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Autore: Val    29/06/2011    1 recensioni
"Per starsene un po’ più tranquilli, si erano presi un paio di giorni, forse tre, per fare un giro tra Northumberland e Yorkshire.
Era quasi aprile, c’erano già belle giornate.
Sìle stava attraversando il suo sesto mese di gravidanza con coraggio, perché era sì curiosa e piena di domande che a volte la spaventavano, ma anche con serenità, perché non aveva nulla di cui preoccuparsi, glielo dicevano tutti, e aveva vicini Dorcas, Ceday, Jane, Charlie e Una, Morgan. Perfino George a volte.
E aveva Liam."
Avevo promesso delle appendici a chi ha amato la storia di Liam e Sìle, così ecco qua la prima :)
Genere: Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'There's Something Magic'
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Appendice – 1:

“Allora? Siete arrivati?”
- Sì, da ieri Dorcas…-
“E’ uguale. E’ andato tutto bene?”
- Sì. Appena Sìle arriva ti faccio richiamare…-
“Come sarebbe appena arriva? Dove l’hai lasciata?”
…no…forse Una non era come Dorcas.
- In mezzo al Mare d’Irlanda con un bel branco di delfini!-
“Bugiardo!”
-…sì di questo se ne sarebbe accorto anche mio nonno…dormiva ancora, non ho voluto svegliarla, ma ti faccio chiamare appena la vedo va bene?-
“Sì...Olivia, Pluffie e quelle due povere creature senza nome, ti salutano…”
- Grazie Dorcas, ricambia…-
Attimo di silenzio, poi la sentì prendere fiato per parlare di nuovo, interrompersi…
- Sì?-
“…”
- Dorcas sento con una chiarezza quasi stereofonica lo sferragliante rumore di rotelline in corsa che produce il tuo cervello: dimmi…-
“Engelardo e Odelina!”
Liam per poco non si ritrovò il caffè che usciva dalle orecchie.
- Chi?!-
“Ti prego! Hanno bisogno di un nome, glielo leggo negli occhi!”
- Engelardo e Odelina ti sembrano nomi decorosi?-
“Eugenia e Colberto non ti andavano bene! Se non sai decidere che nome dare a un gatto, mi dici perché dovresti sapere quale dare a tua figlia?”
- Sei la donna più pestifera e cocciuta che conosca lo sai?-
“Certo che sì!”
Per fortuna l’arrivo di Sìle gli diede una buona scusa per interrompere quella conversazione per farle parlare tra loro. Ma ci fu uno scambio di telefoni.
- C’è Ceday al telefono di casa, voleva salutarti…-
- Qui c’è Dorcas che ti crede in mezzo al Mare d’Irlanda con un branco di delfini…- rispose lui stampandole la consueta espressione stupita di ogni giorno al momento di avere a che fare con Dorcas.
Sìle lo guardò andare verso la porta di casa sorridendo tra sé.
- Non ribollire così…- disse come prima cosa a Dorcas quando si fu portata il cellulare di Liam all’orecchio.
“Non vuole dare un nome a Filiberto e Camilla…”
- Ah ecco…- disse Sìle trattenendo una risata.
E poi non aveva mai capito bene perché , Dorcas amava dare ai gatti questi nomi antiquati e spesso con delle scomodissime pronunce all’italiana.
Liam intanto era alle prese con Ceday, Sìle lo vide uscire di lì a poco con ancora la tazza del caffè in mano. Lui si fermò sulla porta, sgranò gli occhi con aria confusa e sfinita, sbuffò.
- Ma che hanno oggi?-
- Volevano sapere come stavamo, com’era andato il viaggio…-
- Come si chiamano i nostri gatti, perché non ingrassi neppure quando sei incinta…-
- Ceday?-
Liam annuì e andò a sedersi su una roccia, posò il caffè di fianco a sé, affondò le mani nelle tasche del maglione blu scuro che portava sui jeans e guardò il cielo con aria dubbiosa: non c’era traccia della bella giornata precedente, il cielo era coperto di nubi grigie e tirava un vento insistente, ma non era sgradevole.
- Anzi citando alla lettera ha detto che “spera che l’aria di mare faccia venire una fame da lupi a quella stronza della sua amica che rimane incinta e ha anche la faccia tosta di non avere neppure le tette un po’ gonfie!”…-
- E tu?-
- Io niente, se mi metto anche a rispondere, inizio a sentirmi come se l’avessi accompagnata a fare pipì mentre io mi rifaccio il trucco…-
- Troppo uomo per queste cose William Kerr…- lo schernì Sìle avvicinandosi a lui per dargli un’arruffata ai capelli - comunque sappi che i nostri gatti si chiamano Filiberto e Camilla dal primo momento. E’ che Dorcas non te lo vuole dire… -
- Ah beh, pazienza…comunque finché io per loro sono miao o purrr, loro per me sono gatto e gatta…- replicò con rassegnazione Liam mentre si chinava ad appoggiarle la fronte sul petto con aria sonnacchiosa. Infatti sbadigliò un po’.
- Ma Olivia la chiami Olivia…-
- No, Olivia la chiamo micia perché mi fa tenerezza…comunque tua figlia mi sta prendendo a calci in faccia…-
Sìle rise e gli massaggiò la schiena.
- Papà, guarda che a te non sembra ma il tuo splendido testone pesa, la comprime…-
- Oh scusa tanto…- brontolò lui fingendosi risentito, ma senza muovere un muscolo, restando comodamente appoggiato a Sìle che lo massaggiava e senza ribellarsi alle attutite manifestazioni di scomodità della bimba.
- Hai dormito bene stanotte?- gli chiese lei e lui fece segno di sì con la testa.
- Ho solo avuto la strana sensazione di qualcuno che girava intorno, ma ormai ci sono abituato…-
Sìle si chinò a dargli un bacio sulla testa.
- Siamo circondati anche qui vero?-
- E’ ovvio…-
- Beh stanotte ho sentito una specie di nenia tristissima che si avvicinava alla finestra, poi si allontanava, poi tornava…poi mi sono riaddormentato…-
- Sicuro che fossero loro?-
Liam si indicò l’occhio destro e si disse sicurissimo.
- Ma non era qualcosa di spaventoso…mi ha incuriosito però - la tranquillizzò subito dopo.
- Dillo a mia nonna-
- Va bene. E i programmi per oggi quali sono?- chiese Liam sollevando il capo a guardarla in faccia mentre le cingeva i fianchi con le braccia.
Sìle guardò verso il mare e si strofinò un occhio.
- Mia madre dice che l’amico di mio padre grazie a cui si conobbero, è tornato a vivere a Peel e ha preso in gestione un pub. Forse lui sa dove sia o sa darmi qualche indicazione…ma dice che forse è meglio andare da lui al locale-
Liam le scostò la mano dall’occhio in un gesto scevro di sottintesi, stava soltanto invitandola a non toccarsi per vedere se era arrossato.
- Vuoi andarci subito?- le chiese con molta tranquillità, il che fece rilassare anche lei.
Si strinse nelle spalle e chinò di lato la testa guardandolo.
- Mi piacerebbe andarci prima possibile, sì…-
- D’accordo…- rispose lui.


Neanche un’ora dopo fuori stava cadendo una pioggerellina fitta, ma non sembrava avere intenzione di durare molto, il vento tra le nuvole apriva delle finestre sul cielo azzurro e anche all’interno del pub la luce variava a seconda di quanti raggi di sole riuscivano ad infiltrarsi attraverso quegli strappi nelle nubi.
Sìle era rimasta tranquilla fino a che non erano entrati tra le strade di Peel, poi d’improvviso aveva sentito un moto d’inquietudine prenderla.
Aveva la sensazione di qualcosa che l’avrebbe turbata e questa sensazione aumentava la sua tensione.
Quando scese dall’auto si accostò a Liam, gli si strinse alla vita con un braccio e lo guidò verso il pub quasi nascondendosi contro di lui.
Quando entrarono nel pub, tra le consuete note accoglienti di legno e tappezzeria dai colori morbidi, si mise dietro Liam fingendo di cercare qualcosa nella borsa pur di avere prima il tempo di assicurarsi che lì dentro non ci fosse niente e nessuno che la mettesse in difficoltà.
Liam se ne accorse, ma non le disse niente, non aveva intenzione di tormentarla più di quanto già non avesse fatto da sola.
Si avvicinò al bancone dietro cui stava un omone sulla sessantina, che doveva essere stato rossiccio di capelli, ma ormai era incanutito. Era grande e grosso, più grosso di Liam e più alto di un paio di spanne, un vero colosso, ma con un faccione simpatico e rubizzo che sorrideva loro coronato da un imponente cranio quadri cornuto appeso alla parete dietro di lui.
Sotto c’era una targhetta che diceva “Cranio di Finlo”.
Riposi in pace, fu il pensiero che venne a Liam che però non lo espresse.
- Salve!- salutò allegramente l’uomo dopo aver risposto alla battuta di uno dei pochi clienti mattutini che sfogliavano giornali o scambiavano due chiacchiere – posso aiutarvi?-
- Salve- rispose Liam –…sì grazie, noi stavamo cercando Marty Kane, avremmo bisogno di parlare con lui…-
L’uomo fece un cenno di assenso mentre i tra o quattro presenti, sentendo un accento forestiero, cioè quello scozzese di Liam, si girarono a guardare in faccia lo sconosciuto.
- Sono io Marty Kane, ditemi…- disse loro.
Liam si voltò a guardare Sìle, ma lei lo implorò con lo sguardo di rompere lui il ghiaccio e Liam era bravissimo in questo.
- Grazie. Ehm…io mi chiamo William Kerr, lei è la mia compagna, Sìle…-
- Molto lieto. Posso offrirvi qualcosa?-
- No, per ora no grazie…in effetti quello che ci preme è chiederle informazioni su una persona che lei conosce bene, per quanto ne sappiamo…-
Marty continuava a sembrare disponibile e quando Liam si voltò verso Sìle per incoraggiarla a prendere lei in mano la situazione, le sorrise.
Sìle si fece più avanti, si appoggiò al bancone e rispose al sorriso timidamente.
- Si…tratterebbe di Paul Allerston…- disse.
- Paul?-
- Sì…lui è mio padre…- aggiunse la ragazza, poi visto che il signor Kane pareva esitare un poco, guardò Liam che la incoraggiò e allora riprese – io mi rendo conto che forse lei non vorrà…insomma non mi conosce neppure, ma per me sarebbe davvero importante avere sue notizie se lei ne avesse...-
Kane, che aveva osservato la ragazza con molto interesse da quando lei gli aveva detto di suo padre, si portò una mano alla fronte.
- Sìle? Tu sei la piccola Sìle?- esclamò sorridendo.
Liam sorrise sotto i baffi vedendo la faccia attonita di lei che spesso si convinceva che la gente non la ricordasse: una delle sue inspiegabili insicurezze.
- Sì…sono io…-
- Santo Cielo! Come ho fatto a non capirlo. Vieni qui, fatti vedere! Sei il ritratto di tua madre…- disse l’uomo entusiasta, uscendo da dietro il bancone: non era meno enorme, non c’erano rialzi là dietro, quell’uomo era un gigante e Sìle quando se lo trovò di fronte, si sentì davvero piccola.
Tuttavia lui le tese le mani, si chinò a farsi dare un bacio con molta delicatezza e quando si risollevò la guardò da capo a piedi sorridendo con gli occhi azzurri che brillavano d’affetto.
- Ma guardati…- mormorò, poi quando si accorse che sotto la giacca c’era una pancia inequivocabile sorrise ancora di più e guardò Liam – io me la ricordo che era piccola così lo sai amico?- gli disse prendendosi subito più confidenza anche con lui. Mimò con la mano l’altezza della bimba di due o tre anni che ricordava.
Dopo i saluti, i ricordi che Marty fu più che lieto di condividere con loro e l’obbligo di accettare un’offerta di birra, che Liam accettò ma Sìle preferì mutare in thè, una ragazza venne messa dietro il bancone al posto dell’uomo e lui con i suoi ospiti, si sistemarono attorno ad un tavolo tranquillo, dove poter parlare con calma.
- Vedo tua madre ogni tanto e negli ultimi tempi mi aveva chiesto di Paul anche lei…era una cosa insolita…ma forse era per te – ipotizzò: con molta facilità non sapeva della particolarità delle donne della famiglia Kennaugh.
Sìle sotto il tavolo stringeva la mano di Liam e fissava in faccia Marty, Liam invece rimaneva in rispettoso e attento silenzio.
Marty sospirò preso da un pensiero.
- L’ultima volta ho sentito Paul…beh quasi un anno fa. E non lo vedo da almeno cinque, da quando è tornato dal Canada…- raccontò guardando fuori, in strada – sembra incredibile, vive a Portsmouth ormai, non viaggia più così spesso, ma per vederci ci siamo dovuti incontrare a Montreal...- sghignazzò.
Sìle sorrise, ma senza troppa convinzione.
- Credo di poterlo rintracciare se vuoi parlare con lui…-
- Era proprio quello che volevo chiederle…ma non vorrei creargli problema. Pensa che farei bene?-
Marty le sorrise e si permise di farle una carezza sulla testa.
- Paul ha una compagna da diversi anni ormai, ma da come ne parla è una donna molto dolce. E sono sicuro che lui ne sarebbe felicissimo. Ha sempre parlato spesso di te anche a lei a quanto ne so, anche se non aveva tue notizie. Per conto mio non ho mai capito perché abbia smesso di cercarne, ma quando ho tentato di chiedergliene il motivo, è sempre stato molto poco disponibile a rispondere, ma sono sicuro che se fossi tu a cercarlo non ci sarebbe nessun problema…-
Sìle guardò Marty , poi guardò Liam nella più totale indecisione.
Lui le rispose a quel lungo sguardo, poi le sorrise e le strinse la mano.
- Senti…se Marty qui può procurarsi il numero, tu prendilo intanto…- la consigliò.
Poco dopo uscirono in strada accompagnati da Kane che si meritò un abbraccio, per quanto le era possibile vista la mole dell’uomo, da Sìle e si congedò da Liam con una vigorosa stretta di mano.
Sìle era contenta di aver trovato una persona così aperta e disponibile, che per di più si era offerta con entusiasmo di aiutarla, così quando tornarono verso la macchina, regalò a Liam un sorriso speranzoso.
Lui le prese la mano e si avviò verso l’auto.
- E se poi mi manca il coraggio di usarlo quel numero? -
Liam come al solito la stupì perché indovinò, anche se non volendo o non sapendolo, proprio il suo timore principale.
- Non penso cambierebbe niente. Marty mi sembra uno che sa farsi gli affari suoi…non credo andrebbe a dire qualcosa a tuo padre senza che tu lo voglia…- rispose aguzzando lo sguardo verso un negozio – vado a comprare le sigarette, ti spiace?-
Sìle scosse la testa scrutando con un sorriso rapito quell’espressione da gattaccio zuzzurellone che nascondeva sempre dietro l’apparenza adulta e forte.
- Ti aspetto…- disse.
Si era accorta che forse un breve assaggio dell’effetto che le facevano quei posti così familiari, aveva bisogno di farlo da sola. Fosse stato anche solo per venti secondi, voleva capire che effetto le faceva correre il rischio che qualcuno la riconoscesse, dover dare spiegazioni su di sé…di persone che gliene avrebbero chieste vedendola ce n’erano.
L’auto di Liam era dall’altra parte della strada, così attraversò e si mise ad aspettarlo dopo averla raggiunta, appoggiata alla ringhiera che dava sul mare e, spostando lo sguardo a sinistra, sul castello.
Era contenta di rivedere quel paesaggio, era contenta di viverlo senza ansia, di essersi sbagliata e di essere lì con Liam.
Poco dopo, mentre si chiedeva cose banali, come ad esempio dove, se suo padre avesse voluto vederla, si sarebbero incontrati, o quanto le sarebbe stato facile, o difficile, riconoscerlo, se le avrebbe chiesto come stava o non le avrebbe detto nulla, vide qualcuno camminare lungo il marciapiedi.
Non ebbe esitazioni a riconoscerlo nonostante fosse cambiato, portasse un berretto di lana in testa e la barba lunga e allora capì che era quella la persona che meno avrebbe voluto incontrare lì, in un momento in cui era da sola per di più.
Impiegò troppo tempo a pensarci e il suo sguardo su di lui fu troppo lungo perché guardandola, Eric non la riconoscesse.
Lo vide fermarsi preso dal dubbio di sbagliare, accennare un sorriso incerto e poi avvicinarsi togliendosi il berretto.
Sìle aveva il cuore in gola e la bocca serrata, le labbra strette tra loro. Guardò verso la porta in cui era entrato Liam e vedendolo uscire fu molto sollevata; lui la cercò per un attimo con lo sguardo, la vide, le sorrise, poi si ricordò di qualcosa che ancora gli mancava e allora tastandosi le tasche, le fece cenno di aspettarlo ancora un momento.
Sìle non fece in tempo a fargli capire che non voleva aspettare, allora decise di andargli incontro. Si avvicinò al ciglio della strada per attraversare, ma un colonna un po’ più lunga di auto le impedì il passaggio e allora lei si voltò di nuovo per vedere quanto Eric fosse lontano.
Non lo era più tanto da poter sparire lasciandolo nel dubbio di essersi sbagliato, l’aveva riconosciuta già da un po’. Si limitò a non offrirgli lo sguardo o un’altra scusa qualsiasi che lo spingesse ad avvicinarsi di più, ma sapeva che non sarebbe servito, lo sentiva che non si sarebbe fermato, sentiva tutto quello che lui provava…compresa la sua paura di una cattiva reazione da parte di lei, ma anche la sua determinazione: non l’avrebbe fermato un rifiuto, era troppo tempo che aspettava quell’occasione di parlarle, di spiegarle.
Solo che lei di spiegazioni non ne aveva mai volute e non ne voleva.
- Sìle…sei tu?- lo sentì chiedere troppo da vicino.
Stava guardando l’asfalto sotto i suoi piedi, sentendo quella voce sollevò lo sguardo su Liam che stava arrivando, prese un gran respiro e si voltò verso l’uomo che aveva vicino sorprendendolo a pensare che era sempre stata la cosa più bella su cui avesse mai posato gli occhi, e lo era ancora.
Reagì con un’espressione quasi risentita a quel pensiero di Eric.
Liam li vide insieme mentre attraversava.
- Sì…- rispose Sìle verso Eric.
Un attimo dopo gli aveva già voltato le spalle e con il mento affondato nel collo della giacca, stava quasi correndo verso Liam che, per non fare quella figura da mastino che tanto detestava, si stava facendo una sigaretta con tabacco e cartine senza guardare loro due.
Nonostante fingesse di non dare peso alla cosa, il fatto che Sìle gli fosse arrivata incontro con quegli inconfondibili occhi felini e che non avesse affatto un’espressione felice o sollevata sul viso, gli suggerì qualcosa e lo portò a guardare quel tipo che rimaneva fermo, impalato come uno stoccafisso, con una mano a mezz’aria, come avesse tentato di fermare la ragazza, e un’inequivocabile espressione di estenuata frustrazione.
- Tutto bene streghetta?- domandò Liam dopo aver acceso la sigaretta.
- Sì – rispose lei con troppa decisione, infatti un attimo dopo gli appoggiò una mano sul petto – andiamo via da qui? A fare un giro da qualche parte? – lo pregò.
Liam annuì, le aprì lo sportello per farla salire, fece il giro dell’auto e quando fu davanti alla portiera del posto di guida, si concesse un’occhiata al tizio che aveva visto parlare con Sìle: era ancora lì, ma non li guardava. Aveva abbassato gli occhi e stava prendendo a calci qualcosa che schizzò via verso il mare.


Quella notte Sìle non dormì.
Il pensiero di suo padre l'aveva accantonato perché tanto doveva solo aspettare, ma vedere Eric le aveva fatto un effetto strano, diverso da quello che si aspettava.
O forse non si aspettava niente…già, forse era così.
Col passare degli anni, di lui era rimasto solo il ricordo dell’amarezza, della delusione che le era costato quell’amico d’infanzia. Non era arrabbiata con lui, non aveva voglia di maltrattarlo…aveva solo voglia di rimuoverlo, ma non poteva, la sua memoria non glielo consentiva.
E poi il modo in cui l’aveva guardata l’aveva colpita.
Era come la faccia di uno che avesse coronato con successo la sua ricerca esistenziale, il modo in cui si era illuminato di sollievo il suo viso nonostante l’imbarazzo e l’incertezza.
Aveva la sua occasione di redenzione.
E dovrebbe interessarmi?, si chiedeva Sìle, e il riflesso di quella domanda le arrivava subito da qualche altra parta della sua testa, in fondo che mi costa dirgli che è tutto passato? La mia vita ora è felice, che mi importa di lui ormai?
Importava invece. Importava ancora perché se ci pensava, si accorgeva di non essere capace di perdonargli quell’invasione illecita perpetrata ai suoi danni, istigata da altri, a cui lui si era sottomesso ignorando forse non del tutto innocentemente quello che poteva essere di lei dopo.
Lui era suo amico, era tutto per lei e forse ne era anche un po’ innamorata a volte…
La notte in cui era successa quella brutta cosa, era arrivata proprio quando Sìle aveva iniziato a pensare che forse quello non era solo un compagno di giochi ormai.
Come Liam, Eric sapeva di Sìle e di com’era e come Liam non era scappato. Fino ad un certo punto le era stato vicino con affetto e rispetto…e poi? Aveva buttato via tutto e ora le si ripresentava con quella faccia quasi ancora innamorata, incantata da una visione ultraterrena.
Era abbastanza onesto da non aspettarsi reazioni festose da lei, questo glielo riconosceva e forse per questo non aveva tentato di trattenerla, ma avrebbe preferito non incontrarlo e non scoprire in lui tutto quel bisogno di chiarimenti perché sapeva che forse sarebbe venuto a chiederglieli.
Non lo odiava, non l’aveva mai odiato…ma non voleva che lui desiderasse un contatto con lei, non lo voleva più nella sua vita, non era più il benvenuto.
Si girò nel letto a guardare Liam provando un forte desiderio di svegliarlo e, come per magia, lo trovò con gli occhi aperti, fissi su di lei. Gli sorrise ma lui non le rispose al sorriso, le posò un dito sulla punta del naso.
- Ti ho svegliato?-
- No…a me però rode che tu resti sveglia per colpa di un altro la notte…-
- Non essere assurdo! Non è un altro…-
- E’ un uomo, quindi è un altro…e non mi piace saperlo nella tua testa. E poi l'ho visto come ti guardava…- insisté lui, ma non sembrava arrabbiato...e del resto era troppo intelligente per non mettere in quelle parole l'ironia necessaria a farle capire che non riduceva il suo essere pensierosa riguardo a Eric solo ad un discorso di gelosia.
Lei lo guardò e vide che comunque per colpa di Eric e di come l'aveva visto guardare la sua donna, oltre all'ironia, gli stava passando qualcosa per la testa, qualcosa di preciso, bellissimo, di cui anche lei aveva una gran voglia, ma qualcosa di non solo romantico che aveva tanto di quel lupo che le streghe di famiglia gli vedevano dentro.
- E la bambina?- gli chiese.
- Infatti sto cercando di pensare a lei e tua madre e tua nonna di là per trattenermi, ma qualunque cosa ne diciate voi donne, il pancione è sexy, io sono in astinenza…quindi dormi e lascia quel tipo fuori da questo letto -
Sìle sorrise e gli si accostò sotto le coperte, abbracciandolo stretto.
- Il motivo è davvero stupido, proprio da selvaggio delle Highlands, ma mi piaci un sacco geloso…-
- Pericolosamente geloso…- ribatté lui – e tu sei…davvero troppo vicina lo sai tesoro? Non credo sia una buona idea starmi così attaccata e…- mentre parlava cercava di tenerle le mani e di allontanarsi dalle sue labbra che gli sfioravano il lobo di un orecchio, ma parlava già con un tono poco determinato a resistere.
Sìle però non desisteva, ormai Eric era stato accantonato, non era più arrabbiata e l’astinenza la soffriva anche lei, benché fosse dovuta ad un riguardo per il suo stato da parte di Liam.
-Lo sai che non è un problema farlo…non è affatto vietato, basta fare attenzione- sussurrò dandogli un morsetto sul collo.
- Lo so sì…è anche da un po’ che ci pensavo, ma non…non so….- con un leggero sussulto, Liam le afferrò il braccio che lei aveva abbassato sotto le coperte.
-Che c’è?-
- Smettila…-
- Di fare cosa?-
- Streghetta, togli la mano da lì…- le ordinò, ma già la tratteneva con meno convinzione.
- Perché?-
- Perché se ci sentono non va bene…-
- Facciamo piano…- bisbigliò lei cercandogli le labbra mentre gli saliva a cavallo del bacino.
- Ma…c’è lei lì dentro…- disse lui alludendo alla pancia di Sìle.
- Non se ne ricorderà neppure…e poi Ceday dice che il buon umore in gravidanza è importante e che io ho il miglior portatore di buon umore del Regno- insisté lei continuando ad accarezzarlo sotto le coperte.
- Ma tu e Ceday non avete proprio altro di cui parlare eh?-
- Non fare finta di voler cambiare argomento…lo sento benissimo che non vuoi…-
- Sì, lo so che lo senti…- rispose lui guardando di sfuggita sotto le coperte – però è sleale questo! -
Dopo un sospiro nervoso, tentò l’ultima obiezione, ma Sìle gli chiuse le labbra con la mano libera.
- Hai detto che non vuoi che pensi ad Eric no?-
Liam si fece subito più serio, forse lo ingelosiva davvero un po’ l’idea.
- Sì…- rispose prontamente.
- Allora distraimi Kerr...- gli ordinò lei.

   
 
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