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Autore: HappyCloud    03/07/2011    8 recensioni
Una giornalista e una scommessa fatta da ubriaca che le travolgerà la vita, facendole incontrare molti uomini per poi giungere al punto in cui è sempre stata: dal suo Lui.
Sullo sfondo, un intricato caso su cui investigare e al quale trovare una soluzione per aiutare un amico. Guardandosi sempre bene alle spalle, perché il nemico non è mai troppo lontano.
Dal secondo capitolo:
Gli lanciai un’occhiataccia che non lasciava nulla all’interpretazione.
- “Tu sei pazzo se pensi che io possa accettare di prestarmi a tutto questo”.
Nick non si scompose neanche per un secondo.
- “Sammy, tu hai già accettato” mi rispose, sventolando quel dannato foglio che riportava la mia firma, con un dannato ghigno di scherno stampato sul viso.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'C'eral'acca'
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Capitolo venticinque. If It Makes You Happy.

Il settimo uomo con cui sarei dovuta andare a letto era un poliziotto. Lo avevo scoperto qualche giorno dopo lo sgradevole ritorno di Harmony, rinvenendo quasi per puro caso il bigliettino stropicciato che avevo infilato nella tasca del cappotto.
Warren aveva deciso di prendere in mano la situazione e mi aveva assicurato che avrebbe trovato una 'soluzione omosessuale' - così l'aveva definita - al mio problema.
- "Ti senti bene, Zuccherino?" mi chiese preoccupato, fissando il bicchiere mezzo pieno appoggiato sul bancone, davanti a me. Mi aveva costretta a strizzarmi in un abitino bianco firmato con un paio di collant antifreddo, sotto ad un pesante soprabito per andare a bere un drink in un piccolo locale semideserto del centro. Avrei tanto preferito strafogarmi di biscotti e cioccolata calda comodamente stravaccata sul mio divano, ma quella piccola checca isterica mi aveva proibito di starmene a casa, in tranquillità, ad ascoltare un rilassante disco di musica jazz, sotterrata dalle coperte.
- "Certo" risposi distratta.
- "Stai bevendo troppo; credo dovresti smettere di trangugiare margarita". Ma come, prima mi invitava fuori a bere e poi voleva che stessi lontana dall'alcool?
- "Mi sto solo divertendo, Warren. Ho ventiquattro anni, sono single... "dissi con amarezza.
- "Ffff... - mi interruppe; lo squadrai sorpresa, ma lui fece come se nulla fosse - Continua".
- "Dicevo: ho ventiquattro anni, sono single". Era una vera e propria tortura continuare a ripeterlo ad alta voce.
- "Ffff... " sbuffò ancora.
Lo guardai spazientita.
- "Hai problemi con la dentiera?" esclamai sarcastica.
- "Non ho detto nulla! Vai avanti!" mi sollecitò.
Ricominciai per l'ennesima volta la triste descrizione della mia vita.
- "Ho ventiquattro anni, sono si..." temporeggiai.
- "Ffff". Ancora?
- "... ndaco. Fregato! Che hai contro la mia zitellaggine?" sbottai.
- "È questo il problema? Che non hai un ragazzo? Perché, tesoro, tu non ce l'hai perché non lo vuoi". Ecco la perla di saggezza.
- "Io lo voglio" brontolai con il broncio.
- "Anche io lo voglio, ma la mia tradizionalissima famiglia gallese vorrebbe che il mio partner fosse uno delle nostre parti, di buona famiglia e che fosse... donna" scherzò, ricordando la pantomima surreale che avevo realizzato per giustificare il fatto che io e lui non stessimo insieme.
- "Scusa per quella storia: è stata la prima cosa che mi è passata per la testa" dissi sincera.
- "Oh, non fa niente. Credo solo che Nick non se la sia bevuta".
- "E dove sta il problema? Lui non se l'è bevuta, ma io sì!". Mi scolai il cocktail che avevo in mano per poi asciugarmi la bocca in modo sgraziato con il dorso della mano.
- "Quindi, è questo il tuo cruccio personale" commentò, dondolando tra le dita un bicchiere vuoto.
- "Di che parli?".
- "A me va bene qualsiasi ometto, ma a te a quanto pare no. - lo guardai spaesata mentre lui assumeva un'espressione maliziosa - Zuccherino, poggia il bicchiere che ce ne andiamo. Stasera ti porto in un gay club che ti farà girare la testa".
- "Come pensi io possa svagarmi vedendo un branco di uomini che non potrò mai avere, visto il loro disinteresse totale verso le mie  curve?".
- "Per trovarle attraenti dovrebbero esistere, queste curve. Ascolta: se tu sei depressa, io devo farti divertire. Però, se voglio riuscire nell'impresa, è necessario che prima io sia rilassato. E non c'è nulla di meglio di un bel paio di corpi maschili sudati per rendermi felice e ben disposto ad aiutare un'amica in difficoltà". Alzai le spalle e concordai con lui: una serata con Warren in un locale in cui nessuno uomo mi avrebbe importunato era quanto mi serviva per distrarmi e dimenticare Nick almeno per qualche ora.

Warren mi tolse le mani davanti agli occhi con un tadan. Impiegai qualche secondo per mettere a fuoco il grosso edificio che avevo dinnanzi, ma non dovetti riflettere molto per vedere quell'arancione inconfondibile delle mura esterne e della grande insegna del Pumping Pumpkin.
- "Mi prendi in giro? - gracchiai, voltandomi verso di lui - Non è un gay club, te lo assicuro, e non è di certo il posto giusto dove farmi svagare".
- "Zucchero - e prima che me lo domandi, sì ho tolto l'ino perché ti osservavo prima e i tuoi fianchi mi sembrano un po' più rotondi -, è il miglior locale di Londra e non devi preoccuparti perché Nick non c'è stasera".
- "Due domande: chi ti ha detto che il problema sia Nick e come diavolo fai a sapere che non lavora oggi?"
- "Primo: la tua bava parla per te; secondo: diciamo che ho vari agganci all'interno". Salutò con fare civettuolo il buttafuori vestito di nero che c'era accanto all'uscita laterale e quello gli rispose con un sorriso che doveva aver pensato essere sexy, prima di ritornare ad indossare la maschera da stronzo con dei ragazzini che erano troppo giovani per convincerlo di avere ventun anni.
- "È patetico venire qui" sbuffai sconsolata.
- "Lo sarebbe se lui fosse qua stasera e se... tu fossi innamorata di lui" osò.
- "Beh, allora non corriamo nessun pericolo" ribattei pronta.
- "Perfetto" disse saccente.
- "Perfetto" ripetei più per convincere me stessa che per risultare credibile agli occhi di Warren.
- "Entriamo?". Annuii poco convinta.
- "No, aspetta, Zucchero! - mi bloccò il polso e trasse dalla tasca il cellulare. Lo fissò con gli occhi sorridenti e lo vidi poi girare il volto aldilà della strada - Un mio informatore mi ha detto che c'è una festa poco distante da qui". Il vento tirava nella nostra direzione e, tendendo le orecchie, sentimmo rieccheggiare nell'aria della musica provenire da qualche isolato più in là.
- "Quindi?" suggerii.
- "Quindi ci andiamo, è ovvio. Ci sarà anche una persona per te: si chiama Dougie e fa il poliziotto".
- "Non ho voglia di andare a letto con nessuno, Warren" biascicai, con fare lamentoso.
- "Di questo non devi preoccuparti: sono un vero amico e mi farò carico io di questo onere".
Questa sì che è generosità senza interessi.
Prendemmo un taxi per raggiungere il luogo della festa, non realizzando che distasse solo qualche centinaio di metri dal Pumping Pumpkin.
- "Un altro gay? La mia vita sta diventando quanto di più lontanamente etero ci possa essere sulla Terra" commentai.
- "Abituatici perché questo è il futuro del mondo; un universo omo sarebbe il top. Se fossi Dio - e credimi che per 364 giorni su 365 ho la convinzione di esserlo - ordinerei agli uomini di andare in giro nudi, con il cannocchiale a vista e interamente cosparsi di olio, mentre le donne... - parve pensarci qualche istante - no beh, nel WarrenWorld non c'è spazio per il doppio cromosoma X".
- "E come pensi che la specie umana possa riprodursi?" gli chiesi, in attesa di una risposta seria.
- "Zucchero, nel momento in cui muoio io, non ci sarà motivo per cui il genere umano debba proseguire: no Warren, no party".
L'egocentrismo è una brutta cosa.
Annuii per evitare di fornire linfa vitale all'autostima, già sconfinata, del mio amico.
- "Quindi chi sarebbe questo poliziotto che mi hai procurato?" domandai, sebbene non fossi molto interessata al soggetto.
- "Si chiama Dougie. L'ho conosciuto qualche anno fa in vacanza a Mikonos e non mi ha mai tolto gli occhi di dosso. D'altronde, se non fosse che ci vivo in questo corpo, farei lo stesso. Comunque è stato il mio primo successo" disse con orgoglio, guardandosi teatralmente le unghie curatissime.
- "Cioè?" fui indotta a chiedere.
- "Diciamo solo che è arrivato con la fidanzata ed è tornato a casa con la guida turistica dell'isola".
- "Gli hai fatto rompere con la sua ragazza per un'altra?".
- "Credimi, Sam, Georgeos piaceva a tutti, soprattutto quando parlava di colonne. Aveva un non-so-che di erotico quando pronunciava la parola dorico. Ogni volta lo immaginavo su di me con il suo... ".
Oh, mie povere orecchie!
Passammo al di sotto dell'arcata con il festone floreale che accoglieva i partecipanti alla festa e ci precipitammo sui salatini.
- "Sarai pure una donna mancata, ma la tua ossessione per il sesso è del tutto maschile" osservai.
- "Ha parlato la santa di Mayfair, quella che si deve sbattere dieci uomini perché è troppo orgogliosa per anche solo contemplare l'idea di perdere una scommessa".
- "Touché" ammisi senza difficoltà.
- "A proposito di touchés... - stampò una manata sul sedere di una ragazza seminuda che finse uno sguardo indignato dietro un palese compiacimento. Un'espressione di puro stupore si dipinse sul mio volto, mentre Warren proseguiva con andatura sinuosa la sua scalata verso il bouffet - Ogni tanto ho bisogno di ricordarmi perché non mi piacciano le donne; sai, per controllare che la mia gayaggine sia intatta".
- "Perciò, qual è il risultato del check-up?" risi.
- "Naaah, mi piacciono ancora i maschi. Però, quella ragazza si sarà illusa d avere uno straccio di possibilità con l'adone qui presente meglio conosciuto come me. Agisco per il bene della comunità: sono magnanimo".

C'era un mucchio di gente ben vestita, pronta a sfidare la pioggia che sembrava aver graziato la serata. Un grande fontana era stata posizionata al centro dello spiazzo, addobbata con composizioni floreali lungo tutti i tre piani circolari che la componevano.
Prendemmo due bicchieri di champagne al volo da un cameriere di passaggio e ci buttammo sulle tartine.
Riconobbi tra la folla José ed alcuni altri ballerini del Pumping Pumpkin e li osservai conversare tra loro, spiluccando qua e là dal rinfresco. Faceva un certo effetto vederli al di fuori del lavoro, così diversi e spontanei nelle loro risate, le facce rilassate invece che contrite in assurde, seppur efficaci, smorfie sexy.
- "Li conosci?" mi chiese Warren con l'acquolina in bocca.
- "Cosa? - chiesi, cadendo dalle nuvole - Ah, solo di vista" risposi vaga.
- "E anche lui conosci solo di vista?".
No, cavolo: Nick.

Mi mantenni alla larga tutta la sera, senza però smettere di pensare ai mille modi di vendicarmi del perdono concesso ad Harmony troppo facilmente. Era più forte di me: poteva essere gelosia o pura e semplice logica scientifica - ti mente per venticinque anni, la cancelli dalla faccia della Terra, no? -, pur non completamente disinteressata, però non sopportavo il fatto che fossero tornati amici.
Warren, nel frattempo, flirtava con un barista che per la centesima volta gli rispose di essere etero, ma il mio amico era ormai partito in quarta e si era già prefissato di convertirlo all'omosessualesimo, così come già una volta era riuscito con Dougie.
Il vocalist della serata annunciò che, per precauzione dovuta all'instabilità meteorologica, la festa si sarebbe trasferita in un capannone lì vicino. La folla cominciò a defluire dal parcheggio verso il luogo indicato, mentre io m'impegnavo nella ricerca di Warren, sparito dalla circolazione. Lo chiamai sul cellulare e lui mi disse che stava facendo ubriacare il barman per confondere i suoi gusti sessuali, di non aspettarlo e di confidare nell'arrivo di Dougie.
Ad un certo punto, quando ormai la quasi totalità della gente aveva cambiato location, fu inevitabile scontarsi. José si defilò rapidamente. prima che potessi dire A, mentre Nick si fece avanti sorridendo sornione.
- "Sammy cara".
- "Non sono né Sammy, né cara" risposi acida.
- "Non fare la scorbutica. - mi rimproverò - Che ci fai qui?" domandò.
- "Mi ci ha trascinato Warren" confessai sincera, fingendo di guardare un po' da tutte le parti.
- "La sua tradizionale e moralista famiglia gallese glielo ha permesso?" scherzò.
- "Non sei divertente". Ero indisponente, lo riconosco.
- "Non sei divertente" mi fece il verso, scimmiottando la mia voce.
Alzai lo sguardo per fulminarlo istantaneamente e mi cadde l'occhio sulla fontana alla sue spalle, ad una distanza di qualche metro circa. E l'idea arrivò: lo avrei fatto cadere in quell'acqua torbida - dovevano averla raccolta dal Tamigi o da qualche cloaca a giudicare dall'odore - davanti a tutti. Che poi erano tre persone, visto che le ultime persone se ne stavano andando proprio in quel momento.
Lo feci indietreggiare, spingendo con forza e con rabbia l'indice della mano destra sul suo petto. Lui sembrava a tratti divertito, a tratti preoccupato per la strana reazione che stavo avendo; ero alterata con lui perché nessuno l'aveva autorizzato ad essere così attraente con i suoi occhi subdolamente limpidi ed arroganti. Come diavolo si era permesso di farmi innamorare di lui?
- "Che c'è?" rise.
- "Non imitarmi!".  
Aveva camminato all'indietro, senza badare al fatto che ci fosse quella vasca ad attenderlo; non se la ricordava probabilmente, dal momento che era stata trasportata ed allestita in quel punto solo per quella festa. Quando il retro delle sue ginocchia toccarono il basamento della fontana, lo spinsi con maggior forza, facendogli perdere l'equilibrio. Stavo già per ridere, quando l'idiota mi afferrò per la parte superiore del vestito, trascinandomi con sé nella melma.
Maledettissima gravità.
L'acqua era gelida e putrida e... ovunque su di me. Ma almeno Nick non era da meno.
- "Sei completamente idiota! E-e... bagnato!".
Cervello mio, perché mi hai abbandonato?

- "Che acutezza, Sammy!" commentò irritato, facendo un gesto secco con la mano per levarsi dalle dita un qualcosa di dubbia provenienza, sul quale comunque meglio non indagare.
Dio, nonostante fossi sporca e fradicia e lui pure peggio, me lo sarei mangiato di baci in quel momento. Non riuscivo a smettere di guardare quella gocciolina che se ne stava sulla punta del ciuffo ribelle attaccato alla fronte, in bilico tra una caduta rovinosa nell'acqua torbida della fontana e la dannazione eterna tra quei capelli sempre perfettamente incasinati. Alla fine, Nick ci passò una mano sopra, riportandomi alla realtà. Realtà che consisteva nella sottoscritta, con le gambe per aria, in una vasca piena di liquido semistagnante in un parcheggio di Soho.
Era il momento di dire qualcosa.
- "G-guarda cos'hai combinato!" strillai, osservando il mio vestito un tempo bianco ed asciutto e fingendo di ignorare il freddo gelido che mi perforava la pelle da ogni fessura del tessuto.
- "Io? Sei tu quella che mi ha spinto nella fontana" urlò.
- "Doveva essere solo uno stupido scherzo per farti fare una figuraccia. Ma tu mi hai trascinato giù con te" brontolai.
- "Mi sono aggrappato a te per non cadere, ma la tua muscolatura da criceto non ha retto".
- "Scusa tanto se non ho il fisico da lottatrice di wrestling e se non ho nemmeno le tette di Harmony che ti avrebbero tenuto a galla!".
No, Sam, non imboccare questa via senza ritorno.
- "Non ti rispondo neanche; mi dai sui nervi quando fai la bambina".
Un movimento molesto nelle mutande mi fece sussultare. Pregai in aramaico antico che fosse solo una suggestione e non qualche strano animaletto paludoso e curioso che aveva trovato un nuovo passatempo: avventurarsi sotto le gonne altrui. Nick, nel frattempo, si era alzato e si stava strizzando la maglietta zuppa, così come il giubbotto imbottito. Si girò verso di me che, con gli occhi sbarrati, mi agitavo convulsamente per quella cosa che si stava aggirando nella mia biancheria intima, con mio sommo ribrezzo.
- "Hai intenzione di uscire o vuoi intrattenere una conversazione con i rospi? - ironizzò. Rospi? ROSPI? - Se non ti sbrighi ci prenderemo una bronchite".
Cominciai ad urlare, annaspando nell'acqua per trovare un punto d'appoggio - visto il fondale sconnesso - ed andarmene da quella schifosissima fontana.
- "Aiuto, aiuto!" gridai.
- "Ehi voi due, che succede?". Io e Nick ci voltammo entrambi verso le due ombre nere che si stavano avvicinando. Per un attimo, temetti che fosse di nuovo quell'energumeno del vicolo che mi aveva lasciato un vistoso ricordino sul collo, ma ogni preoccupazione si sciolse nel notare la divisa che i due uomini indossavano: erano due poliziotti.
- "Ci sono problemi, signorina?" domandò l'altro.
Mi appoggiai al bordo esterno della vasca e ne uscii, completamente fradicia e trattenendomi dal battere i denti.
- "No, nessuno. Siamo solo scivolati... nella, ehm... fontana".
- "Scivolati, eh? - mi sa che non ci ha creduto - Ad ogni modo sono costretto a farvi una multa: è proibito introdursi nelle fontane".
- "È proibito anche scivolarci?" tentai con un sorrisino sforzato.
- "Niente giochetti, signorina. Nome e cognome, prego". Trasse un blocchetto di carta da una tasca e stappò con i denti una penna. Decisi che era arrivato il momento di giocare l'ultimo asso nella manica. Trassi un respiro profondo ed ignorai gli strani movimenti che animavano le mie mutande.
- "Non è che, per caso, uno di voi si chiama Dougie?" chiesi incerta.
Quello che era rimasto più in disparte, controllando che il collega ci facesse la contravvenzione, fece qualche passo avanti e fermò la mano dell'altro poliziotto che stava scrivendo febbrilmente.
- "Io. Ci conosciamo?".
- "Sono un'amica di Warren". Il ghigno contratto dell'uomo si risolse in un sorriso.
- "Warren? Oh, mio Dio, come sta? Pensavo di vederlo stasera, ma il giro si è prolungato più del solito e non sono riuscito ad incontrarlo. - esclamò dispiaciuto - Ma mi aveva accennato che doveva presentarmi qualcuno; una certa Sally, forse?" tentò di ricordare.
- "Sammy" lo corresse divertito Nick, apparentemente riabilitato all'uso della parola.
- "Sam, solo Sam. - lo guardai in cagnesco - Però lei non scriva nulla, eh!" dissi al poliziotto che teneva ancora saldo in mano il blocchetto. Dougie glielo strappò dalle mani e gli intimò di continuare il giro da solo e che a noi avrebbe pensato lui. Soprattutto a Nick, aggiunsi io...
- "Allora, Dougie, - esclamò Nick - per stavolta possiamo andare? Anche perché moriremo assiderati tra poco".
- "Va bene, ragazzi; per stavolta Warren vi ha salvato le chiappe". Warren ci avrebbe fatto di tutto con due chiappe, non di sicuro salvarle!
Il poliziotto se ne andò dopo averci salutato con un gesto della mano e con la raccomandazione di tornarcene subito a casa e toglierci di dosso quei vestiti bagnati.
- "Mi devi un favore. - esclamai, cercando con una rotazione del bacino di spostare gli slip e capire l'entità del danno presente nella zona pubica - Ti ho tolto da un bel guaio".
- "Dove mi avevi messo tu. Forza, andiamocene".
- "Nick! - lo bloccai - Ho qualcosa nelle mutande".
- "Anche io" rispose sarcastico.
- "Un animale! E' entrato quando eravamo in quella vasca piena di germi e batteri".
- "È suggestione, Sammy. Andiamo al Pumping Pumpkin, ci mettiamo addosso qualcosa di asciutto e l'anaconda che hai negli slip vedrai che uscirà" mi prese in giro.
- "No no no no. Io non mi muovo di qui se ho ancora quel coso nella mia... intimità" dissi imbarazzata.
- "Allora prova a saltare, magari così se ne va". Ero talmente disperata che seguii il suo consiglio - senza sortire effetto alcuno, ovviamente - pur non accorgendomi delle grasse risate che si stava facendo Nick. Continuai imperterrita; non avevo calcolato che, dal momento che ero bagnata fradicia, il mio peso complessivo sarebbe stato maggiore e il mio equilibrio sui tacchi più precario. Fu quando sentii uno strano rumore provenire dalla zona sottostante le caviglie che capii che la serata non aveva ancora raggiunto il suo punto più basso. E nemmeno io.
La cosa più brutta che potesse capitarmi - peggio della peste bubbonica, della siccità, del passare un mese intero con Harmony - si era appena verificata: il tacco della mia scarpa destra aveva appena raggiunto il Regno dei Cieli.
- "Porca vacca del Venezuela!" strillai, arrabbiata e inorridita dalla mia sfiga colossale.
- "Che c'è ora" bofonchiò Nick, stravolgendosi i capelli.
- "Il mio tacco, cavolo, il mio tacco!".
- "Dai, poche storie, raccoglilo ed andiamocene".
Non aggiunse altro ed io dovetti mordermi la lingua per evitare di prenderlo a male parole o infilargli la reliquia che avevo in mano in qualche indefinito sfintere del suo corpo. Possibile che non capisca il mio dolore?
Lo seguii in silenzio, zoppicando come un'ubriaca, sotto il suo sguardo derisorio. Se non altro questo nuovo inconveniente mi aveva momentaneamente fatto accantonare il pensiero che ci fosse un ospite nella mia biancheria intima. Diamine, ma quanto mancava a quello stramaledetto Pumping Pumpkin? Il palazzo rosso cangiante che intravidi sulla destra sembrava dirmi: continua a camminare, bella. Mi fermai per fare una piccola sosta perché con quell'andatura claudicante mista all'effetto montagne russe mi stava venendo la nausea e mi stancavo il doppio.
- "Ti vuoi muovere? Di questo passo arriveremo domani" constatò stizzito Nick, senza rinunciare ad una punta di ironia.
- "Vuoi fare cambio scarpe?" risposi acida. Avanzò di qualche passo e si accucciò.
- "Non volevi che mi sbrigassi? E ora che fai?".
- "Parlo con una formica, Sammy. - esclamò canzonatorio. Detestavo il suo sarcasmo: troppo simile al mio - Sali in groppa, altrimenti va a finire che andiamo in ospedale con la polmonite per la tua velocità da bradipo". Mandai giù il rospo - un altro, non quello che stava facendo un party nelle mie parti basse - ed accettai il 'passaggio'. Tirai su l'orlo della gonna di una decina di centimetri, posai le gambe ai lati della schiena di Nick e incrociai le braccia alla base del suo collo. Lui si sollevò da terra con agilità e ricominciò a camminare, agganciandomi le ginocchia con le sue braccia.
- "Guarda cosa mi tocca fare... " si lamentò a bassa voce. Le vie si Soho erano quasi deserte, nonostante non fosse tardissimo, ed io mi lasciai cullare dal passo cadenzato di Nick. Poggiai stancamente la testa sulla sua spalla e mi ritrovai come una scema ad annusargli la giacca e la pelle della nuca che sapeva ancora del suo profumo, sebbene avessimo fatto un tuffo nel frattempo. Respirai in mezzo ai suoi capelli e da ogni centimetro della sua cute lasciato scoperto dai vestiti, noncurante della fastidiosa sensazione provocata dagli abiti bagnati incollati all'epidermide.
Era stato troppo facile innamorarsi di lui, perdersi in quegli occhi glaciali e strafottenti, lasciarsi intrappolare fisicamente e mentalmente da quel suo caratteraccio freddo e scostante che, invece di farmi scappare a gambe levate, mi aveva chiuso a doppia mandata nel suo mondo. Avrei dovuto mantenere le distanze, permettere a tutti i litigi di spezzare l'intesa che mi legava a lui.
- "Che fai, mi annusi?" mi chiese ad un tratto, facendomi sussultare.
Che figura.
Sgranai gli occhi ed arrossii, però cercai di mantenere il controllo sulle mie azioni. Innanzitutto Sam, allenta la presa sulla sua gola, altrimenti lo strozzi.
- "Sì, perché in effetti l'odore di melma che hai addosso è davvero invitante. Appetitoso, direi" mentii.
La cosa migliore da fare era trovare un argomento di discussione.
- "Allora, con Harmony?". Le sue spalle si irrigidirono e lui sbuffò.
- "Vogliamo davvero intraprendere questa discussione, di nuovo?" ribatté, continuando a camminare.
- "Vorrei solo capire... " provai a spiegare.
- "Non devi capire tu".
Si bloccò e mi fece scendere. Lasciai scivolare le gambe lungo le sue e lo seguii all'interno del Pumping Pumpkin, dove solo qualche recidivo coetaneo della zia Annie stava seguendo i pochi ballerini rimasti ad esibirsi, senza nemmeno badare ai due sfigati bagnati fino al midollo che gli passarono a pochi passi.
Salimmo una scala glitterata color bronzo che affiancava il palco e che conduceva direttamente ai camerini. Mi tolsi le scarpe e la percorsi con i piedi nudi e gelati sino agli spogliatoi, uno maschile e uno femminile.
Domanda di vitale importanza: andare in quello degli uomini, risultando un po' troppo presuntuosa e un po' maniaca, oppure optare per quello delle donne, decisione pudica, ma senza sapere cosa fare? Rimasi immobile, in attesa dell'illuminazione divina che mi avrebbe portato a fare la scelta giusta. Il segno celeste arrivò senza troppe preghiere, sottoforma di un ragazzone dai capelli scuri e due occhi verde chiaro.
- "Ti sei persa, micetta bagnata?" mi colse alle spalle, quasi poggiando la testa sulla mia spalla destra. Lo guardai sorpresa e mi ritrassi da una parte, per vedere in viso colui che era appena arrivato. Micetta? Chiunque avesse osato chiamarmi in quel modo non era degno di vivere.
 Indossava un paio di pantaloni scuri ed una camicia a quadrettoni colorata.
- "Micetta sarà tua sorella" risposi indignata.
- "Micetta bagnata e micetta con artigli".
- "Senti, sfigato della prateria, tornatene da dove sei venuto" lo derisi.
- "Ehi, ehi, quanto sei aggressiva!" ribatté.
- "Sean, la micetta è con me. - intervenne Nick, con la testa che sbucava dalla porta del camerino - Muoviti Sammy, ho parlato per cinque minuti da solo prima di realizzare che non mi avevi seguito. Avrei dovuto capirlo dal silenzio che c'era".
- "Stai attento, Nick: questa micetta morde" riprese Sean.
- "Bisogna saper trattare con lei. È da addomesticare".
- "E siete fradici perché la stavi punendo?" scherzò.
- "Veramente sono bagnata per causa sua".
I due cervelli maschili che avevo davanti cominciarono a sghignazzare come due cretini, confermandomi una volta di più che gli uomini sono in grado di cogliere solo i doppi sensi.
- "L'ho sempre detto Nick che ci sai fare con le donne" lo adulò.
- "Tutto molto avvincente, ma se non ti dispiace ora evapora che dovremmo cambiarci" tentai di liquidarlo.
- "Se mi metto in un angolo in silenzio mi permetti di guardarti?".
- "Se non ti volatilizzi entro tre secondi farò in modo che tu possa partecipare attivamente alle riunione degli Evirati Anonimi".
Chissà come mai, Sean si convinse ad andarsene.

Io e Nick fummo costretti a chiedere dei vestiti in prestito per me ad una delle ultime ballerine rimaste al locale; Tanya fu gentilissima e mi offrì una gonna al ginocchio ed un maglioncino scozzese. Decisamente non il mio genere, ma erano pur sempre degli abiti asciutti e tanto bastava. Aveva persino un paio nuovo di mutande, un'intera scorta in realtà, dal momento in cui un giorno, dopo le prove, nel toglierle un complicato vestito di scena, le avevano fatto un buco negli slip.
E, a proposito di slip, era arrivato il momento di eliminare l'ospite indesiderato che vi si era intrufolato. Nel cambiarsi i pantaloni, Nick aveva trovato una piccola sanguisuga sulla caviglia, perciò non mi restava che sperare che ci fosse sono una piccola vampira nella biancheria e non un viscidissimo rospo.
- "Sto aspettando" mi ricordò Nick.
- "Non posso dire una cosa del genere" strillai.
- "Scegli: o la dici ed io ti aiuto, oppure rimani con un essere succhiasangue nelle mutandine".
 Maledizione, ho sempre odiato anche Edward Cullen, figurati se mi alletta l'idea di tenermi un affiliato dei vampiri vicino al fiore della mia virtù. Che poi era un bel pezzo che non ero più virtuosa, però per papà Philip lo sarei stata fino al matrimonio.
- "È una cosa stupida ed infantile" gli feci presente.
- "Lo so, ma amo sentirmi onnipotente. E comunque non hai molta scelta". Bastardo.
- "Okay. Nick...". Non avrei mai toccato quel coso con le mie manine, per l'amor del cielo!
- "Sì?" rispose innocente.
- "Potresti..." cominciai riluttante.
- "Coraggio, non è così difficile" mi incitò sorridente.
- "Potresti mettermi una mano negli slip?" dissi d'un fiato, con le guance che stavano per esplodere dall'imbarazzo del chiedere una cosa così idiota. Lui scoppiò a ridere, sedendosi sulla panca sotto gli attaccapanni.
- "Sarà un piacere per me, Sammy" esclamò, asciugandosi le lacrime provocate dalle risa. Mi ordinò di sdraiarmi a pancia in giù su un tavolo di legno marrone scuro, in modo tale da rendergli più facili le operazioni di recupero dell'animaletto.
- "No aspetta, forse riesco a farlo fluire più in basso, verso la coscia" strillai tutto d'un colpo, saltando giù dal tavolo.
Ricominciai a balzellare sul posto per cercare di farlo scivolare verso zone meno erogene e in quel momento realizzai che avevo un grande, grossissimo problema; sentivo sì la presenza dell'esploratore del mio corpo, ma in due posti diversi: sull'inguine e sul sedere. Quindi o era straordinariamente dotato del dono dell'ubiquità, oppure aveva già cominciato a proliferare. O, ancora, forse, i due prima si erano dati da fare ed era per quella ragione che ne avevo percepito solo uno. Erano uno sull'altro. Che schifo, quella sera mi sarei fatta la doccia nella soda caustica.
- "Allora?". Mi sdraiai sul tavolo, sollevai riluttante la gonna per mostrargli per niente trionfante il mio fondoschiena.
- "Se osi raccontarlo a qualcuno, giuro che ti uccido!" lo minacciai. Lui accettò di mantenere il segreto e mi toccò il bordo degli slip. Strizzai gli occhi, mentre sentivo il livello di vergogna crescere a dismisura e fui costretta ad appoggiarmi le mani sul viso per evitare di avere ricordi anche solo visivi di quella serata.
- "Non indugiare, però!" lo pregai, stringendo le natiche e sbattendo i piedi per fare in modo che si velocizzasse.
- "Non indugio! - Sentii una specie di leggera ventosa staccarsi dalla mia pelle e tirai un sospiro di sollievo - Ecco, vedi?". Mi coprii alla svelta e mi sedetti composta.
- "Vuoi baciarmi come ringraziamento?" mi propose.
- "No, idiota. Temo che ce ne sia un'altra" dissi preoccupata.
- "Cos'è, una colonia?  Ti avviso subito che ti tolgo questa e poi me ne vado a casa perché ho sonno. Se ne dovessero saltare fuori di nuove io mi chiamo fuori".
- "È l'ultima. Spero. Sulla coscia sinistra" gli indicai. S'intrufolò con la mano sotto la gonna, senza preavviso. Il suo tocco era leggero e delicato. Troppo!
- "N-non dovrei tirare su l'orlo?" chiesi, abbassando la testa.
- "Lo troverò lo stesso" rispose lui concentrato, con un tono di voce che mi mandò su di giri.
Ringraziai il cielo e tutti i santi per avermi fatto donna, perché altrimenti, sotto quei movimenti circolari sul mio interno coscia, avrei avuto un'imbarazzantissima e verticalissima erezione. Avrei avuto l'intero skyline di Manhattan tra le gambe.
Si avvicinò con il viso al mio, continuando il suo estenuante massaggio.
Alzò lo sguardo verso la mia faccia e io dovetti far leva sul mio self-control per non saltargli addosso e fargli promettere di farmi qualsiasi cosa volesse.  Era a pochi centimetri dalla mia bocca, ma avevo visto troppi film in cui lei pensava che lui la stesse per baciare e in realtà la stava prendendo in giro, quindi tenni gli occhi ben aperti sul suo sorriso sghembo. Si avvicinò ulteriormente, lambendomi la bocca con le sue labbra carnose. Il suo profumo di menta stava per ammazzare una volta per tutte i miei amici ormoni.
La sua presa sulla mia coscia si fece per un secondo più stretta ed io trasalii.
- "Fatto" mi disse allontanandosi come se nulla fosse dal tavolo, in mano la piccola sanguisuga che aveva appena staccato dalla mia pelle arrossata. Feci per dire qualcosa e mi accorsi che ero in debito di ossigeno: mi ero dimenticata di respirare.
- "G-grazie" risposi e cercai di ripristinare un contegno perlomeno decoroso; lisciai sotto le mani la stoffa della gonna e mi preparai a scendere dal tavolo. Nick mi cinse la schiena con il braccio destro e mi appiccicò al suo corpo per aiutarmi a tornare a terra; lo odiai in quell'istante, perché non mi ero ancora ripresa dai bollenti istinti causati dal suo tocco e quel gesto non fece altro che accendermi ulteriormente, soprattutto perché era del tutto inutile, dal momento che il tavolo non era poi così alto e avrei potuto scendervi senza difficoltà.
Scivolai lascivamente sul suo corpo e aspettai di seguire in assoluta lentezza il tacco delle mie scarpe in paradiso. O all'inferno, a quel punto era indifferente.
Mi accarezzò i capelli umidi ed informi e li sistemò dietro la testa.
- "Hai freddo? - sussurrò. Freddo? No, proprio no. Scossi la testa frastornata - Bugiarda. Hai i brividi". Eh, diciamo che non erano proprio per la temperatura.
- "Devo andare a casa" sbottai.
Cosa? No, non voglio andare a casa, voglio fare le cosacce con te. Cioè, le coccole!
- "Ti accompagno, allora. Andiamo". Mi prese per una mano ed io mi lasciai condurre lungo le scale e fuori dal Pumping Pumpkin. E la vidi: stavolta non mi sarebbe scappata per nessuna ragione al mondo.
- "Amanda!" urlai alla donna che mi precedeva di qualche metro. Si voltò e mi guardò con aria colpevole, svincolandosi velocemente dall'abbraccio di José - Mi sono persa qualcosa, Mandy?". Usai quel soprannome che sapevo l'avrebbe irritata.
- "Non è come credi!" si affrettò a dire.
- "Ah, davvero?" le chiesi sorridente. Mi afferrò per un lembo della giacca e mi trascinò a qualche metro di distanza dai ragazzi.
- "Sam, non so cosa dirti, sono imbarazzata" arrossì.
- "Dovresti essere dispiaciuta, in realtà" la rimproverai.
- "Lo so, avrà quindici anni meno di me. Se fossi come Juno, quella del film, potrei essere sua madre! E poi cosa diranno i miei figli? Oddio, pensa se lo dovessero scoprire i loro compagni di classe! Mi chiamerebbero Mandy la MILF e verrei sbattuta fuori a calci nel sedere dal comitato dei genitori. Sono un'incosciente, una depravata!" starnazzò.
- "Ehi, calma. Intendevo dispiaciuta per non avermi raccontato nulla; sono sinceramente offesa. E poi, l'hai visto José? Farebbe girare la testa anche a tua figlia". Amanda sgranò gli occhi, sull'orlo dell'isteria. Forse non avevo scelto le parole adatte.
- "Oh, cielo! Mia figlia potrebbe innamorarsi del mio fidanzato... ma chi sono io, la Brooke Logan dei poveri? Questa situazione fa schifo".
- "Tesoro, ti rende felice essere ora, in questo momento, con lui? - le chiesi, prendendola per le spalle. Lei annuì, ancora poco convinta - Allora non può essere così male".
Inavvertitamente, l'occhio mi scappò oltre la figura di Amanda: Nick. Stava parlando con José, ridevano di qualche signora su di età che si era gettata al collo di un loro collega e per poco non gli aveva strappato i pantaloni, lasciandolo come mamma l'aveva fatto di fronte a tutti. Era bello, intelligente, sexy, più di quanto avessi mai potuto sperare di trovare in un uomo.
Poi arrivò un taxi che si fermò davanti ai ragazzi e le due gambe da fenicottero che fecero capolino dalla portiera mi fecero capire in anticipo a chi appartenevano: Harmony.
- "E tu, Sam, con lui sei felice?". La risposta corretta sarebbe stata .
Allora perché in quel momento avrei tanto voluto spaccare in testa un piatto a quella gallina? Perché Nick era bello, intelligente, sexy e maledettamente irraggiungibile.
E a quel punto non seppi rispondere.



If it makes you happy,
It can't be that bad.
If it makes you happy,
So why the hell are you so sad?


Stavolta ho superato me stessa: sono le 6.05 del mattino e non sono ancora andata a dormire :S Ringraziate la mia insonnia ormai sempre più frequente :)
Mi scuso per il capitolo megalitico, ma non ho saputo fare diversamente. La canzone del titolo è "If it makes you happy" di Sheryl Crow.
Brooke Logan è chiaramente un personaggio di "Beautiful" e Milf, nel caso in cui ci fosse ancora qualcuno che non lo sa, significa "Mother I'd Like to Fuck".
Edward Cullen devo davvero dire da dove venga? :)
Mi scuso per eventuali errori dovuti all'ora, prometto che ricontrollerò il capitolo.
Baci e grazie a tutte!
   
 
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