2.
Taemin
si
svegliò presto, si stropicciò gli occhi e
sbadigliò, assonnato. Aveva dormito
bene, sì, ma non aveva sognato di essere donna. Aveva invece
sognato di essere
scoperto e di finire isolato da tutti. Sbadigliò di nuovo,
cercando di
scrollarsi dalla mente il brutto sogno. Si alzò e si diresse
verso il bagno per
lavarsi e prepararsi. Tra poco sarebbe dovuto andare a scuola e non
voleva di
certo perdere il bus.
Appena
finì di
lavarsi tornò in camera, per vestirsi. Si guardò
allo specchio: quei pantaloni
troppo larghi per il suo fisico asciutto e quella camicia bianca
informe non
gli donavano per niente. Per non parlare delle scarpe, nere e brutte.
No, i
vestiti da uomo non facevano proprio per lui. Cosa c’era di
meglio
dell’uniforme femminile? Una gonna corta, a pieghe, camicetta
bianca che
metteva in risalto le forme e dei mocassini neri che calzavano
perfettamente il
piede femminile.
Scosse
la
testa, tornando alla realtà. Prese la cartella e chiuse la
porta della sua
stanza, poi scese le scale verso la cucina, dove lo aspettava la
colazione.
Sospirò, rassegnandosi al fatto che non sarebbe mai
diventato donna da un
giorno all’altro, o almeno senza un operazione.
“Buongiorno
Tae!” disse sua madre.
Taemin
sorrise, nel modo più falso possibile, cercando di non far
trasparire la
tristezza che provava dentro di sé.
Poi
si alzò da
tavola, salutò la madre ed uscì di casa. Fece un
respiro profondo e si diresse
verso la fermata dell’autobus. Era in perfetto orario.
-
Minho
si buttò
sotto la doccia, accaldato. Aveva fatto decisamente un buon tempo,
tenendo
conto che si era svegliato con dieci minuti di ritardo. Poco male,
avrebbe
camminato più velocemente verso scuola. Saltare la colazione
era impensabile,
dato che è il pasto più importante della
giornata. Prendere un mezzo pubblico
era assolutamente da escludere: la scuola era a solo dieci minuti a
piedi,
perché mai usare un motore invece delle proprie gambe?
Uscì
dalla
doccia, si asciugò in fretta e si vestì. Poi
andò in cucina, salutando tutta la
famiglia e ringraziando per il pasto. Mangiò in silenzio,
come sempre
d’altronde. I suoi non avevano mai approvato che il proprio
figlio lavorasse di
notte, e negli
ultimi tempi l’aria in famiglia
era diventata pesante.
“Stai
studiando
per gli esami?” disse il padre non alzando lo sguardo dal
giornale.
“Mh.”
Rispose
Minho mentre masticava.
“Lo
spero per
te. Tuo fratello ha avuto accesso ad una delle migliori
università del paese e
pretendo che sia lo stesso per te. O vuoi essere da meno?”
Minho
odiava
quando suo padre tirava in mezzo suo fratello. Era sempre stato il
protetto
della famiglia, il migliore in tutto. Sport, scuola, rapporti con gli
altri e
relazioni con le donne: suo fratello brillava in ogni campo. Si era
diplomato
col massimo dei voti e anche adesso che era
all’università era il migliore del
suo corso.
Il
ragazzo
bevve il succo d’arancia senza rispondere al padre,
ringraziò nuovamente e si
alzò da tavola, salutando i proprio genitori. La madre
rispose con un semplice “Fai
attenzione” mentre il padre rimase in silenzio.
Chiuse
la
porta e si incamminò verso il cancelletto. Uscì e
prese un bel respiro. “Meno
di cinque minuti, voglio arrivarci a corsa in meno di cinque
minuti.” Contò
fino a tre e poi cominciò a correre, il più
veloce possibile, mentre il vento
gli scompigliava i capelli. Lui non era fatto per lo studio, no. Era
nato per
correre. O per calciare un pallone. O per saltare più in
alto di tutti. Minho
era sicuro che il suo futuro sarebbe stato lo sport, e non un posto
dietro ad
una scrivania.
Arrivò
a
scuola, col fiatone. Si rilassò un poco, prima di
controllare l’ora sul suo
orologio: meno tre alle nove. Era riuscito ad arrivare in tempo, e con
tre
minuti d’anticipo. Sorrise, soddisfatto del suo nuovo record.
Si incamminò
verso l’entrata, sorridendo al suo amico Kibum che era
arrivato pochi secondi
prima di lui.
“Buongiorno!”
“’Giorno!
“
rispose l’altro “Oh, ma che hai fatto? Sei tutto
sudato!”
“Ah!
Niente,
ho sol-“ prima che potesse finire la frase si
ritrovò Kibum vicino al suo viso,
che con un fazzoletto gli asciugava il sudore.
“Tanto
per
renderti un minimo decente e, zitto non dire niente! Ti devo raccontare
cosa mi
è successo ieri!”
Minho
abbozzò
un sorriso, imbarazzato. Kim Kibum era decisamente il ragazzo
più strano che
avesse mai conosciuto. Ma era anche il suo migliore amico e non
smetteva mai di
ringraziare il cielo di avere una persona così al suo
fianco. Un secondo
fratello, anzi, un fratello vero e proprio visto che con quello
“vero” non
andava per niente d’accordo.
“Certo,
certo,
mi racconterai tutto durante la pausa pranzo, non ora che dobbiamo
entrare.”
Kibum
annuì, e
insieme entrarono.
Grazie a chi ha commentato & letto il primo capitolo! Mi ha fatto molto piacere ricevere commenti positivi... soprattutto che sia piaciuto questo Taemin così diverso dal solito! L'idea che fosse molto religioso mi è venuta leggendo in giro, su vari siti e blog, che sia lui che la sua famiglia lo sono "nella realtà". Non so quanto sia attendibile come cosa, ma è servita comunque a darmi ispirazione! Spero che anche questo capitolo piaccia, piano piano verranno introdotti altri personaggi! (: un bacio! :3