quindici minuti- gli rispose l’inglese dall’altro capo del telefono.
Ah, quante cose erano cambiate in appena due anni.

 

[Due anni prima]

A quel tempo l’ufficio di Francis stava nel retro di un fioraio e fu quello il primo il luogo in cui Arthur ebbe l’occasione di lavorava con il francese.
All’inizio l’inglese non poteva crederci, sul serio quella stupid frog lavorava in un posto del genere? Ma.. ma come poteva? Si chiedeva, e sempre più i suoi dubbi aumentarono quando, entrando per la prima volta, si ritrovò accolto da un caloroso sorriso a trentadue denti, del proprietario sessantacinquenne che, se non fosse stato senza barba, avrebbe potuto scambiare per Babbo Natale, con quelle guancie perennemente arrossate, i capelli bianchi, un poco radi, e il volto bonario. Gli dava la stessa sensazione di quando da piccolo andava a trovare il famigerato Santa Claus: un leggero nodo alla bocca dello stomaco dall’emozione e una gioia insensata. Senza neppure scambiarci una parola, Arthur era già sicuro che quell’uomo fosse una brava persona.
In seguito, osservandone il comportamento, l’inglese l’avrebbe visto molto più adatto come gestore di una trattoria, anche a causa della suo evidente pancia da birra, piuttosto di una fioreria, aveva un modo cosi caloroso di trattare con i suoi clienti da farli sentire subito a loro agio dopo solo un piccolo scambio di battute.
- Oh, salve giovine. Sei venuto a fare un regalo alla fidanzata?- lo aveva salutato presentandosi di colpo davanti ad Arthur, il quale sobbalzò preso di sorpresa, troppo distratto ad ammirare le splendide composizioni floreali che riempivano il negozio, perso nel pensare che le sue “amiche” avrebbero apprezzato molto quel posto, a differenza di altra fiorerie non sembravano esserci fiori morti, strappati, c’erano solo piante in giganteschi vasi e, dal lato opposto al suo, un intero muro totalmente ricoperto da una piante rampicanti, i cui germogli tardavano a sbocciare.
L’inglese ne era meravigliato, non era facile credere che vi fosse un paradiso del genere nel cuore di una città tanto caotica e ricolma di smog. Certamente, se avesse chiamato lì i propri spiritelli, Arthur era convinto, non avrebbero sentito la natura piangere tra quelle mura, perché lui stesso si sentiva a suo agio in quel luogo.
- Eh... F-fidanzata? N-no scusi, stavo cercando Bonnefoy, ma devono avermi dato l’indirizzo sbagliato- fece un poco imbarazzato Arthur, arrossendo leggermente, portandosi un braccio dietro la testa e chinando il capo come a scusarsi,
- Ah, stai parlando di Francis?.. No, non hai sbagliato è nel retro- gli indicò l’uomo continuando a sorridergli, un altro commesso lo avrebbe già invitato ad uscire sapendo che non voleva comprare niente o, come minimo, lo avrebbe trattato più freddamente, ma non avverti alcun cambiamento nel suo comportamento, cosa che gli fece accennare un sorriso,
- G-grazie...- balbettò, non era abituato a qualcuno di cosi gentile, e a passo veloce andò dove l’uomo gli aveva indicato, attraversando tutto il negozio, vagando nuovamente con lo sguardo ad ammirarlo, interrotto però un domanda, la quale aveva cominciato a martellargli forte il cervello, impedendogli di apprezzare appieno tutto quello che lo circondava: ma chi è cosi morto di fame da trovarsi un ufficio dietro al negozio di un fioraio?
“Qualcuno che vuole rimanere nascosto..?”, si rispose quasi immediatamente, sperando di aver intuito il giusto, poiché l’alternativa del “chi non ha neanche il becco di un quattrino”, gli suonava troppo male dato che avrebbe dovuto iniziare il suo lavoro con lui da quel giorno.

- Ah, sei arrivato fiorellino- lo salutò Francis non appena Arthur attraverso la soglia, sporgendosi un poco dalla sedia sulla quale era seduto, dietro ad una scrivania che riempiva quasi totalmente in larghezza la stanza,  un tempo quello doveva essere stata uno sgabuzzino tanto era ristretto,
- Sembra una tana per topi... Ti ci trovo bene- rispose acido l’inglese riservandogli un’occhiata gelida, incrociando le braccia al petto,
- Mi sembra il miglior modo per iniziare il primo giorno di lavoro..- commentò sarcastico il francese, tornando ad appoggiarsi alla schienale della sedia e mettendosi in bilico su di essa incrociando i piedi sopra la scrivania che, ad un osservazione più attenta, in realtà era un semplice tavolo,
- Perché tu stai lavorando?- ribatté Arthur,
- Anche aspettare i clienti fa parte del lavoro, anzi, se te lo devo dire: è la parte che preferisco- gli spiegò sistemandosi con un elegante gesto i capelli, in modo piuttosto snob, pensò l’inglese, desiderando una certa cosa o forse, meglio dire, prevedendola, perché accadde subito dopo.
Francis perse l’equilibrio ribaltandosi all’indietro con la sedia, seguito da un forte tonfo metallico, dovevano esserci vari oggetti stipati dietro di lui, e per poco gli mancò di picchiare la testa contro il muro alle sue spalle.
- Se questo è il tuo genere di lavoro allora è meglio se me ne vado prima di morire di fame- tagliò corto Arthur, fin dall’inizio gli era sembrata una pessima idea di diventare un collega di quel stupid frog, aveva accettato solo perché le fatine aveva tanto insistito, ma non aveva mai avuto intenzione di fermarsi allungo, gli serviva solo un lavoro momentaneo per non finire sul lastrico, appena ne avesse travato un altro avrebbe certamente abbandonato il francese, con anche una leggera gioia nel non dover più sopportare la sua brutta faccia (bel faccino).
- No, perché te ne vai di già?- intervenne con una evidente tristezza una terza voce alle spalle di Arthur, mentre Bonnefoy si rialzava con una smorfia di dolore sul volto, tastandosi il futuro livido che nei giorni successivi si sarebbe presentato sulle chiappe. Sulla porta, rimasta un poco aperta, era apparso il fioraio, sempre con il suo cortese sorriso stampato sul volto,
-Ecco...Ehm- si ritrovò a boccheggiare l’inglese, quell’uomo gentile era la classica persona che ti spiazzava senza nemmeno parlare, con il suo viso rotondo e i modi di fare ti lasciava incapace di negargli qualunque cosa o di mentirgli, perciò Arthur rimase senza parole, all’improvviso il motivo per cui desiderava tanto alzare i tacchi gli sembrava incredibilmente stupido e il suo cervello ebbe un momentaneo black out,
- Bene, allora preparerò per voi due tisane- concluse l’uomo allargando un poco di più il proprio sorriso, mostrando un leggera fessura tra i due incisivi,
- Grazie Freddy- acconsentì Bonnefoy sorridendogli a sua volta, e alle sue parole l’altro se ne andò.

- Gra...grazie?- fece Arthur, accomodatosi sulla seconda sedia che, quasi per miracolo, stava tra la scrivania e la porta, la quale non poteva essere aperta del tutto bloccata da essa, mentre “Freddy” (come lo chiamava Francis) gli porgeva un vassoi con due tazze fumanti ricolme di una bevanda trasparente, tendente al rosato, e dal profumo intenso di erbe,
- Oh, chiamami purè Fred se Freddy ti mette a disagio- lo invitò il fioraio, intuendo la sua esitazione  nel pronunciare quello che, ovviamente, era un amichevole soprannome, di cui Arthur non si sentiva il diritto di pronunciare, abituato sin dall’infanzia ad aver un forte rispetto per gli anziani e, pur sentendosi a proprio agio in sua presenza, non conoscendo per nulla quel signore tanto cortese.
Arthur annuì senza aggiungere altro, accettando di buon grado le due tisane, porgendone una a Francis, - .. Se non avete bisogno di altro io tornerei al mio negozio- aggiunse Fred guardando il francese, aspettando un suo consenso,
- Certo, certo- rispose lui distratto, portandosi la tazza alle labbra,
- Bene, allora arrivederci sig.Arthur, e chiamatemi purè se avete bisogno di qualcosa- si congedò il fioraio con un leggero inchino, cosa che lo fece sembrare un vecchio maggiordomo.
L’inglese attese che l’uomo se ne fosse andato prima di rivolgersi al suo nuovo collega, il quale era anche il datore di lavoro, per quanto lo irritasse ammetterlo,
- Non ti sembra di sfruttarlo troppo quel povero vecchio?- gli chiese secco, senza neppure assaggiare la bevanda che aveva ricevuto, e Francis sembrò stupirsi alla sua domanda, come se non la comprendesse,
- Veramente a zio Freddy è sempre piaciuto viziarmi a questo modo, anche se non l’ho ancora convinto che posso bere alcolici- gli spiegò sbuffando un poco, a ventinove anni doveva ancora nascondere le bottiglie di vino come uno studente delle medie,
- “Zio”?!- esclamò l’inglese, quel francese si stava facendo ospitare nel negozio del proprio zio, alla sua età?
- Si, perché?..- chiese ingenuamente Bonnefoy mentre Arthur venne improvvisamente avvolto da una penetrante aura di depressione, simile ad una nebbiolina color violetta,
- Per me avevi già toccato il fondo, ma hai cominciato a scavare...- commentò incurvandosi su se stesso, per quanto l’altro sarebbe affondato, lui avrebbe fatto due volte tanto, poiché il dipendente finiva sempre peggio del proprio superiore.
- Eh?... M-ma cosa credi! Q-uesto è solo posto momentaneo, m-mi sono trasferito da-da poco e non ho ancora trovato un sistemazione migliore (adeguata alle mie tasche)- balbettò come scusa, e Arthur iniziò ad intuire quanto fosse un morto di fame Francis, quindi la sua teoria del “ha l’ufficio in una fioreria perché desidera rimanere nascosto da occhi indiscreti”, si dissolse come una bolla di sapone.
Arthur cominciò seriamente a dubitare di riuscire a pagare l’affitto del proprio appartamento quel mese.


[Due mesi dopo]

Finalmente avevano un insegna, c’era voluto un po’ di tempo, ma ecco la lì, in un elegante corsivo a lettere rosso scuro “Bonnefoy&K.A Investigation”, cosi nessun cliente avrebbe più dovuto disturbare Fred per chiedergli indicazioni, per la gioia pure dell’uomo che, per quanto di animo gentile, un poco gli bruciava di aver sempre meno persone giunte per il suo negozio.
Con un inspiegabile moto di orgoglio Arthur rimase allungo a fissare la sua opera, ci aveva messo mezza giornata, a dimostrare che per le opere artistiche (anche per quelle per cui non vi era bisogno di nessun un particolare talento), non era proprio portato,  ma alla fine c’era riuscito, questo contava. Cosi  adesso, almeno da fuori, se non si contava che era pur sempre all’interno di un negozio di fiori, la loro attività sembrava seria, quanto i loro clienti, come minimo.

A contrario delle pessimistiche previsioni dell’inglese, lavorare con Francis non era poi cosi male, avvolte racimolavano anche un bel gruzzolo, se riusciva a tenere lontano il francese da tutte quelle banconote, le quali le avrebbe spese nel giro di poche ore e solo lui sapeva in che modo.
Al momento stavano risparmiando per l’affitto di un vero ufficio e, se fosse avanzato qualcosa, anche per un appartamento destinato a Francis, il quale era ancora sistemato nel garage dello zio Freddy, in attesa di qualcosa di meglio.
Una volta Bonnefoy aveva tentato di autoinvitarsi a casa di Arthur, con l’intento di rimanerci, ma l’inglese non era affatto della stesse opinione e, molto gentilmente, comportandosi da perfetto gentleman, gli aveva indicato la porta a suon di calci.
- è vostro l’ufficio?- domandò una voce profonda e un poco roca alle sue spalle,
- Dipende, Bonnefoy vi deve dei soldi?..- fece invece Arthur senza voltarsi, ormai abituato a fare quello domanda a chiunque chiedesse di loro e, sorprendentemente, almeno l’80% delle persone a cui la poneva rispondeva con un secco si, prima di impugnare una pistola.
Se quell’omaccione dietro di se, grande quanto un armadio a due ante di puri muscoli, interamente vestito di nero e con gli occhiali da sole, nonostante fossero al chiuso, si fosse rivelato un cliente lo avrebbe semplicemente fatto accomodare in quello stanzino, che non comprendeva con quale coraggio continuasse a definire ufficio, e avrebbe ascoltato la sua richiesta, probabilmente accettandola qualunque essa fosse, un poco perché era intimorito dalla stazza dell’uomo e per il suo urgente bisognoso di denaro, era da ormai da giorni che non ricevevano più visite. Ma se quel tizio fosse stato uno dei tanti che reclamavano la testa del francese, allora lo avrebbe fatto accomodare in quello stretto e polveroso stanzino, dove Francis stava beatamente dormendo “aspettando i clienti”, e li avrebbe lasciati risolvere da soli i loro problemi.     
- No. Sono qui per chiederli se è disposto ad accettare un certo “affare”- rispose severo lo sconosciuto, da dietro quelle lenti scure Arthur riuscì ben avvertire lo sguardo gelido che gli lanciò, a quanto pareva non era una persona molto paziente, constato anche dai pugni serrati, - Allora, è disponibile per un colloquio?- insistette, e l’inglese ebbe la forte tentazione di arretrare, aveva come la sensazione di star per essere investito da un SUV a piena velocità, ma si trattenne, in quelle poche settimane aveva già visto molta gente poco “pulita” entrare ed uscire da quella porta, e la prima cosa che aveva imparato trattando con loro era stata: non mostrare paura o insicurezza, mai. È cosi che ti fregano, cosi gli aveva consigliato anche Francis nel suo secondo giorno di lavoro, all’arrivo dei clienti, e mai sue parole furono più sagge, ne lo sarebbero più state.
- Francis c’è sempre quando c’è qualcuno pronto a pagare- rispose Arthur nascondendo abilmente il proprio timore, cercando di imitare la spavalderia intravista nel collega mentre l’osservava trattare con chi era pronto a puntargli una pistola alla tempia o a recapitargli un pacco bomba se non fosse stato contento del suo operato.
- Non sono i soldi quelli che mi mancano- fu secco l’uomo in nero, stanco di quelle chiacchiere, spinse bruscamente Arthur, il quale per poco non perse l’equilibrio, ed entro come un camion nell’ufficio, svegliando di soprassalto il francese, facendolo cosi cadere dalla sedia, nuovamente in bilico tra muro e scrivania.     

- Quindi se ho capito bene, tu saresti qui per il conto di qualcuno?- chiese Francis tenendosi una borse del ghiaccio sulla fronte, in cui era ben visibile un livido rossastro, il quale colore sarebbe presto divenuto violetta,
- Si- rispose l’estraneo, da quando aveva incominciato a parlare con il francese era divenuto ancor più diretto, limitandosi a rispondere a monosillabi, e aggiungendo qualcosa solo se necessario,
- E quanto è disposto a sborsare questa persona?- domandò di nuovo Bonnefoy, senza neppure indagare su chi fosse il tale che mandava uno scagnozzo al posto di presentarsi personalmente,
- Quanto voi siete disposti a chiedere- taglio corto l’uomo e la cosa piacque molto al suo interlocutore, non si era spinto a parlare di cifre esorbitante, quindi, qualunque indagine gli volesse affidare, era serio.
- Che lavoro è?- intervenne a quel punto Arthur, facendo capolino dalla porta, aveva ascoltato il discorso sin dall’inizio, non riuscendo ad entrare a causa delle colossali dimensioni del loro cliente, e sapeva che lo sconosciuto non aveva voluto rivelargli neppure il proprio nome, ma a quella domanda avrebbe dovuto obbligatoriamente rispondere, forse tradendosi un poco sulla sua identità e quella del suo superiore.
- Dovete trovare una persona- rispose lui, per nulla stupito della presenza dell’inglese, probabilmente avendolo notato subito dietro la soglia sottile,
-Uhm… Una persona scomparsa, che noia- commentò sbadigliando Francis, tornado a mettere i piedi sul tavolo/scrivania,
- Stupid frog!- lo riprese subito Arthur, fulminandolo con lo sguardo, notando poi con un certo timore che l’uomo in nero aveva portato una mano al taschino interno della giacca, “Non sarà..?” non fece in tempo neppure a concludere quel pensiero che l’uomo estrasse un fotografia, per poi gettarla vicino alle scarpe di Bonnefoy.
- Si chiama Antonio Fernandez Carriedo, 21 anni, frequentava l’università della città, studiava scienze e materie umanistiche, non si hanno più sue notizie da quattro giorni- spiegò il cliente, nel discorso più lungo che i due colleghi gli avessero sentito pronunciare, mentre gli indicava la foto appena consegnata raffigurante un ragazzo dalla pelle scura a dai dolci occhi verdi, mentre rideva felice, forse ad una festa, appeso ad una altra persona, la quale era figura era stata tagliata, ma di cui si intravedeva una felpa rossa.
- Carino, ma non è il mio tipo- parlò Francis guardando distrattamente l’immagine, Arthur però avvertì un certo interesse nel suo tono voce,
- Allora accettate?- domandò l’altro, stringendo ancor di più i pugni,
- Certo,  ma vogliamo un anticipo di duecento euro, per le spese giornaliere e cosi via, e per il prezzo totale ne parleremo a lavoro concluso- concluse Arthur, notando come il collega si fosse perso a fissare un punto fisso del soffitto.



- Carriedo…- borbottò Francis tra se e se, chiedendosi dove già lo avesse sentito, oramai era da ben un ora e mezza che ci pensava, eppure non si accendeva nessuno lampadina nella sua testa,
- Si, credo anch’io che lui sia coinvolto- fece Arthur seduto davanti a lui, sulla sedia sino a poco prima occupata dal loro cliente, il quale se ne era andato lasciando lì solo la fotografia,
- Allora ho già sentito veramente quel cognome!- esclamò il francese togliendo finalmente i piedi dalla scrivania e alzandosi in piedi, guardando con serietà il collega, aspettando che fosse lui a riempigli le proprie lacune,
- Ma tu li leggi i giornali?- replicò Arthur, - …ormai sono giorni che tutti ne parlano, anche alla radio e alla tv- lo rimproverò come era solito fare,
- Si ogni tanto vedo qualche telegiornale, ma non ho mai sentito parlare di nessun Carriedo- si giustificò il francese facendo l’offeso, mettendo il broncio, infondo non era colpa sua se nel garage dove viveva la tele andava a singhiozzi,
- Carriedo?.. No, io sto parlando del politico Riccardo Fernandez Lopez, non è strano che a pochi giorni dalle votazioni sulla sua proposta di legge, la quale segherà le gambe a molti malavitosi, un ragazzo con il suo stesso cognome scompaia? E che al posto di chiamare la polizia le sue ricerche vengano affidare ad un quasi sconosciuto investigatore, abituato a non fare troppe domande e a tenere la bocca chiusa?- gli spiegò Arthur un poco irritato dal suo atteggiamento da bambino viziato, alzandosi anche lui in piedi.
- Ma io credevo che il suo cognome fosse Carriedo…- replicò improvvisamente pensiero Francis, si gli era sembrato di aver sentire qualcosa su un politico che stava pestando i piedi a molti dei suoi clienti e conoscenti,   
- In Spagna i bambini prendono il cognome da entrambi i genitori- gli spiegò, - …Il problema è che il Fernandez che conosco io non ha fratelli, ne figli, sua moglie e morta l’anno scorso a causa di un cancro che le ha impedito di concepire anche da giovanissima- cominciò a ragionare soprapensiero l’inglese, ascoltato con molto interesse dal collega il quale, alla fine del suo discorso, emesse un lungo e sonoro fischio,
- Allora stiamo parlando di un figlio illegittimo?- commento sorridendo malizioso, come se fosse divertito dall’idea,
- Sempre se si tratta di quel Fernandez- lo corresse Arthur con fare da sapientino,
- Io credo proprio di si, guardate- giunse allora Freddy sorridente, portandosi il loro solito vassoio con due tazze fumanti, una ricolma di the e l’altra di tisane, quando aveva saputo che Arthur era inglese Fred aveva trovato più consono servigli quella bevanda, cosa che fu molto gradita dall’altro, il quale per la prima volta da molto tempo, da quando aveva lasciato la madrepatria, aveva trovato un the che non sapesse da acqua sporca. – Ha perso questo mentre usciva- gli riferì, indicando con lo sguardo il terzo oggetto che gli aveva portato,
- Un portafoglio..?- chiese Francis mentre Arthur lo prendeva in mano, dopo aver dato la tisana al francese ed essersi preso il the, l’inglese l’osservò un momento.
Si, era proprio un portafoglio, in pelle nera, solo per una associazione di colori avrebbe potuto giurare che apparteneva al loro cliente, poi lo passo a Bonnefoy, il quale lo aprì senza troppe cerimonie,
- Uh-la-là…- canticchiò mostrando il suo contenuto a al collega: una splendida carta di identica con la foto del faccione squadrato, mortalmente serio, dell’uomo in nero.
- Stefan Simm- lesse ad alta voce Arthur, avvertendo una leggera sensazione di calore salirgli dalla bocca dello stomaco, “vittoria!”, con il suo nome non avrebbero faticato molto a risalire al lavoro, e già dal vestiario che indossava ne avevano una vaga idea.

E mentre quei due trafficavano con il computer, preso gentilmente in prestito dalla zio, entusiasti come bambini la notte di natale, Fred li lasciò tutto sorridente felice di essergli stato d’aiuto, quasi contento di aver accidentalmente sbattuto contro quell’uomo sospetto mentre usciva di corsa dal suo negozio, trovandosi cosi, quasi per magia, il suo portafoglio tra le mani. Se fosse tornato glielo avrebbe dovuto restituire, si appunto mentalmente.

- E confermato Simm è una delle guardie del corpo di Fernandez!- disse l’inglese con gli occhi rossi, iniettati di sangue, per il troppo tempo passato davanti allo schermo, non era molto abituato ad usare quel mezzo e a causa di questo ci aveva messo molto più tempo del dovuto, ormai era notte fonda, aggiunto al fatto che neppure Francis si era rivelato utile, usava internet solo per visitare “certi” siti, su cui Arthur preferì non indagare.
- Quindi procediamo con il caso n23: La ricerca del figlio illegittimo!- esclamò tutto gasato il francese, un poco alterato da tutte quelle ore passate su quella estenuate ricerca, infatti delle pesanti occhiaie si erano presentate sul suo volto, accentuate dallo scurirsi del livido sulla sua fronte,  
- Perché devi scegliere sempre tu i nomi dei nostri casi?- sbuffò Arthur spegnendo finalmente il pc.

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Saalve gente, finalmente riesco a postare il secondo capitolo, sperando che vi piaccia ^^ , nel terzo cap il caso del figlio illegittimo entrerà nel vivo, ma non ho intenzione di rivelarvi niente, quindi non chiedete xD xD

Ringraziamento moooolto speciale Hullabaloos, GinkoKite e _Chibi_chan _ per aver recensito ^^ (VI ADORO!) e grazie anche a chiunque abbia messo tra i preferiti, ricordati o seguiti questa FF, grazie anche solo per averla letta.

p.s: Lo so che questo capitolo non è molto, ma dovevo inquadrare un poco la scena in cui si svolgevano i fatti, spero di non aver annoiato nessuno e avverto che ho intenzione (come già si sarà capito) di far apparire altri personaggi di Hetalia ^^

p.p.s: Un saluto alla mia amica Laura che ha giurato di leggere questa FF e di pubblicarne una sua FORZA LAUUUU!!!! <3
coooomunque:

bye-bye,

e alla prossima ;-)))
  
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