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Autore: sailormoon81    03/07/2011    1 recensioni
[Medium]Strani sogni e ancor più strane sensazioni accompagnano le notti di Allison DuBois. Quale messaggio nascondono?
Fuoco. Fiamme. Tutto attorno a lei brucia. Il fumo le rende difficile respirare, e senza quasi rendersene conto scivola nell'oblio che precede la morte.
Genere: Sovrannaturale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quarta parte

 

 

« Aveva acquistato un appartamento… »

« Sei sicuro di quello che fai, Andrew? »

« Questa è la sua offerta finale, signor Davis? »

« Attento, ragazzino. Stai giocando col fuoco. »

« Hai comprato una casa? »

« Attento, ragazzino. Stai giocando col fuoco. »

« Non mi piace questa storia… »

Boom!

« Ripensaci, sei ancora in tempo. »

« Ho vinto l’asta. La casa è mia. »

« Attento, ragazzino… »

« Eri stato avvertito. »

Boom!

 

Allison si svegliò madida di sudore.

Con una mano stringeva forte le coperte, mentre con l’altra, stretta all’altezza del petto, cercava di far calmare i battiti del cuore.

Fece per accendere la luce, quando notò una chiazza scura tra le lenzuola. Scostò le coperte e non riuscì a trattenere un urlo alla vista di una testa di pecora ancora grondante sangue.

 

Con il cuore che sembrava volerle uscire dal petto, Allison si svegliò da quello strano sogno.

Che diavolo stava succedendo?

La sua mente aveva deciso di giocarle dei bruttissimi tiri, oppure…?

Accese l’abat-jour sul suo comodino e controllò il letto: bene, era pulito, niente sangue né teste mozzate di animali.

Tirò un sospiro di sollievo e si distese nuovamente: doveva vederci chiaro, di questo ne era più che convinta, ma da dove cominciare?

Si sforzò di ricordare cosa avessero detto le voci del sogno appena conclusosi: ricordava poco, forse per la prima volta da che aveva memoria.

Era certa che ci fosse un collegamento col fuoco… qualcosa tipo… « Giocare col fuoco » ripeté a bassa voce.

E due esplosioni, quelle non potevano essere dimenticate.

E poi… qualcosa le sfuggiva.

Chiuse gli occhi cercando di concentrarsi meglio, e come un flash vide l’immagine di una casa.

« Ma certo! » si disse, mettendosi a sedere. « La casa è il nodo di tutta la faccenda! »

Cercando di non fare rumore, si diresse in cucina e accese il computer.

Non sapeva cosa cercare ma di certo l’avrebbe saputo non appena l’avesse trovato.

Accese la luce e si mise al lavoro.

Mentre attendeva che il computer si avviasse, si preparò un caffè: erano appena le cinque del mattino, e aveva proprio bisogno di una carica.

Con la tazza fumante in mano si sedette al tavolo e lasciò vagare lo sguardo per la stanza.

L’immagine delle teste mozzate viste negli sogni le tornò in mente.

Decise che ne avrebbe parlato con Devalos e Scanlon.

Iniziò a digitare sul computer; non sapeva dove andare a parare, quindi si limitò a una ricerca sugli appartamenti venduti e acquistati negli ultimi tempi: in base ai suoi sogni, il giovane Davis aveva acquistato da poco una casa, e lei sperava di trovare qualche collegamento utile nelle varie agenzie pubblicizzate in rete.

Dopo quasi un’ora, la sua ricerca non aveva ancora dato frutti.

Stava per alzare bandiera bianca quando Joe la raggiunse, ancora assonnato.

« A che ora ti sei alzata? »

Allison guardò l’orologio. « Circa le cinque. »

Joe si chinò sullo schermo del portatile e non si trattenne dall’esclamare, con tono esasperato: « Allison, ancora una casa? Non ne avevamo già parlato tempo fa? »

« Non è per noi » si schermì la donna, memore dell’ultima volta che, per un suo sogno male interpretato, per poco non aveva condannato la più piccola delle sue figlie a una morte dolorosa, vent’anni più avanti. « Sto solo facendo una ricerca per il caso a cui sto lavorando. »

Rapidamente spiegò cosa le stesse suggerendo il suo intuito, e quando ebbe finito attese che Joe le dicesse qualcosa. Sarebbe andata bene qualsiasi cosa, anche che il suo era un tentativo disperato.

« Hai detto una frase, prima, che mi lascia pensare… » commentò infine l’uomo, prendendo posto accanto a lei. « Hai detto “asta”… »

Allison rifletté qualche momento, stupita di come quel termine avesse colpito il marito più della descrizione delle teste mozzate. « Hai idea di cosa voglia dire? »

« Non ne sono sicuro, ma non sono molti i casi in cui un appartamento possa essere venduto all’asta. » Prese il computer e digitò “aste immobiliari” nel motore di ricerca. Dopo meno di due secondi, lo schermo del portatile rispose con oltre trecentomila risultati. Le prime sei voci dell’elenco erano semplici pubblicità di agenzie immobiliari, ma la settima sembrava rispondere alle sue domande.

Cliccò sul link e scorse il testo. « Ecco, come pensavo » disse, indicando con il cursore un punto a metà della pagina. « Le aste immobiliari avvengono in caso di fallimento, o sequestro di beni appartenenti alla malavita. »

Allison parve illuminarsi. « Ma certo! Le teste di animali! Non è un caso che le stia sognando, vero? Non vengono usate dalla mafia come avvertimenti? Devo chiamare Devalos! »

 

« Ha un senso » commentò il procuratore. « Le attività di Davis negli ultimi temi erano sospette ai suoi stessi amici e familiari, e il modo in cui l’abbiamo ritrovato poi… »

« In base ai miei sogni, pare che sia quest’appartamento il movente per l’omicidio. Ma non abbiamo idea di chi siano i mandanti né gli esecutori… »

Scanlon scosse la testa. « Forse non tutto è perduto. Stavo rileggendo le dichiarazioni rilasciate da Mark Newton. Quel ragazzo sa qualcosa, ne sono certo. »

 

« Allora, Mark » iniziò Scanlon. Erano da poco passate le nove del mattino quando, insieme ad Allison, raggiunse Mark Newton nel suo appartamento. « Finiamola di girarci intorno. Andrew è morto, è stato ucciso, molto probabilmente da gente molto, molto cattiva. » Si sentiva un idiota a parlare al ragazzo come fosse un bambino, ma a quel punto Lee voleva essere sicuro che afferrasse bene il concetto. « Quindi, se sai qualcosa, siamo tutt’orecchi. »

Mark si passò le mani sul viso. « Andrew aveva acquistato una casa » disse esausto. « Mi aveva fatto giurare di non dire nulla a riguardo… »

« Non credo che quel giuramento abbia valore, oggi. »

« Si trattava di un’asta. Un’asta giudiziaria. »

Allison sospirò. Le sembrava di non aver mai sospirato tanto come in quel periodo, ma quel caso le stava facendo saltare i nervi. « Questo l’abbiamo già preso in considerazione. Ci interessa sapere altro, Mark. E sai a cosa mi riferisco. »

« Quale casa aveva acquistato, Mark? » domandò Lee. « Non si trattava di un appartamento qualsiasi, vero? Andrew è stato ucciso a causa di quell’abitazione, e so che voi due eravate buoni amici: ti avrà certamente detto a chi apparteneva, e come era venuto a sapere dell’asta. »

« Ai Bonaventura » disse dopo quella che sembrò un’eternità. « L’appartamento era dei Bonaventura. » Si accasciò sulla sedia chiuse gli occhi.

Allison rifletté che appariva più rilassato dopo aver fatto quel nome: sicuramente si era tolto un gran peso dal cuore, e sperò che, grazie a quell’informazione, riuscissero ad arrestare gli assassini di Andrew Davis.

 

« Ho sentito parlare dei Bonaventura » commentò Scanlon mentre guidava diretto verso l’indirizzo dato da Newton. « Sono specializzati in spaccio e prostituzione, e se non ricordo male, qualche tempo fa l’FBI ha arrestato parecchi esponenti della famiglia… »

« Resta il problema di come collegare l’omicidio di Andrew a loro… non sarà facile. »

« Vero » convenne Lee. « Ma almeno sappiamo dove proseguire con le indagini. »

 

Giunsero all’angolo tra la Northern e la Nona Avenue.

Più che un appartamento, era una casa più grande di quella dove abitava lei stessa, rifletté Allison, e si domandò che affari stesse conducendo Andrew per potersi permettere una simile abitazione.

Il vialetto di ingresso era ben curato, così come il giardino, con piante ornamentali e statue in gesso agli angoli. Scelta di dubbio gusto, pensò la donna, e con un’alzata di spalle raggiunse il porticato.

Lee bussò, identificandosi, ma come era prevedibile nessuno rispose.

Il detective fece un rapido giro della casa, dopo aver fatto promettere ad Allison che non si sarebbe mossa dal giardino, e ritornò dopo pochi minuti.

« Niente di sospetto » comunicò, « ma comunque manderò qualcuno a controllare la zona. »

« E? »

« E ho un piano per non restare con le mani in mano. »

 

« Che intenzioni hai, Lee? » Devalos sembrava sospettoso riguardo le intenzioni del detective e non lo diede a nascondere.

L’interpellato sorrise, sornione. « Diciamo che ho qualche conoscente che mi deve dei favori… »

« Non sarà pericoloso? »

«Di certo non sarà una passeggiata, Allison… »

La donna scosse la testa. « Deve pur esserci un modo meno… esposto per indagare! »

« Fidatevi di me. »

 

***

 

Le notti seguenti, Allison dormì male: non aveva avuto incubi, ma una sensazione di attesa che non l’abbandonò finché, il mattino del terzo giorno, non fu svegliata dallo squillo del telefono.

« Lee! » rimproverò dopo aver riconosciuto chi era all’altro capo del telefono. « Non hai più chiamato! Il procuratore ed io siamo stati in pensiero: perché non ci hai aggiornati? »

« Hai ragione, scusami. Ma ho avuto parecchio daffare con i miei conoscenti. Abbiamo una traccia. Ci vediamo da Devalos tra mezz’ora. »

Allison si vestì in fretta, lasciando che fosse suo marito a occuparsi delle ragazze.

Quando arrivò nell’ufficio del procuratore, trovò Devalos e Lee chini sopra una serie di fotografie.

« Accomodati, Allison » salutò Devalos indicandole la sedia di fronte alla sua. « Abbiamo dei nomi, finalmente. »

La donna osservò i volti ritratti dalle foto. Non credeva di averli mai visti, ma d’altro canto nei suoi sogni non aveva visto nessuna persona che non fosse Andrew…

« Sappiamo dove sono? »

Scanlon annuì. « Se ne stanno occupando i ragazzi della narcotici. A breve dovrebbero arrivare in centrale. »

« Che prove ci sono che siano loro i responsabili dell’omicidio di Andrew? »

Devalos e Scanlon si scambiarono un’occhiata.

« Non mi dite che non ne abbiamo! »

« Li sbattiamo al fresco con una scusa qualsiasi – hanno una lunga lista di reati che pende sulle loro teste – e intanto noi avremo tutto il tempo per cercare prove del loro coinvolgimento nell’assassinio. »

Ad Allison non piaceva molto quel piano, ma dovette ammettere che non aveva avuto fiducia neanche nell’idea di Scanlon, tre giorni prima, e ora era grazie a quella che avevano preso due uomini…

La sua attenzione venne catturata da uno di loro. Johnny Mallard. Sembrava poco più che ventenne, a dispetto dell’età riportata nel fascicolo, un volto dai lineamenti delicati con occhi verdi che, anche dalla foto, sembravano avere vita propria.

 

« Di’ al tuo amico di lasciar perdere. » Johnny Mallard era in piedi, appoggiato al muro, e aveva un’espressione seria dipinta in viso.

« Non mi darà ascolto » disse l’interlocutore, nascosto in un cono d’ombra, di fronte a Mallard.

« Be’, sforzati. Se non abbandona l’asta finirà in guai grossi. Mi sta simpatico, il ragazzo, e non vorrei dovergli recapitare qualche messaggio poco… amichevole. »

L’altro rise. « Una dose di bastonate non gli farà male. Comunque, come ho già detto, non accetterà un consiglio simile. Hai da accendere? »

Johnny tirò fuori dalla tasca un accendino, illuminando per pochi secondi il viso di Mark Newton.

 

« Mark Newton sapeva tutto! » esclamò Allison. « L’ho appena visto parlare con Mallard: Johnny gli aveva chiesto di convincere Andrew ad abbandonare l’asta… »

« Non basta questo per dire che è coinvolto » la ammonì Devalos.

« Lo so » convenne la donna, « ma Newton non ha mai fatto parola di un simile colloquio: non credete che avrebbe dovuto parlarcene, in uno dei nostri incontri? »

« Tutto ciò che ci suggerisce la tua visione è il fatto che era a conoscenza dell’asta » ragionò Lee, « e che un eventuale acquisto non fosse ben voluto… »

 

« Che mi dici di Andrew Davis? »

Johnny Mallard sedeva nella stanza interrogatori di fronte il detective Scanlon.

Allison era nella sala attigua, intenta ad osservare lo scambio di battute tra i due uomini.

« Mai sentito. »

« Avanti, Mallard » lo incalzò Lee. « Sappiamo degli affari dei tuoi… capi. E sappiamo anche che sono stati loro a commissionare a te e a Bobby Weisberger l’assassinio del giovane Davis. »

Mallard socchiuse gli occhi e li fissò in quelli di Lee. « Non so di cosa stia parlando. »

Il detective aprì il taccuino. « E dimmi. Il nome Mark Newton ti dice niente? »

Allison giurò di vedere la mascella del giovane contrarsi nell’udire quel nome. Erano sulla pista giusta.

« Non rispondi? Be’, ti aiuto a rinfrescare la memoria. Mark Newton era un amico di Andrew Davis, lo stesso che aveva acquistato la casa sulla Nona Avenue. »

« E questo cosa c’entra con me? »

« Presto detto. Newton ha parlato di un vostro incontro, in cui hai ammesso di aver ricevuto ordini di dare una lezione a Davis. Quanto ci è voluto per passare da “una dose di bastonate” all’omicidio? »

Sta bluffando, notò Allison, ma a quanto pare è una tattica che funziona.

Dal vetro poté vedere Johnny spalancare gli occhi e chinarsi leggermente in avanti col busto.

« Quel bastardo! » sbottò infine Mallard. « Lo avevo pregato di convincere l’idiota del suo amico, ma non ha neanche fatto un tentativo! Lo voleva morto, quel figlio di… »

« Quindi » lo interruppe Scanlon, « stai confessando di avere ucciso Davis? »

« Voglio un avvocato » disse solamente l’altro, resosi conto di aver decretato con le sue stesse parole la fine della sua libertà.

 

« Un gioco da ragazzi » commentò Lee uscendo dalla sala interrogatori. « Si è fatto rigirare come niente, e adesso è il turno di Weisberger. »

Robert “Bobby” Weiberger era l’opposto di Mallard: ben piazzato e scuro di carnagione, sedeva con le braccia incrociate e fissava il detective negli occhi a mo’ di sfida.

Lee cercò di ripetere il bluff di poco prima ma dovette riconoscere che Weiberger era molto più avvezzo a simili giochetti di quanto lo fosse Mallard.

Il suo interrogatorio fu più un monologo di Scanlon, ed Allison credette che l’uomo l’avrebbe fatta franca.

Quando sembrava che Lee fosse sul punto di cedere, un agente entrò in sala, portando una cartella che diede al detective.

Allison osservò l’amico aprire il dossier e leggere la documentazione; lo vide confrontare i suoi appunti con i documenti appena ricevuti, finché non mise di fronte a Bobby Weiberger una serie di fotografie.

« Questa è la tua auto, vero? » chiese. « Una Volkswagen Touareg Station Wagon nera. »

« E con ciò? »

« Un’auto simile è stata ripresa dalle telecamere del parco nazionale della Foresta Pietrificata, giù a Holbrook. Scommetto che se mando qualcuno a controllare troveranno molte corrispondenze tra la tua macchina e le tracce rinvenute laggiù. »

Weiberger sogghingò. « Vi serve un mandato, e nessun giudice vi autorizzerebbe senza avere delle prove concrete dalla vostra. »

Sa il fatto suo, rifletté Allison sempre più scoraggiata.

« Hai ragione » concesse Lee, « ma forse dimentichi che le telecamere hanno ripreso tutto. E quando dico tutto, intendo proprio tutto… »

 

Quando Lee uscì dalla sala interrogatori, Allison volle sapere se realmente avevano prove sufficienti per un mandato.

« Giudica tu stessa » rispose Lee, mostrandole il volto sfocato di un uomo alla giuda di una Touareg nera in quello che sembrava essere il Painted Desert.

« Quindi il caso è chiuso? »

« Se vogliamo metterla in questi termini… Non sei soddisfatta, vero? »

Allison scosse la testa. « Mallard e Weisberger sono solo due pedine… E ancora non sappiamo perché quella casa fosse così importante per Andrew e per i Bonaventura. »

« Temo che non lo sapremo mai… »

« E Mark Newton? » domandò, ricordando le parole di Mallard durante l’interrogatorio.

« Non possiamo incriminarlo » rispose Lee. « Ma scommetto che non ti fermerai, vero? »

Allison rise. « Si vede che mi conosci proprio bene… »

 

Mezz’ora dopo, Allison raggiunse Newton alla tavola calda.

« Signora DuBois, posso fare qualcosa per lei? » la salutò il ragazzo, raggiungendola alla porta d’ingresso e accompagnandola a un tavolo più appartato.

« Abbiamo arrestato gli assassini di Andrew » lo aggiornò Allison. « Un certo Johnny Mallard… il nome ti dice niente? »

Mark impallidì, ma si riprese immediatamente. « Perché dovrebbe? »

« Perché non hai avvertito Andrew di quanto Mallard ti aveva detto? Lo volevi morto, vero? »

« Non conosco questo Mallard » disse Mark, ed Allison notò come la sua fronte cominciava a imperlarsi di sudore. « Chi vi ha detto il contrario? »

« Eppure abbiamo la deposizione di Johnny Mallard in cui parla di un vostro incontro. Perché ce l’avevi con Andrew? »

Il ragazzo parve riflettere qualche istante. « E voi della polizia date credito più alle parole di un assassino che a quelle di un onesto cittadino? » Mark si alzò e rivolse ad Allison un sorriso che, notò la donna, di sincero non aveva niente. « Se vuole scusarmi, signora DuBois, il mio turno è terminato, e ho un impegno che non posso rinviare. Se ha bisogno di altro, sa dove trovarmi. »

Il ragazzo fece appena pochi passi, quando Allison sentì sussurrare un nome: « Jane. »

« Jane » ripeté Allison. « È per lei che ha fatto sì che Andrew andasse avanti, nonostante il pericolo. Probabilmente il tuo intervento sarebbe stato inutile, magari Andrew avrebbe portato a termine l’acquisto; ma tu non hai voluto correre rischi, vero Mark? E ora stai correndo da lei a offrirle una spalla su cui piangere, sperando che prima o poi lei si leghi a te. Ma non cantare vittoria troppo presto: la giustizia farà il suo corso. Non sei direttamente coinvolto nell’omicidio » concesse, superandolo e dirigendosi verso la porta, « ma Mallard sarà contento di non assumersi le responsabilità al cento per cento. Ti ha già tirato in ballo, e anche un avvocato alle prime armi saprà approfittare di questo. »

Allison uscì dal locale prima che Mark potesse reagire alle sue parole. Era certa di aver fatto centro, ed era fiduciosa che, prima o poi, anche Mark Newton avrebbe dovuto rispondere della morte di Andrew Davis.

   
 
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