Il mondo di Luna
(Xeno, il Creatore) 





Quando la mamma era morta, Luna aveva smesso di amare il mondo in cui viveva. Quel mondo doveva essere crudele, visto che aveva fatto succedere una cosa del genere alla sua mamma; quindi, per quale motivo Luna avrebbe dovuto seguitare ad amarlo?
 
Certo, c’erano gli animali, i fiori, le piante, i colori… C’erano tante cose che Luna amava, in quel mondo crudele; ma non le importava, non più. Se anche c’era stata qualche bellezza in quell’universo, prima, ora era svanita nel nulla.
 
Per fortuna, Luna non era da sola: insieme a lei c’era ancora Xeno. Lui sapeva che il mondo aveva fatto del male a sua figlia, e avrebbe continuato a fargliene; la soluzione più semplice, e l’unica soluzione, era portarla via da lì e condurla altrove.
 
 
 

Il mondo attorno a Luna era grigio, pieno di ombre; Xeno le creò giornate piene di azzurro, di verde, di giallo. Le diede il sole anche con la pioggia, perché la luce spaventasse le ombre e non le lasciasse avvicinare.
 
A Luna piacevano gli animali; Xeno le parlò delle creature magiche, e quando ebbe esaurito quelle reali ne inventò di altre, sempre di più, perché il mondo di Luna fosse costantemente brulicante di vita.
 
Il vestito che Luna aveva portato al funerale era nero, brutto, triste; Xeno lo gettò via. Cancellò il nero dal mondo di Luna come si cancella una macchia da un foglio: le diede vesti colorate e fiori tra i capelli, perché la gioia l’accompagnasse sempre, ovunque andasse.
 
La mamma di Luna le raccontava storie meravigliose; Xeno decise che il mondo di Luna doveva essere pieno di quelle storie. Fondò il Cavillo, e raccolse tutti i racconti più strambi e favolosi, perché alla sua bambina non mancasse mai la fantasia.
 
Le imperfezioni e le storture popolavano il mondo in cui Luna viveva; quando Xeno le fabbricò un altro mondo, si premurò di smussare ogni spigolo, raddrizzare ogni angolo, perché esistessero solo l’armonia e le dolci curve che non fanno del male a chi si scontra con loro.
 
Luna aveva paura degli altri, di ciò che potevano dirle e farle; Xeno le creò un mondo in cui gli altri non le avrebbero mai fatto del male, perché lei era speciale, e amata, e unica.
 
Luna era fragile, incapace di difendersi; Xeno le costruì un rifugio di sogni e speranza, una muraglia indistruttibile contro cui qualsiasi attacco dell’altro mondo si sarebbe infranto, perché nulla rovinasse l’universo meraviglioso e felice che Xeno aveva generato per la sua Luna.
 
 
 
 
 
Luna visse in quel mondo, ma non era egoista. Se lei godeva di quel mondo meraviglioso, il mondo creato da Xeno, perché gli altri non dovevano farne parte?
 
Così cercò di portarne un po’ alle persone che considerava amiche. Parlò loro degli animali, delle storie e dei colori che popolavano il suo universo. Evidentemente, però, gli altri non avevano bisogno di quelle cose per essere felici: si accontentavano del grigio e spigoloso mondo da cui Luna era stata salvata, e ne parevano soddisfatti.
 
Luna però era buona, e non li derise mai e non li accusò mai di essere pazzi per quella loro assurda scelta; li lasciò in quell’universo buio, grigio, spigoloso e crudele che le aveva tolto la mamma. Se li rendeva tanto felici, perché non lasciarli alla loro illusione?
 
In fondo, la solitudine non cancellava la bellezza di quel mondo perfetto che Xeno, il Creatore, le aveva donato.  

In solitudine, Luna godette appieno di quel dono unico, solo suo. Per sempre.










Un'ispirazione improvvisa, ed ecco qua.
Il finale non mi convince, ma spero che vi piaccia comunque.
Grazie di aver letto
Fera